Esclusione dalla gara per dichiarazione non veritiera

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza 7 agosto 2015 (sulla necessità di disporre l’esclusione da una gara di appalto nel caso di una dichiarazione non veritiera, nella specie riguardante l’assenza di pregiudizi penali  e sull’impossibilità di integrazione postuma della mancata dichiarazione del pregiudizio penale).


CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza 7 agosto 2015 n. 3884 – Pres. Maruotti, Est. Lotti – Nuovapanelectric (Avv. G. Pellegrino) c. Acquedotto Pugliese s.p.a.  (Avv. E. Sticchi Damiani) ed Edilcos s.r.l.  (Avv. A. Tolomeo) – (conferma  T.A.R. Puglia – Lecce, Sez. I, n. 721 del 2013).

1. Contratti della P.A. – Gara – Requisito della moralità professionale – Dichiarazione che sia l’amministratore unico che il direttore tecnico non hanno riportato condanne penali – Risultata non veritiera (per la presenza di una condanna nei confronti del direttore tecnico) – Esclusione dalla gara e ed annullamento della aggiudicazione – Legittimità.

2-3. Contratti della P.A. – Gara – Esclusione – Per qualsiasi dichiarazione risultata non veritiera – Necessità – Sussiste – Fondamento normativo – Individuazione – Integrazione postuma della mancata dichiarazione del pregiudizio penale – Possibilità – Non sussiste.

1. E’ legittima l’esclusione da una gara di appalto di una ditta che ha dichiarato che nei confronti dell’amministratore unico e del direttore tecnico «non sono state pronunciate sentenze definitive di condanna passate in giudicato e/o emessi decreti penali di condanna divenuti irrevocabili/sentenze di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’art. 444 c.p.p, per reati gravi in danno dello Stato o della Comunità che incidono sulla moralità professionale», ove, successivamente all’aggiudicazione definitiva disposta in favore della ditta stessa ed a seguito di verifica da parte della stazione appaltante, sia emersa la non conformità tra l’autodichiarazione relativa all’insussistenza di condanne penali nei confronti del direttore tecnico e le risultanze del certificato giudiziale acquisito d’ufficio, essendo emerso a carico del medesimo direttore tecnico una condanna divenuta definitiva (nella specie per il reato di partecipazione a giochi d’azzardo).

2. L’esclusione da una gara d’appalto consegue ad ogni qualsivoglia dichiarazione non veritiera resa dall’operatore economico, a prescindere dal dolo o dalla colpa grave, non residuando margini di discrezionalità in capo alla stazione appaltante. La necessità dell’esclusione si ricava, infatti, da una lettura comparata dell’art. 38 codice dei contratti pubblici con l’art. 75 del d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, secondo cui «il dichiarante decade dai benefici eventualmente conseguenti al provvedimento emanato sulla base della dichiarazione non veritiera». Quest’ultima norma pone in stretta correlazione la non veridicità del contenuto della dichiarazione con i benefici eventualmente conseguenti al provvedimento emanato sulla base della medesima dichiarazione.

3. L’art. 75 del d.P.R. n. 445 del 2000 non richiede alcuna valutazione, da parte della stazione appaltante, circa il dolo o la colpa grave del dichiarante, poiché la non veridicità di quanto autodichiarato rileva sotto un profilo oggettivo e conduce alla decadenza dei benefici ottenuti con l’autodichiarazione non veritiera, indipendentemente da ogni indagine della pubblica amministrazione sull’elemento soggettivo del dichiarante (1). Inoltre, deve esser ribadito il carattere di «ordine pubblico economico» delle disposizioni di cui all’art. 38 del codice appalti, con la conseguente impossibilità di integrazione postuma della mancata dichiarazione del pregiudizio penale e l’ulteriore conseguenza dell’esclusione dalla gara, anche in difetto di espressa previsione della lex specialis (2).

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(1) Cfr., per tutte, Cons. Stato, sez. VI, 6 aprile 2010, n. 1909, in questa Rivista, pag. http://www.lexitalia.it/a/2010/51109

(2) Cfr. Cons. Stato, sez. V, 10 maggio 2012, n. 2702.

V. anche Cons. Stato, sez. V, 3 dicembre 2014, n. 5972, secondo cui nelle gare pubbliche la completezza e la veridicità (sotto il profilo della puntuale indicazione di tutte le condanne riportate) della dichiarazione sostitutiva di notorietà ex art. 38, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, rappresentano lo strumento indispensabile, adeguato e ragionevole, per contemperare i contrapposti interessi in conflitto, quello dei concorrenti alla semplificazione e all’economicità del procedimento di gara (a non essere, in particolare, assoggettati ad una serie di adempimenti gravosi, anche sotto il profilo strettamente economico, come la prova documentale di stati e di qualità personali, che potrebbero risultare inutili o ininfluenti) e quello pubblico, delle amministrazioni appaltanti, di poter verificare con immediatezza e tempestività se ricorrono ipotesi di condanne per reati gravi che incidono sulla moralità professionale, potendo così evitarsi ritardi e rallentamenti nello svolgimento della procedura ad evidenza pubblica di scelta del contraente, così realizzando quanto più celermente possibile l’interesse pubblico perseguito con la gara di appalto.

E’ stato anche ricordato che:

a) la valutazione della gravità delle condanne riportate dai concorrenti e la loro incidenza sulla moralità professionale spetta esclusivamente alla stazione appaltante e non già ai concorrenti, i quali sono tenuti ad indicare tutte le condanne riportate, non potendo essi operare alcun filtro, ciò implicando un giudizio meramente soggettivo inconciliabile con la ratio della norma (ex pluribus, Cons. Stato, sez. V, 17 giugno 2014, n. 3092; 24 marzo 2014, n. 1428; 27 gennaio 2014, n. 400, in questa Rivista, pag. http://www.lexitalia.it/a/2014/9401; 6 marzo 2013, n. 1378; sez. IV, 22 marzo 2012, n. 1646; 19 febbraio 2009, n. 740);

b) anche in assenza di un’espressa comminatoria nella lex specialis, stante la eterointegrazione con la norma di legge, l’inosservanza dell’obbligo di rendere al momento della presentazione della domanda di partecipazione le dovute dichiarazioni previste dall’art. 38 del D. lgs. n. 163 del 2006 comporta l’esclusione del concorrente, senza che sia consentito alla stazione appaltante disporne la regolarizzazione o l’integrazione, non trattandosi di irregolarità, vizio o dimenticanza di carattere puramente formale (Cons. Stato, sez. III, 2 luglio 2013, n. 3550; 14 dicembre 2011, n. 6569);

c) in caso di mancata dichiarazione di precedenti penali non può operare il principio del c.d. falso innocuo, laddove si tratti di assenza di dichiarazioni previste dalla legge e dal bando di gara a pena di esclusione (Cons. Stato, sez. V, 27 dicembre 2013, n. 6271, in questa Rivista, pag. http://www.lexitalia.it/a/2014/9048), con la precisazione che solo se la dichiarazione sia resa sulla base di modelli predisposti dalla stazione appaltante ed il concorrente incorra in errore indotto dalla formulazione ambigua o equivoca del bando non può determinarsi l’esclusione dalla gara per l’incompletezza della dichiarazione resa (Cons. Stato, sez, III, 4 febbraio 2014, n. 507, in questa Rivista, pag. http://www.lexitalia.it/a/2014/9538);

d) quanto all’estinzione del reato (che consente di non dichiarare l’emanazione del relativo provvedimento di condanna), essa sotto il profilo giuridico non è automatica per il mero decorso del tempo, ma deve essere formalizzata in una pronuncia espressa del giudice dell’esecuzione penale, che è l’unico soggetto al quale l’ordinamento attribuisce il compito di verificare la sussistenza dei presupposti e delle condizioni per la relativa declaratoria, con la conseguenza che, fino a quando non intervenga tale provvedimento giurisdizionale, non può legittimamente parlarsi di «reato estinto» (ex multis, Cons. Stato, sez. V, 17 giugno 2014, n. 3092; 13 dicembre 2012, n. 6393, in questa Rivista, pag. http://www.lexitalia.it/a/2012/4527; 24 marzo 2011, n. 1800, ivi, pag. http://www.lexitalia.it/a/2011/39955).


N. 03884/2015REG.PROV.COLL.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1007 del 2013, integrato da motivi aggiunti, proposto dalla s.r.l. Nuovapanelectric, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Gianluigi Pellegrino, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, corso del Rinascimento, n. 11;

contro

La s.p.a. Acquedotto Pugliese, , in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Ernesto Sticchi Damiani, con domicilio eletto presso lo Studio Legale BDL in Roma, via Bocca di Leone, n. 78;

nei confronti di

La s.r.l. Edilcos, , in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Adriano Tolomeo, con domicilio eletto presso l’avvocato Federico Massa in Roma, via Claudio Monteverdi, n. 20;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. Puglia, Sezione staccata di Lecce, Sez. I, n. 721/2013, resa tra le parti, concernente l’affidamento dei lavori di potenziamento e di estendimento della rete idrica a servizio dell’abitato di Brindisi.

Visti il ricorso in appello, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della s.p.a. Acquedotto Pugliese e della s.r.l. Edilcos;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 giugno 2015 il Cons. Paolo Giovanni Nicolò Lotti e uditi per le parti l’avvocato Gianluigi Pellegrino, l’avvocato Alessandro Castellana, su delega dell’avvocato Ernesto Sticchi Damiani, e l’avvocato Adriano Tolomeo;

FATTO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Lecce, Sez. I, con la sentenza 28 marzo 2013, n. 721, ha respinto il ricorso proposto dall’attuale appellante per l’annullamento del provvedimento 17 dicembre 2012, n. 153796 del D.G. della s.p.a. AQP (e della nota 18 dicembre 2012, n. 154157, di comunicazione dello stesso, ricevuta a mezzo fax in pari data) con cui è stato disposto l’annullamento dell’aggiudicazione definitiva in suo favore di cui al provvedimento 3 agosto 2012, n. 94312 e l’esclusione dalla procedura negoziata di tipo chiuso ex art. 232, comma 13, d.lgs. n. 163-2006 per l’appalto di lavori di «potenziamento ed estendimento della rete idrica a servizio dell’abitato di Brindisi»; la domanda di annullamento riguardava anche la presupposta relazione del RUP 12 dicembre 2012, n. 151738, recante la proposta di esclusione dalla gara della società ricorrente, nonché la e-mail 29 novembre 2012, recante le conclusioni dell’«Unità di tutela giuridica» della s.p.a. AQP.

Il TAR fondava la sua decisione rilevando che:

– la dichiarazione di cui all’art. 38, comma 1, lett. c), d.lgs. n. 163-2006, nel testo novellato dall’art. 4 del D.L. 13 maggio 2011, n. 70, è estesa a tutte le condanne penali (e comprende anche le condanne per le quali si sia beneficiato della non menzione);

– pertanto, si richiede al concorrente la dichiarazione di tutte le condanne riportate dallo stesso o dai soggetti individuati nell’art. 38, affinché la valutazione della gravità del reato commesso in danno dello Stato o della Comunità e dell’incidenza del medesimo sulla moralità professionale possano essere effettuate dalla stazione appaltante;

– il rappresentante legale della ricorrente in primo grado ha dichiarato che nei confronti dell’amministratore unico e del direttore tecnico «non sono state pronunciate sentenze definitive di condanna passate in giudicato e/o emessi decreti penali di condanna divenuti irrevocabili/sentenze di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’art. 444 c.p.p, per reati gravi in danno dello Stato o della Comunità che incidono sulla moralità professionale»;

– successivamente all’aggiudicazione definitiva disposta in favore della ricorrente, e a seguito di verifica da parte della stazione appaltante, è emersa la non conformità tra l’autodichiarazione della ricorrente, relativa all’insussistenza di condanne penali nei confronti del proprio direttore tecnico, e le risultanze del certificato giudiziale acquisito d’ufficio, ove è emerso carico del medesimo direttore tecnico una condanna divenuta definitiva per il reato di partecipazione a giochi d’azzardo;invece a

– quindi, è acclarato che la ricorrente ha emesso dichiarazioni difformi dal vero, integrandosi così la causa di esclusione sancita dall’art. 38 codice appalti, e ribadita dalla stazione appaltante in sede di fissazione delle regole di gara;

– va esclusa la formazione, in capo alla ricorrente, per effetto della descritta partecipazione ad altre gare bandite dalla s.p.a. AQP, di un qualche affidamento meritevole di tutela.

L’appellante contestava la sentenza del TAR deducendo (in specifico, nell’atto di motivi aggiunti, avendo inizialmente appellato il solo dispositivo di sentenza del TAR) l’erroneità e la falsità dei presupposti in fatto e in diritto; la contraddittorietà e la carenza di motivazione; la violazione del principio del favor partecipationis e del legittimo affidamento; infine, la violazione dei principi di derivazione comunitaria.

Con l’appello in esame, quindi, si chiedeva l’accoglimento del ricorso di primo grado, proponendo inoltre una istanza risarcitoria.

Si costituivano in giudizio la stazione appaltante e il controinteressato, chiedendo il rigetto dell’appello.

All’udienza pubblica del 18 giugno 2015, la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Giova premettere, sotto il profilo fattuale, che la s.p.a. AQP aveva invitato gli operatori economici iscritti nel proprio elenco di qualificazione, istituito ai sensi dell’art. 232 d.lgs. n. 163-2006, a partecipare alla «procedura negoziata di tipo chiuso», ex art. 232, comma 13, d.lgs. n. 163-2006, per l’appalto dei lavori di «potenziamento ed estendimento della rete idrica a servizio dell’abitato di Brindisi».

L’appellante ha partecipato alla gara, risultando aggiudicataria provvisoria; in sede di verifica dei requisiti di carattere generale, la stazione appaltante ha rilevato la non veridicità dell’autodichiarazione resa dal legale rappresentante di quest’ultima, ai sensi dell’art. 47, comma 2, d.P.R. n. 445-2000, in quanto emergeva a carico del direttore tecnico, sig. Gi. Pa., un provvedimento giurisdizionale di condanna.

Pertanto, l’attuale appellante veniva esclusa dalla gara.

2. Ritiene il Collegio, nel merito, che l’appello sia infondato.

Occorre, infatti, osservare che l’esclusione da una gara d’appalto consegue ad ogni qualsivoglia dichiarazione non veritiera resa dall’operatore economico, a prescindere dal dolo o dalla colpa grave, non residuando margini di discrezionalità in capo alla stazione appaltante.

La necessità dell’esclusione si ricava, infatti, da una lettura comparata dell’art. 38 codice appalti con l’art. 75 d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, secondo cui « il dichiarante decade dai benefici eventualmente conseguenti al provvedimento emanato sulla base della dichiarazione non veritiera».

La norma menzionata pone in stretta correlazione la non veridicità del contenuto della dichiarazione con i benefici eventualmente conseguenti al provvedimento emanato sulla base della medesima dichiarazione.

Nel caso in esame, il beneficio derivante da una dichiarazione sostitutiva sui requisiti minimi richiesti nel bando, da parte di un concorrente, è connesso alla sua domanda di partecipazione alla gara: pertanto, la decadenza da tale beneficio comporta necessariamente l’esclusione dei concorrente.

Inoltre, l’art. 75 d.P.R. n. 445-2000 non richiede alcuna valutazione, da parte della stazione appaltante, circa il dolo o la colpa grave del dichiarante, poiché la non veridicità di quanto autodichiarato rileva sotto un profilo oggettivo e conduce alla decadenza dei benefici ottenuti con l’autodichiarazione non veritiera, indipendentemente da ogni indagine della pubblica amministrazione sull’elemento soggettivo del dichiarante (cfr., per tutte, Consiglio di Stato, sez. VI, 6 aprile 2010, n. 1909).

Inoltre, deve esser ribadito il carattere di «ordine pubblico economico» delle disposizioni di cui all’art. 38, con la conseguente impossibilità di integrazione postuma della mancata dichiarazione del pregiudizio penale e l’ulteriore conseguenza dell’esclusione dalla gara (cfr., per tutte, Consiglio di Stato, sez. V, 10 maggio 2012, n. 2702).

Ancora di recente, la Sezione (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 3 dicembre 2014, n. 5972) ha ribadito che nelle gare pubbliche la completezza e la veridicità (sotto il profilo della puntuale indicazione di tutte le condanne riportate) della dichiarazione sostitutiva di notorietà ex art. 38, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, rappresentano lo strumento indispensabile, adeguato e ragionevole, per contemperare i contrapposti interessi in conflitto, quello dei concorrenti alla semplificazione e all’economicità del procedimento di gara (a non essere, in particolare, assoggettati ad una serie di adempimenti gravosi, anche sotto il profilo strettamente economico, come la prova documentale di stati e di qualità personali, che potrebbero risultare inutili o ininfluenti) e quello pubblico, delle amministrazioni appaltanti, di poter verificare con immediatezza e tempestività se ricorrono ipotesi di condanne per reati gravi che incidono sulla moralità professionale, potendo così evitarsi ritardi e rallentamenti nello svolgimento della procedura ad evidenza pubblica di scelta del contraente, così realizzando quanto più celermente possibile l’interesse pubblico perseguito con la gara di appalto.

3. Pertanto, alla stregua dei consolidati principi in tema di dichiarazione dei requisiti per la partecipazione a gare d’appalto (come da ultimo puntualizzati in Consiglio di Stato, sez. V, 5 settembre 2014, n. 4528):

a) la valutazione della gravità delle condanne riportate dai concorrenti e la loro incidenza sulla moralità professionale spetta esclusivamente alla stazione appaltante e non già ai concorrenti, i quali sono tenuti ad indicare tutte le condanne riportate, non potendo essi operare alcun filtro, ciò implicando un giudizio meramente soggettivo inconciliabile con la ratio della norma (ex pluribus, Cons. St., sez. V, 17 giugno 2014, n. 3092; 24 marzo 2014, n. 1428; 27 gennaio 2014, n. 400; 6 marzo 2013, n. 1378; sez. IV, 22 marzo 2012, n. 1646; 19 febbraio 2009, n. 740);

b) la completezza e la veridicità (sotto il profilo della puntuale indicazione di tutte le condanne riportate) della dichiarazione sostitutiva di notorietà rappresentano lo strumento indispensabile, adeguato e ragionevole, per contemperare i contrapposti interessi in conflitto, quello dei concorrenti alla semplificazione e all’economicità del procedimento di gara (a non essere, in particolare, assoggettati ad una serie di adempimenti gravosi, anche sotto il profilo strettamente economico, come la prova documentale di stati e di qualità personali, che potrebbero risultare inutili o ininfluenti) e quello pubblico, delle amministrazioni appaltanti, di poter verificare con immediatezza e tempestività se ricorrono ipotesi di condanne per reati gravi che incidono sulla moralità professionale, potendo così evitarsi ritardi e rallentamenti nello svolgimento della procedura ad evidenza pubblica di scelta del contraente, così realizzando quanto più celermente possibile l’interesse pubblico perseguito con la gara di appalto (Cons. St., sez. V, 1378 del 6 marzo 2013; sez. VI, 10 dicembre 2012, n. 6291; sez. III, 17 agosto 2011, n. 4792), così che la sola mancata dichiarazione dei precedenti penali o di anche solo taluno di essi, indipendentemente da ogni giudizio sulla loro gravità, rende legittima l’esclusione dalla gara (Cons. St., sez. IV, 28 marzo 2012, n. 1646; sez. VI, 2 maggio 2012, n. 2597);

c) anche in assenza di un’espressa comminatoria nella lex specialis, stante la eterointegrazione con la norma di legge, l’inosservanza dell’obbligo di rendere al momento della presentazione della domanda di partecipazione le dovute dichiarazioni previste dall’art. 38 del D. lgs. n. 163 del 2006 comporta l’esclusione del concorrente, senza che sia consentito alla stazione appaltante disporne la regolarizzazione o l’integrazione, non trattandosi di irregolarità, vizio o dimenticanza di carattere puramente formale (Cons. St., sez. III, 2 luglio 2013, n. 3550; 14 dicembre 2011, n. 6569);

d) in caso di mancata dichiarazione di precedenti penali non può operare il principio del c.d. falso innocuo, laddove si tratti di assenza di dichiarazioni previste dalla legge e dal bando di gara a pena di esclusione (Cons. St., sez. V, 27 dicembre 2013, n. 6271), con la precisazione che solo se la dichiarazione sia resa sulla base di modelli predisposti dalla stazione appaltante ed il concorrente incorra in errore indotto dalla formulazione ambigua o equivoca del bando non può determinarsi l’esclusione dalla gara per l’incompletezza della dichiarazione resa (Cons. St., sez, III, 4 febbraio 2014, n. 507);

e) quanto all’estinzione del reato (che consente di non dichiarare l’emanazione del relativo provvedimento di condanna), essa sotto il profilo giuridico non è automatica per il mero decorso del tempo, ma deve essere formalizzata in una pronuncia espressa del giudice dell’esecuzione penale, che è l’unico soggetto al quale l’ordinamento attribuisce il compito di verificare la sussistenza dei presupposti e delle condizioni per la relativa declaratoria, con la conseguenza che, fino a quando non intervenga tale provvedimento giurisdizionale, non può legittimamente parlarsi di «reato estinto» (ex multis, Cons. Stato, sez. V, 17 giugno 2014, n. 3092; 13 dicembre 2012, n. 6393; 24 marzo 2011, n. 1800).

4. Infine, l’esclusione di un’impresa dalla procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico per la mancata allegazione della dichiarazione attestante l’assenza di procedimenti o condanne penali a carico del direttore tecnico, prevista dall’art. 38 d.lgs. n. 163-2006, cosiddetto codice dei contratti pubblici, è legittima e compatibile con la direttiva appalti n. 2004/18/CE (rilevante ratione temporis in questo giudizio), e l’esclusione non può nemmeno essere evitata con la produzione della documentazione in un momento successivo (cfr. Corte di Giustizia UE, sez. X, 6 novembre 2014, n. 42-2013).

Il principio di parità di trattamento e l’obbligo di trasparenza, infatti, obbligano l’Amministrazione ad escludere dall’appalto un operatore che non abbia comunicato un documento o una informazione la cui produzione era prevista a pena di esclusione.

Infine, non può ritenersi fondata la doglianza relativa alla circostanza che la stazione appaltante abbia aggiudicato altre gare alla ricorrente senza rilevare la condanna emersa a carico del direttore tecnico nella procedura, atteso che sono irrilevanti in questa sede le vicende che hanno riguardato la partecipazione ad altre gare: da esse non può certo dedursi un legittimo affidamento alla partecipazione alla gara qui in contestazione.

5. Conclusivamente, alla luce delle predette argomentazioni, l’appello deve essere respinto in quanto infondato.

Le spese di lite del presente grado di giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello (R.G. 1007-2013), come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna parte appellante al pagamento delle spese di lite del presente grado di giudizio, spese che liquida in euro 3.000,00, oltre accessori di legge, in favore di ciascuna controparte (stazione appaltante e controinteressato).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 giugno 2015 con l’intervento dei magistrati:

Luigi Maruotti, Presidente

Vito Poli, Consigliere

Paolo Giovanni Nicolo’ Lotti, Consigliere, Estensore

Nicola Gaviano, Consigliere

Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere

DEPOSITATA IN SEGRETERIA il 07/08/2015.

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