La mobilitazione degli alunni nelle piazze e l’educazione civica nelle scuole
PIETRO QUINTO, L’educazione civica nelle scuole.
PIETRO QUINTO (*)
L’educazione civica nelle scuole
Il rinvio della reintroduzione dell’Educazione civica nelle scuole, già prevista per il corrente anno scolastico, al prossimo 2020 presenta aspetti negativi, ma altresì profili di positività. In termini negativi vale la constatazione della persistente incapacità dello Stato-apparato (definito da Sabino Cassese «introvabile») di attuare anche le più lodevoli riforme ed innovazioni con adempimenti puntuali.
Nella specie il rinvio è stato determinato, tra gli altri motivi, dal ritardo della pubblicazione della legge che ha introdotto l’Educazione civica nelle scuole, avvenuta sulla G.U. del 21 agosto, divenendo operativa il 5 settembre, ad anno scolastico iniziato. Inadempimento che si aggiunge, per rimanere nel campo scolastico, al deficit organizzativo per la copertura delle cattedre ed al pervicace ricorso alle supplenze piuttosto che a professori immessi in ruolo attraverso procedure concorsuali.
L’aspetto positivo del rinvio è che una innovazione così importante correva il rischio di partire con il piede sbagliato, senza una seria programmazione ed una adeguata impostazione. Si ipotizzava addirittura di “ritagliare” le 33 ore di educazione civica a scapito degli orari di altre materie, con una incertezza assoluta sulla individuazione dei docenti cui affidare l’insegnamento.
Incertezza tanto più grave considerato che quell’insegnamento, nelle intenzioni, è ritenuto di fondamentale importanza per la formazione degli studenti nei vari ordini scolastici. Ben venga quindi un rinvio funzionale altresì ad evitare il pericolo di concepire l’insegnamento dell’Educazione civica come una materia tradizionale e settoriale, piuttosto che un percorso formativo che serva ad un obiettivo fondamentale: la riscoperta di quel civismo indispensabile per la crescita della comunità e di tutte la sue componenti.
In questa direzione suscita qualche perplessità la decisione del Ministro della P.I. di assecondare l’intendimento degli alunni della scuole di assentarsi dalle lezioni per manifestare nelle piazze la consapevolezza dei problemi ambientali e del cambiamento climatico. Nulla da eccepire sulla mobilitazione personale per una giusta causa, ma nel momento in cui si vuole rivalutare la funzione della scuola non in termini didattici, bensì di formazione ed informazione di individui responsabili, il Ministro della P.I. avrebbe dimostrato maggiore coraggio e coerenza facendo una scelta controcorrente.
Intendo dire che, forse, sarebbe stato più utile approfittare della giornata di mobilitazione a livello mondiale sul clima e la salute del pianeta per promuovere ed animare un dibattito ed un confronto dialettico negli istituti scolastici al di fuori degli schemi ordinari dando libertà di espressione e di iniziativa agli studenti nell’intera giornata scolastica.
Con questa modalità si sarebbe consentito ai docenti di valorizzare lo spirito critico dei loro allievi fornendo anche informazioni adeguate sulla complessità di un problema, la cui soluzione non è solo nelle mani dei governanti ma di tutti i cittadini. E’ stato condivisibilmente affermato dal rappresentante del “Forum Famiglia” che il luogo indicato per maturare un giudizio consapevole sulla realtà è la scuola, non certo la piazza. «Fare bene scuola, fa bene anche all’ambiente».
Questa apparente digressione è utile per tornare al tema del rinvio al 2020 della reintroduzione dell’insegnamento dell’Educazione civica nella scuola, che risale peraltro ad una antica intuizione di Aldo Moro.
L’insegnamento dell’educazione civica non potrà risolversi nella illustrazione ed approfondimento delle più importanti fonti giuridiche: la Costituzione, la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, la Dichiarazione universale ed altri testi analoghi.
Occorre che i principi ed i valori desumibili dai sacri testi, come condizioni della convivenza civile, siano «riscoperti» e fatti propri dai fruitori dell’Educazione civica. Per conseguire un qualche utile risultato dalla riforma annunziata devono però verificarsi due condizioni.
La prima di esse – come già accennato – attiene al metodo con cui la «materia» nella sua complessità sarà posta all’attenzione degli alunni. Eccitare la curiosità, fare emergere gli interrogativi e le contraddizioni che albergano in ciascuno con la presa d’atto che i diritti degli uni devono contemperarsi con i diritti degli altri e che il motore che anima un corpo sociale è il principio di responsabilità. Diversamente si ritorna all’accademia ed al distacco tra paese legale e paese reale.
Soprattutto occorre fare comprendere qual è il limite della legge, la cui osservanza, nelle piccole e nelle grandi vicende della vita, non deve derivare dalla preoccupazione della sanzione bensì dalla convinzione che ciò che elabora il diritto ed impone la legge ha un substrato nei valori e negli interessi circolanti in una determinata società. Sicché l’utilità di rispettare norme di comportamento più o meno codificate corrisponde all’utilità di ciascuno, e, in definitiva, della comunità alla quale si appartiene.
Ma per ottenere questo risultato l’insegnamento dell’Educazione civica deve riuscire a recuperare ciò che è gravemente assente nella vita quotidiana di ciascuno di noi: il senso di appartenenza ad una comunità. Da qui la consapevolezza che ciascuno deve essere protagonista della realtà sociale in cui è inserito: essere cioè espressione di quella cittadinanza attiva che è un obbligo prima ancora che un diritto.
Se non si avverte il sentimento dell’appartenenza ed il senso della comunità è impensabile che l’ordine sociale possa essere affidato solo ad un ordine giuridico creato dal legislatore. L’Educazione civica deve avvicinare il cittadino allo Stato, frutto di un contratto sociale, superando il diffuso convincimento che lo Stato è qualcosa da cui difendersi in chiave individualista per perseguire il proprio vantaggio a danno di altri.
Se questo deve essere il taglio e la funzione dell’Educazione civica occorre altresì – ed è questa la seconda condizione – che il suo insegnamento sia affidato a Maestri idonei, – anche di differente estrazione professionale -, che abbiano una visione ed una esperienza multiculturale, anche in termini pragmatici.
E’ noto che le più belle pagine che illustrano i valori della moderna civiltà giuridica si rinvengono nei testi classici della letteratura dall’Antigone di Sofocle, all’Orestea di Eschilo, al Mercante di Venezia di Shakespeare, non dimenticando ovviamente l’insegnamento fondamentale del diritto romano, che permea il senso vero del concetto di giustizia tradotto ed attualizzato nelle Costituzioni e nei moderni Codici: honeste vivere, alterum non laedere, suum cuique tribuere, scolpito nella facciata del Tribunale di Milano.
Non è facile recuperare l’attenzione e la condivisione degli alunni su questi temi. Ecco perché sarà indispensabile oltre alla illustrazione teorica il ricorso ad un metodo pragmatico che serva a dimostrare, facendo riferimento all’esperienza quotidiana, l’utilità e la convenienza di rispettare le regole fondamentali della convivenza civile.
In questi termini è indispensabile e non più eludibile l’insegnamento dell’Educazione civica, ed anche la vicenda della mobilitazione nelle piazze per il clima lo conferma.
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(*) Avvocato in Lecce e già Presidente della Camera distrettuale amministrativa di Lecce, Brindisi e Taranto