Inaugurazione dell’anno giudiziario 2014

FRANCESCO MARIUZZO, Relazione per l’inaugurazione dell’anno giudiziario 2014 del T.A.R. Lombardia.


Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia Sede di Milano

FRANCESCO MARIUZZO

Relazione per l’inaugurazione dell’anno giudiziario 2014


1 – Porgo, anzitutto, un cordiale saluto a tutte le Autorità politiche presenti a questa cerimonia, ai Prefetti, ai rappresentanti dell’Autorità giudiziaria ordinaria, della Corte dei Conti e della Giustizia tributaria, agli illustri docenti, all’Avvocato distrettuale dello Stato, al Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Milano, al Segretario della Società italiana degli Avvocati amministrativisti e al Presidente della Società lombarda degli avvocati amministrativisti, ai rappresentanti delle Avvocature pubbliche, nonché a tutti gli Avvocati qui presenti.

Al Presidente del Consiglio di Stato Giorgio Giovannini, che ha voluto onorare con la sua gradita presenza questa cerimonia, i miei Colleghi ed io siamo assai lieti di porgere il più cordiale benvenuto.

Un saluto altrettanto cordiale rivolgo alla prof.ssa Maria Elisa D’Amico, ai professori Giovanni Guzzetta e Pierluigi Mantini, quali rappresentanti del Consiglio di Presidenza della Giustizia amministrativa designati dal Parlamento e al Collega Giampiero Lo Presti, Presidente dell’Associazione nazionale dei Magistrati amministrativi.

Un sentito ringraziamento porgo all’avv. Paolo Giuggioli, all’avv. Guido Bardelli, al prof. Filippo Lubrano, all’avv. Mario Viviani, agli avv.ti Ruggero Tumbiolo e Bruno Santamaria, rappresentanti delle Camere amministrative di Como e di Monza Brianza per aver assunto gli oneri organizzativi di questa giornata e al Cav. Rodolfo Masto, che ci ospita generosamente in questa prestigiosa sala.

Quest’assemblea, che vede qui presenti quanti hanno a cuore le sorti della giustizia amministrativa, sarà contrassegnata, come avvenuto lo scorso anno, da un’opportuna sobrietà, alla quale chiamo anche quanti interverranno dopo di me e con la quale s’intende dare un segnale di consapevolezza delle persistenti difficoltà politiche, economiche e istituzionali, che trasversalmente segnano questa lunga, difficile e aspra fase della nostra vita nazionale, oltre che dei problemi di non facile soluzione per tanta parte della nostra collettività.

2 – Non posso dare inizio a questa mia relazione senza ricordare che la crisi della giustizia è tuttora perdurante, coinvolgendo in varia misura tutte le magistrature. Non è, infatti, controvertibile che la giustizia civile e penale non renda il suo servizio in un tempo ragionevole e che altrettanto si registri ancorché in diverse percentuali per la giustizia amministrativa: l’impegno delle singole strutture e i risultati positivi che qua e là si colgono sono, infatti, espressione di un lodevole sforzo organizzativo, che peraltro non attenua l’implacabile valore delle statistiche, quale sintomo inquietante di problemi da troppo tempo irrisolti sul piano generale, che incidono sulla credibilità di giudici e di avvocati.

Proprio su questi temi ho avuto occasione di leggere lo scorso anno durante le mie vacanze estive un libro scritto a più mani da parte di docenti di scienze politiche, intitolato “La qualità della democrazia in Italia“, pubblicato nello stesso anno con i caratteri del Mulino. Nell’articolata analisi ivi compiuta non è stato omesso un approfondimento in merito al servizio giudiziario con precipuo riferimento alla magistratura ordinaria, ma con considerazioni da estendere anche a quelle amministrativa e contabile; fermo restando l’apprezzato equilibrio accademico degli autori è stata mossa alle magistrature una sferzante critica, che trova la propria premessa nell’apparente paradosso, integrato da un generalizzato sistema di autogoverno, che massimizza le garanzie d’indipendenza al punto da essere considerato un modello di qualità dal Comitato consultivo dei giudici europei del Consiglio d’Europa, ma che allo stesso tempo fa registrare livelli di efficienza e di fiducia da parte dei cittadini non in linea con gli standard internazionali di rule of law: il tasso di fiducia in Italia è, infatti, relativamente più basso rispetto agli altri Paesi OCSE e la durata media dei processi è nettamente al di sopra della media europea, tanto che il globale carico italiano dei ricorsi iscritti sui ruoli della Corte di Strasburgo per la violazione dell’art. 6 della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali assommava nel 2012 il 57% del totale, mentre la Grecia, la Bulgaria, la Turchia e la Russia si dividevano fra di loro il residuo 43%.

A corredo delle inquietanti statistiche richiamate fa, poi, seguito l’individuazione delle cause dell’altrimenti inesplicabile paradosso, indicate, da una parte, nella patente autoreferenzialità delle magistrature, sconosciuta in Europa e, dall’altra, nella pressoché totale assenza di effettivi controlli sul retto funzionamento delle strutture giudiziarie; e ciò nel quadro di un autogoverno, che non dispensa incentivi e sanzioni, vincoli e opportunità con conseguente smarrimento della ricerca del merito dei singoli.

Com’è agevolmente comprensibile si tratta di osservazioni che colpiscono nel profondo, rendendo evidente che il sistema, proprio quando ha ritenuto di aver raggiunto la sua più elevata tutela, ha perduto ogni possibilità di crescere e di migliorarsi, se non per impegno dei singoli, ma non per un reale obbligo di servizio, come avviene in altri Paesi dell’Unione europea, peraltro privi di un organo di autogoverno.

Il caso ha, poi, voluto che, sempre da Bologna, si sia levata la scorsa estate un’autorevole voce, che ha richiesto, per quanto più direttamente riguarda la giurisdizione amministrativa, la sua abrogazione in ragione dei gravi danni che ordinanze e sentenze provocherebbero sull’economia italiana per l’irragionevole durata dei giudizi. Altre voci corrono, poi, sulla stampa di questi ultimi giorni con riferimento alla politica che sarà perseguita dal nuovo Governo in materia di giustizia amministrativa.

Una prima risposta a tali destruenti riflessioni non può che porre, tuttavia, senza che ciò evochi “il lamento di Federico“, il problema della pluriennale disattenzione da parte delle forze politiche, prima e dopo la Commissione bicamerale del 1997-1998, quanto alla necessità di apprestare, a partire dalla data dell’introduzione dei T.A.R., un efficiente sistema di giustizia sul territorio nazionale. Il corpo degli attuali circa 460 magistrati distribuiti tra primo e secondo grado non regge, infatti, il confronto con quello della magistratura amministrativa tedesca, che assomma 2.500 giudici e con quello francese, che si giova di circa 1.200 magistrati, ma anche con quello della Grecia, che ha circa 700 giudici. Può anche osservarsi che la magistratura ordinaria, che conta 9.500 unità circa, si confronta con quella tedesca, che annovera circa 26.000 giudici, cui si associano in un distinto ruolo i 3.000 addetti alle Procure di quella Repubblica.

La fragile strutturazione sul territorio della giustizia amministrativa trova conferma nelle azioni promosse per la riparazione del danno cagionato dalla lentezza dei giudizi: in proposito è degna di nota la recente ordinanza della Sez. IV del Consiglio di Stato 17.2.2014, n. 754, con cui è stata rinviata alla Corte costituzionale la questione di legittimità dell’art. 3, 7° comma della L. 24.3.2001, n. 89, conosciuta come legge Pinto, ove prevede che l’indennizzo da corrispondere per l’irragionevole durata dei processi sia erogato nel limite delle risorse disponibili con palese violazione della convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo. Sarebbe certo utile conoscere quale sia l’onere complessivo sul bilancio dello Stato ascrivibile ai ritardi della giustizia amministrativa per trasformarne l’importo in un corrispondente ampliamento degli organici dei Tribunali amministrativi regionali e del Consiglio di Stato a parità della spesa complessiva, ma certamente con sensibile guadagno per la credibilità della nostra magistratura.

Per quanto concerne la Lombardia è egualmente incontroverso che il rilievo degli interessi pubblici e di quelli economici qui presenti, obiettivamente più elevati che altrove, avrebbe richiesto e richiede da tempo un congruo incremento delle piante organiche di questa sede e di quella di Brescia da parte del nostro organo di autogoverno sia pure nel rispetto del corretto equilibrio rispetto a quelle di altri T.A.R.: la presenza di soli 20 magistrati in questo Tribunale e di 7 magistrati nella Sezione staccata, coadiuvati da un assai contenuto numero di dipendenti amministrativi in entrambe le sedi, mortifica la gestione della giustizia amministrativa lombarda per quanto non è stato fatto negli anni in cui non era ancora operativa la scure della spending review.

3 – Non è certo mia intenzione con questi sconfortanti confronti mettere al riparo la giustizia amministrativa dalle sue autonome responsabilità, che non sono poche, dovendo essa interrogarsi sul perché, nel quadro di un’elevata indipendenza, i Consigli di Presidenza che si sono succeduti nel tempo e che sono stati responsabili, come lo è quello neoeletto, del reclutamento, delle promozioni, del controllo disciplinare e della formazione dei magistrati, non abbiano adottato misure mirate ad incrementare la produttività del sistema, garantendo un termine ragionevole per i suoi processi; in effetti sono stati ritenuti preminenti altri temi, come è avvenuto lo scorso anno, con l’adozione di una restrittiva delibera avente ad oggetto il carico di lavoro, che ha trovato contrari tutti i presidenti di Sezione del Consiglio di Stato e dei T.A.R.

Il regime di autogoverno deve, invece, prioritariamente esigere che si dismetta un’autoreferenzialità comunque incompatibile con risultati non perseguiti e che, da una parte, s’individuino più efficienti assetti organizzativi, non affidati soltanto alla pur apprezzabile organizzazione dell’abbattimento dell’arretrato, peraltro condizionata alla disponibilità dei singoli magistrati, che trovino fondamento in una progressiva revisione delle modalità con le quali il servizio giudiziario è prestato e, dall’altra, sia contestualmente sollecitato il Legislatore ad adottare misure capaci di rendere più efficiente la nostra magistratura e così gradualmente di guadagnare la fiducia dei cittadini che a essa si rivolgono.

A fronte delle critiche che si muovono da più parti il Consiglio di Presidenza dovrebbe dunque recuperare, anzitutto, un’unità d’intenti, dismettendo perniciose dispute interne e guardandosi dalle derive corporative, ma abbandonando in particolare il ruolo di dispensatore d’incarichi per la generalità dei magistrati, ivi compresi i suoi componenti togati, ricercando invece costruttivamente innovativi percorsi, che conducano a risultati che progressivamente avvicinino la giustizia amministrativa alle statistiche del Consiglio d’Europa.

E’ mio convincimento che tale esigenza non potrà che divenire obiettivo primario dell’attività del Consiglio, nel quale ripongo la fiducia che sia privilegiata rispetto ai problemi di ieri e di oggi la necessità d’intervenire con serietà e coraggio sul carente funzionamento della giustizia amministrativa, se del caso superando prassi organizzative non previste dalla legge, ma consolidatesi negli anni.

4 – Il nuovo codice del processo potrebbe rappresentare la prima occasione per far emergere un positivo orientamento, sorretto da una meditata lettura delle sue norme, volto a superare lo storico archetipo del giudizio di legittimità, che dalla camera di consiglio per l’adozione di misure cautelari fa direttamente transitare il processo all’udienza pubblica senza alcun previo esame istruttorio, che garantisca che le cause iscritte a ruolo siano effettivamente mature per la sentenza.

Il tentativo di procedere ad una previa istruttoria, avviato personalmente a Milano dai presidenti di Sezione potrebbe, infatti, generalizzarsi in un sistema, che autorizzi i singoli giudici a istruire i ricorsi loro assegnati, disponendo direttamente le relative misure e rimettendo a udienza ad hoc l’ammissione di verificazioni o di consulenze tecniche d’ufficio a servizio della definizione del merito dei singoli giudizi: il che potrebbe non soltanto dar corso a un processo sensibilmente più celere, ma anche a favorire tramite l’acquisizione di fatti, di accertamenti tecnici e di valutazioni, se non la composizione fra le parti, una più sollecita fissazione dei ricorsi, anche tramite udienze monotematiche, lasciando un minore spazio al deposito di decreti di estinzione del giudizio, la cui prevalente fonte resta l’irragionevole durata dei giudizi.

A questo tema ha fatto riferimento il Presidente del Consiglio di Stato quando era ancora presidente del T.A.R. Lazio, soffermandosi meditatamente sull’incongruenza e antieconomicità di una gestione processuale di risalente origine e rimasta cristallizzata nei decenni nella rilevata assenza di una fase istruttoria: mi associo dunque al suo appello per l’introduzione da parte del Consiglio di Presidenza di direttive pertinenti l’adozione nei Tribunali di una fase istruttoria, certo che, così operando, anche la gestione dei prelievi potrebbe essere razionalizzata, come da tempo richiesto dagli Avvocati milanesi.

Occorre in ogni caso che, di fronte a un pianeta giustizia che appare per voce unanime in ritardo rispetto alle esigenze di un Paese che aspira a crescere, giudici e avvocati mostrino il coraggio di modificare inveterate abitudini, abbandonando risalenti abitudini e in particolare i formalismi, la cui applicazione suona il più delle volte come una negata giustizia rispetto alla quale hanno sovente posto rimedio il Legislatore nazionale e la Corte del Lussemburgo.

Alla luce dell’odierna situazione organizzativa si prospetta dunque con urgenza, in una fase contrassegnata da uno stallo sul piano nazionale che attende di essere superato, la necessità di utilizzare al meglio le risorse disponibili e di richiedere a ciascuno degli attori del processo di elevare il suo personale contributo per migliorare l’immagine del servizio giudiziario che si offre alla collettività. In quest’auspicabile svolta sono fondamentalmente coinvolti anche tutti i difensori privati e pubblici, cui si richiede di abbandonare la ricerca dell’errore, privilegiando le reali ragioni a sostegno dei ricorrenti e delle resistenti Amministrazioni.

Il segnale che si trarrebbe dalla comune constatazione di una più diversa gestione dei processi, che li avviasse verso una soglia di potenziale maggiore produttività e dunque di effettività della tutela, dimostrerebbe che l’impegno per una meditata modifica dei riti del passato, quando la giustizia amministrativa era considerata essenzialmente elitaria, è presente in quanti l’amministrano da una parte e dall’altra del banco dell’aula d’udienza.

5 – Nel quadro, invece, delle iniziative da assumere sul piano legislativo potrebbe essere attentamente esaminata la possibilità d’introdurre il giudice monocratico anche nel sistema processuale amministrativo. Nel dibattito che ha fatto seguito alla sua istituzione nella magistratura ordinaria sono sempre stato persuaso che il confronto fra i componenti del collegio fosse lo strumento migliore per la definizione delle liti anche con riferimento alla necessità di mantenere un indirizzo omogeneo della giurisprudenza. Mi domando oggi se, a fronte di plurimi ricorsi di obiettiva, diversa importanza rispetto ad altri, non possa considerarsi la possibilità d’introdurre nel nostro ordinamento processuale il § 6 del Verwaltungsgerichtsordnung, che con esemplare chiarezza ammette che qualsiasi causa assegnata alla Sezione possa essere affidata a uno dei suoi componenti per l’occorrente istruttoria congiuntamente alla sua definizione nel merito, ogni volta che il singolo ricorso non presenti particolari difficoltà in fatto o in diritto: si tratta di uno strumento all’evidenza duttile, che potrebbe trovare anche da noi proficua applicazione. Penso, a titolo di mero esempio, alle impugnazioni dei dinieghi di permesso di soggiorno o di proroga proposte da parte di cittadini extracomunitari, alle questioni in materia di edilizia residenziale pubblica, ai dinieghi di trasferimento di pubblici dipendenti in applicazione della L. 5.2.1992, n. 104. Si tratterebbe di un’assai contenuta modifica nell’assetto processuale e organizzativo dei Tribunale con non secondarie capacità deflattive del pendente contenzioso.

Un’identica riforma potrebbe essere meditatamente proposta per l’introduzione di regole per gli appelli, sottoposti dal § 124 dello stesso Verwaltungsgerichtsordnung a clausole puntuali sulla base delle quali essi possono essere dichiarati inammissibili in assenza di seri dubbi sulla correttezza della sentenza o sull’esistenza di particolari difficoltà in fatto o in diritto; inoltre, quando non si tratti di una questione giuridica di fondamentale importanza ovvero quando la sentenza non si discosti da un precedente della Corte d’appello o della Corte di Cassazione amministrative, delle Sezioni Unite delle Corti di Cassazione o della Corte costituzionale.

Non si può sottacere per questo profilo che, non essendosi mai profilata nel nostro Paese la necessità d’istituire Corti d’appello amministrative, come è positivamente avvenuto in Francia per iniziativa del Conseil d’Etat in sede interdipartimentale e come sono state previste nel Verwaltungsgerichtsordnung sin dal 1960, resta oggi irrisolto il problema del grave sovraccarico di lavoro pendente davanti al Consiglio di Stato, che potrebbe trovare quanto meno parziale soluzione attraverso misure di questo tipo.

I giuristi, d’altra parte, devono accettare di buon grado il rapido modificarsi degli strumenti di lavoro e delle categorie apprese nella loro originaria formazione, come ha lo scorso anno osservato il primo presidente della Corte di Cassazione di fronte all’irruzione di nuovi concetti negli ordinamenti nazionali dell’Unione europea ad opera della Corte di giustizia.

Mi rivolgo ora volentieri al personale amministrativo addetto alle quattro Sezioni del Tribunale e ai loro Direttori, agli uffici raccordati alla Segreteria generale, cui fa carico la gestione finanziaria, all’archivio e all’ufficio preposto alla ricezione dei ricorsi, ben consapevole del motivato apporto che ciascun dipendente esplica a favore dei magistrati milanesi e della disponibilità costantemente prestata nei rapporti con i difensori, qualità queste ultime, che rappresentano una felice tradizione di questa sede e di quella staccata di Brescia, che sarà a breve presieduta dal Collega Angelo De Zotti.

Un ringraziamento particolare rivolgo alla dott.ssa Marta Mondelli, Segretario Generale del Tribunale, che in meno di tre anni di serrato lavoro ha acquisito un’approfondita conoscenza di ogni procedura amministrativa e della non facile gestione del personale, anche in relazione alla sua eguale insufficienza per le esigenze organizzative di questa sede.

Alla preziosa collaborazione fra avvocati e giudici non può in ogni caso restare estranea la pubblica Amministrazione statale, regionale, provinciale e comunale, ricordando che essa è la prima custode del principio di legittimità anche sul piano comunitario nell’adozione dei propri provvedimenti; ove essi siano successivamente ritenuti illegittimi è necessario che sia posto in essere un sollecito intervento in via di autotutela, quale concorrente fonte di deflazione delle controversie e sovente con un cospicuo risparmio per le spese di lite; per questo aspetto è noto che resta altrimenti ben vigile la Procura della Corte dei Conti per l’eventuale giudizio di responsabilità.

Una tale pronta attenzione al rispetto della legalità dimostrerebbe del resto che la legittimità sia un costante obiettivo da parte delle pubbliche Amministrazioni, alieno da inutili formalismi, in ciò favorendo il costituirsi di un positivo affidamento nei plurimi rapporti che s’intrecciano con l’Amministrazione italiana in ossequio alla rule of law.

6 – Qualche breve cenno farò ora quanto alla domanda di giustizia proposta davanti alla sede di Milano. Rinviando alla lettura dei quadri sinottici allegati a questa relazione osservo soltanto che il numero dei nuovi ricorsi depositati è pressoché pari a quello dello scorso anno, un trend che si conferma dal 2006 in poi nell’ordine tra i 3.600 e i 2.900 ricorsi, che sono state emanate 1.217 ordinanze cautelari, 472 ordinanze collegiali e 2.461 sentenze, ivi comprese 306 pronunce con motivazione abbreviata; che sono stati depositati 1.587 decreti di perenzione, la cui riduzione al 50% rispetto al 2012 è indice della progressiva definizione del più risalente contenzioso.

La globale pendenza al 31.12.2013 è in ogni caso diminuita, assommando a 8.387 ricorsi rispetto ai 9.260 del 2012.

Il persistente contenuto livello del contenzioso trova varie risposte, che spaziano dalla pura e semplice disaffezione nei confronti della giustizia amministrativa alla ormai pluriennale crisi economico – finanziaria, ma anche al crescente costo dell’accesso ai Tribunali amministrativi soprattutto in materia di appalti pubblici. L’Avvocatura milanese si è fatta carico di questo grave problema con una denuncia alla Commissione europea e al Consiglio d’Europa perché sia garantito un agevole accesso al processo da parte dei ricorrenti. La risposta è stata peraltro sconfortante per quanti avevano confidato nell’apertura di un’indagine a livello europeo. Una magistrale ordinanza di rinvio da parte del Tribunale regionale di Giustizia amministrativa di Trento ha posto comunque pochi giorni fa la questione alla Corte di giustizia, alla quale è stata efficacemente segnalata l’esistenza nel nostro Paese di un serio ostacolo per l’accesso alla giustizia amministrativa, integrato da un onere economico obiettivamente sproporzionato per ogni causa introdotta, ma soprattutto per quelle di più contenuto importo, cui la soglia del contributo unificato e il concorrente rischio processuale rappresentano una seria dissuasione per un eventuale ricorso al giudice.

Quanto all’attività più in dettaglio svolta dal Tribunale nello scorso anno, richiamo l’attenzione su alcune sentenze, che hanno preso una motivata e persuasiva posizione su questioni rilevanti per la Regione Lombardia, ma anche per l’intero territorio nazionale.

Per la Sez. I segnalo l’ordinanza di rinvio alla Corte del Lussemburgo n. 1982 del 26.7.2013, con la quale sono state sollevate diverse questioni inerenti ai requisiti generali dei partecipanti alle gare d’appalto e all’area della cognizione del giudice amministrativo da non relegare a quella del sindacato estrinseco e formale; la sentenza n. 2361 del 24.10.2013, con cui è stato riconosciuto come legittimo in applicazione del principio di leale collaborazione l’affidamento diretto al Politecnico di Milano dell’attività di consulenza finalizzata alla successiva redazione di strumenti urbanistici; la sentenza n. 2479 del 7.11.2013 nella controversa materia del gioco d’azzardo, con la quale è stata dichiarata l’illegittimità di un regolamento comunale, che aveva posto limiti all’orario di esercizio; infine, la sentenza n. 308 del 10.10.2013, con la quale è stata riconosciuta l’avvenuta abrogazione di norme urbanistiche in materia commerciale in applicazione del D.L. n. 1 del 24.1.2012 del Governo Monti, convertito nella L. 24.3.2012, n. 27 e della direttiva comunitaria 132/2006 CE, sentenza quest’ultima, che si è meritata un’attenta e meditata annotazione da parte di un illustre Docente milanese sotto il titolo: “Il diritto fatto sul serio“.

Per la Sez. II, cui sono affidate materie di particolare delicatezza, rileva per la città di Milano la sentenza n. 803 del 28.3.2013, con la quale è stata confermata la legittimità dei provvedimenti adottati in tema di Area C; in materia edilizia la sentenza n. 534 del 26.2.2013 ha posto in evidenza con pregevole motivazione il rilievo sul piano urbanistico del radicale mutamento della destinazione d’uso, anche in assenza di opere, di immobili adibiti a fini industriali; ancora di particolare significato appare la sentenza n. 2831 dell’11.12.2013, che ha dichiarato parzialmente illegittime le agevolazioni tariffarie per le imprese cosiddette energivore.

Di sicuro interesse sul piano generale si presentano le sentenze della Sez. III: quella n. 1348 del 23.5.2013 ha suscitato un vivace dibattito, essendo stata annullata l’adozione in via esclusiva della lingua inglese nel Politecnico di Milano; da segnalare sono, poi, la sentenza 7.6.2013, n. 1570 in materia di livelli essenziali di assistenza ai disabili e l’ordinanza di rinvio alla Corte costituzionale della legge elettorale regionale.

Quanto, infine, alla Sez. IV spiccano la sentenza n. 1756 del 5.7.2013, con la quale è stato giudicato legittimo l’atto di regolazione di tariffe agevolate per famiglie in condizioni di disagio sociale e la sentenza n. 2000 del 26.7.2013 in materia di diritto alla fruizione di cure mediche per patologie importanti anche per cittadini stranieri condannati per reati gravi alla stregua della necessaria tutela da accordare al diritto fondamentale alla salute; in materia di gare d’appalto da svolgersi con modalità telematiche è stato posto a carico della stazione appaltante con sentenza n. 2071 del 20.8.2013 il rischio di disfunzioni non imputabili all’impresa partecipante; in materia ambientale è stato chiarito con la sentenza n. 2858 del 18.12.2013 quali debbano essere le verifiche da svolgere in sede di V.I.A per la scelta della localizzazione degli impianti di trattamento dei rifiuti al fine della salvaguardia della salute e della vita di relazione.

Come può obiettivamente constatarsi le quattro Sezioni del Tribunale si confrontano con i più vari temi sul piano giuridico e sociale, manifestando il proprio costante impegno nella definizione di cause di tutto rilievo nel distretto e sul piano nazionale, impegno che persisterà nel tempo da parte di tutti noi in piena autonomia e terzietà rispetto alle parti in causa nel segno dell’indimenticabile massima di Immanuel Kant: il cielo stellato sopra di me e la legge morale dentro di me.

Grazie per l’attenzione.

Francesco Mariuzzo

Milano, 28.2.2014

 

PROVVEDIMENTI EMESSI DALLE SEZIONI DAL 1/1/2013 AL 31/12/2013
Provvedimenti collegiali Prima Seconda Terza Quarta Totale
DECRETO COLLEGIALE 1 1 4 56 62
DISPOSITIVO DI ORDINANZA 0 0 1 0 1
DISPOSITIVO DI SENTENZA 0 1 12 23 36
ORDINANZA CAUTELARE 312 288 250 367 1217
ORDINANZA COLLEGIALE 172 77 125 98 472
SENTENZA 544 439 745 427 2155
SENTENZA BREVE 84 73 51 98 306
Totale sentenze 628 512 796 525 2461
Totale Provvedimenti 1113 879 1188 1069 4249
Provvedimenti monocratici Prima Seconda Terza Quarta Totale
DECRETO CAUTELARE 61 34 93 55 243
DECRETO DECISORIO 229 856 218 284 1587
DECRETO INGIUNTIVO 1 6 1 0 8
DECRETO PRESIDENZIALE 127 49 47 76 299
ORDINANZA PRESIDENZIALE 33 20 0 98 151