Responsabilità del progettista, del verificatore e del RUP

n. 4/2014 | 16 Aprile 2014 | © Copyright | - Articoli e note, Opere pubbliche | Torna indietro More

STEFANO GLINIANSKI, Responsabilità e garanzie del progettista, del verificatore e del RUP.


STEFANO GLINIANSKI (*)

Responsabilità e garanzie del progettista, del verificatore e del RUP


Il tema – responsabilità e garanzie del progettista, del verificatore e del Rup impone, necessariamente, per ragioni di ordine sistematico, oltre che per una corretta delimitazione dei termini del problema, un distinto esame del ruolo e, conseguentemente, delle responsabilità erariali afferenti alle  tre figure professionali  richiamate.

Avviando, dunque, la nostra analisi con riferimento specifico al progettista esterno all’amministrazione, è d’obbligo richiamare i recenti interventi delle Sezioni Unite della Cassazione [1] che, in linea di continuità con i precedenti orientamenti della magistratura ordinaria, hanno, in tema di incarichi per progettazione di opera pubblica affidato a libero professionista, fissato i seguenti principi:

nessun rapporto di servizio [2] è configurabile tra la stazione appaltante ed il progettista dell’opera, il cui elaborato deve essere fatto proprio dall’amministrazione mediante specifica approvazione [3], versandosi in tal caso in un’ipotesi, non di inserimento del soggetto nell’organizzazione dell’amministrazione, ma di contratto d’opera professionale [4];

–  il vincolo che lega, dunque, il progettista all’amministrazione è da ricercare nell’art. 2222 c.c. e  i principi disciplinanti l’attività di progettazione sono quelli stabiliti dall’art. 1176 [5] c.c.;

–  la progettazione di opera pubblica, come più volte affermato anche dal giudice contabile, quando sia affidata ad un libero professionista, non comporta l’instaurarsi di una relazione funzionale con l’ente pubblico, in quanto non determina l’esercizio di poteri propri della P.A., diversamente da quanto avviene nell’attività del direttore dei lavori, ove viene in rilievo anche l’imputabilità in via diretta ed immediata alla P.A. dell’attività con rilevanza esterna del soggetto, il quale assume la rappresentanza del committente;

– l’attività del progettista può assumere rilevanza pubblica, solo in forza dell’approvazione del progetto da parte dell’ente pubblico committente, cioè in un momento successivo, quando tale attività è stata già compiuta, escludendo, anche sotto questo aspetto, qualsiasi possibilità di un inserimento del professionista privato nell’apparato organizzativo e/o nell’iter procedimentale della P.A [6].

In coerenza con quanto detto, è di tutta evidenza, pertanto, che non potrà che sussistere, ai fini del riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e Corte dei conti, nelle controversie risarcitorie proposte dall’Amministrazione appaltante contro il professionista che abbia svolto l’incarico di progettista e di direttore dei lavori per l’esecuzione di un’opera pubblica, la giurisdizione del giudice ordinario quando, nella prospettazione della domanda, la parte ne abbia dedotto la responsabilità non nella qualità di direttore dei lavori, ma in quella di progettista per gli errori e le carenze progettuali allo stesso imputabili [7].

La precisazione che si evince dalla richiamata giurisprudenza non è di poco conto, se si considera in termini di responsabilità e di  garanzie del progettista, ove lo stesso sia un professionista esterno incaricato dalla amministrazione.

Come, infatti, la stessa magistratura contabile ha avuto occasione recentemente di precisare, secondo sua costante giurisprudenza [8], quando l’incarico di direzione dei lavori sia conferito ad un soggetto estraneo all’amministrazione, quest’ultimo deve ritenersi comunque temporaneamente inserito nell’apparato organizzativo della P.A., quale organo tecnico e straordinario della stessa, con la conseguente giurisdizione del giudice contabile per danni eventualmente cagionati nell’esecuzione dell’incarico, proprio in ragione delle attività, sia autoritative che di scelta amministrativa, che il direttore lavori pone in essere in qualità di organo tecnico e straordinario dell’Amministrazione; non altrettanto può dirsi per il soggetto estraneo all’Amministrazione che rivesta unicamente la qualità di progettista, nei confronti del quale non è configurabile un rapporto di servizio, con la conseguenza che la giurisdizione in ordine ad eventuali danni provocati all’amministrazione committente nell’esercizio dell’attività professionale spetta al giudice ordinario.

Tuttavia, in caso di cumulo delle due funzioni in capo al medesimo soggetto ciò implica lo svolgimento di una complessiva attività professionale nella quale la progettazione è prodromica alla successiva attività di direzione, con conseguente giurisdizione del giudice contabile, non potendo giungersi alla scissione delle giurisdizioni in presenza di un rapporto unitario.

Come sostenuto dalla Corte di cassazione,  il riconoscimento della “giurisdizione del giudice ordinario in relazione alla domanda di risarcimento del danno nei confronti del progettista di un’opera pubblica”  è “certamente condivisibile allorché la domanda risarcitoria è proposta dall’amministrazione nei confronti di un soggetto che abbia svolto la sola funzione di progettista. Ove la domanda è proposta nei confronti di un soggetto investito sia dell’incarico di progettista che di quello di direttore dei lavori, non può giungersi alla scissione delle giurisdizioni, affermandosi quella del giudice ordinario per il danno causato nella qualità di progettista e quella del giudice contabile per il danno causato nella qualità di direttore dei lavori”. Infatti, “il cumulo dei due incarichi professionali di progettista e di direttore dei lavori nello stesso soggetto da’ luogo ad una complessiva attività professionale, nella quale l’attività di progettazione si pone solo come elemento prodromico di quella successiva [9]”.

Inoltre, “i doveri di verifica del progetto, propri del direttore dei lavori (R.D. n. 350 del 1985, art. 5), sussistono già durante la progettazione, che così continua ad avere una sua autonomia solo ideale ed astratta dalla direzione dei lavori, mentre i doveri di quest’ultima assorbono anche quelli del progettista, allorché si tratti dello stesso soggetto che cumula i due incarichi e la domanda risarcitoria dell’amministrazione investa la complessiva attività posta in essere dall’unico professionista incaricato” [10].

Quanto statuito in termini di riparto di giurisdizione e distinzione tra l’ipotesi di progettista privato tout court e cumulo di funzioni di progettazione e direzione dei lavori [11], determina, dunque, quale sua principale conseguenza che l’amministrazione, nel commissionare l’opera ad un  progettista privato, ha sostanzialmente richiesto allo stesso, non l’esercizio di funzioni pubblicistiche in forza di una delega di sue funzioni, bensì l’elaborazione di un’opera da utilizzare come parametro per l’organo deputato all’approvazione dello stesso, previo, naturalmente, esercizio da parte dei tecnici a ciò preposti, di quella necessaria attività tecnico gestionale che dovrà necessariamente vagliarne la fattibilità e attestarne, conseguentemente,  la correttezza [12].

Il punto è di rilevante importanza ai fini della nostra analisi in quanto, non solo consente di delineare i limiti esterni della giurisdizione contabile, ma rappresenta, altresì, uno spunto di riflessione per affrontare un ulteriore complesso tema quale – essendo l’ approvazione di una opera pubblica un procedimento soggettivamente complesso –  la corretta individuazione dei profili di responsabilità erariali ricadenti, appunto,  sui diversi soggetti coinvolti, a vario titolo,  in  detto procedimento e, in particolare, sul responsabile della verifica delle diverse fasi progettuali e della validazione del progetto posto a base di gara e sul R.U.P. , ove il medesimo non svolga anche le funzioni di verificatore ai sensi dell’art. 47 del d.P.R. 207/2010.

E’ noto, infatti che, con il procedimento di verifica, ( articoli 93, comma 6 e 112 del d.lgs 163/2006), si attua quel controllo della documentazione progettuale, per ciascuna fase – preliminare, definitiva ed esecutiva – con riferimento alla sua  affidabilità, completezza ed adeguatezza, leggibilità, coerenza e ripercorribilità, compatibilità ( art. 52, d.P.R. 207/2010).

Relativamente, poi, alla validazione del progetto posto a base di gara, la stessa è l’atto formale che riporta gli esiti delle verifiche eseguite e fa riferimento al rapporto conclusivo redatto dal soggetto preposto alla verifica (art. 55, d.P.R. 207/2010).

Ne discende, pertanto, che la verifica deve essere eseguita in ogni fase progettuale, mentre la validazione è il momento conclusivo della verifica e deve essere eseguita prima dell’appalto dei lavori.

Dunque, tanto nell’ipotesi della  verifica, come detto, da espletare in ogni in ogni fase di progettazione, quanto nella fase della  validazione finale del progetto, diversi sono i soggetti – interni o esterni all’amministrazione –  che possono essere coinvolti in tale delicata fase di accertamento e validazione [13].

Con riferimento, poi, specificamente, al Responsabile Unico del Procedimento, giova ricordare come allo stesso siano demandate numerose attività per ciascuna delle quali la stessa giurisprudenza contabile non ha mancato di ravvisare ipotesi di responsabilità amministrativa [14] ove, naturalmente, le stesse non siano state espletate con la richiesta diligenza professionale.

L’art. 10, comma 7, del D.P.R. n. 207/2010, infatti, in tema di responsabilità erariale e con riferimento  ai contratti di rilevanza comunitaria nei settori ordinari e di ogni altro contratto di appalto o di concessione che alla normativa propria di tali contratti faccia riferimento, ha statuito  che il R.U.P. soggiace alle disposizioni vigenti in materia di giudizio e responsabilità innanzi alla Corte dei conti, con l’obbligo, quale agente contabile di diritto, di rendere il conto della gestione attraverso la trasmissione alla amministrazione aggiudicatrice della documentazione relativa alle fasi di progettazione, affidamento ed esecuzione del contratto.

Di là, tuttavia, delle  ipotesi di responsabilità erariale [15] a cui possono  andare incontro tanto  il R.U.P. nell’esercizio delle funzioni ex lege a lui attribuite,  quanto le diverse strutture tecniche interne, un tema particolarmente complesso, nel presupposto che per la realizzazione di un’opera pubblica si rileva necessaria la compartecipazione tecnico – amministrativa di diverse professionalità ,  è identificare la linea prospettica che il giudice contabile normalmente segue per individuare  le specifiche responsabilità di ciascuno dei diversi compartecipi alla  formazione dell’atto.

 Più precisamente, partendo dall’assunto per cui l’amministrazione, commissionata all’esterno  una progettazione, utilizzerà, come detto,  l’ elaborato progettuale quale parametro per portare lo stesso in approvazione [16], quando, nell’ipotesi si rilevino come necessari ulteriori interventi finanziari, questi aggravi di spesa di denaro pubblico potranno definirsi conseguenza di lacune, carenze, errori progettuali e/o attività di verificazione non correttamente espletate, o, al contrario, gli stessi celino dei “ripensamenti”  – sovente non ammessi [17]- in corso d’opera, da parte dell’amministrazione?

Alla domanda non è facile rispondere e  un’analisi delle decisioni giurisprudenziali in materia, sorrette dalle necessarie perizie tecniche presentate dai consulenti tecnici d’ufficio, spesso evidenzia difficoltà da parte dei collegi giudicanti nel pervenire ad istruttorie esaustive per definire l’incidenza dell’errore tecnico sui costi maggiori sopportati dall’amministrazione e, poi, giudicare l’eventuale sussistenza di una responsabilità amministrativa  e la sua  misura nei confronti di chi doveva, per le competenze tecniche possedute, evitarli.

Tuttavia, pur nella complessità e varietà di  giudizi demandati al Giudice contabile, in questa sede si può tentare di delineare una  linea prospettica per tracciare l’iter logico seguito dallo stesso  nell’identificare diversi profili di responsabilità, ove più soggetti agenti siano compartecipi alla definizione di un atto, e sensibilizzare, così,  gli addetti ai lavori ad una più ampia riflessione sulle responsabilità che i ruoli tecnici hanno nella realizzazione di un’opera pubblica.

E tanto, anche per cercare di offrire una diversa chiave di lettura e, conseguentemente, orientare gli operatori, nel mare magnum delle decisioni della magistratura contabile, solo in apparenza distoniche tra loro, che si sono occupate del complesso tema della individuazione della responsabilità amministrativa ove un atto veda la necessaria compartecipazione degli organi tecnici, oltre che dell’organo politico – amministrativo [18].

Il richiamo è ai principi di affidamento e di auto responsabilità.

Com’è noto nel nostro sistema giuridico sul piano dell’accertamento della  responsabilità – ove nella produzione di un evento vi sia interazione tra più soggetti – il diritto pretorio si richiama – sovente attraverso un procedimento logico non sempre espresso nel contenuto della sentenza – al  c.d. principio dell’affidamento in ordine all’altrui corretto agire che consente, attesa la sua portata di carattere generale [19] e,dunque, la sua applicabilità anche al processo contabile,  nell’ipotesi di concorso di più agenti su cui ricadono specifici obblighi di servizio,  di individuare e circoscrivere  le responsabilità di ciascuno nel processo produttivo del danno.

Principio di affidamento nel corretto agire da parte degli altri consociati che non ha, tuttavia, per l’astrattezza delle aspettative su cui lo stesso si fonda, valore assoluto, ma che incontra due limiti:  l’uno interno,  le c.d. spie rilevatrici che la regola astratta di condotta in concreto sarà da altri violata [20];  l’altro logico o esterno, che si innesta su chi riveste una posizione c.d.di garanzia [21],  funzionale  a prevenire il verificarsi del danno per il quale – in caso di interazione tra più soggetti – chi assume tale ruolo sarà sollevato da responsabilità, solo ove la sua condotta sia esente da colpa.

Orbene, circoscrivendo il ragionamento all’oggetto della nostra trattazione e, dunque, al tema della responsabilità, oltre che del progettista, altresì, del verificatore e del R.U.P.,  sulla base di quanto sinora esposto circa i criteri logico – giuridici  seguiti in un giudizio per identificare le eventuali responsabilità per colpa in caso di interazione di più soggetti agenti in un procedimento produttivo, poi, di un danno erariale,  è intuibile che il pendolo della responsabilità – per l’evidente posizione di garanzia che assume  l’organo tecnico nei confronti degli altri compartecipi  all’approvazione di un progetto d’opera pubblica (o delle sue eventuali varianti) e sulla quale ripongono il loro legittimo affidamento – si inclinerà più facilmente verso chi aveva il dovere di evitare, per le capacità tecniche possedute – tanto nella fase preliminare, quanto in quella esecutiva per la realizzazione di un’opera pubblica– che l’amministrazione fosse lesa nei suoi interessi finanziari.

Affidamento sul corretto operare degli organi tecnici, tuttavia, non da considerarsi escludente sempre la responsabilità degli altri compartecipi alla realizzazione di un’opera pubblica.

Se tale principio deve essere contemperato anche con l’altrettanto fondamentale dogma dell’auto responsabilità per il quale ciascuno, in caso di interazione di più soggetti nella verificazione di un evento,  deve rispondere solo del proprio agire, soccorrerà – ai fini di un giudizio di responsabilità contabile –  l’altro  richiamato limite, così detto interno,  in ordine all’assoluta certezza del rispetto delle regole da parte di altri compartecipi alla realizzazione, nel caso di specie,  di un’opera pubblica

Ove, infatti, venga dimostrato da parte del giudice contabile, che spie rilevatrici abbiano evidenziato palesi violazioni di regole tecniche da parte degli organi preposti a garanti del loro rispetto, senza che gli altri compartecipi alla realizzazione dell’opera abbiano eccepito in merito alcunché [22], logico corollario a tale assunto sarà, per l’organo amministrativo, di non poter più richiamare a discolpa la propria buona fede [23], con conseguente dichiarazione di corresponsabilità, in questo caso, anche degli effetti dell’altrui condotta antidoverosa, da parte del Giudice contabile.


(*) Giudice della Corte dei conti

[1] Ex plurimis, Cassazione, Sez. Unite Civili, 9 febbraio 2011, n. 3165, nonché, 23 aprile 2012, n. 6335.

[2] Presupposto, infatti, indefettibile, per potersi inquadrare una fattispecie nell’ambito giurisdizionale della magistratura contabile è la sussistenza di un rapporto di servizio da intendersi  quale relazione funzionale che inserisce l’agente nell’organizzazione dell’ente,  perché compartecipe della realizzazione del fine pubblico.

[3] Tant’è che, la prestazione del professionista privato, acquisisce rilevanza pubblicistica, solo in un momento successivo alla predisposizione dell’elaborato progettuale ed il suo vincolo con l’amministrazione è di natura eminentemente privatistico.

[4] In aderenza alla tesi della natura del rapporto d’opera intellettuale che vincola il professionista all’amministrazione, TAR, Sicilia, Catania, sez. III, 28 dicembre 2012, 3078.

[5] E’ evidente, pertanto, che l’inclusione della relazione tra progettista e stazione appaltante nel contratto d’opera intellettuale determina, in ipotesi di inadempimento contrattuale, l’applicazione delle regole di diritto comune discendenti dagli articoli 1176, 1218 1453 e ss. del codice civile.

[6] In tal senso, Cass. sez. un. 5871/2004; 340/2003; 24/2001.

[7] Cass 23 aprile 2012, n. 6335.

[8] Da ultimo, Sez. Giur. Sardegna, n. 144 del 20 maggio 2013; Sez. Giur. Veneto, n. 220 del 28 giugno 2013; Sez. II Centrale Appello, n. 481 del 23 luglio 2013.

[9] Cass. SS.UU. n. 7446/2008; n. 28537/2008; n. 9845/2011.

[10] Cass. cit.

[11] Direttore dei lavori che, si ricorda, tanto nell’ipotesi di cumulo di funzioni esercitate  unitamente a quelle del progettista, quanto nell’ipotesi di sola direzione è, per giurisprudenza consolidata, in considerazione dei suoi compiti e funzioni comportanti esercizio di poteri autoritativi, da ritenersi inserito funzionalmente e temporaneamente nell’apparato organizzativo dell’amministrazione conferente l’incarico quale organo tecnico e straordinario della stessa (Cass. S.U., 5 Aprile 1993, n.4060; Corte conti, sez. Puglia,27 gennaio 2005, n.72, Sicilia, 3 luglio 2003, n. 1194).

[12] In proposito, Corte conti, sez. III, 17 dicembre 1996, n 469 per cui l’amministrazione commissionando l’opera ha semplicemente chiesto al professionista l’elaborazione di un progetto di massima da utilizzare come parametro di riferimento per il proprio ufficio, effettivamente titolare del potere pubblico di discernimento dell’attuabilità ed economicità del progetto.

[13] Il d.P.R. 207/2010, infatti, all’art. 47, dispone che la stazione appaltante provvede all’attività di verifica della progettazione normalmente attraverso strutture e personale tecnico della propria amministrazione, che, per lavori di importo pari o superiore a 20 milioni di euro, sono l’unità tecnica della stazione appaltante accreditata, ai sensi della norma europea UNI CEI EN ISO/IEC 17020, quale Organismo di ispezione di tipo B. Per i  lavori di importo inferiore a 20 milioni di euro, la predetta unità tecnica o gli uffici tecnici delle stesse stazioni appaltanti, ove il progetto sia stato redatto da progettisti esterni, o gli uffici tecnici delle stesse stazioni appaltanti, dotate di un sistema interno di controllo di qualità, ove il progetto sia stato redatto da progettisti interni. Per i lavori di importo inferiore a 1.000.000 di euro per opere puntuali e inferiore alla soglia di cui all’articolo 28, comma 1, lettera c), del codice, per opere a rete, il responsabile del procedimento, sempreché non abbia svolto le funzioni di progettista, ovvero gli uffici tecnici della stazione appaltante anche non dotati di un sistema interno di controllo di qualità. Resta ferma, naturalmente, ai sensi del successivo art. 48, l’affidamento della verifica a strutture tecniche esterne.

[14] La responsabilità del RUP può  emergere per sue inadempienze tanto nella fase della progettazione, quanto in quella dell’affidamento e della successiva esecuzione del contratto.

Relativamente alla  fase della progettazione, infatti, lo stesso deve attestare in merito alla funzionalità, fruibilità e fattibilità di ciascun lotto inserito nell’elenco annuale (art. 128, comma 7, D.Lgs. n. 163/2006 e art. 10, comma 1 lett. p) del D.P.R. n. 207/2010);  deve indicare gli obiettivi da conseguire e le esigenze ed i bisogni della collettività che l’opera deve soddisfare (cd. valutazione preliminare della utilità dell’intervento), ai sensi dell’art. 93 D.Lgs. n. 163/06 – art. 10, comma 1 lett. c) DPR n. 207/10. O, ancora, validare il progetto esecutivo posto a base di gara ai sensi dell’ art. 112 D.lgs 163/06 – art. 44 e ss. D.P.R. n. 207/2010.

L’art. 47, comma 2 lett. c), infatti,  prevede che l’attività di validazione possa essere svolta direttamente dal RUP, che non sia già progettista, per i lavori di importo inferiore a 1.000.000,00 di euro per opere puntuali e di importo inferiore alla soglia comunitaria per opere a rete.

Venendo, poi, alla fase dell’affidamento contrattuale, lo stesso è stato dichiarato responsabile per mancata od erronea applicazione delle procedure di aggiudicazione e violazione delle  norme sull’evidenza pubblica (art. 10, comma 3 lett. c), del D.Lgs. n. 163/06 ed art. 10, comma 1 lett. h) del D.P.R. n. 207/2010), con conseguente sua responsabilità per perdita di chances a vantaggio della P.A. (cd. “danno alla concorrenza”); per mancata indizione gara (Corte Conti Lombardia – sez. giurisd. n. 447/2006; Corte Conti Campania sez. giurisd. n. 141/2013; Corte Conti II sez. giurisd. centrale d’appello n. 130/2013; Corte Conti Liguria – sez. giurisd. n. 187/2012; Corte Conti Abruzzo – sez. Giurisdizionale n. 23/2011);  per l’espletamento della procedura negoziata, ex artt. 56 e 57 e 125 del D.Lgs. n. 163/06 in assenza dei presupposti legittimanti tale procedura; per gara in assenza presupposti per l’affidamento di lavori in urgenza o somma urgenza, ex art. 175 e 176 del D.P.R. n. 207/2010 (Corte Conti Abruzzo – sez. Giurisdizionale n. 23/2011); per frazionamento artificioso del progetto (art. 29, comma 4, del D.Lgs. n. 163/06 e art. 125, comma 13, del D.Lgs. n. 163/06) – Corte Conti Abruzzo – sez. Giurisdizionale n. 23/2011.  Infine, con riferimento alla fase esecutiva per  mancata o ritardata consegna dei lavori all’impresa esecutrice per mancata acquisizione attestazione ex art. 106, comma 1, del D.P.R. n. 207/2010;  per omessa verifica della sussistenza delle condizioni di legge previste per le varianti in corso d’opera (art. 10, comma 1 lett. v) del D.P.R. n. 207/2010); a seguito di  variante per errore progettuale, ex art. 132, comma 1 lett e), del D.Lgs n. 163/2006.

[15] Evidentemente disciplinate dalle regole tipiche del processo contabile  che, per addivenire ad un finale giudizio di colpevolezza del soggetto agente, deve scrutinare dello stesso una condotta gravemente colposa e cioè in estrema contraddizione con  quella indicata dalla norma di cautela.

[16] Previo esercizio di quella necessaria attività tecnico – gestionale che dovrà necessariamente vagliarne la fattibilità e attestarne, conseguentemente,  la correttezza o, in generale,  la rispondenza alle regole tecniche che ne sottendono la realizzazione.

[17] Si pensi alla frequente ipotesi, pertinente al caso di specie, dell’ abuso al ricorso a varianti. Il ricorso a varianti in corso d’opera, infatti, se non giustificato rigorosamente dalla sussistenza dei presupposti di legge, comporta, secondo costante giurisprudenza contabile, lesione delle regole concorrenziali e di parità di condizioni tra i partecipanti alle gare pubbliche, in conseguenza delle restrizioni legislative di modifica dell’oggetto contrattuale. Ex plurimis, Corte conti, sez. giur. Trento, 40 del 27.09.2013, nonché TAR Lazio – Roma, sez. II, 20 aprile 2006, n. 2883.

[18] E, conseguentemente, comprendere, perché, talvolta,  l’esito del giudizio contabile sfocia in una dichiarazione di responsabilità del solo organo amministrativo, tra l’altra dell’organo tecnico ed in altre  ipotesi ancora di entrambi,  ancorché con una diversa graduazione dei profili di  responsabilità pur, come detto, per fattispecie solo in apparenza analoghe tra loro.

[19] Per una disamina sul principio dell’affidamento si rimanda a a M. Mantovani, Il principio di affidamento nella teoria del delitto colposo, Milano, 1997, 11: «L’espressione Vertrauensgrundsatz si deve a Herman Gulde, autore che tanto nel periodo del nazionalsocialismo quanto in epoca successiva si occupa di problemi attinenti allo specifi­co tema della circolazione stradale, il quale nel 1938 pubblica sulla “juristische wochenschrift” un articolo dal titolo di inequivoca significatività «der Ventrauengrundsatz als Leitgedanke des Strabenverkehrsrechts» (vale a dire, il principio di affidamento come criterio – guida del diritto della circolazione stradale). La locuzione de qua viene coniata in stretta dipendenza con la trattazione di un problema che all’epoca comincia ad affacciarsi con insistenza sempre maggiore e, correlativamente, a sollecitare decise prese di posizione in un senso o nell’altro: cioè, il singolo partecipante al traffico stradale (Verkehrsteilnehmer) debba costantemente mettere in conto – il che non può non riverberarsi sul quantum di diligenza che gli viene richiesta – che gli altri partecipanti si comportino in modo inavveduto, irragionevole, o co­munque contrario alle regole del traffico». Con riferimento al principio di affidamento nella giurisprudenza contabile. A R. Schulmers, Principio di affidamento ed esimente politica nel giudizio di responsabilità amministrativa, in Respamm.

[20] Ex plurimis, con riferimento alla circolazione stradale, Cass. pen., sez. IV, sent. 4257 del 23/04/96: «Poiché le norme sulla circolazione stradale impongono severi doveri di prudenza e diligenza proprio per fare fronte a situazioni di pericolo, anche quando siano determinate da altrui comportamenti irresponsabili, la fiducia di un conducente nel fatto che altri si attengano alle prescrizioni del legislatore, se mal riposta, costituisce di per sé condotta negligente. (Nella fattispecie, la ricorrente aveva dedotto che, giunta con l’auto in prossimità dell’incrocio a velocità moderata e, comunque, nei limiti della norma e della segnaletica, aveva confidato che l’autista del mezzo che sopraggiungeva arrestasse la sua corsa in ossequio all’obbligo di concedere la precedenza)»

[21] «Il datore di lavoro non può invocare a propria scusa il principio di affidamento assumendo che l’attività’ del lavoratore era imprevedibile, essendo ciò doppiamente erroneo, da un lato in quanto l’operatività’ del detto principio riguarda i fatti imprevedibili e dall’altro atteso che esso comunque non opera nelle situazioni in cui sussiste una posizione di garanzia, come certamente e’ quella del datore di lavoro». Cass. pen., sez. IV, sent. 12115 del 22/10/99.

[22] Si pensi, ad esempio, ad integrazioni istruttorie, a richieste di chiarimenti al responsabile unico del procedimento, ad ulteriori verifiche tecniche.

[23] In tal senso, Corte dei conti, Sez. Sicilia, sentenza n. 1712 del 8 luglio 2005 . «Orbene, se di buona fede (che afferisce al momento cognitivo del dato in corso di elaborazione) non può parlarsi ai fini della predetta esimente, appare indubbio che la complessità tecnico-giuridica della materia trattata (come nel caso di specie), di legittimo affidamento (che afferisce al momento volitivo) può però argomentarsi al fine di escludere il dolo o la sola gravità dell’elemento colposo. Non pare revocabile in dubbio, infatti, che un organo politico come il consiglio comunale, nel quale sono presenti in varia misura e rappresentanza soggetti della società civile non sempre adeguamenti attrezzati sul piano amministrativo, laddove nello svolgimento della propria funzione politico-amministrativa faccia affidamento, per decisioni di una qualche complessità tecnica (come quella qui in esame) ai pareri espressi dai funzionari rappresentanti della struttura burocratica dell’ente, ciò faccia a pieno titolo ed in assoluta coerenza con l’ “id quod plerumque accidit”, secondo cui ciascun soggetto diritto dell’ordinamento quando deve assumere delle decisioni che comportino valutazioni complesse di natura tecnica od amministrativa, fa ricorso e si affida alla professionalità di un esperto.».