Illegittima la pubblicazione on line dei redditi dei dirigenti pubblici?

TAR LAZIO – ROMA  – ordinanza 3 marzo 2017* (sospende i provvedimenti del Garante della privacy che disponevano, ai sensi del d.l.vo n. 33/2013, la pubblicazione nel sito web dei redditi dei dirigenti dell’Autorità), con commento di TIZIANO TESSARO e di MARGHERITA BERTIN.


TAR LAZIO – ROMA, SEZ. I QUATER – ordinanza 3 marzo 2017 n. 1030 – Pres. Mezzacapo, Est. Bottiglieri – Omissis (Avv.ti Orlandi e Grandi) c. Garante per la protezione dei dati personali e Presidenza del Consiglio dei ministri (Avv.ra Stato) – (accoglie la domanda di sospensione).

1. Giurisdizione e competenza – Amministrazione pubblica – Normativa sulla trasparenza della P.A. – Controversie in materia – Giurisdizione amministrativa – Sussiste ex art. 133, comma 1, lett. a), n. 6) del c.p.a.

2. Amministrazione pubblica – Trasparenza della P.A. – Autorità Garante della privacy – Richiesta ai dirigenti in servizio dei dati reddituali  previsti dall’art. 14 comma 1, lett. c) ed f) del d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33 – Ai fini della loro pubblicazione nel sito web dell’Autorità stessa – Domanda preliminare di sospensione proposta dai dirigenti interessati – Va accolta.

1. Sussiste la giurisdizione del G.A. in ordine ad una controversia riguardante l’applicazione della normativa sulla trasparenza della P.A., attesa la giurisdizione in materia prevista dall’art. 133, comma 1, lett. a), n. 6) del codice del processo amministrativo.

2. Va sospesa l’efficacia di alcune note con le quali il Segretario generale del Garante per la protezione dei dati personali ha chiesto ai dirigenti in servizio presso l’Autorità, ai fini della pubblicazione nel sito web, i dati di carattere reddituale e patrimoniale previsti dall’art. 14, comma 1, lett. c) ed f) del d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33, tenuto conto, rispettivamente: a) della consistenza delle questioni di costituzionalità e di compatibilità con le norme di diritto comunitario sollevate in ricorso; b) dell’irreparabilità del danno paventato dai ricorrenti, discendente dalla pubblicazione on line, anche temporanea, dei dati per cui è causa.



Commento di

TIZIANO TESSARO
(Magistrato Corte dei conti)

MARGHERITA BERTIN
(Avvocato in Treviso)

Pubblicazione di dati ai sensi dell’art. 14 del d.lgs. n. 33/2013, tra questioni di giurisdizione, di costituzionalità e compatibilità comunitaria: profili di danno da diffusione anche per i Comuni?



Non sono così frequenti le ordinanze cautelari il cui ambito di interesse superi quello, talvolta anche assai rilevante, delle parti in causa. Fa eccezione, ed è il motivo per la quale ne proponiamo qui un breve commento, la n. 1030/2017, emessa dal Tar Lazio, I sezione quater il 3 marzo scorso nell’ambito di una vicenda che vede contrapposti alcuni dirigenti del Garante per la protezione dei dati personali alla loro Autorità per ragioni che, con una sintesi un po’ estrema, si potrebbero definire di … privacy. Una situazione paradossale in cui il Garante invoca l’applicazione delle regole enunciate dall’Anac, mentre i suoi dirigenti chiedono l’applicazione delle norme sulla privacy.

Da quanto è possibile comprendere dalla necessariamente sintetica esposizione dell’ordinanza, alcuni dirigenti hanno impugnato le note con le quali il Segretario generale del Garante ha richiesto loro, alla fine del 2016, ai fini della conseguente pubblicazione sul sito web dell’Autorità, i dati di carattere reddituale e patrimoniale previsti dall’art. 14 comma 1, lett. c) ed f) del d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33, ossia i compensi percepiti dall’amministrazione e una dichiarazione concernente: a) i diritti reali su beni immobili e su beni mobili iscritti in pubblici registri; b) le eventuali partecipazioni e/o l’esercizio di funzioni in società; c) la copia dell’ultima dichiarazione dei redditi; nonché d) specifiche dichiarazioni relative alla variazione della consistenza patrimoniale propria e del coniuge non separato e dei parenti entro il secondo grado (solo nel caso in cui questi vi consentano, dovendosi comunque dare evidenza dell’eventuale diniego).

La previsione della pubblicazione dei dati di carattere patrimoniale si aggiunge, in un’ottica di trasparenza amministrativa e contrasto alla corruzione, a quella dei compensi dei dirigenti pubblici già operativa da alcuni anni e costituisce un’estensione introdotta dalle recenti modifiche al decreto n. 33/2013 degli obblighi già vigenti per i titolari di incarichi politici.

Contro tale estensione si era invero già espresso lo stesso Garante per la protezione dei dati personali che, nel parere reso al Governo, il 3 marzo 2016, stigmatizzava la totale equiparazione che si sarebbe fatta fra i dirigenti delle amministrazioni pubbliche e i titolari di incarichi politici di governo e, muovendosi nel solco della disciplina comunitaria, segnalava “l’importanza di un approccio rispettoso del principio di proporzionalità di derivazione europea (art. 6, par. 1, lett. c, dir. 95/46/CE), che tenga in considerazione l’orientamento espresso dalla Corte di giustizia nelle sentenze del 20 maggio 2003 (Cause riunite C-465/00, C-138/01 E C-139/01, Rechnungshof e al.), del 9 novembre 2010 (Cause riunite C-92/09 e C-93/09, Volker und Markus Schecke GbR e al.) e del 29 giugno 2010 (Causa C-28/08P, Commissione/Bavarian Lager). Secondo tale orientamento, le istituzioni pubbliche, prima di divulgare informazioni riguardanti una persona fisica, devono soppesare l’interesse dell’Unione a garantire la trasparenza delle proprie azioni con la lesione dei diritti riconosciuti dagli artt. 7 e 8 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE, senza che possa riconoscersi alcuna automatica prevalenza dell’obiettivo di trasparenza sul diritto alla protezione dei dati personali, anche qualora siano coinvolti rilevanti interessi economici (par. 85, sentenza Volker und Markus Schecke GbR e al.).”

Insomma, un apparato normativo e giurisprudenziale di ordine sovranazionale che avrebbe dovuto suggerire al nostro legislatore delegato un approccio assai più ponderato alla tematica. L’avviso dell’Autorità è rimasto invece inascoltato e il Governo ha deliberato le modifiche di cui si è fatto cenno.

Il problema si è quindi spostato sulla concreta applicazione della novella e quando lo stesso Garante ha chiesto ai propri dirigenti di conferire i dati per la pubblicazione, questi non devono averci pensato su due volte e hanno impugnato (avv. Micaela Grandi e Stefano Orlandi di Bologna) innanzi al Tar Lazio le richieste del Segretario generale dell’Autorità.

E qui si colloca una prima, importante novità dell’ordinanza in commento.

La sezione si è infatti preliminarmente espressa affermando la giurisdizione del giudice amministrativo avendo considerato la questione portata alla sua attenzione nell’ambito della trasparenza amministrativa e quindi soggetta alla giurisdizione esclusiva di cui all’art. 133, comma 1, lett. a), n. 6) del codice del processo amministrativo.

Tale affermazione potrebbe sembrare scontata alla luce della previsione dell’art. 50 dello stesso d.lgs. n. 33/2013, il quale prevede espressamente che le controversie relative agli obblighi di trasparenza previsti dalla normativa vigente siano disciplinate dal codice del processo amministrativo.

In realtà, tale disposizione è stata fortemente criticata da una parte non secondaria della dottrina che non ha condiviso la scelta del legislatore delegato di affidare al giudice amministrativo l’esame di tali controversie ritenendo che qui non si verta tanto in materia di accesso ai documenti amministrativi (materia rispetto alla quale vige la giurisdizione esclusiva del g.a.), quanto in tema “di accesso o disponibilità di dati e informazioni, territorio più vicino alla materia della riservatezza dei dati personali che, nel Codice della privacy (art. 152) vede la cognizione delle relative controversie rimessa alla giurisdizione “piena” del giudice ordinario stante la posizione soggettiva di diritto riferibile all’accedente” (così S. Toschei, Accesso civico ed accesso ai documenti amministrativi, due volti del nuovo sistema amministrativo Italia, in Comuni d’Italia – 2013 – 3).

La stessa prima giurisprudenza amministrativa, nell’unico precedente rinvenuto (Tar Lombardia, Sez. III, Sent. n. 615/2015, depositata in segreteria il 3.3.2015) si era espressa dichiarandosi carente di giurisdizione su una questione in parte analoga, ritenendo “che la denunciata previsione di pubblicazione di dati personali, nel caso in questione a contenuto economico, al di fuori dei limiti stabiliti dalla legge, lede un diritto soggettivo in quanto costituisce un illecito trattamento dei dati personali. Ne consegue che nei confronti degli atti impugnati sussiste la giurisdizione del giudice ordinario”.

In effetti tale sentenza, a leggere la sua motivazione, non sembra prendere proprio in considerazione il citato art. 50 del d.lgs. n. 33/2013, limitandosi ad applicare i tradizionali canoni ermeneutici per il riparto di giurisdizione, senza tener apparentemente conto della giurisdizione esclusiva introdotta dalla norma citata che, per oggetto e per tempistica, essendo successiva all’art. 152 del Codice privacy, deve essere apparsa al giudice romano prevalente.

Una decisione che, al di là dei dubbi di costituzionalità ed alle pur comprensibili critiche di una parte della dottrina, allo stato attuale della normativa vigente, si ritiene di dover senz’altro condividere.

Venendo al tema della controversia, i dirigenti del Garante con l’atto introduttivo chiedevano l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia, delle note con le quali il Segretario generale dell’Autorità ha richiesto loro i dati da pubblicare “eventualmente previa disapplicazione dell’art. 14, comma 1-bis, d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33, nella parte in cui prevede che le pubbliche amministrazioni pubblichino i dati di cui all’art. 14 comma 1, lett. c) ed f) del medesimo decreto legislativo anche per i titolari di incarichi dirigenziali” ovvero, ove ritenuto necessario dal Giudice, “la rimessione a) alla Corte di Giustizia dell’Unione europea, o b) alla Corte Costituzionale della questione in ordine alla compatibilità delle disposizioni sopra citate con la normativa …europea e costituzionale.”.

La sezione, nell’ambito della fase cautelare, ha ritenuto sussistenti i presupposti per la concessione della sospensiva, valutando come “consistenti” le “questioni di costituzionalità e di compatibilità con le norme di diritto comunitario sollevate in ricorso” e “irreparabile” il “danno paventato dai ricorrenti, discendente dalla pubblicazione online, anche temporanea, dei dati per cui è causa”. La stessa ha quindi accolto la richiesta di sospensiva ed ha contestualmente fissato la discussione del merito alla pubblica udienza del 10 ottobre 2017.

È evidente che si tratta di una decisione solo in sede cautelare e che nessun definitivo orientamento del tribunale sul merito può a questo stadio prevedersi; tuttavia, l’espresso richiamo dell’ordinanza alla consistenza dei rilievi di costituzionalità e di compatibilità con le norme di diritto comunitario sollevati con il ricorso e la lettura delle decisioni giurisprudenziali citate dal Garante nel ricordato parere del marzo 2016 sembrano porre un grosso dubbio sulla compatibilità della disposizione in questione con il quadro normativo comunitario.

Inoltre, la sezione è chiarissima nel qualificare come grave e irreparabile il danno derivante dalla divulgazione delle informazioni in questione.

Le due circostanze pongono un importante interrogativo di carattere generale.

Sicuramente il Garante dovrà astenersi dal pubblicare (e, probabilmente, anche dal raccogliere e detenere) i dati dei propri dirigenti fino alla decisione del Tar: ma la decisione appare di sicuro interesse anche per le altre amministrazioni, che pur non essendo evidentemente parti del giudizio in questione, dovrebbero porsi, a questo punto, il problema di evitare di causare un danno non reversibile (i dati una volta pubblicati nel web, com’è noto, devono essere considerati diffusi per sempre) ai propri dirigenti e quindi, attendere, provvedendo in autotutela, gli esiti del giudizio del Tar.

In tal senso, sicuramente, una responsabile azione di indirizzo da parte dell’Anac potrebbe rivelarsi particolarmente preziosa sia per la fase immediata, sia, eventualmente, per riprendere in esame gli avvisi del Garante rimasti inascoltati.


TAR LAZIO – ROMA, SEZ. I QUATER – ordinanza 3 marzo 2017 n. 1030 – Pres. Mezzacapo, Est. Bottiglieri – Omissis (Avv.ti Orlandi e Grandi) c. Garante per la protezione dei dati personali e Presidenza del Consiglio dei ministri (Avv.ra Stato) – (accoglie la domanda di sospensione).

Pubblicato il 02/03/2017

N. 01030/2017 REG.PROV.CAU.

N. 00564/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Quater)

ha pronunciato la presente

ORDINANZA

sul ricorso numero di registro generale 564 del 2017, proposto da:

-OMISSIS-, rappresentati e difesi dagli avvocati Stefano Orlandi, Micaela Grandi, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Renato Caruso in Roma, via Cristoforo Colombo, n.436;

contro

Garante per la protezione dei dati personali, Presidenza del Consiglio dei ministri, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la cui sede domicilia in Roma, via dei Portoghesi, n.12;

per l’annullamento

previa sospensione dell’efficacia,

– della nota del Segretario generale del Garante per la protezione dei dati personali n. 34260/96505 del 14 novembre 2016 ricevuta dai ricorrenti il 15 novembre 2016;

– delle note del Segretario generale del Garante per la protezione dei dati personali n. 37894/96505, 37897/96505, 37899/96505, 37892/96505, 37893/96505, 37898/96505, del 15 dicembre 2016

– di ogni atto presupposto, conseguente o comunque connesso, ancorché non conosciuto,

eventualmente previa disapplicazione

– dell’art. 14, comma 1-bis, d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33, nella parte in cui prevede che le pubbliche amministrazioni pubblichino i dati di cui all’art. 14 comma 1, lett. c) ed f) del medesimo decreto legislativo anche per i titolari di incarichi dirigenziali

ovvero, ove necessario, per la rimessione

a. alla Corte di Giustizia dell’Unione europea, o

b. alla Corte Costituzionale

della questione in ordine alla compatibilità delle disposizioni sopra citate con la normativa, di seguito meglio precisata, rispettivamente europea e costituzionale.

Visto il ricorso;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Garante per la protezione dei dati personali e della Presidenza del Consiglio dei ministri;

Vista la domanda di sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato, presentata in via incidentale dalla parte ricorrente;

Visto l’art. 55 c.p.a.;

Visti tutti gli atti della causa;

Ritenuta la propria giurisdizione e competenza;

Relatore nella camera di consiglio del 28 febbraio 2017 il cons. Anna Bottiglieri e uditi per le parti i difensori come da relativo verbale;

Ritenuta la giurisdizione dell’adito Tribunale nella materia della trasparenza amministrativa, ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. a), n. 6) del codice del processo amministrativo;

Ritenuto che sussistono i presupposti per la concessione della richiesta cautelare;

In particolare:

– rilevata la consistenza delle questioni di costituzionalità e di compatibilità con le norme di diritto comunitario sollevate in ricorso;

– valutata l’irreparabilità del danno paventato dai ricorrenti, discendente dalla pubblicazione online, anche temporanea, dei dati per cui è causa, da cui l’esigenza di salvaguardare la res adhuc integra nelle more della decisione del merito della controversia;

Ritenuta la sussistenza di giusti motivi, stante la novità e la particolarità della questione, per disporre la compensazione tra le parti delle spese di lite della presente fase;

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater),

accoglie la suindicata domanda incidentale.

Fissa la discussione del merito della controversia alla pubblica udienza del 10 ottobre 2017.

Compensa tra le parti le spese della presente fase cautelare.

La presente ordinanza sarà eseguita dall’Amministrazione ed è depositata presso la Segreteria del Tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.

Vista la richiesta degli interessati e ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, comma 1, d. lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la parte interessata.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 28 febbraio 2017 con l’intervento dei magistrati:

Salvatore Mezzacapo, Presidente

Anna Bottiglieri, Consigliere, Estensore

Fabio Mattei, Consigliere

L’ESTENSORE                IL PRESIDENTE

Anna Bottiglieri               Salvatore Mezzacapo

IL SEGRETARIO

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.