Tre anni di copiature abusive da parte dell’ANAC-AVCP

GIOVANNI VIRGA, L’Italia dei copiatori abusivi (a proposito delle diffuse copiature da parte dell’ANAC – già AVCP, protrattesi per tre anni,  ai danni di LexItalia.it).



L’Italia dei copiatori abusivi
(a proposito delle diffuse copiature da parte dell’ANAC,
protrattesi per tre anni, ai danni di LexItalia.it)



Può un credente parlare male dei santi e magari affermare (ovviamente dimostrandolo) che uno di essi ha gravemente peccato? E’ questo il quesito che mi sono posto e che mi ha lungamente tormentato per qualche settimana prima di scrivere il presente articolo.

Il tormento derivava dal fatto che io, come dimostrato dalla mia storia personale, in passato ho molto creduto nelle istituzioni pubbliche (anche se, lo riconosco, ho fatto male nel credere ad esse: a parte l’Università, mi riferisco, ad esempio, al fatto che, allorché si trattò della rivista Giust.it, nonostante la concorrente richiesta di altre 3 case editrici nazionali di fungere da editore, scelsi il Poligrafico dello Stato, per la sua natura allora pubblica; com’è andata a finire è vicenda ormai nota ai più per tornare a parlarne; da allora, tuttavia, memore della lezione, da credente sono diventato in parte agnostico).

Il tormento derivava inoltre dalla consapevolezza che la rivelazione di verità scomode che riguardano persone od istituzioni molto potenti non rimane mai senza conseguenze, a meno di non possedere protezioni di cui tuttavia non dispongo.

Alla fine del tormento delle ultime settimane, ha comunque prevalso la mia natura, che è amante della verità ed insofferente alle raccomandazioni, specie se provenienti da coloro che hanno dimostrato di non poterle impartire.

Il “santo pubblico” che ha “peccato” e di cui mi accingo a parlare è niente poco di meno che l’Autorità Nazionale Anticorruzione (subentrata all’AVCP da un anno) ed in particolare il suo Presidente Cantone, ex magistrato, soggetto ad un progressivo processo di “beatificazione pubblica”, dato che dalle sue labbra (o meglio dalle sue determinazioni) pendono tutte le PP.AA. italiane; quest’ultimo infatti un giorno sì e l’altro pure – con un diluvio di provvedimenti spesso copiati da massime giurisprudenziali – dice a tutti cosa è giusto e cosa non è giusto fare, per garantire il buon andamento e l’imparzialità previste dall’art. 97 Costituzione.

Insomma, in teoria il massimo garante della legalità e della trasparenza, come se per assicurare esse sia sufficiente istituire una apposita Autorità (nel caso dell’ANAC, con oltre 300 dipendenti ed un bilancio di diverse centinaia di milioni), piuttosto che fare funzionare – con adeguata dotazione di personale e mezzi – la ordinaria macchina della Giustizia. Basterebbe infatti abolire tutte le Autorità indipendenti (più o meno inutili) e destinare i soldi ed il personale ad esse addetto all’ordinario sistema della Giustizia, per risolvere gran parte degli attuali problemi del sistema giudiziario. In Italia invece, come si usa fare nei paesi sottosviluppati, si preferisce affidare la soluzione dei mali pubblici ai santoni, meglio se privi di esperienza specifica, sperando che essi abbiano la miracolosa cura atta a guarirli.

Eppure, come dimostrerò subito, anche i santi (o meglio, i beati) pubblici peccano (o, meglio, compiono atti illegali, forse perché si credono intoccabili), e non chiedono nemmeno scusa.

Quattro settimane addietro infatti, di domenica, esaminando le statistiche interne della rivista LexItalia.it, mi sono accorto che molti accessi provenivano dal seguente indirizzo: http://www.leges.info/wp/anac (inutile cliccarlo ora perchè ormai è stato reso completamente inaccessibile).

Si tratta di un dominio intestato alla Gedit Edizioni S.r.l. di Bologna, che tuttavia gestisce la intranet dell’ANAC. Cliccando sul predetto indirizzo, che era sino a quattro settimane addietro liberamente accessibile, mi sono accorto che esso dava accesso ad un cms wordpress (attivo esattamente da tre anni e cioè dal marzo 2012), intitolato “Inform@nac” e sottotitolato “Notiziario Giuridico Interno dell’Autorità Nazionale Anticorruzione”, che riproduceva “a tappeto” e senza che fosse mai stata chiesta alcuna autorizzazione, i più rilevanti provvedimenti in materia di appalti pubblici pubblicati dalla rivista LexItalia.it (massime, premassime e note delle sentenze pubblicate e perfino gli articoli di dottrina, compresi i liks di rinvio; da qui la segnalazione degli accessi da parte del sistema di statistiche).

L’aspetto più oltraggioso dell’abusiva riproduzione era che solo in alcuni documenti più recenti era indicata l’origine (storpiando peraltro il nome della rivista, che è stata indicata come Lex – spazio – Italia), mentre in molti dei documenti abusivamente riprodotti è stato indicato come autore una non meglio precisata “Redazione”.

L’aspetto più sorprendente dell’abusiva copiatura era per me il fatto che, negli ultimi tempi, avevo pensato – registrando apposito dominio – di affiancare alla rivista LexItalia.it una rivista specializzata in appalti pubblici. Non potevo immaginare che l’ANAC (prima AVCP), utilizzando ampiamente i documenti prelevati di corpo da LexItalia.it, l’aveva già realizzata da tre anni a mia insaputa.

Non si trattava, ribadisco, di una riproduzione casuale e sporadica, ma di una abusiva, sistematica, riproduzione che ha riguardato un numero rilevantissimo dei documenti pubblicati dalla presente rivista, protratta per ben 3 anni (come già detto, dal marzo 2012).

Quando ho scoperto ciò, sono rimasto non poco sconcertato; mi sono chiesto: com’è possibile che una istituzione pubblica deputata proprio al rispetto della legalità, abbia pensato di realizzare una rivista sia pure interna (ma accessibile, sino a poco tempo fa, anche dall’esterno) copiando liberamente e senza alcuna autorizzazione un gran numero di documenti protetti – come chiaramente si legge in cima ad ognuno di essi – da copyright e tutelati, anche in base a disposizioni penali che riguardano la tutela delle banche dati, dalle vigenti disposizioni di legge?

Possibile che il Pres. Cantone, che pur avrà letto più volte il suo notiziario interno, non si sia mai chiesto in base a quale autorizzazione venivano riprodotti molti documenti di riviste esterne, con una velocità inusitata (basti pensare che alcuni documenti inseriti nella rivista LexItalia.it la domenica di quattro settimane addietro, già figuravano nella prima pagina di Inform@nac il lunedì successivo)? Pensava forse, con gli abbonamenti attivati (ridotti, per spending review, a 4 di numero) di potere liberamente saccheggiare la rivista LexItalia per arricchire Inform@nac – Notiziario interno dell’Autorità?

Come si legge nella biografia del Pres. Cantone presente nel sito ANAC, lo stesso, prima di assumere le funzioni, è stato a lungo addetto al massimario della Corte di Cassazione e quindi dovrebbe ben conoscere, anche per tale motivo, che le massime, premassime e note di raccordo e di commento sono soggette alla tutela prevista per il diritto di autore (anche morale, oltre che penale: l’attribuzione della paternità delle massime, premassime e note ad una fantomatica “Redazione”, piuttosto che alla rivista dalla quale sono state pedissequamente copiate, viola palesemente questo diritto).

Non appena verificato quanto appena scritto e premunitomi di un sufficiente numero di “screenshots” per non essere preso per un pazzo visionario, lunedì 9 marzo u.s. la Giuriconsult s.r.l., nella qualità di casa editrice della rivista e lo scrivente, quale direttore della rivista, hanno inviato al Presidente dell’ANAC una pec mediante la quale hanno chiesto l’eliminazione immediata di tutti i pur numerosi articoli e documenti riprodotti abusivamente nel sito dell’ANAC e la pubblicazione nel sito stesso di un comunicato in prima pagina che dava atto dell’abusiva riproduzione e della paternità di numerosi documenti pubblicati nel corso degli ultimi 3 anni come se fossero stati redatti da una non meglio precisata redazione. La Casa editrice chiedeva anche il risarcimento dei danni, anche se si riservava di quantificare successivamente il suo ammontare.

Per una settimana c’è stato silenzio. Verso la fine della settimana, tuttavia, il sito dell’ANAC è divenuto improvvisamente inaccessibile, con la interposizione di una maschera di accesso che richiedeva l’immissione di credenziali di accesso alla intranet. Non proprio il massimo di trasparenza da parte di chi la predica quasi ogni giorno.

In relazione a tale circostanza, con una nuova pec, del lunedì 16 marzo u.s., è stata chiesta, ai sensi delle vigenti disposizioni in materia di accesso, una password temporanea per verificare se l’abusiva riproduzione era cessata. Anche dopo questa pec, silenzio.

Finalmente, con pec del 19 marzo u.s. il Pres. Cantone si è degnato di rispondere (clicca qui per leggere la nota di risposta in formato .pdf), affermando che (riporto testualmente in corsivo, per comodità del lettore):

Ho ricevuto le Sue note del 9 e 16 marzo 2015 in relazione a presunti abusi nell’utilizzo di documenti tratti dalla rivista Lexitalia.it.

Il notiziario giuridico interno all’Anac, denominato Inform@nac, è uno strumento riservato ed interno volto a fornire esclusivamente ai dipendenti dell’Autorità, un servizio di segnalazione di documenti e materiali disponibili, nelle numerosissime fonti a disposizione dell’Autorità stessa. Il servizio è necessario per evitare spreco di risorse nella ricerca dei documenti segnalati, selezionati per la rilevanza dei temi da essi trattati, da parte degli utenti del servizio stesso. Alla luce di quanto segnalato, è stata disposta la rimozione dal database del servizio, di tutti i documenti, links, e riferimenti a Lexitalia.it, ed è stata data disposizione affinchè gli stessi non siano più utilizzati in futuro.

Per queste motivazioni, ritengo di non dare seguito alle Sue richieste di pubblicazione di un avviso sull’uso abusivo della documentazione sul sito dell’A.N.AC. e a quella di fornirLe , anche per evidenti ragioni di riservatezza, le chiavi di accesso al servizio interno di questa Autorità. Per le medesime motivazioni Le chiedo di non procedere alla pubblicazione sul sito di Lexitalia.it di avvisi in merito all’uso abusivo di documentazione da parte di questa Autorità”.

Dopo la lettera di risposta, il sito è stato reso completamente inaccessibile dall’esterno, dato che non appare più neanche la maschera di autenticazione.

In relazione a tale lettera di risposta del Pres. Cantone, mi limito a tre notazioni.

Una prima osservazione: neanche una parola di scuse per l’accaduto. Nella specie, si ribadisce, non si trattava della sporadica riproduzione di qualche documento, ma dell’illecita riproduzione “a tappeto” di quasi tutti i documenti (ovviamente riguardanti gli appalti pubblici) pubblicati in LexItalia.it da tre anni a questa parte, aggravata dal fatto che nella maggior parte dei documenti riprodotti figurava quale autore non già la rivista stessa ma una fantomatica “Redazione” interna dell’ANAC (già AVCP).

Appunto per questo motivo e per il rifiuto di dare atto nel notiziario interno dell’ANAC dell’abusiva riproduzione, negando perfino il riconoscimento postumo del diritto morale di autore, ho ritenuto di non dar corso alla richiesta del Pres. Cantone di “non procedere alla pubblicazione sul sito di Lexitalia.it di avvisi in merito all’uso abusivo di documentazione da parte di questa Autorità”. Il riguardo richiesto deve essere infatti reciproco. E a parte il fatto che i documenti sono stati riprodotti per ben 3 anni senza alcun riguardo nei confronti della rivista da me diretta, perfino per ciò che concerne il mancato rispetto del diritto morale d’autore, non mi sembra che tale riguardo meriti chi, pur colto in fallo, non si scusa almeno per l’accaduto. Né basta a tal fine l’ammissione di colpa (da notare che la lettera di Cantone, mentre nell’incipit parla vagamente di “presunti abusi”, nella parte finale ammette “l’uso abusivo” dei molteplici documenti copiati e ne promette, per tale motivo, l’eliminazione), dato che l’abusiva copiatura era evidente, protratta nel tempo e, per questi motivi, impossibile da negare.

Una seconda notazione: le ragioni addotte (necessità di “evitare spreco di risorse nella ricerca dei documenti segnalati, selezionati per la rilevanza dei temi da essi trattati, da parte degli utenti del servizio stesso”), non giustifica affatto l’accaduto, dato che la esigenza evidenziata non esimeva di certo l’ANAC, in base alle leggi vigenti, dal chiedere preventivamente l’autorizzazione alla riproduzione e soprattutto non l’autorizzava ad utilizzare i documenti riprodotti spacciandoli spesso per propri, essendo stato indicato che essi erano frutto del lavoro della “Redazione”. Inoltre, nessun cenno al fatto che in tal modo, come rilevato dalla Casa editrice, la rivista è stata resa accessibile per tre anni – sia pure sotto forma di notiziario interno – agli oltre 300 dipendenti prima dell’AVCP e poi dell’ANAC, con grave danno economico, non certo coperto dai quattro (di numero) abbonamenti che si intendevano attivare per il corrente anno.

Infine una terza notazione: stupisce, proprio da parte dell’ANAC, garante della trasparenza della P.A., il rifiuto di consentire l’accesso (anche temporaneo) al notiziario giuridico interno, al fine di permettere di verificare la preannunciata eliminazione dei numerosissimi documenti illecitamente riprodotti. Infatti il sito in questione prima è stato messo sotto password e poi è stato reso completamente inaccessibile, senza mai consentire allo scrivente ed alla Casa editrice di verificare la preannunciata eliminazione dei documenti illecitamente copiati (anche perché, come già detto, in molti di essi era indicato come autore una fantomatica redazione). Ci è stata pure negata questa soddisfazione: di constatare l’avvenuta eliminazione integrale, come avevamo chiesto in base alle norme in materia di accesso. Del resto, voi vi fidereste delle parole dell’ANAC dopo tutto quello che è successo? Paradossali sono poi le motivazioni addotte per negare l’accesso al sito in questione (che fanno riferimento ad “evidenti ragioni di riservatezza“); tuttavia, quando si è trattato di copiare i documenti di LexItalia.it, non sussistevano ragioni di riservatezza.

Nel DDL cd. “anticorruzione”, in atto in fase di approvazione si prevede che sia le Procure della Repubblica che i Magistrati amministrativi saranno obbligati ad informare il Presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione su «ogni notizia emersa» in contrasto «con le regole della trasparenza». E degli atti illegali dell’ANAC chi ci informerà? Se io, del tutto casualmente, non mi fossi accorto dei ripetuti plagi, protrattisi per ben tre anni ai nostri danni, non ne avrei saputo niente chissà per quanto altro tempo e l’ANAC avrebbe continuato, indisturbata, a copiare. Così come non so se i moltissimi documenti copiati sono stati poi eliminati, dato che le regole di “trasparenza”, di cui l’ANAC si erge a garante, non sembrano valere per noi. Il che, francamente, non mi sorprende. Ho infatti da tempo smesso di credere nella frase (dal significato ormai vagamente umoristico) che si legge ancora in molte aule di Tribunale: la legge è eguale per tutti. Per taluni, infatti – specialmente per i cd. “poteri forti”, in Italia la legge non sembra nemmeno esistere e in ogni caso non è applicabile.

Ecco comunque spiegato perchè chi scrive non accederà mai in questa terra ad un paradiso (istituzionale od universitario che sia); perché non ha timore di parlare male dei presunti santi, per semplice amore di verità; quella verità che – non è superfluo ricordare soprattutto alle nuove generazioni – è l’unico strumento che ci rende veramente liberi, ma che tuttavia ha sempre un prezzo. Per sapere quale sia nel caso concreto, occorrerà tuttavia attendere.

L’amara conclusione della vicenda per adesso è comunque che in Italia persino i massimi tutori della legalità commettono illegalità per lungo tempo, copiando tantissimi documenti (al pari di coloro che copiano illegalmente CD, che tuttavia vengono duramente perseguiti dalla Guardia di Finanza) e neanche si scusano, ma anzi cancellano le tracce e chiedono di non dire niente. E così la trasparenza diventa a tal punto trasparente da divenire invisibile.

Giovanni Virga, 6 aprile 2015.

P.s.: autorizzo la pubblicazione del presente editoriale nel sito Inform@nac, anche se ho la vaga sensazione che non sarà riprodotto.

Commenti (3)

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  1. porqueddu ha detto:

    Egregio Professore,

    la Sua nota è, come sempre, precisa, circostanziata e arricchita da quel “velo” di humor che La caratterizza.

    Siamo in un momento di totale “vuoto” giuridico accompagnato (o causato) da un terribile “vuoto” di regole. Siamo in spending review .. di principi soprattutto.Io ci credo ancora talmente che esercito la professione di avvocato con ancora l’illusione di “aiutare” i miei clienti e di non usarli come un bancomat e collaboro con l’Università pensando di poter dare il mio piccolo contributo trasmettendo concetti che mi hanno insegnato i miei genitori, uno fra tutti: guardasi allo specchio ogni mattina e sentirsi “puliti”. Senza “ma” e senza “se”.

    Sono all’antica? Mi piace esserlo allora….

    Buona giornata.

    Vanessa Porqueddu

  2. cagliari ha detto:

    Egr. Prof. Virga,

    seguo la Sua rivista sin dalle origini di Giust.it, da quando era gratuita, al passaggio necessario di rivista a pagamento, all’esodo verso LexItalia. Sulla Sua rivista ho trovato le risposte alle mie domande professionali e ho arricchito la mia cultura giuridica.

    E’ per questo motivo che Le manifesto tutta la mia solidarietà e il sostegno per non aver taciuto. Pazienza se a qualcuno non piacerà, ma è solo questa la vera libertà.

    Cordiali saluti

    Roberto Trudu

  3. studiorusconi ha detto:

    Ma ANAC non è l’acronimo di Autorità Nazionale Anti-Copiatura ?

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