Informative antimafia (per parentele pericolose)

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. III – sentenza 26 febbraio 2014* (sull’illegittimità di una informativa antimafia interdittiva motivata facendo riferimento a rapporti di parentela con esponenti della criminalità organizzata, in assenza di ulteriori elementi indiziari), con 12 documenti correlati.


CONSIGLIO DI STATO, SEZ. III – sentenza 26 febbraio 2014 n. 930 – Pres. Romeo, Est. Polito – Fontana (Avv.ti Mastrantuono e Roma) c. Ministero dell’Interno – U.T.G. – Prefettura di Caserta (Avv. Stato Saulino) e Comune di Montesarchio ed altro (n.c.) – (riforma T.A.R. Campania – Napoli, Sez. I, n. 1692/2013).

1. Contratti della P.A. – Informative antimafia – Presupposti e motivazione – Riferimento a meri rapporti di parentela con esponenti della criminalità organizzata – Insufficienza – Ulteriori elementi indiziari – Necessità – Sussiste.

2. Contratti della P.A. – Informative antimafia – Informativa antimafia nei confronti dell’amministratore unico di una società – Motivata facendo riferimento a rapporti di parentela con esponenti della criminalità organizzata – In assenza di ulteriori elementi – Illegittimità.

1. In tema di informative antimafia, deve ritenersi che il mero rapporto di parentela (o di affinità), in assenza di ulteriori elementi, non sia di per sé idoneo a dare conto del tentativo di infiltrazione, in quanto non può ritenersi sussistente un vero e proprio automatismo tra un legame familiare, sia pure tra stretti congiunti, ed il condizionamento dell’impresa, che deponga nel senso di un’attività sintomaticamente connessa a logiche e ad interessi malavitosi (1). Se è infatti vero, in base alle regole di comune esperienza, che il vincolo di sangue può esporre il soggetto all’influsso dell’organizzazione, se non addirittura imporre (in determinati contesti) un coinvolgimento nella stessa, tuttavia l’attendibilità dell’interferenza dipende anche da una serie di circostanze ed ulteriori elementi indiziari che qualifichino, su un piano di attualità ed effettività, una immanente situazione di condizionamento e di contiguità con interessi malavitosi.

2. E’ illegittima una informativa della Prefettura con cui si asserisce che nei confronti di una società e del suo amministratore unico sussistono le cause interdittive antimafia di cui all’art. 4 del d.lgs. 8 agosto 1994, n. 490, facendo mero riferimento al rapporto parentale con soggetti appartenenti alla criminalità organizzata, atteso che il vincolo di parentela non può da solo assurgere ad elemento significativo del pericolo di condizionamento mafioso, ove tale informativa non sia corroborata da elementi significativi di un’attuale contiguità con i soggetti gravati da pregiudizi penali (nella specie, peraltro, l’ascritta frequentazione era ricondotta a due soli riscontri, risalenti del tempo e non accompagnati da specifiche circostanze idonee ad evidenziare l’ingerenza nell’attività di impresa).

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(1) Cfr. Cons. Stato, Sez. III, 10 gennaio 2013, n. 96, in LexItalia.it, pag. http://www.lexitalia.it/p/13/cds_2013-10-10-3.htm; 5 settembre 2011, n. 4995; sez. VI, 18 agosto 2010, n. 5880; 23 luglio 2008, n. 3664; 27 giugno 2007, n. 3707.

Nella motivazione della sentenza in rassegna si ricorda, in particolare, che, secondo la giurisprudenza, l’eventuale attività pregiudizievole posta in essere da un genitore non può riverberarsi automaticamente sull’attività imprenditoriale del figlio, perché altrimenti quest’ultimo sarebbe, senza sua colpa, nell’impossibilità di poter svolgere attività lecite costituzionalmente tutelate. L’applicazione automatica della misura interdittiva rappresenterebbe inoltre un irragionevole ostacolo al ripristino di un regime di vita lavorativa improntato al rispetto della legge nelle aree geografiche del Paese contraddistinte dalla forte presenza di organizzazioni criminali (Cons. Stato, sez. VI, 25 novembre 2009, n. 5866).

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Documenti correlati:

CONSIGLIO DI STATO SEZ. III, sentenza 4-9-2013, pag. http://www.lexitalia.it/p/13/cds_2013-09-04.htm (sui presupposti necessari e sufficienti per l’adozione di informative interdittive antimafia e sulla legittimità o meno di una interdittiva in cui i rapporti di parentela o frequentazione con esponenti della criminalità organizzata siano nel loro complesso avvalorati da altri elementi indiziari e convergenti).

CGA – SEZ. GIURISDIZIONALE, sentenza 5-9-2013, pag. http://www.lexitalia.it/p/13/cga_2013-09-05-1.htm (sulla legittimità di una informativa antimafia interdittiva che non si basi solo su legami di natura parentale).

CGA – SEZ. GIURISDIZIONALE, sentenza 8-5-2013, pag. http://www.lexitalia.it/p/13/cga_2013-05-08-1.htm (sul fondamento normativo e sull’efficacia delle c.d. informative antimafia “atipiche”, sulla sussistenza o meno del potere delle stazioni appaltanti di apprezzarle discrezionalmente e sulla possibilità o meno di fondarle facendo riferimento a rapporti parentali).

CONSIGLIO DI STATO SEZ. III, sentenza 18-1-2013, pag. http://www.lexitalia.it/p/13/cds_2013-01-18.htm (sulla legittimità o meno di una informativa antimafia interdittiva motivata con riferimento alla sussistenza di un rapporto di parentela, coniugio o affinità con un soggetto ritenuto in possibile contiguità con la malavita organizzata).

CONSIGLIO DI STATO SEZ. VI, sentenza 28-4-2010, pag. http://www.lexitalia.it/p/10/cds6_2010-04-28.htm (sulle diverse tipologie di informative antimafia ammissibili, sulla impossibilità di fondarle sul semplice sospetto o mere congetture prive di riscontro fattuale e sulla possibilità o meno per esse di fare riferimento a legami di parentela).

CGA – SEZ. GIURISDIZIONALE, sentenza 17-8-2009, pag. http://www.lexitalia.it/p/92/cga_2009-08-17-2.htm (sulla natura e sugli effetti delle informative antimafia atipiche e sulla legittimità o meno del diniego di concessione di contributi motivato per relationem facendo riferimento ad una informativa atipica dalla quale risultano rapporti tra un consigliere di amministrazione della cooperativa richiedente e suoi parenti indagati per reati di mafia).

CONSIGLIO DI STATO SEZ. VI, sentenza 19-8-2008, pag. http://www.lexitalia.it/p/82/cds6_2008-08-19.htm (sulla legittimità o meno di una informativa antimafia che si fonda su fatti penalmente contestati, ma non ritenuti sufficienti per una condanna, nonché sugli stretti rapporti di parentela e di affinità che intercorrono tra il titolare dell’impresa e soggetti appartenenti alla criminalità organizzata).

CONSIGLIO DI STATO SEZ. VI, sentenza 2-5-2007, pag. http://www.lexitalia.it/p/71/cds6_2007-05-02-3.htm (sull’illegittimità di una informativa antimafia interdittiva priva di riscontri oggettivi dai quali desumere i tentativi di infiltrazione mafiosa e sull’insufficienza a tal fine del semplice riferimento all’esistenza di rapporti di parentela).

CONSIGLIO DI STATO SEZ. IV, sentenza 2-10-2006, pag. http://www.lexitalia.it/p/62/cds4_2006-10-02-1.htm (sui presupposti per l’adozione da parte del Prefetto di informative antimafia che segnalano il pericolo di infiltrazioni mafiose o della criminalità organizzata in una società e sulla sufficienza o meno del riferimento in esse a rapporti di parentela tra amministratori della società stessa ed elementi legati alla criminalità).

CONSIGLIO DI STATO SEZ. V, sentenza 29-8-2005, pag. http://www.lexitalia.it/p/51/cds5_2005-08-29.htm (sulla possibilità o meno di adottare informative antimafia circa tentativi di infiltrazioni sulla base di meri indizi e di elementi non certi – quali una condanna non irrevocabile, collegamenti parentali con soggetti malavitosi, dichiarazioni di pentiti, ecc. – e sulla possibilità o meno per la stazione appaltante di proseguire il rapporto nel caso di informativa inviata dopo la stipula del contratto).

TAR CAMPANIA – SALERNO SEZ. I, sentenza 17-6-2013, pag. http://www.lexitalia.it/p/13/tarcampaniasa_2013-06-17.htm (sulla sufficienza o meno, ai fini dell’adozione di una informativa antimafia che dà conto di tentativi di infiltrazione della criminalità organizzata, di una motivazione che fa riferimento a rapporti di parentela o di convivenza).

TAR SICILIA – PALERMO SEZ. I, sentenza 9-9-2009, pag. http://www.lexitalia.it/p/92/tarsiciliapa1_2009-09-09.htm (sulla distinzione tra informative antimafia tipiche ed atipiche, sulla possibilità o meno di fondare i tentativi di infiltrazione mafiosa su rapporti di parentela e sulle conseguenze che derivano nel caso di emissione dell’informativa oltre i termini previsti dalla legge).


N. 00930/2014REG.PROV.COLL.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4535 del 2013, proposto da Fontana Carmine in proprio e quale amministratore unico della soc. Serena Costruzioni a r.l., rappresentato e difeso dagli avv. Raffaele Mastrantuono e Luigi Roma, con domicilio eletto presso lo studio Barbetti Cocco Ilaria in Roma, via dei Gandolfi, n. 6;

contro

il Ministero dell’Interno- U.T.G. – Prefettura di Caserta, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale Dello Stato, con domicilio per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

– il Comune di Montesarchio, non costituitosi in giudizio;

nei confronti di

U.T.G. – Prefettura di Benevento, Ministero dell’Economia, Ministero della Difesa, non costituitisi in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI: SEZIONE I n. 01692/2013, resa tra le parti, concernente interdittiva antimafia ai sensi dell’ 4 del d.lgs n. 490/1994 – estromissione da contratto d’appalto

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’ Interno – U.T.G. – Prefettura di Caserta e;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 16 gennaio 2014 il consigliere Bruno Rosario Polito e uditi per le parti l’avv. Mastrantuono e l’ avvocato dello Stato Saulino;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso e successivi motivi aggiunti proposti avanti al T.A.R. per la Campania il sig. Carmine Fontana – in proprio e quale amministratore unico della Serena Costruzioni s.r.l. -impugnava, assumendone l’illegittimità per violazione di legge ed eccesso di potere in diversi profili, i seguenti provvedimenti:

– nota dell’ U.T.G. – Prefettura di Caserta prot. n. 938/12B.16/ANT/AREA 1^ del 05.03.2012 , acquisita al protocollo del Comune di Montesarchio in data 21 marzo 2012, con cui si informa che nei confronti della società Serena Costruzioni s.r.l. e del suo amministratore unico sussistono le cause interdittive antimafia di cui all’art. 4 del d.lgs. 8 agosto 1994, n. 490, unitamente ad atti e documenti ivi richiamati, compresa, la nota del Prefetto di pari numero datata 8 giugno 2011, non oggetto di precedente comunicazione;

– note del Comune di Montesarchio prot. n. 6232 del 23 marzo 2012, n. 6369 e n. 6391 del 27 marzo 2012, nonché verbale del 28 marzo 2012, recanti la comunicazione dell’avvio del procedimento per l’estromissione dal contratto di appalto rep. n.197 del 7 luglio 2011 e contestuale ordine di sospensione dei lavori;

– documentazione depositata in giudizio dalla Prefettura di Caserta in data 9 maggio 2012 in adempimento di istruttoria;

– nota dell’U.T.G. – Prefettura di Caserta prot. n. 1823/12B.16/ANT/Area 1^ del 16 luglio 2012;

– ulteriore documentazione depositata dalla Prefettura di Caserta in data 18 gennaio 2013 in adempimento di istruttoria collegiale e segnatamente l’interdittiva antimafia prot. n. 407/12b.16/AREA 1^ del 19.11.2010 ed atti in essa richiamati.

Con sentenza n. 1692 del 2013 il T.A.R. adito respingeva il ricorso.

Avverso la pronunzia reiettiva il sig. Fontana ha proposto appello e, ha confutazione delle conclusioni del primo giudice, ha dedotto che:

– la misura interdittiva adottata nel 2012 costituisce una mera riedizione di analogo provvedimento del Prefetto del 2010 – mai notificato all’interessato –emessa, inoltre, senza attivare la necessaria istruttoria onde verificare nell’attualità il pericolo di infiltrazione mafiosa;

– il solo rapporto parentale con soggetti appartenenti alla criminalità organizzata non può essere elevato ad elemento indiziario del pericolo di condizionamento dell’attività di impresa, in assenza di altri elementi che rendano significativo una comunanza di interessi ed un coinvolgimento nelle attività imprenditoriali;

– il carattere del tutto isolato e remoto, senza precisazioni di luogo e circostanze, delle ascritte frequentazioni con soggetti con pregiudizi per associazione mafiosa;

– la trasparenza della gestione della Serena s.r.l. in relazione alla titolarità delle quote ed ai poteri dell’ amministratore indicati nel relativo statuto;

Resiste il Ministero dell’interno che ha contraddetto in memoria i motivi di impugnativa e chiesto la conferma della sentenza impugnata.

In sede di note di replica l’appellante ha insistito nelle proprie tesi difensive.

All’udienza del 16 gennaio 2014 il ricorso è stato trattenuto per la decisione,

2. Non ha pregio l’eccezione formulata dal Ministero convenuto di inammissibilità del motivo di impugnativa – inerente al mancato aggiornamento delle risultanze istruttorie prima di adottare la misura interdittiva del 5 marzo 2012 – sviluppato avanti al T.A.R. dalla società appellante nel terzo dei motivi aggiunti dopo deposito in giudizio di una preesistente misura di identico contenuto, adottata il 19 novembre 2010 e mai notificata alla società interessata.

Nell’atto introduttivo del giudizio è stato correttamente individuato l’oggetto della domanda di annullamento, riferita all’informativa prefettizia del 5 marzo 2012.

Diversamente da quanto eccepito dalla difesa erariale non determina incertezza nel petitum l’assenza di una nuova e formale indicazione per estremi di tale ultimo provvedimento anche in sede di successive difese, articolate con lo strumento dei motivi aggiunti, una volta acquisita conoscenza di ulteriori provvedimenti lesivi della sfera giuridica della ricorrente.

2.1. Il motivo inerente al mancato aggiornamento al marzo 2012 degli elementi informativi sul pericolo di infiltrazione mafiosa, non esaminato dal primo giudice, è infondato.

L’interdittiva del marzo 2012 non costituisce una mera riedizione della precedente informativa datata 19 novembre 2010. Dalle premesse del secondo provvedimento emerge la rinnovazione dell’istruttoria, con acquisizione di nuovi pareri da parte dei diversi organi di polizia e da ultimo, in data 17 febbraio 2012, di una relazione finale dei rappresentanti delle forze dell’ordine. Deve quindi escludersi che con il provvedimento del Prefetto non si sia proceduto al riesame, in un rinnovato contesto, dei presupposti per l’adozione della misura prevista dall’art. 4 del d.lgs. n. 490 del 1994.

2.2. La misura interdittiva trae motivazione dal rapporto di parentela (fratello) dell’ amministratore unico della società Serena Costruzioni Carmine Fontana con Pasquale Fontana, affiliato al clan dei casalesi con pregiudizi per associazione a delinquere. Carmine Fontana ed il fratello Antonio Fontana, socio della Serena Costruzioni, sono inoltre cugini di primo grado di Zagaria Michele, capo del clan camorristico dei casalesi.

Dagli atti dell’istruttoria emerge, inoltre, che Carmine Fontana ed Antonio Fontana sono stati controllati, rispettivamente alla data del 26 gennaio 2005 e del 10 settembre 2003, in compagnia il primo di Zagaria Antonio, con pregiudizi per associazione mafiosa, ed il secondo di Zagaria Pasquale, entrambi fratelli di Zagaria Michele.

2.1. Con riguardo alla rilevanza del rapporto di parentela con soggetti risultati appartenenti alla criminalità organizzata, agli effetti dell’inibitoria della costituzione di rapporti contrattuali o di sovvenzione con enti che utilizzano risorse pubbliche, la prevalente giurisprudenza è orientata nel senso che il mero rapporto di parentela (o di affinità), in assenza di ulteriori elementi, non è di per sé idoneo a dare conto del tentativo di infiltrazione, in quanto non può ritenersi un vero e proprio automatismo tra un legame familiare, sia pure tra stretti congiunti, ed il condizionamento dell’impresa, che deponga nel senso di un’attività sintomaticamente connessa a logiche e ad interessi malavitosi (Cons. St., Sez. III, n. 96 del 10 gennaio 2013; n. 4995 del 5 settembre 2011; sez. VI, n. 5880 del 18 agosto 2010; n. 3664 del 23 luglio 2008; n. 3707 del 27 giugno 2007).

Se è infatti vero, in base alle regole di comune esperienza, che il vincolo di sangue può esporre il soggetto all’influsso dell’organizzazione, se non addirittura imporre (in determinati contesti) un coinvolgimento nella stessa, tuttavia l’attendibilità dell’interferenza dipende anche da una serie di circostanze ed ulteriori elementi indiziari che qualifichino, su un piano di attualità ed effettività, una immanente situazione di condizionamento e di contiguità con interessi malavitosi.

Si è, in particolare, ritenuto che l’eventuale attività pregiudizievole posta in essere da un genitore non può riverberarsi automaticamente sull’attività imprenditoriale del figlio, perché altrimenti quest’ultimo sarebbe, senza sua colpa, nell’impossibilità di poter svolgere attività lecite costituzionalmente tutelate. L’applicazione automatica della misura interdittiva rappresenterebbe inoltre un irragionevole ostacolo al ripristino di un regime di vita lavorativa improntato al rispetto della legge nelle aree geografiche del Paese contraddistinte dalla forte presenza di organizzazioni criminali (Consiglio di Stato, sez. VI, n. 5866 del 25 novembre 2009).

Atteso che il vincolo di parentela – per le ragioni innanzi indicati – non può da solo assurgere ad elemento significativo del pericolo di condizionamento mafioso, l’accertata esistenza dello stesso non appare corroborata da elementi significativi di un’ attuale contiguità con i soggetti gravati da pregiudizi penali.

L’ascritta frequentazione è, invero, ricondotta a due soli riscontri, risalenti del tempo e non accompagnati da specifiche circostanze idonee ad evidenziare l’ingerenza nell’attività di impresa. Per di più l’appellante pone in rilievo l’intervenuto arresto di due dei tre fratelli Zagaria (Michele e Pasquale), con disarticolazione del sodalizio al quale l’informativa ascrive il potenziale condizionamento dell’impresa Serena Costruzioni, sopravvenienza che non risulta presa in considerazione dalla misura di rigore da ultimo adottata nel marzo 2012.

Quanto al richiamo nella sentenza appellata ad un contatto del sig. Fontana nel 2010 con tale Nicola Capasso, cui si ascrivono pregiudizi per il reato di riciclaggio, i riscontri documentali versati in giudizio dall’appellante (certificato generale del casellario giudiziario e certificato dei carichi pendenti) hanno tuttavia escluso l’esistenza a carico del predetto di condanne e di procedimenti in corso in sede penale, in disparte la circostanza che a detta frequentazione non risulta essere stato dato rilievo ai fini dell’adozione della misura di rigore.

I canoni di proporzionalità della misura adottata al fine di interesse pubblico perseguito e di ragionevole bilanciamento dell’elevazione della soglia di prevenzione con le situazioni di diritto soggettivo incise inducono all’accoglimento dell’appello – non emergendo allo stato elementi significativi di interferenza nell’attività di impresa del sig. Fontana, ovvero intrecci societari e di partecipazione al capitale da parte di altre imprese e soggetti collusi – fatto salvo ogni provvedimento dell’ Amministrazione in presenza di nuovi riscontri che si configurino idonei, su un piano di attualità ed effettività, a suffragare il giudizio prognostico del pericolo di infiltrazione mafiosa.

All’annullamento dell’informative del Prefetto in data 19 novembre 2010 e 22 dicembre 2008 segue, in via consequenziale, l’illegittimità delle determinazioni del Comune di Montesarchio volte alla risoluzione del contratto di appalto del 7 luglio 2011, repertorio n. 197.

In relazione ai profili della controversia ed alla peculiarità degli interessi di rilievo pubblico che si è inteso tutelare con il provvedimento impugnato, spese ed onorari del giudizio possono essere compensati fra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, accoglie il ricorso di primo grado ed annulla le informative prefettizie con esso impugnate e le determinazioni consequenziali del Comune di Montesarchio.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 gennaio 2014 con l’intervento dei magistrati:

Giuseppe Romeo, Presidente

Bruno Rosario Polito, Consigliere, Estensore

Angelica Dell’Utri, Consigliere

Silvestro Maria Russo, Consigliere

Alessandro Palanza, Consigliere

DEPOSITATA IN SEGRETERIA il 26/02/2014.