FREE – Trascrizione dei matrimoni gay celebrati all’estero

TAR TOSCANA – sentenza  25 settembre 2015 (sulla giurisdizione dell’A.G.O. per una controversia relativa all’annullamento prefettizio della trascrizione di un matrimonio contratto all’estero tra soggetti dello stesso sesso), con 9 documenti correlati.


TAR TOSCANA, SEZ. I – sentenza  25 settembre 2015 n. 1291 – Pres. Pozzi, Est. Grauso – Omissis (Avv.ti Vergelli e Masini) c. Ministero dell’Interno ed altro (Avv.ra Stato) – (dichiara il ricorso inammissibile per difetto di giurisdizione del G.A.).

Giurisdizione e competenza – Stato civile – Trascrizione di un matrimonio gay contratto all’estero – Annullamento prefettizio – Controversie in materia – Giurisdizione dell’A.G.O.

E’ inammissibile, per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, il ricorso avverso il  provvedimento con il quale il Prefetto ha disposto l’annullamento della trascrizione nei registri di stato civile di un Comune di un matrimonio contratto all’estero tra due soggetti dello stesso sesso (nella specie si trattava di due donne); in tal caso, infatti, la pretesa vantata dalle ricorrenti è astrattamente qualificabile come diritto soggettivo, cui accede l’interesse (oppositivo) alla conservazione della trascrizione del matrimonio sui registri dello stato civile. Non spetta perciò al giudice amministrativo, ma al giudice ordinario, pronunciarsi sulla fondatezza della domanda, a partire dalla effettiva e concreta configurabilità nell’ordinamento civile di una situazione giuridicamente rilevante e tutelabile in capo alle ricorrenti (questione che attiene al merito, non alla giurisdizione) (1).

——————————————

(1) Ha osservato in particolare la sentenza in rassegna che manca nel nostro ordinamento una norma che facoltizzi il Prefetto ad intervenire, in sede di verificazione, sul contenuto degli atti dello stato civile, né un potere siffatto può considerarsi implicito nei generali poteri di indirizzo e di vigilanza, di cui pure il Prefetto dispone nei confronti dell’ufficiale dello stato civile (art. 9 del D.P.R. n. 396/2000; art. 54 co. 9 T.U.E.L.) e che si concretizzano, appunto, nella verifica sull’attività di tenuta dei registri, con tutti i limiti di intervento che si sono precedentemente evidenziati.

L’acclarata fondatezza della prospettazione conduce, tuttavia, a una statuizione differente dalla declaratoria di nullità auspicata dalle ricorrenti. L’assenza di una norma attributiva del potere esercitato dà infatti luogo a un difetto assoluto di attribuzione e alla nullità degli atti impugnati, incapaci di arrecare pregiudizio alla posizione sostanziale sulla quale pretenderebbero di incidere negativamente. Gli atti adottati dall’amministrazione lasciano cioè impregiudicata tale posizione, a sua volta astrattamente qualificabile come diritto soggettivo, cui accede l’interesse (oppositivo) alla conservazione della trascrizione del matrimonio sui registri dello stato civile; non spetta perciò al giudice amministrativo, ma al giudice ordinario, pronunciarsi sulla fondatezza della domanda, a partire dalla effettiva e concreta configurabilità nell’ordinamento civile di una situazione giuridicamente rilevante e tutelabile in capo alle ricorrenti (questione che attiene al merito, non alla giurisdizione).

——————————————

Documenti correlati:

CORTE COSTITUZIONALE – ordinanza 5 gennaio 2011, pag. http://www.lexitalia.it/a/2011/32015 (sulla q.l.c. delle disposizioni del codice civile che disciplinano il matrimonio, nella parte in cui non consentono che le persone di orientamento omosessuale possano contrarre matrimonio con persone dello stesso sesso).

CORTE COSTITUZIONALE – sentenza 15 aprile 2010, pag. http://www.lexitalia.it/a/2010/52585 (sulla q.l.c. delle disposizioni del codice civile che disciplinano il matrimonio, nella parte in cui non consentono che le persone di orientamento omosessuale possano contrarre matrimonio con persone dello stesso sesso).

TAR VENETO – sentenza 29 luglio 2015, pag. http://www.lexitalia.it/a/2015/59663 (ritiene sussistente il potere del Prefetto di annullare la trascrizione nei registri dello stato civile di un matrimonio tra persone dello stesso sesso contratto all’estero).

TAR FRIULI VENEZIA GIULIA – sentenza 21 maggio 2015, pag. http://www.lexitalia.it/a/2015/53833 (sull’illegittimità del provvedimento del Prefetto che ha disposto – sulla scorta della circolare del Ministero dell’Interno del 7 ottobre 2014 – l’annullamento d’ufficio della trascrizione del matrimonio contratto all’estero tra soggetti appartenenti allo stesso sesso).

TAR LAZIO – ROMA – sentenza 9 marzo 2015, pag. http://www.lexitalia.it/a/2015/47539 (pur affermando che  l’attuale ordinamento italiano non consente di celebrare matrimoni tra persone dello stesso sesso o di trascrivere matrimoni di tale tipo celebrati all’estero, afferma altresì che, una volta che sia stato trascritto un matrimonio gay celebrato all’estero, solo l’Autorità giudiziaria – e non quella amministrativa – può annullare la trascrizione illegittima).

TRIBUNALE DI GROSSETO – decreto 26 febbraio 2015, pag. http://www.lexitalia.it/a/2015/47008 (ritiene illegittimo il diniego dell’Ufficiale di stato civile di trascrivere un matrimonio celebrato all’estero tra persone dello stesso sesso).

MARCELLO FRACANZANI, Status civile e riparto di competenze: a proposito del potere e della responsabilità (nota a TAR Friuli Venezia Giulia, Sez. I, sentenza 21 maggio 2015, n. 228), pag. http://www.lexitalia.it/a/2015/58223

MINISTERO DELL’INTERNO – circolare 7 ottobre 2014, pag. http://www.lexitalia.it/a/2014/22459 – Oggetto: trascrizione nei registri dello stato civile dei matrimoni tra persone dello stesso sesso celebrati all’estero.

SINDACO DI BOLOGNA – direttiva all’Ufficio dello Stato civile del 21 luglio 2014 (da attuare il 15 settembre 2014) circa la possibilità di trascrivere nei registri dello stato civile i matrimoni contratti all’estero tra persone dello stesso sesso, pag. http://www.lexitalia.it/a/2014/22459

 


N. 01291/2015 REG.PROV.COLL.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 230 del 2015, proposto da: -OMISSIS-, rappresentate e difese dagli avv.ti Roberto Vergelli e Maria Stefania Masini, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Firenze, Via Magenta 23;

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, Prefettura di Firenze, in persona del Prefetto pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, presso la cui sede sono domiciliate in Firenze, Via degli Arazzieri 4;

per la declaratoria di nullità, o in subordine per l’annullamento,

previa adozione delle opportune misure cautelari,

del provvedimento prot. n. 0105063 del 5.11.2014, nella parte in cui il Prefetto della Provincia di Firenze ha disposto – pur non avendone il potere – l’annullamento della trascrizione nei registri di stato civile del Comune di -OMISSIS-dei matrimoni contratti all’estero dalle signore -OMISSIS- e dai signori -OMISSIS-, nonche’ di ogni altro atto a quello suindicato comunque connesso e coordinato, anteriore e conseguente, in particolare per quanto occorrer possa dell’atto prefettizio di delega prot. 0108327 del 14.11.2014, delle note prefettizie n. 90124 del 24.09.2014 e n. 92496/fasc. 12062 del 02.10.2014, della nota prot. n. 10863 del 7.10.2014 del Ministero dell’Interno (40/ba-030/011/DAIT), della nota prefettizia n. 94053 del 07.10.2014, del verbale del 17.11.2014 di cancellazione ad opera della delegata del Prefetto nonche’ della lettera del Comune di -OMISSIS-in data 1.12.2014 prot. 59986.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno e della Prefettura di Firenze;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l’art. 52 D. Lgs. 30.06.2003 n. 196, commi 1 e 2;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 26 giugno 2015 il dott. Pierpaolo Grauso e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Il 30 luglio 2014, in -OMISSIS-, le signore -OMISSIS- hanno contratto matrimonio, successivamente ottenendone la trascrizione nei registri dello stato civile del Comune di -OMISSIS-, il cui Sindaco, con decreto del 15 settembre 2014, aveva disposto che i servizi demografici comunali provvedessero a trascrivere ai sensi e per gli effetti del D.P.R. n. 396/2000 anche gli atti attestanti la celebrazione di matrimoni contratti all’estero tra persone dello stesso sesso. Con provvedimento del 5 novembre 2014, il Prefetto di Firenze ha tuttavia annullato ai sensi dell’art 21-nonies della legge n. 241/1990 sia il menzionato decreto sindacale del 15 settembre, sia la trascrizione del matrimonio fra le signore -OMISSIS-e -OMISSIS-, ordinando al Sindaco di -OMISSIS-, nella sua qualità di ufficiale dello stato civile, di provvedere a tutte le operazioni materiali conseguenti all’annullamento; e il 17 novembre successivo il delegato del Prefetto ha proceduto alla cancellazione della trascrizione.

1.1. Avverso l’iniziativa assunta dal Prefetto fiorentino insorgono le ricorrenti, le quali chiedono che questo Tribunale amministrativo dichiari la nullità del provvedimento in data 5 novembre 2014 e di ogni atto ad esso presupposto o consequenziale. In subordine, chiedono che degli atti impugnati sia pronunciato l’annullamento.

1.2. Costituitisi in giudizio il Ministero dell’Interno e la Prefettura di Firenze, nella camera di consiglio del 25 febbraio 2015 il difensore delle ricorrenti ha dichiarato di rinunciare all’istanza cautelare formulata con lo stesso atto introduttivo del giudizio.

1.3. Nel merito, la causa è stata discussa e trattenuta per la decisione nella pubblica udienza del 26 giugno 2015, preceduta dal deposito di memorie difensive e repliche.

2. Preliminarmente, deve rilevarsi come il provvedimento prefettizio del 5 novembre 2014 abbia disposto l’annullamento della trascrizione non soltanto del matrimonio contratto all’estero dalle signore -OMISSIS-e -OMISSIS-, odierne ricorrenti, ma anche di quello contratto, sempre all’estero, da certi -OMISSIS-. La circostanza è esposta nella narrativa del ricorso introduttivo, le cui conclusioni espressamente investono l’annullamento delle trascrizioni relativamente a entrambi i matrimoni; non per questo i signori -OMISSIS-– i quali non sono indicati come ricorrenti nell’epigrafe dello stesso atto introduttivo, né risultano aver rilasciato procura alle liti – possono considerarsi parti del giudizio, ogni riferimento agli stessi apparendo, in effetti, frutto di refuso o comunque di errore materiale.

2.1. Con il primo motivo di gravame, è dedotto il difetto assoluto di attribuzione del Prefetto in ordine all’annullamento delle trascrizioni eseguite dall’ufficiale dello stato civile.

Le ricorrenti affermano che, non costituendo la trascrizione dell’atto di matrimonio un provvedimento amministrativo, ma un atto pubblico formale ex art. 451 c.c., non avrebbe fondamento la pretesa della Prefettura di fare luogo all’applicazione dei poteri disciplinati dall’art. 21-nonies della legge n. 241/1990. Alla luce dell’ordinamento dello stato civile e della specifica disciplina dettata per le trascrizioni, l’unica autorità legittimata ad intervenire su queste ultime per espungerle dai registri sarebbe quella giudiziaria, a ciò investita dall’art. 453 c.c., e in questo senso sarebbe altresì la prassi seguita sino ad oggi dal Ministero dell’Interno.

Né il Ministero, né il Prefetto, sarebbero del resto muniti di poteri di sovraordinazione e sostituzione rispetto all’Ufficiale dello stato civile, tale da giustificarne l’intervento al di fuori del giudizio disciplinato dall’art. 95 del D.P.R. n. 396/2000. E la stessa riserva all’autorità giudiziaria ordinaria della cognizione sulle questioni concernenti lo stato e la capacità delle persone fisiche (art. 8 co. 2 c.p.a.) impedirebbe a questo giudice di trattare nel merito la specifica situazione giuridica dei ricorrenti, salva la possibilità di accertare il diritto delle ricorrenti a vedere devoluta alla pronuncia del giudice ordinario ogni contestazione circa la validità della trascrizione del matrimonio da loro contratto all’estero.

2.2. Con il secondo motivo, ribadita l’insussistenza di un potere amministrativo di cancellazione delle trascrizioni nei registri dello stato civile, le ricorrenti ulteriormente contestano che il Prefetto sia titolare di un qualsivoglia potere gerarchico nei confronti dell’Ufficiale dello stato civile, atteso che di gerarchia potrebbe al più parlarsi, ed impropriamente, per descrivere quel novero limitato e circoscritto di attribuzioni prefettizie tipizzate, compendiate nel potere di vigilanza di cui agli artt. 9 D.P.R. n. 396/2000 e 75 R.D. n. 12/1941, mentre i poteri sostitutivi disciplinati dall’art. 54 co. 3 e 11 T.U.E.L. per il caso di inerzia del Sindaco non potrebbero in nessun modo estendersi fino a ricomprendere un potere – quello di annullamento delle trascrizioni – sottratto allo stesso Sindaco.

2.3. Con il terzo motivo, le ricorrenti lamentano che il Prefetto, ordinando la trascrizione nel registro dello stato civile del proprio decreto del 5 novembre 2014, avrebbe compiuto un surrettizio sdoppiamento fra il provvedimento e la sua annotazione al solo scopo di creare artificiosamente un atto da annotare, in contrasto con il principio di tipicità e tassatività delle annotazioni.

2.4. Con il quarto motivo, è criticata la scelta del Prefetto di procedere all’annullamento della trascrizione in assenza di preventivo contraddittorio con le interessate, con conseguente violazione del diritto di difesa tutelato dall’art. 24 Cost..

2.5. Con il quinto motivo, infine, le ricorrenti in via di subordine traducono in vizi di illegittimità/annullamento i medesimi vizi già denunciati con i motivi precedenti nella prospettiva del difetto assoluto di attribuzione.

3. L’Avvocatura erariale, dal canto suo, eccepisce l’inammissibilità del ricorso per difetto di interesse, avuto riguardo all’inconfigurabilità del diritto a ottenere la trascrizione nel registro dello stato civile dei matrimoni fra persone dello stesso sesso e, correlativamente, di una posizione giuridica soggettiva suscettibile di tutela giurisdizionale. La domanda proposta dalle ricorrenti, riposando su di una mera aspettativa di fatto, si tradurrebbe in una sorta di azione popolare volta al ripristino di una legalità solo asseritamente violata, né alcuna utilità concreta sarebbe ritraibile dall’eventuale accoglimento del ricorso, trattandosi di pretesa afferente a un bene della vita sconosciuto all’ordinamento.

Al dichiarato fine di paralizzare le censure avversarie, le amministrazioni intimate oppongono inoltre la nullità, sotto diversi profili, del decreto sindacale del 15 settembre 2014 sulla base del quale è stata eseguita la trascrizione del matrimonio contratto all’estero dalle ricorrenti, e concludono in ogni caso per l’infondatezza del gravame.

4. Ricostruite in tal modo le reciproche posizioni delle parti, l’indagine non può che prendere le mosse dall’attuale assetto della disciplina dell’istituto del matrimonio civile che, nell’ordinamento nazionale italiano vigente, è e continua ad essere fondato sulla diversità di sesso dei coniugi, la quale ne costituisce condizione di efficacia, se non addirittura di esistenza e/o validità. In questo senso, inequivocabilmente, si indirizzano, tra l’altro, i recenti e noti approdi della giurisprudenza costituzionale, la quale ha convincentemente escluso che il postulato della differenza di sesso dei coniugi si ponga in contrasto con i principi dettati dalla Carta fondamentale, ovvero mutuati dal diritto internazionale convenzionale.

4.1. In particolare, con la sentenza 15 aprile 2010, n. 138, la Consulta ha ritenuto in parte inammissibili e in parte non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate in relazione agli artt. 2, 3 e 29 Cost., chiarendo che spetta unicamente al Parlamento individuare le forme di garanzia e riconoscimento per le unioni tra persone dello stesso sesso, atteso che l’aspirazione a vedere regolamentati per legge e in termini generali i rapporti – diritti e doveri – dei componenti delle coppie omosessuali non necessariamente implica l’equiparazione al matrimonio, ed essendo riservata alla Corte costituzionale la sola possibilità di intervenire “a tutela di specifiche situazioni, nel quadro di un controllo di ragionevolezza della rispettiva disciplina” (come avvenuto in passato per le convivenze more uxorio: sentenze n. 559/1989 e 404/1988).

Precisato che la nozione costituzionale di matrimonio fatta propria dall’art. 29 Cost. coincide con quella di unione stabile fra un uomo e una donna, definita dal codice civile, la Corte ha altresì ritenuto non potersi superare per la via di un’interpretazione “creativa” il significato originario del precetto costituzionale, ed ha contestualmente evidenziato come la riferibilità della disciplina del matrimonio alla sola unione fra persone di sesso diverso, oltre ad avere fondamento costituzionale, non dia luogo ad irragionevoli discriminazioni, stante la non omogeneità delle unioni omosessuali al matrimonio.

Quanto ai rapporti con la disciplina sovranazionale, e segnatamente con i principi affermati dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che a norma dell’art. 117 co. 1 Cost. rappresentano norme interposte di rango subcostituzionale, la sentenza n. 138/2010 cit. rileva che l’art. 12 CEDU (al pari dell’art. 9 della Carta di Nizza, come recepita dal Trattato di Lisbona) nell’affermare il diritto di sposarsi non impone la piena equiparazione alle unioni omosessuali delle regole previste per le unioni matrimoniali tra uomo e donna, affidando la materia alla discrezionalità dei Parlamenti nazionali.

4.2. Con la successiva sentenza 11 giugno 2014, n. 170, la Corte Costituzionale ha ulteriormente rimarcato che:

– la nozione di matrimonio presupposta dal Costituente, cui conferisce tutela l’art. 29 Cost., è quella stessa definita dal codice civile del 1942, in forza del quale i coniugi debbono essere persone di sesso diverso;

– l’art. 12 (e l’art. 8) CEDU non impone di attribuire alle coppie omosessuali il medesimo trattamento riservato a quelle eterosessuali con riferimento alla possibilità di contrarre matrimonio, e, in assenza di un consenso tra i vari Stati nazionali sul tema, la stessa Corte EDU – cui è riservata l’interpretazione eminente delle norme convenzionali – ha riconosciuto essere riservate alla discrezionalità del legislatore nazionale le eventuali forme di tutela per le coppie di soggetti appartenenti al medesimo sesso (il riferimento è alla sentenza della I Sezione, 24 giugno 2010, Schalk e Kopf c. Austria, secondo cui la stabile relazione di convivenza tra persone dello stesso sesso rientra, peraltro, nella nozione di vita familiare, “proprio come vi rientrerebbe la relazione di una coppia eterosessuale nella stessa situazione”, e l’art. 12 CEDU, che sancisce il diritto al matrimonio, non si riferisce unicamente al matrimonio fra persone di sesso diverso);

– non è configurabile un diritto della coppia omosessuale a contrarre matrimonio;

– le unioni omosessuali vanno annoverate tra le “formazioni sociali” tutelate dall’art. 2 Cost., nell’ambito applicativo del quale spetta al Parlamento, nell’esercizio della sua piena discrezionalità, individuare le forme di garanzia e di generale riconoscimento per le unioni suddette, ferma la possibilità per la Corte Costituzionale di intervenire a tutela di situazioni specifiche.

4.3. La non necessitata assimilabilità al matrimonio, sul piano costituzionale, del rapporto tra i componenti delle coppie omosessuali ha condotto anche la Corte di Cassazione a escludere, in capo a costoro, l’esistenza del diritto a contrarre matrimonio e ad affermare la conseguente inesistenza di un diritto alla trascrizione del matrimonio contratto all’estero, pur in un’ottica evolutiva che, in consonanza con l’art. 12 CEDU come interpretato dal giudice sovranazionale, ritiene oramai superata “la concezione secondo cui la diversità di sesso dei nubendi è presupposto indispensabile, per cosi dire “naturalistico”, della stessa “esistenza” del matrimonio”; di modo che l’intrascrivibilità delle unioni omosessuali dipende non tanto dalla loro giuridica inesistenza e neppure dalla loro invalidità, quanto dalla loro inidoneità a produrre, quali atti di matrimonio, qualsiasi effetto giuridico nell’ordinamento italiano (così Cass., sez. I, 15 marzo 2012, n. 4184, che, in fattispecie speculare alla presente, ha respinto il ricorso avverso il diniego della trascrizione di un matrimonio omosessuale contratto all’estero).

Che nel nostro sistema giuridico di diritto positivo il matrimonio tra persone dello stesso sesso sia inidoneo a produrre effetti, perché non previsto tra le ipotesi legislative di unione coniugale, è stato anche di recente ribadito dalla Corte di legittimità, fermo il diretto riconoscimento costituzionale e convenzionale del nucleo relazionale che caratterizza l’unione omoaffettiva, come tale idonea ad acquisire un grado di protezione e tutela equiparabile a quello matrimoniale in tutte le situazioni nelle quali la mancanza di una disciplina legislativa determina una lesione di diritti fondamentali scaturenti dalla relazione in questione (cfr. Cass., sez. I, 9 febbraio 2015, n. 2400, avente ad oggetto il rifiuto, da parte dell’ufficiale dello stato civile, delle pubblicazioni di un matrimonio fra persone dello stesso sesso).

4.4. Nondimeno, il matrimonio contratto all’estero dalle odierne ricorrenti è stato trascritto nei registri dello stato civile del Comune di -OMISSIS-, salvo la trascrizione essere annullata d’ufficio dal Prefetto di Firenze con l’atto del 5 novembre 2014, oggetto del presente giudizio, recante altresì l’ordine al Sindaco di -OMISSIS-, nella sua qualità di ufficiale dello stato civile, di provvedere all’annotazione a margine della trascrizione. La pretesa rivendicata attiene dunque alla conservazione della trascrizione originaria e si fonda sull’inesistenza, prospettata in via principale, del potere di annullamento d’ufficio esercitato dal Prefetto.

Per questo profilo, la prospettazione appare corretta.

4.4.1. IL codice civile stabilisce all’art. 449 che “I registri dello stato civile sono tenuti in ogni comune in conformità delle norme contenute nella legge sull’ordinamento dello stato civile”. L’art. 450, al secondo comma, prevede quindi che “Gli ufficiali dello stato civile devono rilasciare gli estratti e i certificati che vengono loro domandati con le indicazioni dalla legge prescritte”, mentre per il successivo art. 451, comma terzo, “Le indicazioni estranee all’atto non hanno alcun valore”.

Dal combinato disposto delle norme appena richiamate si ricava, per condivisa affermazione dottrinale, il principio di tipicità degli atti dello stato civile, in virtù del quale gli atti dello stato civile sono solo quelli previsti e disciplinati dalla legge, e presentano il contenuto da questa prescritto.

Il principio si trova riflesso nella disciplina regolamentare di riforma e semplificazione dell’ordinamento dello stato civile approvata con D.P.R. n. 396/2000, che, dopo aver espressamente rinviato ai principi dettati dagli artt. 449 e seguenti cod. civ. (art. 5 co. 1), disciplina le modalità di tenuta dei registri, il contenuto e le modalità di redazione degli atti. Ai fini di causa, vengono particolarmente in considerazione l’art. 11 co. 3 (“L’ufficiale dello stato civile non può enunciare, negli atti di cui è richiesto, dichiarazioni e indicazioni diverse da quelle che sono stabilite o permesse per ciascun atto”) e l’art. 12 co. 1 (“Gli atti dello stato civile sono redatti secondo le formule e le modalità stabilite con decreto del Ministro dell’interno […]”) e co. 6 (“Gli atti dello stato civile sono chiusi con la firma dell’ufficiale dello stato civile competente. Successivamente alla chiusura gli atti non possono subire variazioni”).

La tipicità non costituisce attributo dei soli atti dello stato civile soggetti a iscrizione o trascrizione, ma riguarda anche le annotazioni, formalità accessorie che possono eseguirsi solo se disposte per legge o per ordine dell’autorità giudiziaria, ai sensi degli artt. 453 cod. civ. e 102 co. 1 D.P.R. n. 396/2000. E ugualmente tipizzate sono le procedure di rettificazione e correzione degli atti dello stato civile, che gli artt. 95 e seguenti del D.P.R. n. 396/2000 riservano, rispettivamente, alla competenza dell’autorità giudiziaria e dello stesso ufficiale dello stato civile (quest’ultimo limitatamente alla correzione degli errori materiali).

Alla disciplina generale fa riscontro quella specifica dettata dallo stesso D.P.R. n. 396/2000 in tema di registrazioni relative agli atti di matrimonio, ove sono indicati gli atti da iscrivere e trascrivere da parte dell’ufficiale dello stato civile (art. 63), il contenuto dell’atto di matrimonio (art. 64) e le annotazioni (art. 69). Queste ultime, per quanto qui interessa, possono riguardare le sentenze con le quali viene pronunciato l’annullamento della trascrizione dell’atto di matrimonio, ovvero i provvedimenti di rettificazione (sul significato della locuzione “provvedimenti” nell’art. 69 cit., v. anche infra).

4.4.2. Come si vede, le disposizioni di legge e regolamentari in rassegna non contemplano il potere dell’ufficiale dello stato civile di intervenire in autotutela a rimuovere o modificare i propri atti, ed anzi impongono di escludere la configurabilità di un potere siffatto al di fuori dell’ipotesi della correzione dell’errore materiale di cui all’art. 98 del D.P.R. n. 396/2000.

Se ne ha conferma, a contrario, dal divieto di variazioni successive alla chiusura degli atti ad opera dell’ufficiale dello stato civile (art. 12 co. 6, cit.) e dalla espressa limitazione del potere di correzione dell’ufficiale dello stato civile ai soli errori materiali di scrittura, mentre non convince la tesi dell’Avvocatura erariale, secondo cui il divieto di variazioni non sarebbe violato dalla cancellazione delle trascrizioni, non potendosi ragionevolmente negare che la cancellazione costituisca la forma più incisiva di esercizio del potere di modificare il contenuto di un atto, fino ad eliminarlo. Così come è pretestuoso sostenere che l’esistenza di una norma che legittima l’ufficiale dello stato civile a correggere i propri atti viziati da errori materiali si spiegherebbe con la necessità di autorizzare, in deroga al divieto, la variazione di atti validi, ma irregolari, mentre gli atti invalidi sarebbero pur sempre suscettibili di rimozione in via amministrativa al di fuori della procedura di rettificazione disciplinata dagli artt. 95 e ss. D.P.R. n. 396/2000 cit.: questa è data, fra l’altro, per provvedere alla “cancellazione di un atto indebitamente registrato”, oltre che alla sua “rettificazione” (a conferma della ontologica assimilabilità della cancellazione ad ogni altra generica “variazione” del contenuto degli atti dello stato civile) e il fatto che, all’interno della medesima disciplina, i poteri di correzione esercitabili dall’Ufficiale di stato civile siano circoscritti all’emenda degli errori materiali implica la volontà normativa di riservare alla sola autorità giudiziaria ogni altra e più penetrante forma di intervento sugli atti dello stato civile già formati e “chiusi”.

4.4.2. A ben vedere, peraltro, il ricorso all’autotutela ai sensi della clausola generale di cui all’art. 21-nonies della legge n. 241/1990, invocata dalle amministrazioni resistenti, non è impedito unicamente dalla specialità della disciplina dettata per gli atti dello stato civile dal D.P.R. n. 396/2000.

Il motivo di fondo attiene alla stessa ragion d’essere della disciplina speciale, e cioè alla natura e alla funzione degli atti dello stato civile, che, come posto in luce da autorevole dottrina, sono atti pubblici formali il cui scopo è di enunciare e di mettere in circolazione una qualificazione giuridica, attinente allo status familiare, che ha carattere di assolutezza, ossia è tale da dovere essere accettata da tutti gli operatori giuridici, pubblici o privati che essi siano. Gli atti dello stato civile presentano, unitamente al valore probatorio (art. 451 cod. civ.), funzione di pubblicità dichiarativa (lo stato è accertato, non costituito dall’atto di stato civile), e la loro efficacia in tale duplice veste, se contrastata, può essere neutralizzata solo dal giudice.

Gli atti dello stato civile, in altri termini, pur certamente appartenenti al novero degli atti amministrativi, vanno qualificati come atti di documentazione e di certezza, ai quali per definizione non si applicano le regole proprie dell’attività di stampo provvedimentale. In particolare, il principio del riesame è sostituito da quello di verificabilità, vale a dire del controllo della corrispondenza dell’atto alla situazione reale, secondo le forme tipiche di volta in volta individuate dal legislatore; fatta eccezione per gli errori materiali, si è visto peraltro che l’ufficiale dello stato civile non ha poteri di verifica (non è contemplata quella che la dottrina definisce attività di “auto verificazione”), affidati invece all’autorità giudiziaria ordinaria, le cui competenze – aventi la peculiare natura della giurisdizione volontaria – si estendono alla cancellazione degli atti indebitamente trascritti.

È vero che il D.P.R. n. 396/2000, come del resto già l’abrogato ordinamento dello stato civile di cui al R.D. n. 1938/1939, conosce un’ulteriore misura di verificazione, affidata al Prefetto, che a norma degli artt. 104 e 105 è tenuto a recarsi almeno una volta ogni anno negli uffici dello stato civile compresi nella propria provincia per verificare se gli archivi sono tenuti con regolarità e con precisione, ferma restando la possibilità di procedere in ogni tempo a verificazione straordinaria disposta di ufficio. L’espresso tenore letterale delle disposizioni è però chiaro nel limitare alla verbalizzazione di “osservazioni” l’esito della verifica e, di contro, nel non disciplinare alcun potere di intervento del Prefetto sul contenuto degli atti dello stato civile (art. 105: “Chi ha effettuato la verificazione redige processo verbale nel quale sono indicati il giorno in cui ha avuto luogo la verificazione, il numero degli atti esistenti e verificati e le osservazioni fatte”).

Conferma ne è, per gli atti di matrimonio che qui interessano, la citata previsione di cui all’art. 69 D.P.R. n. 396/2000, che, laddove prevede l’annotazione dei soli “provvedimenti di trascrizione”, si riferisce esclusivamente ai provvedimenti assunti dall’autorità giudiziaria in forma diversa dalla sentenza (la formula n. 190 per l’annotazione dei provvedimenti di verificazione, di cui all’Allegato A del D.M. 5 aprile 2002 – “Approvazione delle formule per la redazione degli atti dello stato civile nel periodo antecedente l’informatizzazione degli archivi dello stato civile”, non contempla altri provvedimenti, se non quelli del Tribunale competente).

Manca dunque una norma che facoltizzi il Prefetto ad intervenire, in sede di verificazione, sul contenuto degli atti dello stato civile, né un potere siffatto può considerarsi implicito nei generali poteri di indirizzo e di vigilanza, di cui pure il Prefetto dispone nei confronti dell’ufficiale dello stato civile (art. 9 del D.P.R. n. 396/2000; art. 54 co. 9 T.U.E.L.) e che si concretizzano, appunto, nella verifica sull’attività di tenuta dei registri, con tutti i limiti di intervento che si sono precedentemente evidenziati.

Ugualmente non rilevano i poteri sostitutivi che la legge riconosce al Prefetto per l’ipotesi di inerzia del Sindaco nell’esercizio delle funzioni di tenuta dei registri dello stato civile. Se l’art. 54 co. 11 T.U.E.L. autorizza il Prefetto ad intervenire con proprio provvedimento per l’ipotesi di inerzia del Sindaco nell’esercizio delle funzioni di tenuta dei registri dello stato civile, è innegabile che la fattispecie legittimante la sostituzione non possa dirsi perfezionata qualora l’organo sostituito non sia rimasto inattivo, ma abbia atteso ai propri compiti, sia pure adottando atti che si assumono invalidi. In ogni caso, il potere dell’organo che interviene come sostituto non può avere una latitudine maggiore del potere assegnato all’organo sostituito; e poiché, per le ragioni già esposte, l’ufficiale dello stato civile non dispone della facoltà di intervenire a modificare o annullare i propri atti già formati e “chiusi”, deve conseguentemente escludersi che di tale facoltà possa invece disporre il Prefetto.

La fonte del potere rivendicato dall’amministrazione non può, infine, ricavarsi per analogia dai principi sull’autotutela decisoria, posto che, a tacer d’altro, ai sensi dell’art. 21-nonies della legge n. 241/1990 l’annullamento d’ufficio è consentito ad opera di organi diversi da quelli che abbiano adottato l’atto viziato solo in presenza di apposita previsione di legge.

4.5. L’acclarata fondatezza della prospettazione conduce, tuttavia, a una statuizione differente dalla declaratoria di nullità auspicata dalle ricorrenti. L’assenza di una norma attributiva del potere esercitato dà infatti luogo a un difetto assoluto di attribuzione e alla nullità degli atti impugnati, incapaci di arrecare pregiudizio alla posizione sostanziale sulla quale pretenderebbero di incidere negativamente. Gli atti adottati dall’amministrazione lasciano cioè impregiudicata tale posizione, a sua volta astrattamente qualificabile come diritto soggettivo, cui accede l’interesse (oppositivo) alla conservazione della trascrizione del matrimonio sui registri dello stato civile; non spetta perciò a questo giudice, ma al giudice ordinario, pronunciarsi sulla fondatezza della domanda, a partire dalla effettiva e concreta configurabilità nell’ordinamento civile di una situazione giuridicamente rilevante e tutelabile in capo alle ricorrenti (questione che attiene al merito, non alla giurisdizione).

Per inciso, anche a voler ipotizzare l’esistenza di un “potere” prefettizio di rettifica, l’attività di tenuta e aggiornamento dei registri dello stato civile – che, lo si ripete, non costituiscono titoli dello status legale, ma lo documentano e vi conferiscono certezza – ha carattere non provvedimentale, integrante una manifestazione di scienza e conoscenza i cui presupposti, contenuti ed effetti sono integralmente predeterminati dalla legge, di modo che la corrispondente posizione dei privati interessati non può che essere di diritto (alla corretta rappresentazione del proprio stato). In questa prospettiva, può condividersi l’affermazione delle amministrazioni resistenti, secondo cui l’annullamento prefettizio della trascrizione dell’atto di matrimonio equivale al rifiuto della trascrizione stessa da parte dell’ufficiale dello stato civile: nell’uno e nell’altro caso, le parti private interessate alla trascrizione fanno valere il medesimo diritto, e le relative controversie non possono che essere devolute al giudice ordinario.

5. In forza di tutte le considerazioni che precedono, il ricorso va dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice adito.

La tempestiva riassunzione della cause dinanzi al giudice ordinario fa salvi gli effetti processuali e sostanziali della domanda, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 11 c.p.a..

5.1. Le spese di lite possono essere compensate, stante la complessità giuridica e la peculiarità della vicenda sostanziale.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Prima), definitivamente pronunciando, dichiara il ricorso inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice adito.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Vista la richiesta dell’interessato e ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, comma 1, D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’annotazione di cui ai commi 1 e 2 della medesima disposizione, nei termini indicati nella predetta istanza.

Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 26 giugno 2015 con l’intervento dei magistrati:

Armando Pozzi, Presidente

Gianluca Bellucci, Consigliere

Pierpaolo Grauso, Consigliere, Estensore

DEPOSITATA IN SEGRETERIA il 25/09/2015.