FREE: diritto di scegliere il proprio modem per Internet

n. 1/2020 | 29 Gennaio 2020 | © Copyright | - Giurisprudenza, Telecomunicazioni | Torna indietro More

sentenza 28 gennaio 2020 (ritiene legittima la delibera dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni del 18 luglio 2018 che sancisce il principio di libera scelta delle apparecchiature terminali per l’accesso ad internet  – modem).


TAR LAZIO – ROMA, SEZ. III – sentenza 28 gennaio 2020 n. 1201 – Pres. Daniele, Est. Sinatra – Wind Tre S.p.A. (Avv.ti  Caravita Di Toritto, Fiorucci e Santi) c. Autorità per Le Garanzie Nelle Comunicazioni – Roma (Avv.ra Stato), D-Link Mediterraneo S.r.l. Assoprovider (Avv. Sarzana Di Sant’Ippolito) e con l’intervento ad opponendum dell’Associazione dei Fabbricanti di Terminali di Telecomunicazione (Vtke) (Avv.ti  Valli e Macchia) – (in parte dichiara improcedibile e per il resto respinge il ricorso introduttivo).

Telecomunicazioni – Internet – Delibera dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni del 18 luglio 2018 – Che ha dato attuazione al regolamento (UE) n. 2015/2120 il quale stabilisce misure riguardanti l’accesso a un’internet aperta – Prevedendo il principio di libera scelta delle apparecchiature terminali per l’accesso ad internet (modem) – Legittimità.

E’ legittima la delibera dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni del 18 luglio 2018 n. 348/18/CONS recante “Misure attuative per la corretta applicazione dell’articolo 3, commi 1, 2, 3, del Regolamento (UE) n. 2015/2120 che stabilisce misure riguardanti l’accesso a un’internet aperta, con specifico riferimento alla libertà di scelta delle apparecchiature terminali”. Con tale delibera è stata data attuazione al citato regolamento comunitario con il quale è stato affermato il principio di libera scelta delle apparecchiature terminali per l’accesso ad internet (modem), con il correlato diritto degli utenti di stipulare accordi con i fornitori di servizi di accesso a Internet che non limitino l’esercizio di tale diritto; a ciò corrisponde il divieto per i fornitori di servizi di accesso a Internet di effettuare discriminazioni di traffico in base alle applicazioni, ai servizi utilizzati o forniti, o alle apparecchiature terminali utilizzate (1).

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(1) In attuazione della normativa comunitaria, l’art. 1 della delibera dell’Agcom  afferma che “Il presente provvedimento disciplina modalità e condizioni di fornitura delle apparecchiature terminali per l’accesso ad una rete pubblica di comunicazione elettronica o di accesso ad Internet al fine di garantire agli utenti finali il diritto di scegliere liberamente il proprio terminale”.

Per il secondo comma, “gli utenti finali hanno il diritto di utilizzare apparecchiature terminali di accesso ad Internet di loro scelta. Gli accordi tra i fornitori di servizi di accesso a Internet e gli utenti finali sulle condizioni e sulle caratteristiche commerciali e tecniche dei servizi di accesso a Internet quali prezzo, volumi di dati o velocità, e le pratiche commerciali adottate dai fornitori di servizi di accesso a Internet, non limitano l’esercizio dei diritti degli utenti finali di utilizzare apparecchiature terminali di loro scelta”.

Il terzo comma prevede, quindi, il divieto per gli operatori di reti pubbliche di comunicazioni e per i fornitori di servizi di comunicazione di rifiutare l’attivazione della connessione alla Rete, ovvero di discriminare la qualità dei singoli servizi inclusi nell’offerta qualora l’utente finale utilizzi una apparecchiatura terminale di propria scelta che soddisfi i requisiti di base previsti dalla normativa europea e nazionale.


Pubblicato il 28/01/2020

N. 01201/2020 REG.PROV.COLL.

N. 12921/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 12921 del 2018, integrato da motivi aggiunti, proposto da

Wind Tre S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Beniamino Caravita Di Toritto, Sara Fiorucci, Roberto Santi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Beniamino Caravita Di Toritto in Roma, via di Porta Pinciana n. 6, come da procura in atti;

contro

Autorita per Le Garanzie Nelle Comunicazioni – Roma, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

D-Link Mediterraneo S.r.l. non costituito in giudizio;

Assoprovider in persona del legale rappresentante pro tempore, Movimento Difesa del Cittadino, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall’avvocato Salvatore Fulvio Sarzana Di Sant’Ippolito, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia, come da procure in atti;

e con l’intervento di

ad opponendum:

Associazione dei Fabbricanti di Terminali di Telecomunicazione (Vtke), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Andrea Valli, Marco Costantino Macchia, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Andrea Valli in Roma, via del Governo Vecchio 20;

per l’annullamento

Per quanto riguarda il ricorso introduttivo:

della Delibera dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni n. 348/18/CONS recante “Misure attuative per la corretta applicazione dell’articolo 3, commi 1, 2, 3, del Regolamento (UE) n. 2015/2120 che stabilisce misure riguardanti l’accesso a un’internet aperta, con specifico riferimento alla libertà di scelta delle apparecchiature terminali” del 18 luglio 2018, e disponibile sul sito internet dell’Autorità a partire da giovedì 2 agosto 2018; della nota del Segretario Generale dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni del 18 ottobre 2018 recante “Delibera n. 348/18/Cons – Riscontro a Vs nota prot. 130389”; della delibera del 27 settembre 2018 del Consiglio dell’Agcom, non conosciuta, con cui lo stesso ha ritenuto che non sussistono elementi oggettivi di natura tecnica che possano giustificare la previsione di una eccezione alla libertà di scelta e di utilizzo del terminale ai sensi dell’art. 3, comma 5, della delibera n. 348/18/CONS. Nonché di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali;

Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da WIND TRE S.P.A. il 29\1\2019:

dell’atto recante “Risposte alle richieste chiarimenti in merito alla delibera n. 348/18/CONS” pubblicato sul sito dell’Agcom in data 16.11.2018, nonché degli atti già impugnati con ricorso introduttivo.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Assoprovider e di Movimento Difesa del Cittadino e di Autorita per Le Garanzie Nelle Comunicazioni – Roma;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 ottobre 2019 il consigliere Achille Sinatra e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. – Con ricorso notificato il 30 ottobre 2018 e depositato il successivo 13 di novembre, Wind Tre s.p.a., operatore di telefonia fissa e mobile, ha impugnato, chiedendone l’annullamento, l’art. 5 della Delibera dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni n. 348/18/CONS recante “Misure attuative per la corretta applicazione dell’articolo 3, commi 1, 2, 3, del Regolamento (UE) n. 2015/2120 che stabilisce misure riguardanti l’accesso a un’internet aperta, con specifico riferimento alla libertà di scelta delle apparecchiature terminali” del 18 luglio 2018, nonché la nota del Segretario Generale dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni del 18 ottobre 2018 recante “Delibera n. 348/18/Cons – Riscontro a Vs nota prot. 130389”; – della delibera del 27 settembre 2018 del Consiglio dell’Agcom, non conosciuta, con cui lo stesso ha ritenuto che non sussistono elementi oggettivi di natura tecnica che possano giustificare la previsione di una eccezione alla libertà di scelta e di utilizzo del terminale ai sensi dell’art. 3, comma 5, della delibera n. 348/18/CONS.

2. – La ricorrente premette che con il su richiamato regolamento comunitario è stato affermato il principio di libera scelta delle apparecchiature terminali per l’accesso ad internet (modem), con il correlato diritto degli utenti di stipulare accordi con i fornitori di servizi di accesso a Internet che non limitino l’esercizio di tale diritto; a ciò corrisponde il divieto per i fornitori di servizi di accesso a Internet di effettuare discriminazioni di traffico in base alle applicazioni, ai servizi utilizzati o forniti, o alle apparecchiature terminali utilizzate.

3. – In attuazione di tale normativa comunitaria, l’art. 1 della delibera impugnata in parte qua afferma che “Il presente provvedimento disciplina modalità e condizioni di fornitura delle apparecchiature terminali per l’accesso ad una rete pubblica di comunicazione elettronica o di accesso ad Internet al fine di garantire agli utenti finali il diritto di scegliere liberamente il proprio terminale.”

Per il secondo comma, “Gli utenti finali hanno il diritto di utilizzare apparecchiature terminali di accesso ad Internet di loro scelta. Gli accordi tra i fornitori di servizi di accesso a Internet e gli utenti finali sulle condizioni e sulle caratteristiche commerciali e tecniche dei servizi di accesso a Internet quali prezzo, volumi di dati o velocità, e le pratiche commerciali adottate dai fornitori di servizi di accesso a Internet, non limitano l’esercizio dei diritti degli utenti finali di utilizzare apparecchiature terminali di loro scelta”.

Il terzo comma prevede, quindi, il divieto per gli operatori di reti pubbliche di comunicazioni e per i fornitori di servizi di comunicazione di rifiutare l’attivazione della connessione alla Rete, ovvero di discriminare la qualità dei singoli servizi inclusi nell’offerta qualora l’utente finale utilizzi una apparecchiatura terminale di propria scelta che soddisfi i requisiti di base previsti dalla normativa europea e nazionale.

4. – La ricorrente evidenzia che, tuttavia, l’art. 3 comma quinto della delibera gravata consente alcune eccezioni ai principi su richiamati, in quanto prevede la possibilità di: a) eventuali restrizioni, opportunamente motivate ed approvate dall’Autorità, imposte all’utilizzo delle apparecchiature terminali fornite, anche con riferimento all’effettivo impiego di apparecchiature terminali scelte autonomamente dall’utente;

b) informazioni sulle procedure poste in essere e le operazioni di misura e gestione dei dati di consumo attraverso il collegamento all’apparecchiatura terminale;

c) i servizi accessori di installazione, collaudo e manutenzione dell’apparecchiatura terminale, in maniera separata rispetto al servizio di attivazione e fornitura del collegamento.

5. – Prosegue la società affermando che la delibera gravata conterrebbe una previsione transitoria dal contenuto dissonante rispetto al regolamento comunitario che essa si propone di attuare, ossia l’art. 5, il quale dispone che la disciplina introdotta con il detto regolamento e con lo stesso provvedimento impugnato sia applicabile anche ai contratti conclusi prima dell’entrata in vigore del Regolamento (UE) n. 2015/2120.

In particolare, la norma in questione prevede che i fornitori di servizi di accesso ad Internet, entro 120 giorni dalla pubblicazione della delibera, limitatamente ai contratti in essere che prevedono l’utilizzo obbligatorio del terminale a titolo oneroso per l’utente finale, debbano proporre all’utente la variazione senza oneri della propria offerta in una equivalente offerta commerciale che preveda la fornitura dell’apparecchiatura terminale a titolo gratuito o che non ne vincoli l’utilizzo attraverso l’imputazione di costi del bene o dei servizi correlati al terminale nella fatturazione, ovvero, in alternativa, a consentire all’utente finale di recedere dal contratto senza oneri diversi dalla mera restituzione del terminale.

6. – Wind prosegue evidenziando che, sotto il profilo della tecnologia di cui essa dispone, sussisterebbero i presupposti per incorrere in una delle eccezioni ai principi affermati dalla delibera e dal regolamento comunitario previste dall’art. 3 della delibera medesima, e ciò con particolare riferimento alle offerte cd. “in fibra fino a casa cliente” (FTTH), rispetto alle quali essa, con istanza del 17 settembre 2018 (oltre che nella precedente fase di consultazione pubblica preliminare alla delibera gravata) aveva comunicato all’Autorità che non sarebbe stato possibile garantire il servizio senza la contestuale fornitura del modem da parte della stessa, ed aveva quindi chiesto di essere autorizzata a commercializzare, per tale esclusivo ambito, offerte prive della possibilità di scelta del modem da parte del cliente finale.

7. – A tale istanza ha fatto seguito il diniego contenuto nella nota del Segretario Generale dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni del 18 ottobre 2018, ad oggetto “Delibera n. 348/18/Cons – Riscontro a Vs nota prot. 130389”; – della delibera del 27 settembre 2018 del Consiglio dell’Agcom, non conosciuta, con cui lo stesso ha ritenuto che non sussistono elementi oggettivi di natura tecnica che possano giustificare la previsione di una eccezione alla libertà di scelta e di utilizzo del terminale ai sensi dell’art. 3, comma 5, della delibera n. 348/18/CONS.

8. – Tanto premesso, Wind Tre s.p.a., nel ricorso introduttivo, articola tre motivi di censura, due dei quali rivolti all’annullamento della appena citata nota di diniego a firma del Segretario Generale dell’Agcom, mentre il terzo è volto all’annullamento dell’art. 5 della delibera in epigrafe, che realizzerebbe l’applicazione retroattiva delle nuove norme introdotte in osservanza al regolamento comunitario 2017\2120:

1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 3, commi 4 e 5, della delibera Agcom n. 348/18/Cons. Violazione e falsa applicazione del Regolamento (UE) n. 2015/2120. Violazione e falsa applicazione del considerato n. 3 della direttiva 2008/63/CE. Violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 4, comma 3, lettera f) e 70 del Codice delle comunicazioni elettroniche. Eccesso di potere per difetto assoluto di istruttoria e carenza di motivazione. Eccesso di potere per irragionevolezza.

Se Agcom non si fosse –in tesi- astenuta dal condurre adeguata istruttoria sull’istanza della ricorrente (la quale recava, in allegato, l’analitica descrizione dei motivi tecnici per cui Wind Tre dovrebbe fruire della richiesta eccezione ai principi di cui al regolamento 2015\2120 in campo FTTH, ribaditi nel motivo), avrebbe certamente convenuto con la ricorrente sull’applicabilità dell’eccezione di cui all’art. 3 quinto comma al caso di specie; invece, a dire della ricorrente, la nota segretariale non reca le ragioni del diniego, in quanto la detta istruttoria non sarebbe stata condotta dall’Autorità.

2) Violazione e falsa applicazione della delibera Agcom n. 348/18/Cons. Violazione e falsa applicazione del Regolamento (UE) n. 2015/2120. Violazione e falsa applicazione del considerato n. 3 della direttiva 2008/63/CE. Violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 4, comma 3, lettera f) e 70 del Codice delle comunicazioni elettroniche. Eccesso di potere per difetto assoluto di istruttoria e carenza di motivazione. Eccesso di potere per irragionevolezza.

Il diniego opposto dal Segretario generale dell’Autorità alla richiesta di eccezione al principio di libera scelta del terminale da parte dell’utenza comporterebbe che quest’ultima potrebbe non riuscire ad usufruire del servizio FTTH nel caso in cui scegliesse un apparecchio non tecnicamente compatibile, così che ne uscirebbe vanificata la finalità anche del considerato n. 3 della direttiva 2008/63/CE, secondo cui “la rapida moltiplicazione dei vari tipi di apparecchiature terminali e la molteplice utilizzazione dei medesimi richiedono che gli utenti possano effettuare una libera scelta tra i medesimi per beneficiare integralmente dei progressi tecnologici nel settore”.

3) Violazione falsa applicazione del Regolamento UE n. 2015/2120. Violazione falsa applicazione dell’art. 11, comma 1, delle Preleggi. Eccesso di potere per indeterminatezza, difetto di istruttoria ed illogicità manifesta. Violazione del principio del tempus regit actum. Violazione falsa applicazione degli artt. 3 e 41 Cost.

Con il terzo motivo la ricorrente censura la asserita retroattività della deliberazione dell’Agcom gravata, affermando che l’art. 5, pur definito impropriamente “disposizioni transitorie”, prevedrebbe che la nuova disciplina si applichi anche a contratti già in essere all’entrata in vigore della stessa, rimanendo esclusi dalla disposizione i contratti di vendita degli apparati; sussisterebbe quindi assoluta indeterminatezza e violazione del principio di irretroattività delle leggi là dove l’Agcom porrebbe un generico riferimento a “tutti” i contratti di utilizzo a titolo oneroso, senza individuare il naturale limite temporale che distingua tra contratti sottoscritti prima e dopo l’entrata in vigore del Regolamento UE n. 2015/2120; inoltre, risulterebbe violato il principio di affidamento, affermato anche dalla Corte Costituzionale in quanto le impugnate disposizioni “al pari di qualsiasi precetto legislativo, non possono trasmodare in un regolamento irrazionale e arbitrariamente incidere sulle situazioni sostanziali poste in essere da leggi precedenti, frustrando così anche l’affidamento del cittadino nella sicurezza pubblica “.

9. – Con ricorso per motivi aggiunti notificato il 15 gennaio 2019 e depositato il successivo giorno 29, Wind Tre s.p.a. ha impugnato, inoltre, l’atto con cui Agcom ha fornito “Risposte alle richieste chiarimenti in merito alla delibera n. 348/18/CONS”, nella parte in cui esso afferma che l’art. 5, già impugnato con il terzo motivo del ricorso introduttivo, “si applica ai contratti in essere che prevedono l’utilizzo obbligatorio del terminale a titolo oneroso, prescindendo dalla modalità di fornitura del terminale (ad esempio vendita abbinata o noleggio)”.

La ricorrente afferma, sul punto, che, con un atto interpretativo successivo alla delibera impugnata con il ricorso introduttivo, l’Agcom avrebbe tentato di estendere l’ambito applicativo dell’art. 5, includendo i contratti di vendita degli apparati tra quelli per cui vi sarebbe un obbligo di modifica delle condizioni contrattuali.

Con un unico motivo aggiunto, quindi, la società afferma sussistere “Violazione e falsa applicazione artt. 1470 e ss. c.c. Violazione e falsa applicazione del Regolamento UE n. 2015/2120. Violazione e falsa applicazione dell’art. 11, comma 1, delle Preleggi. Eccesso di potere per indeterminatezza, difetto di istruttoria ed illogicità manifesta. Violazione del principio del tempus regis actum. Violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 41 Cost.”, in quanto l’art. 5 citato si dovrebbe applicare ai soli contratti aventi causa di noleggio dei terminali, e non a quelli aventi causa tipica di vendita.

10. – Si sono costituite in resistenza l’Agcom nonché Assoprovider e l’Associazione Movimento per la difesa del cittadino, mentre ha spiegato intervento ad opponendum l’ Associazione dei fabbricanti di terminali di telecomunicazione.

11. – Le parti hanno scambiato le memorie di cui all’art. 73 c.p.a., nelle quali, in particolare, Agcom ha affermato che i primi due motivi del ricorso introduttivo sarebbero “superati” dall’intervenuto adeguamento tecnologico di Wind Tre s.p.a. alla regolazione, ed ha chiesto, in generale, il rigetto dell’avversa impugnazione.

12. – In occasione della pubblica udienza del 23 ottobre 2019 il ricorso è passato in decisione.

DIRITTO

1. – Il ricorso introduttivo non può trovare accoglimento.

1.1. – In via preliminare i motivi primo e secondo del ricorso devono essere dichiarati improcedibili per sopravvenuta carenza di interesse.

La stessa Wind Tre, nella propria memoria di replica, correttamente afferma quanto di seguito riportato:

“Occorre, in primo luogo, evidenziare, in relazione ai primi due motivi di ricorso come l’Agcom abbia chiaramente riconosciuto come si sia resa “disponibile ad approfondire il tema delle eventuali “limitazioni tecniche” che avrebbero potuto pregiudicare la corretta implementazione della delibera n. 348/18/Cons” (pag. 9 della memoria).

In particolare, con la pubblicazione, in data 2 luglio 2019, delle “Risposte alle ulteriori richieste di chiarimenti in merito alla delibera n. 348/18/CONS pervenute dagli operatori successivamente alla comunicazione del 16 novembre 2018” è stato sostanzialmente riconosciuto quanto contestato dall’odierna ricorrente in merito all’impossibilità, per la sola tecnologia FTTH, di garantire la piena funzionalità all’insieme dei servizi offerti, nel caso in cui gli utenti avessero scelto terminali non compatibili.

Proprio per tal ragione l’Autorità con gli ultimi chiarimenti e nella memoria da ultimo depositata ha riconosciuto come Wind Tre “potrà continuare a fornire l’adattatore SFP considerate le condizioni di scenario tecnologico e di mercato attuale” (pag. 10 della memoria Agcom).”

Il riferimento della ricorrente alla memoria difensiva di Agcom è del tutto pertinente, in quanto riguarda il passo che di seguito si riproduce: “Con specifico riferimento alla posizione dell’odierna ricorrente, il chiarimento in esame va interpretato in tal senso: – il modulo SFP (vale a dire l’apparato che fornisce le funzionalità di interlavoro con la rete di WindTre), svolgendo le medesime funzioni della ONT, può essere a questa equiparato; – essendo il modulo SFP pluggable, ossia estraibile dall’apparato in cui viene installato, non lo si reputa integrato con il modem/router. In pratica, nelle offerte in tecnologia FTTH la ricorrente potrà continuare a fornire l’adattatore SFP considerate le condizioni di scenario tecnologico e di mercato attuale.”

1.2. – Peraltro, l’improcedibilità dei primi due motivi discende anche dalle precedenti considerazioni formulate nella memoria dell’Agcom, per cui: “WindTre si è adeguata, seppur in ritardo rispetto ai termini previsti dalla delibera n. 348/18/Cons, alle prescrizioni ivi contenute. In conseguenza di tale adeguamento Wind consente agli utenti di scegliere liberamente il terminale nella fruizione dei servizi di connettività offerti dall’odierna ricorrente.”

1.3. – Il terzo motivo del ricorso introduttivo riguarda la asserita retroattività della deliberazione dell’Agcom gravata, determinata dall’art. 5 della medesima, che, in tesi, estenderebbe illegittimamente la portata dell’atto anche ai contratti stipulati prima della entrata in vigore del regolamento comunitario che la delibera si propone di attuare.

Il motivo è infondato.

La norma regolatoria in questione, rubricata “Disposizioni transitorie”, recita, infatti, che “I fornitori di servizi di accesso ad Internet, entro 120 giorni dalla pubblicazione del presente atto, limitatamente ai contratti in essere che prevedono l’utilizzo obbligatorio del terminale a titolo oneroso per l’utente finale:

a. Propongono all’utente la variazione senza oneri della propria offerta in una equivalente offerta commerciale che preveda la fornitura dell’apparecchiatura terminale a titolo gratuito o che non ne vincoli l’utilizzo attraverso l’imputazione di costi dell’apparecchiatura terminale a titolo gratuito o che non ne vincoli l’utilizzo attraverso l’imputazione di costi del bene o dei servizi correlati al terminale nella fatturazione;

b. In alternativa, consentono all’utente finale di recedere dal contratto senza oneri diversi dalla mera restituzione del terminale, dandone adeguata informativa.

2. I fornitori di servizi di accesso ad Internet adeguano le condizioni contrattuali, le indicazioni commerciali e le informazioni da fornire agli utenti finali di cui al presente provvedimento entro 90 giorni dalla sua pubblicazione.

3. I fornitori di servizi di accesso ad Internet danno adeguata evidenza all’Autorità delle modalità di offerta, di informazione e comunicazione al mercato e ai propri clienti delle condizioni di adeguamento alle misure previste dal presente provvedimento 30 giorni prima delle scadenze di cui ai commi 1 e 2.

4. L’Autorità vigila sul rispetto delle condizioni previste dal presente provvedimento, stabilite ai sensi degli artt. 70 e 71 del Codice delle comunicazioni elettroniche e dell’art. 3 del Regolamento UE n. 2015/2120.”

Il tenore della disposizione in questione non consente di evidenziare reali profili di retroattività della portata applicativa del Regolamento n. 2120\2015.

Ciò, innanzitutto, perchè, sotto il profilo strettamente letterale, la norma transitoria non fa riferimento alcuno alla sua possibile retroazione a data anteriore a quella di entrata in vigore del suddetto Regolamento.

In effetti, la disposizione non impone la revisione delle condizioni contrattuali le cui prestazioni siano già state eseguite; tanto meno delle condizioni che siano state eseguite prima dell’entrata in vigore del citato Regolamento comunitario.

Ma, posto che i rapporti negoziali in questione possono essere qualificati come contratti di somministrazione di servizi, e che, in ogni caso, si tratta di contratti di durata, rimarrebbe all’interprete la necessità di indagare se, almeno in via interpretativa, le condizioni in questione possano essere applicate solo alle prestazioni (dei contratti stipulati dopo l’entrata in vigore del Regolamento) ancora da eseguire oppure anche a quelle che, nei medesimi contratti, siano già state eseguite.

In altri termini, si tratterebbe di verificare se l’entrata in vigore della delibera abbia comportato, o non, la nullità parziale sopravvenuta delle clausole difformi e la sostituzione automatica delle stesse ai sensi dell’art. 1419, 2° comma, c.c., come accade in tutti i casi in cui una norma sopravvenuta renda parzialmente illecito un contratto che, prima di essa, non lo era.

Tuttavia, tale indagine, alla luce delle difese dell’Autorità, risulta superflua, in quanto la stessa memoria di costituzione dell’Amministrazione afferma, in relazione al ridetto art. 5, che “La disposizione in esame non ha dunque efficacia retroattiva (n.d.r., il riferimento a 120 gg. dalla pubblicazione della delibera n. 348/18/CONS come prorogata dalla delibera n. 476/18/CONS, ossia dal 30 dicembre 2018), in quanto non incide su quanto già accaduto in violazione del Regolamento UE (imposizione di modem a titolo oneroso) ma mira ad impedire per i contratti stipulati di durata ancora in corso di esecuzione che le pratiche commerciali adottate dalla ricorrente, finora in contrasto con il Regolamento, continuino a limitare la libertà di scelta degli utenti.”

Tale impostazione, che coinvolge unicamente le prestazioni non ancora eseguite, è coerente con una interpretazione logica dell’art. 5, che, in definitiva, appresta all’utente soltanto una alternativa esperibile in futuro, ossia la scelta tra il recesso con restituzione del terminale e la fruizione della variazione delle clausole negoziali già in essere, senza oneri, in una equivalente offerta commerciale che preveda la fornitura dell’apparecchiatura terminale a titolo gratuito o che non ne vincoli l’utilizzo: e ciò mediante l’applicazione di clausole che il fornitore di servizi, ai sensi del comma secondo, deve offrire entro 90 giorni dall’entrata in vigore della delibera impugnata.

Resta, ovviamente aperto –proprio perché non disciplinato dalla delibera impugnata- il problema dell’eventuale riequilibrio del sinallagma contrattuale alla luce (non della delibera, ma) del Regolamento comunitario del 2015 per quei rapporti che, dopo l’entrata in vigore di quest’ultimo, abbiano comportato oneri posti in violazione di esso e della ivi contemplata libertà di scelta, che, per la durata residua dei medesimi contratti, non possano dirsi riequilibrati dall’applicazione delle disposizioni regolatorie: ma si tratta di materia che non è oggetto del presente giudizio di impugnazione davanti al Giudice Amministrativo.

In definitiva, il terzo motivo del ricorso introduttivo va respinto.

2. – E’ invece inammissibile l’unico motivo di cui si compone il ricorso per motivi aggiunti, rivolto contro i chiarimenti pubblicati il 16 novembre 2018 sul sito istituzionale dell’Agcom (“Risposte alle richieste chiarimenti in merito alla delibera n. 348/18/CONS”).

Tali “chiarimenti”, infatti, non hanno, né possono avere, portata innovativa dell’ordinamento, neppure nei limiti in cui tanto possa avere un atto di regolazione dell’Agcom, del quale non hanno né la forma né la sostanza; e, pertanto, non possono ritenersi immediatamente lesivi degli interessi degli operatori.

Ciò, anche volendo considerare quanto afferma –ma in materia di gare d’appalto- recente giurisprudenza circa la possibile lesività dei chiarimenti successivi alla legge di gara, che si ritiene sussistere ove essi abbiano portata correttiva di quest’ultima (Consiglio di Stato sez. V, 11/06/2019, n.3914).

Infatti, la specificazione dei chiarimenti secondo la quale la disciplina di derivazione comunitaria si applica anche ai contratti che prevedono il trasferimento di proprietà del terminale non risulta affatto innovativa rispetto alla lata dizione di cui al punto a dell’art. 5 comma I, per cui gli operatori devono proporre agli utenti una offerta “che non ne (del modem) vincoli l’utilizzo attraverso l’imputazione di costi del bene”; dizione, quest’ultima, che può ricomprendere anche i costi relativi al pagamento del prezzo di vendita della proprietà dell’apparecchiatura.

3. – In conclusione, il ricorso introduttivo è in parte improcedibile ed in parte infondato; il ricorso per motivi aggiunti è inammissibile.

4. – Le spese, attesa la assoluta novità della materia controversa, possono essere compensate per intero fra tutte le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza), in parte dichiara improcedibile e per il resto respinge il ricorso introduttivo; dichiara inammissibile il ricorso per motivi aggiunti.

Spese compensate tra tutte le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 ottobre 2019 con l’intervento dei magistrati:

Giuseppe Daniele, Presidente

Achille Sinatra, Consigliere, Estensore

Claudio Vallorani, Primo Referendario

L’ESTENSORE    IL PRESIDENTE

Achille Sinatra     Giuseppe Daniele