L’ANAC non c’entra nulla con il concorso “semplificato”?

Riceviamo dal portavoce del presidente dell’ANAC e volentieri pubblichiamo il seguente comunicato, al quale fa seguito una risposta del direttore della rivista.


AUTORITA’ NAZIONALE ANTICORRUZIONE

Il Portavoce del Presidente

Ai sensi dell’art. 8, legge 47/1948, si chiede di pubblicare la seguente lettera di precisazione.

In riferimento all’articolo “Concorsi ‘semplificati’ per posti di dirigente ANAC?” relativo alla sentenza 2013/2017 del Tar Lazio, si precisa che non è stata l’Autorità nazionale anticorruzione a indire la procedura concorsuale ritenuta illegittima, come erroneamente inducono a pensare il titolo e il sommario. Come si evince dalla parte dedicata alle motivazioni, il bando risale infatti al 2007, quando l’Anac neppure esisteva. A prescindere dalle questioni di merito, si tratta dunque di un’eredità della precedente Autorità di vigilanza sui contratti pubblici (Avcp), accorpata nel 2014 nell’Anac. L’Autorità anticorruzione si è sempre e solo limitata ad applicare di volta in volta le sentenze della giustizia amministrativa intercorse nel tempo. È evidente, dunque, che accostare il nome dell’Anac alla vicenda è scorretto oltre che fuorviante. Così come lo è pubblicare, a corredo dell’articolo, la foto del suo presidente Raffaele Cantone.

Autorità nazionale anticorruzione


Risposta del direttore della rivista:

Sono francamente stupito dalle precisazioni dell’ANAC e dalle accuse di asserita scorrettezza, per tre motivi.

Sotto un primo profilo – per ciò che concerne le accuse di scorrettezza – perché, come è stato fatto presente a suo tempo con apposito editoriale, l’ANAC (sempre ovviamente preceduta dall’AVCP), per ben tre anni, ha letteralmente “saccheggiato” la rivista da me diretta riportando migliaia di documenti di LexItalia.it in un suo sito interno chiamato “Inform@nac”, senza alcuna autorizzazione, senza corrispondere neanche un centesimo per l’abusivo utilizzo e senza nemmeno chiedere scusa. L’abusivo utilizzo è stato ammesso dallo stesso presidente dell’ANAC con apposita lettera. Onde non sono disposto ad accettare dall’ANAC accuse di scorrettezza, che respingo al mittente, anche perché – come dimostrerò tra poco – esse sono infondate; accetto solo scuse (che finora, tuttavia, non risultano pervenute).

Sotto un secondo profilo – per ciò che concerne le ragioni della precisazione – perché, come ben sa l’ANAC (tramite anche il ricordato saccheggio), la rivista LexItalia.it riporta, assieme ai titoli riassuntivi in copertina (che sono ovviamente sintetici) anche il testo dei provvedimenti giurisdizionali pubblicati. Nella specie, tramite il testo integrale della sentenza del T.A.R. Lazio,  si evince facilmente che il bando era stato emanato dall’allora AVCP. Tuttavia, allorché, nel 2014, l’AVCP è stata ridenominata (o, come si legge nella sopra riportata nota, “accorpata” nell’) ANAC, l’operato dell’AVCP si è trasferito ope legis all’ANAC e nessuno dei dirigenti di quest’ultima si è preoccupato di rilevare quella che il TAR Lazio definisce una “palese” illegittimità e cioè il fatto che, in assenza di alcuna norma di legge o regolamentare, il concorso per posti di dirigente si articolava in alcuni colloqui orali, anziché – così come previsto dalla legge per tutte le PP.AA. – in due prove scritte (che diventano tre nel caso di posti di area tecnica) ed una prova orale. La illegittimità era palese anche perché già rilevata expressis verbis nel 2014 dal Consiglio di Stato (v. la sent. della Sez. VI, 7 gennaio 2014, n. 14, pubblicata in questa Rivista, pag. http://www.lexitalia.it/a/2014/9140), proprio nell’anno di “accorpamento” dell’AVCP nell’ANAC. Onde l’ANAC non poteva non sapere. Nella motivazione della sentenza il Consiglio di Stato aveva in particolare affermato che era obbligo dell’Autorità “far luogo – ove permangano le esigenze di provvista di nuovo personale e ove sussistano tutte le altre condizioni – alla rinnovazione della selezione a mezzo della predisposizione di un altro bando concorsuale che risulti immune dai vizi rilevati“. Cosa che l’ANAC, subentrata dopo qualche mese all’AVCP, non ha fatto.

Che l’ANAC ci entri eccome nella vicenda, non solo con un comportamento omissivo, ma anche con un comportamento commissivo, risulta da un periodo della sentenza del TAR Lazio, che riporto testualmente: “Con ricorso depositato in data 15 maggio 2016 l’ing. Infantino proponeva motivi aggiunti avverso la nota Anac n. 0041574 dell’11 marzo 2016 con la quale gli era stato comunicato che i dottori Zaino, Ponzone, Latagliata, Renzi, Tosti, Magnotti e Candia, medio tempore ricollocati nella posizione di funzionari all’indomani della sentenza di annullamento del Consiglio di Stato (n. 14/2014), erano stati reintegrati nella qualifica dirigenziale che già ricoprivano presso l’Avcp”. In sostanza l’ANAC, approfittando di un problema formale di disintegrità del contraddittorio,  aveva disatteso la citata sentenza del Consiglio di Stato, fingendo di ignorare la palese illegittimità da essa rilevata e aveva rinominato dirigenti i funzionari promossi sul campo con semplici colloqui. Il che aveva costretto il ricorrente a proporre ricorso per motivi aggiunti nei confronti dell’ANAC che è divenuta, non solo per così dire in via “ereditaria”, ma anche mediante un esplicito atto di condivisione dell’operato dell’AVCP, sia formalmente che sostanzialmente parte del giudizio.

In ogni caso va rilevato che l’ANAC, al pari di qualsiasi ente pubblico, dispone del potere di autotutela in forza del quale è possibile in qualsiasi momento annullare d’ufficio un bando palesemente illegittimo. Così invece l’ANAC non ha fatto, condividendo implicitamente (anzi esplicitamente, mediante la già citata nota n. 0041574 dell’11 marzo 2016) l’operato dell’AVCP, già censurato nel 2014 dal massimo organo di Giustizia amministrativa (il CdS), onde ora non può dire che non c’entra nulla e che la vicenda non la riguarda, accusando noi di scorrettezza per averla – a suo dire – indebitamente coinvolta.

Il ragionamento che si intende seguire con la nota dell’ANAC sopra riportata  sembra simile a quello di vari politicanti che si occupano della cosa pubblica, i quali tendono a giustificare determinate storture della loro amministrazione con il fatto che esse cominciarono sotto altra amministrazione e, per non essere tacciati di inerzia rispetto ad esse, dichiarano di rimettersi ipocritamente al giudizio della magistratura. Troppo facile scaricare il barile su altri, specie da parte di una Autorità che, nella sua stessa “ragione sociale”, si ispira alla correttezza ed alla legittimità dell’azione amministrativa, che impartisce lezioni di legittimità a vari enti sottoposti al suo controllo, e che pertanto, a fronte di illegittimità rilevate dal Consiglio di Stato, ha l’obbligo istituzionale di adottare provvedimenti di annullamento d’ufficio, senza attendere i pronunciamenti definitivi della magistratura e che invece ha fatto nuovamente diventare dirigenti i funzionari promossi senza le due prove scritte e quelle orali, ma in base a semplici colloqui, perpetuando l’illegittimità originaria dell’AVCP.

Il terzo motivo di sorpresa deriva dal fatto che, con il nostro titolo sintetico, eravamo felici di evidenziare ironicamente che, per la prima volta a quanto è dato di sapere, l’ANAC, che ha condiviso e perpetuato l’operato dell’AVCP, ha proceduto ad una “semplificazione”, mentre solitamente – con le sue alluvionali direttive, determinazioni, circolari, comunicati, linee guida, ecc. –  è fonte di complicazioni, nella vana convinzione che per sconfiggere la corruzione è sufficiente aumentare gli adempimenti burocratici. Peccato che la “semplificazione” – come evidenziato dal T.A.R. Lazio ed ancor prima dal Consiglio di Stato –  nella specie si era tradotta in una illegittimità e in  uno straripamento di potere (dato che né l’AVCP né l’ANAC, come si legge nella sentenza del TAR, dispongono di alcun potere regolamentare in materia di personale e che in ogni caso avrebbero dovuto prevedere prove selettive più severe). Spero – e con questo sono certo di interpretare anche i desideri dei lettori della rivista – che l’ANAC in futuro ci sorprenda con altro tipo di semplificazioni, ovviamente legittime; ma mi permetto di dubitare.

Rimango comunque ancora in attesa da parte dell’ANAC di scuse per la copiatura ai danni di LexItalia.it protratta per ben tre anni e di un risarcimento per l’abusivo utilizzo del migliaio di documenti copiati ad uso dei suoi oltre 300 dipendenti (che sarà interamente devoluto in beneficenza). Ma delle scuse e del risarcimento dubito ancor di più.

Giovanni Virga
direzione@lexitalia.it

P.S.: chiedo al portavoce dell’ANAC di riferire cortesemente che l’eventuale presentazione di una querela per diffamazione da parte del pres. Cantone o dell’ANAC nei confronti dello scrivente non sortirà questa volta alcun effetto.  I dispiaceri che mi ha provocato la passata vicenda, infatti, mi hanno ormai, per così dire, vaccinato. Riferisca anche che i giudizi critici nei confronti dell’ANAC sono stati espressi nella mia qualità di cultore del diritto amministrativo ed ai sensi dell’art. 21 Cost., e non certo per offendere l’Autorità ed il Suo presidente, che deferentemente riverisco e caldamente ossequio. Non si dimentichi di salutarmelo tanto e di augurargli da parte mia ogni bene.