Disciplina regionale e comunale delle sale da gioco

n. 2/2014 | 7 Febbraio 2014 | © Copyright | - Giurisprudenza, Commercio ed industria | Torna indietro More

TAR LIGURIA – sentenza 5 febbraio 2014* (nel dichiarare manifestamente infondate le q.l.c. della L. reg. Liguria n. 17 del 2012 sulla disciplina autorizzativa delle sale da gioco e dei giochi leciti, ritiene illegittime le norme regolamentari adottate dal Comune di Genova che delimitano l’orario di attività delle sale pubbliche da gioco, vietandone l’esercizio nell’orario compreso fra le ore 9.00 antimeridiane e le ore 19.30), con 7 documenti correlati.


TAR LIGURIA, SEZ. II – sentenza 5 febbraio 2014 n. 189 – Pres. Caruso, Est. Goso – Bingo King S.r.l. ed altri (Avv. Benelli e Gallo) c. Comune di Genova (Avv.ti Pessagno e De Paoli) e con l’intervento ad opponendum di Acli di Genova (Avv.ti Zanoni e Masetti) – (accoglie in parte, come da motivazione).

1. Giustizia amministrativa – Ricorso giurisdizionale – Atto impugnabile o no – Regolamento – Contenente norme in grado di incidere direttamente sulle situazioni giuridiche rappresentate e preclusive del diritto di impresa – Impugnabilità diretta ed immediata – Senza attendere l’atto applicativo – Possibilità – Sussiste.

2. Commercio ed industria – Esercizio dei giochi leciti – Disciplina prevista dalla L. reg. Liguria n. 17 del 2012 – Riguardante l’attività e la localizzazione dei giochi leciti – Questioni di legittimità costituzionale – Manifesta infondatezza – Riferimento alla sentenza della Corte cost. n. 300 del 2011.

3. Commercio ed industria – Esercizio dei giochi leciti – Disciplina prevista dal regolamento adottato dal Comune di Genova concernente “sale da gioco e giochi leciti” – In attuazione della L. reg. Liguria n. 17 del 2012 – Disposizioni che delimitano in maniera rigida l’orario di attività delle sale pubbliche da gioco – Illegittimità.

4. Commercio ed industria – Esercizio dei giochi leciti – Disciplina prevista dal regolamento adottato dal Comune di Genova concernente “sale da gioco e giochi leciti” – In attuazione della L. reg. Liguria n. 17 del 2012 – Disposizioni che prevedono un divieto assoluto di attività pubblicitarie o promozionali relative ai giochi leciti che prevedono vincite in denaro – Legittimità.

5. Commercio ed industria – Esercizio dei giochi leciti – Disciplina prevista dal regolamento adottato dal Comune di Genova concernente “sale da gioco e giochi leciti” – In attuazione della L. reg. Liguria n. 17 del 2012 – Disposizioni che hanno ampliato il novero dei “luoghi sensibili” nei quali non è consentito il rilascio delle autorizzazioni per l’esercizio delle sale da gioco e del gioco lecito nei locali aperti al pubblico – Legittimità.

6. Commercio ed industria – Esercizio dei giochi leciti – Disciplina prevista dal regolamento adottato dal Comune di Genova concernente “sale da gioco e giochi leciti” – In attuazione della L. reg. Liguria n. 17 del 2012 – Disposizioni che: 1) impongono l’autorizzazione comunale per l’apertura, il trasferimento di sede, l’ampliamento della superficie e il cambio di titolarità delle sale pubbliche da gioco; 2) estendono l’obbligo di autorizzazione all’ipotesi di subingresso nella titolarità dell’azienda; 3) impongono l’autorizzazione per l’installazione di slot machines; 4) contengono analoghe prescrizioni per l’installazione e il trasferimento di apparecchi e congegni automatici e semiautomatici da intrattenimento e svago – Legittimità.

1. E’ da ritenere immediatamente e direttamente impugnabile un regolamento comunale (nella specie si trattava del regolamento “sale da gioco e giochi leciti” approvato con delibera del Consiglio comunale di Genova n. 21 del 23 aprile 2013), nel caso in cui esso abbia una portata precettiva (ad esempio, in tema di orario di apertura) che è in grado di incidere direttamente sulle situazioni giuridiche rappresentate e, per alcuni aspetti, assume connotati preclusivi della stessa possibilità di svolgere l’attività di impresa nello specifico settore.

2. Alla luce di quanto affermato dalla Corte costituzionale in un caso analogo (1), debbono ritenersi manifestamente infondate le q.l.c della L. reg. Liguria n. 17/2012, la quale è intervenuta non direttamente sull’individuazione dei giochi leciti, ma su fattori, quali la prossimità a determinati luoghi e la pubblicità, che potrebbero, da un lato, “indurre al gioco un pubblico costituito da soggetti psicologicamente più vulnerabili od immaturi e, quindi, maggiormente esposti alla capacità suggestiva dell’illusione di conseguire, tramite il gioco, vincite e facili guadagni” e, dall’altro, “influire sulla viabilità e sull’inquinamento acustico delle aree interessate”. In considerazione delle finalità di prevenzione sociale e di tutela del contesto urbano che tale legge regionale si prefigge di conseguire, deve escludersi che essa e le relative norme attuative determinino alcuna violazione del principio della libera concorrenza, ovvero pregiudichino la competenza legislativa dello Stato in subiecta materia (2).

3. Sono illegittime le disposizioni contenute nel regolamento comunale di Genova concernente “sale da gioco e giochi leciti” approvato con delibera consiliare n. 21 del 23 aprile 2013, che delimitano l’orario di attività delle sale pubbliche da gioco ed in particolare limitano l’attività delle sale da gioco ove sono messi a disposizione del pubblico giochi o scommesse che consentono vincite in denaro ad un orario compreso fra le ore 9.00 antimeridiane e le ore 19.30 e vietano di lasciare a disposizione del pubblico gli apparecchi da gioco che consentono vincite in denaro al di fuori dell’orario predetto. Infatti, la previsione di rigidi orari di apertura e chiusura serale dell’attività (con un obbligo di chiusura, peraltro, oltremodo anticipato rispetto ai limiti consentiti dalle autorizzazioni di pubblica sicurezza di cui sono attualmente in possesso le ricorrenti) non trova alcuna copertura normativa nelle disposizioni della legge regionale n. 17/2012 (3).

4. Sono legittime le disposizioni del regolamento adottato del Comune di Genova in tema di sale da gioco che introducono un divieto assoluto di attività pubblicitarie o promozionali relative ai giochi leciti che prevedono vincite in denaro; infatti, le norme regolamentari in questione traggono la loro fonte di legittimazione dalla legge regionale (L. reg. Liguria n. 17 del 2012), la quale, con formulazione onnicomprensiva, ha previsto il divieto di qualsiasi attività pubblicitaria relativa all’apertura o all’esercizio di sale da gioco (art. 2, comma 3).

5. Sono legittime le disposizioni del regolamento adottato del Comune di Genova in tema di sale da gioco che hanno ampliato il novero dei “luoghi sensibili” nei quali non è consentito il rilascio delle autorizzazioni per l’esercizio delle sale da gioco e del gioco lecito nei locali aperti al pubblico, atteso che l’art. 2, comma 2, della legge reg. Liguria n. 17/2012 ha previsto che i Comuni possono individuare altri luoghi sensibili nei quali non può essere concessa l’autorizzazione, “tenuto conto dell’impatto della stessa sul contesto urbano e sulla sicurezza urbana, nonché dei problemi connessi con la viabilità, l’inquinamento acustico e il disturbo della quiete pubblica” (4).

6. Sono legittime le seguenti disposizioni del regolamento adottato del Comune di Genova in tema di sale da gioco: l’art. 8 (che impone l’autorizzazione comunale per l’apertura, il trasferimento di sede, l’ampliamento della superficie e il cambio di titolarità delle sale pubbliche da gioco nonché per l’apertura delle agenzie per la raccolta delle scommesse ippiche e sportive e delle sale dedicate all’installazione di apparecchi o sistemi di gioco VLT), l’art. 11 (che estende l’obbligo di autorizzazione all’ipotesi di subingresso nella titolarità dell’azienda), l’art. 19 (che impone l’autorizzazione per l’installazione di slot machines) e l’art. 21 (che contiene analoghe prescrizioni per l’installazione e il trasferimento di apparecchi e congegni automatici e semiautomatici da intrattenimento e svago). Infatti l’art. 1, comma 2, della legge regionale n. 17/2012, subordina l’esercizio delle sale da gioco e il gioco lecito nei locali aperti al pubblico al previo rilascio di autorizzazione del sindaco del comune territorialmente competente.

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(1) Cfr. Corte cost., sentenza 10 novembre 2011, n. 300, in LexItalia.it, pag. http://www.lexitalia.it/p/11/ccost_2011-11-10-2.htm, chiamata a pronunciarsi sulla legge n. 13 del 22 novembre 2010, con cui la Provincia di Bolzano, al fine dichiarato di prevenire il vizio del gioco, aveva introdotto regole assai simili a quelle disegnate dal legislatore ligure (ad esempio, in tema di “luoghi sensibili” nei quali non possono essere ubicate le sale da gioco e di divieto di attività pubblicitarie).

Con tale sentenza – come si ricorda nella parte motiva della sentenza in rassegna – la Corte costituzionale ha affermato che, tenendo conto delle finalità dichiarate dal legislatore provinciale, non era possibile ricondurre la normativa così introdotta alla competenza legislativa statale in materia di ordine pubblico e sicurezza la quale, per giurisprudenza consolidata del Giudice delle leggi, attiene alla prevenzione dei reati e al mantenimento dell’ordine pubblico.

Le disposizioni censurate, invece, avevano riguardo “a situazioni che non necessariamente implicano un concreto pericolo di commissione di fatti penalmente illeciti o di turbativa dell’ordine pubblico, inteso nei termini dianzi evidenziati, preoccupandosi, piuttosto, delle conseguenze sociali dell’offerta dei giochi su fasce di consumatori psicologicamente più deboli, nonché dell’impatto sul territorio dell’afflusso a detti giochi degli utenti”.

(2) Cfr. anche in materia Cons. Stato, Sez. VI, sentenza 11 settembre 2013, n. 4498, in LexItalia.it, pag. http://www.lexitalia.it/p/13/cds_2013-08-11-7.htm, con la quale è stato anche evidenziato come la stessa giurisprudenza della Corte di giustizia consenta eventuali restrizioni alla disciplina europea qualora giustificate da esigenze imperative connesse all’interesse generale, “come ad esempio la tutela dei destinatari del servizio e dell’ordine sociale, la protezione dei consumatori, la prevenzione della frode e dell’incitamento dei cittadini ad una spesa eccessiva legata al gioco” (cfr. sentenza 24 gennaio 2013, nelle cause riunite C-186/11 e C-209/11, e sentenza 19 luglio 2012, nelle cause riunite C-213/11, C- 214/11 e C-217/11), “con conseguente legittima introduzione, da parte degli Stati membri (e delle loro articolazioni ordinamentali), di restrizioni all’apertura di locali adibiti al gioco, a tutela della salute di determinate categorie di persone maggiormente vulnerabili in funzione della prevenzione della dipendenza dal gioco (interesse fondamentale, salvaguardato dallo stesso Trattato CE)”.

(3) Ha aggiunto la sentenza in rassegna che la titolarità del potere esercitato nel caso di specie dal Consiglio comunale genovese non può farsi discendere dalla generale previsione di cui all’art. 50, comma 7, del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, secondo il quale il sindaco coordina e riorganizza, sulla base degli indirizzi espressi dal consiglio comunale e nell’ambito dei criteri eventualmente indicati dalla regione, gli orari degli esercizi commerciali, dei pubblici esercizi e dei servizi pubblici.

Fermo restando che le sale giochi, in quanto locali ove è possibile fruire di una prestazione ludica e di svago, non configurano né esercizi commerciali né servizi pubblici, ma devono farsi rientrare nell’ampia nozione di “pubblico esercizio” contenuta nella disposizione citata (cfr. T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. II, 31 agosto 2012, n. 1484, in LexItalia.it, pag. http://www.lexitalia.it/p/12/tarlombrescia_2012-08-31.htm), deve innanzitutto rilevarsi come l’autorità investita della potestà regolatoria degli orari sia chiaramente individuata nel sindaco, pur nella doverosa osservanza dei criteri stabiliti dall’organo consiliare.

Nel caso in esame, invece, il Consiglio comunale non si è limitato alla fissazione dei criteri, ossia a definire gli indirizzi sulla base dei quali il Sindaco avrebbe dovuto successivamente articolare l’orario delle sale da gioco, ma ha direttamente stabilito detto orario, con una previsione di tale rigidità che il successivo intervento sindacale, pur richiesto dalla previsione contenuta nel primo periodo dell’art. 18 del regolamento, non potrà che riprodurre i vincoli imposti dal Consiglio.

(4) Nella specie il Comune di Genova si era avvalso della facoltà riconosciutagli dal legislatore regionale, individuando quali ulteriori luoghi sensibili le “attrezzature balneari e spiagge”, nonché i “giardini, parchi e spazi pubblici attrezzati e altri spazi verdi pubblici attrezzati”; è stato introdotto, inoltre, il divieto di aprire agenzie per la raccolta di scommesse, sale VLT e di installare giochi con vincita in denaro nel raggio di 100 metri da “sportelli bancari, postali o bancomat” e da “agenzie di prestiti di pegno o attività in cui si eserciti l’acquisto di oro, argento od oggetti preziosi”; è stato ritenuto che il potere di individuare ulteriori luoghi sensibili nei quali non sono ammissibili le sale da gioco o le postazioni per tali attività nella specie era stato esercitato in aderenza alla legge regionale che lo ha espressamente previsto.

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Documenti correlati:

CORTE COSTITUZIONALE, sentenza 10-11-2011, pag. http://www.lexitalia.it/p/11/ccost_2011-11-10-2.htm (sulla q.l.c. di alcune norme in materia di gioco lecito emanate dalla Provincia di Bolzano).

CONSIGLIO DI STATO SEZ. VI, sentenza 11-9-2013, pag. http://www.lexitalia.it/p/13/cds_2013-08-11-7.htm (sull’illegittimità di una autorizzazione per l’apertura e gestione di una sala da gioco ove sono presenti giochi della tipologia “Videolottery” che si attivano esclusivamente in presenza di un collegamento ad un sistema di elaborazione telematico, ad una distanza inferiore a 300 metri da un istituto scolastico).

TAR VENETO SEZ. III, sentenza 16-4-2013, pag. http://www.lexitalia.it/p/13/tarveneto_2013-04-16.htm (sulla legittimità o meno di una disposizione del regolamento comunale per la prevenzione della ludopatia, secondo cui le strutture destinate a sale giochi devono essere aperte ad una distanza minima da istituti scolastici, centri giovanili, luoghi di culto, caserme e dal perimetro relativo al centro storico cittadino; fattispecie relativa al Comune di Vicenza).

T.R.G.A. SEZ. DI TRENTO, sentenza 20-3-2013, pag. http://www.lexitalia.it/p/13/trga_2013-03-20-1.htm (è illegittima la delibera di un Comune del Trentino Alto Adige che ha ampliato le ipotesi previste dalla L. prov.le n. 9 /2000 per le quali è predicabile il divieto di installare apparecchi da gioco, prevedendo in particolare che tale divieto opera anche per gli ambulatori medici, i luoghi di culto e la canonica).

TAR PIEMONTE – TORINO SEZ. II, ordinanza 18-9-2012, pag. http://www.lexitalia.it/p/12/tarpiemonte_2012-09-18o.htm (solleva q.l.c. delle norme di cui al T.U.E.L. ed al recente D.L. n. 201 del 2001 nella parte in cui escludono la competenza dei Comuni ad adottare atti normativi e provvedimentali volti a limitare l’uso degli apparecchi da gioco; fattispecie relativa ad ordinanza del Sindaco di un Comune che consente di attivare gli apparecchi di gioco esclusivamente in orario compreso tra le h. 12.00 e le h. 23.00).

TAR LOMBARDIA – BRESCIA SEZ. II, sentenza 31-8-2012, pag. http://www.lexitalia.it/p/12/tarlombrescia_2012-08-31.htm  (sul potere dei Sindaci di determinare l’orario di apertura delle sale da gioco e sulla legittimità o meno di una ordinanza con la quale si limita l’orario di apertura delle sale da gioco motivata con riferimento al crescente numero di cittadini che utilizzano gli apparecchi da gioco e poi si ritrovano in difficoltà economiche).

G. VIRGA, La potente lobby dei giochi d’azzardo, pag. http://blog.lexitalia.it/?p=1874


N. 00189/2014 REG.PROV.COLL.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 685 del 2013, proposto da:
Bingo King S.r.l. ed Enrico Polo, rappresentati e difesi dagli avv. Cino Benelli e Gian Andrea Gallo, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Luigi Cocchi in Genova, via Macaggi, 21/5;

contro

Comune di Genova, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Maria Paola Pessagno e Luca De Paoli, con domicilio eletto presso la civica Avvocatura in Genova, via Garibaldi, 9;

e con l’intervento di

ad opponendum:
Acli di Genova, rappresentata e difesa dagli avv. Pier Luigi Zanoni e Andrea Masetti, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Genova, piazza Dante, 9/22;

sul ricorso numero di registro generale 780 del 2013, proposto da:
Giog S.r.l. e Davide Maria Valenzano, rappresentati e difesi dagli avv. Cino Benelli, Generoso Bloise e Alessandro Domenicali, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Luca Marin in Genova, via Fiasella, 6/8;

contro

Comune di Genova, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Maria Paola Pessagno e Luca De Paoli, con domicilio eletto presso la civica Avvocatura in Genova, via Garibaldi, 9;

e con l’intervento di

ad opponendum:
Acli Liguria, Arci Liguria e Fondazione Antiusura Santa Maria del Soccorso Onlus, rappresentate e difese dall’avv. Andrea Masetti, con domicilio eletto presso il suo studio in Genova, via XXV Aprile, 11A/3;

sul ricorso numero di registro generale 778 del 2013, proposto da:
Maria Clara Occhipinti, Franca Franini e Lo Spuntino di Musante e Minniti S.n.c., rappresentati e difesi dagli avv. Cino Benelli, Generoso Bloise, Alessandro Domenicali e Luca Marin, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Luca Marin in Genova, via Fiasella, 6/8;

contro

Comune di Genova, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Maria Paola Pessagno e Luca De Paoli, con domicilio eletto presso la civica Avvocatura in Genova, via Garibaldi, 9;

sul ricorso numero di registro generale 688 del 2013, proposto da:
Lottomatica Scommesse S.r.l. e Lottomatica Videolot Rete S.p.a., rappresentate e difese dagli avv. Luigi Cocchi e Giorgio Fraccastoro, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Genova, via Macaggi, 21/5;

contro

Comune di Genova, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Maria Paola Pessagno e Luca De Paoli, con domicilio eletto presso la civica Avvocatura in Genova, via Garibaldi, 9;

sul ricorso numero di registro generale 687 del 2013, proposto da:
Eurobet Italia S.r.l. unipersonale, rappresentata e difesa dagli avv. Luigi Cocchi e Giorgio Fraccastoro, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Genova, via Macaggi, 21/5;

contro

Comune di Genova, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Maria Paola Pessagno e Luca De Paoli, con domicilio eletto presso la civica Avvocatura in Genova, via Garibaldi, 9;

sul ricorso numero di registro generale 686 del 2013, proposto da:
Bingo Plus S.p.a. e Filippo De Luca, rappresentati e difesi dall’avv. Cino Benelli, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Luigi Cocchi in Genova, via Macaggi, 21/5;

contro

Comune di Genova, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Maria Paola Pessagno e Luca De Paoli, con domicilio eletto presso la civica Avvocatura in Genova, via Garibaldi, 9;

per l’annullamento

quanto al ricorso n. 685 del 2013:

del regolamento “sale da gioco e giochi leciti” approvato con delibera del Consiglio comunale di Genova n. 21 del 23 aprile 2013, pubblicata all’albo pretorio dal 9 maggio 2013 al 24 maggio 2013, e degli atti, documenti e pareri ivi richiamati per relationem;

di ogni altro atto ad esso presupposto e conseguente;

quanto al ricorso n. 780 del 2013:

del regolamento “sale da gioco e giochi leciti” approvato con delibera del Consiglio comunale di Genova n. 21 del 23 aprile 2013, pubblicata all’albo pretorio dal 9 maggio 2013 al 24 maggio 2013, e degli atti, documenti e pareri ivi richiamati per relationem;

di ogni altro atto ad esso presupposto e conseguente, ivi compresa, per quanto occorrer possa, la nota 28 maggio 2013, prot. n. 175013, emessa dallo Sportello unico delle attività produttive del Comune di Genova, con la quale si invita la ricorrente a rispettare l’orario, informandola che “l’apertura protratta oltre le 19.30 comporterà l’applicazione delle sanzioni previste dalla normativa vigente”;

quanto al ricorso n. 778 del 2013:

del regolamento “sale da gioco e giochi leciti” approvato con delibera del Consiglio comunale di Genova n. 21 del 23 aprile 2013, pubblicata all’albo pretorio dal 9 maggio 2013 al 24 maggio 2013, e degli atti, documenti e pareri ivi richiamati per relationem;

di ogni altro atto ad esso presupposto e conseguente;

quanto al ricorso n. 688 del 2013:

del regolamento “sale da gioco e giochi leciti” approvato con delibera del Consiglio comunale di Genova n. 21 del 23 aprile 2013, pubblicata all’albo pretorio dal 9 maggio 2013 al 24 maggio 2013, e degli atti, documenti e pareri ivi richiamati per relationem;

di ogni altro atto connesso, presupposto e/o consequenziale;

quanto al ricorso n. 687 del 2013:

del regolamento “sale da gioco e giochi leciti” approvato con delibera del Consiglio comunale di Genova n. 21 del 23 aprile 2013, pubblicata all’albo pretorio dal 9 maggio 2013 al 24 maggio 2013, e degli atti, documenti e pareri ivi richiamati per relationem;

di ogni altro atto connesso, presupposto e/o consequenziale;

quanto al ricorso n. 686 del 2013:

del regolamento “sale da gioco e giochi leciti” approvato con delibera del Consiglio comunale di Genova n. 21 del 23 aprile 2013, pubblicata all’albo pretorio dal 9 maggio 2013 al 24 maggio 2013, e degli atti, documenti e pareri ivi richiamati per relationem;

di ogni altro atto ad esso presupposto e conseguente, ivi compresa, per quanto occorrer possa, la nota 28 maggio 2013, prot. n. 175013, emessa dallo Sportello unico delle attività produttive del Comune di Genova.

Visti i ricorsi e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Genova;

Visti gli atti di intervento ad opponendum;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti di causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 30 ottobre 2013 il dott. Richard Goso e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con distinti ricorsi notificati il 12 giugno 2013 e depositati il successivo 17 giugno, le esponenti hanno impugnato il regolamento in tema di sale da gioco e giochi leciti approvato dal Consiglio comunale di Genova con deliberazione n. 21 del 23 aprile 2013.

Con tale atto normativo, il Comune di Genova ha disciplinato le licenze e le autorizzazioni di competenza comunale relative all’esercizio di giochi leciti (art. 1, comma 1), nel dichiarato intento di “garantire che la diffusione dei locali in cui si pratica il gioco lecito avvenga evitando effetti pregiudizievoli per la sicurezza urbana, la viabilità, l’inquinamento acustico e la quiete pubblica” e di limitare “le conseguenze sociali dell’offerta dei giochi su fasce di consumatori psicologicamente più deboli, nonché la dequalificazione territoriale e del valore degli immobili” (art. 2, comma 1).

Siffatta regolamentazione si inscrive nel complesso degli interventi che il Comune pone in essere ai fini della prevenzione del fenomeno del “gioco patologico” (art. 2, comma 2).

Questi i ricorsi introdotti avverso il regolamento:

– r.g.r. n. 685/2013, proposto da Bingo King S.r.l. nella qualità di gestore della sala Bingo ubicata in piazza Dante;

– r.g.r. n. 686/2013, proposto da Bingo Plus S.p.a. nella qualità di gestore della sala Bingo ubicata in corso Buenos Aires;

– r.g.r. n. 687/2013, proposto da Eurobet Italia S.r.l., fornitrice dei terminali di gioco installati presso numerosi punti vendita genovesi;

– r.g.r. n. 688/2013, proposto da Lottomatica Scommesse S.r.l. e Lottomatica Videolot Rete S.p.a., nella rispettiva qualità di operatore del settore della raccolta di scommesse attraverso rete fisica e di concessionaria della rete per la gestione telematica delle scommesse.

Le ricorrenti denunciano la violazione delle prerogative statuali in materia di gioco lecito, contestano la legittimità di plurime disposizioni del regolamento impugnato e propongono diversificate questioni di legittimità costituzionale inerenti alla legge regionale della Liguria n. 17 del 2012.

Nel ricorso r.g.r. n. 686/2013, viene impugnata anche la nota comunale del 28 maggio 2013, con cui la Società è stata richiamata al rispetto dell’orario di esercizio dell’attività previsto dal regolamento.

Sono stati successivamente introdotti altri due ricorsi di analogo tenore avverso il regolamento in questione:

– r.g.r. n. 778/2013, proposto dalla signora Maria Clara Occhipinti e da altri due titolari di esercizi per la somministrazione di alimenti e bevande presso i quali sono installati apparecchi di gioco;

– r.g.r. n. 780/2013, proposto da Giog S.r.l. nella qualità di gestore della sala gioco ubicata in via del Mirto.

Il Comune di Genova si è costituito in tutti i giudizi, eccependo l’inammissibilità, sotto diversi profili, dei ricorsi e l’infondatezza delle censure di legittimità dedotte dalle controparti.

All’udienza camerale del 4 luglio 2013, i difensori delle ricorrenti hanno dichiarato di rinunciare alle istanze cautelari incidentalmente proposte con gli atti introduttivi dei primi quattro giudizi.

Analoga volontà è stata espressa, negli altri due giudizi, dai difensori intervenuti per le ricorrenti all’udienza camerale del 18 luglio 2013.

Nel ricorso r.g.r. n. 685/2013, è intervenuta ad opponendum l’A.C.L.I. di Genova.

Nel ricorso r.g.r. n. 780/2013, sono intervenute ad opponendum l’A.C.L.I. Liguria, l’A.R.C.I. Liguria e la Fondazione antiusura Santa Maria del Soccorso.

In prossimità della pubblica udienza, le ricorrenti e l’Amministrazione resistente hanno depositato memorie difensive e di replica.

Tutti i ricorsi, infine, sono stati chiamati alla pubblica udienza del 30 ottobre 2013 e, previa trattazione orale, sono stati ritenuti in decisione.

DIRITTO

1) I ricorsi in epigrafe sono accomunati dall’impugnativa del medesimo regolamento comunale e si fondano su censure di legittimità quasi perfettamente sovrapponibili.

In considerazione del rapporto di connessione oggettiva che li lega e dell’identità delle questioni giuridiche da affrontare, è opportuno disporne la riunione ai sensi dell’art. 70 cod. proc. amm.

2) La difesa comunale eccepisce, in tutti i giudizi, l’inammissibilità dei ricorsi in considerazione:

– della natura regolamentare del provvedimento impugnato, peraltro non contenente disposizioni che possano considerarsi immediatamente lesive degli interessi delle ricorrenti;

– della mancata individuazione, con sufficiente grado di chiarezza, delle specifiche disposizioni regolamentari sulle quali si appuntano le censure di legittimità;

– dell’omessa notificazione dei ricorsi ai soggetti controinteressati, da identificarsi nelle associazioni che erano state coinvolte nell’istruttoria procedimentale in quanto attive nella lotta alla ludopatia.

Tali eccezioni sono infondate e vanno disattese.

2.1) La prima di esse concerne la natura generale del regolamento gravato che indurrebbe a considerare non attuale l’interesse a chiederne l’annullamento.

Tale regolamento, tuttavia, ha una portata precettiva (ad esempio, in tema di orario di apertura) che è in grado di incidere direttamente sulle situazioni giuridiche rappresentate e, per alcuni aspetti, assume connotati preclusivi della stessa possibilità di svolgere l’attività di impresa nello specifico settore.

L’eccezione, pertanto, non può trovare favorevole considerazione, ferma restando l’eventuale necessità di riesaminare partitamente la questione per le singole doglianze.

2.2) I ricorsi, in secondo luogo, sono sufficientemente precisi nell’evidenziare i profili ritenuti lesivi.

Sono distintamente individuate, comunque, le disposizioni che si assumono illegittime, cosicché anche la seconda eccezione di inammissibilità non merita favorevole considerazione.

2.3) Deve escludersi, infine, che i soggetti consultati nel corso dell’elaborazione del testo di un atto generale a contenuto normativo abbiano un interesse giuridicamente protetto a che il regolamento resti intatto.

Non sono ravvisabili, pertanto, situazioni di controinteresse nelle vicende per cui è lite.

3) Può procedersi, quindi, allo scrutinio del primo motivo di ricorso, con il quale le esponenti sostengono che la regolamentazione dei giochi e delle scommesse, riguardando la materia della pubblica sicurezza, sarebbe riservata alla competenza esclusiva dello Stato.

L’Amministrazione comunale, con l’adozione dell’impugnato regolamento, avrebbe invaso indebitamente, in assenza di copertura legislativa, detta sfera di attribuzioni statuali.

La censura investe, in particolare, le disposizioni dettate dal regolamento in materia di sanzioni (art. 14 e art. 25) e di orario di esercizio dell’attività (art. 18 e art. 20, comma 2), queste ultime due contestate anche sotto il profilo dello sviamento, poiché il potere di regolazione degli orari previsto dal testo unico degli enti locali non potrebbe essere utilizzato per prevenire e combattere i fenomeni di ludopatia.

E’ contestato, inoltre, l’effetto distorsivo che l’introduzione di una specifica regolamentazione comunale provocherebbe sul corretto funzionamento della rete telematica nazionale, cui gli apparecchi in esame devono essere collegati onde garantire l’esercizio dell’attività di controllo a livello centralizzato.

Viene dedotta, infine, una questione di legittimità costituzionale relativa alla legge regionale Liguria 30 aprile 2012, n. 17, recante disciplina delle sale da gioco, la quale, se interpretata nel senso di attribuire agli enti locali il potere di disciplinare i giochi leciti e di regolare l’orario delle attività ad essi collegate, comporterebbe uno sconfinamento in ambiti (l’ordine e la sicurezza pubblica; la tutela della concorrenza) che fanno capo alla competenza esclusiva dello Stato.

3.1) Nell’accingersi alla disamina di tali censure, va rammentato, in primo luogo, che la Regione Liguria ha legiferato nella materia de qua, prevedendo (art. 1, comma 2, della citata legge n. 17/2012) che l’esercizio delle sale da gioco e il gioco lecito nei locali aperti al pubblico sono subordinati al previo rilascio di autorizzazione del sindaco del comune territorialmente competente.

Tale disposizione è stata dichiaratamente introdotta (art. 1, comma 1) nell’esercizio delle competenze legislative regionali in materia di salute e politiche sociali, allo scopo di prevenire il vizio del gioco, anche se lecito, e di tutelare determinate categorie di persone.

L’istruttoria comunale documentata in atti evidenzia, peraltro, le acquisizioni circa la crescente dipendenza dal gioco a premi in denaro che viene esercitato, in apparenza per piccole somme, dalle categorie sociali meno attrezzate economicamente e culturalmente a resistere alla tentazione di provare ad arricchirsi nel modo che la norma intende limitare.

Si tratta di una modificazione della prospettiva che vedeva soprattutto le persone molto facoltose preda del gioco sino a perdere la loro posizione di privilegio: ora la capillarità delle strutture apprestate è in grado di raggiungere gli strati meno avvertiti delle popolazione, causando loro danni che possono essere ovviati, appunto, con apposite politiche sociali.

La legge regionale e il regolamento comunale hanno preso in esame, pertanto, aspetti del gioco a premi in denaro che attengono alla tutela della salute e alle politiche sociali, cosicché non sussiste la denunciata invasione delle prerogative statali nella materia dell’ordine e della sicurezza pubblica.

3.2) La questione afferente alla compatibilità costituzionale della normativa in tema di giochi leciti è già stata affrontata dalla Corte costituzionale, chiamata a pronunciarsi sulla legge n. 13 del 22 novembre 2010, con cui la Provincia di Bolzano, al fine dichiarato di prevenire il vizio del gioco, aveva introdotto regole assai simili a quelle disegnate dal legislatore ligure (ad esempio, in tema di “luoghi sensibili” nei quali non possono essere ubicate le sale da gioco e di divieto di attività pubblicitarie).

Con la sentenza n. 300 del 10 novembre 2011, la Corte costituzionale ha affermato che, tenendo conto delle finalità dichiarate dal legislatore provinciale, non era possibile ricondurre la normativa così introdotta alla competenza legislativa statale in materia di ordine pubblico e sicurezza la quale, per giurisprudenza consolidata del Giudice delle leggi, attiene alla prevenzione dei reati e al mantenimento dell’ordine pubblico.

Le disposizioni censurate, invece, avevano riguardo “a situazioni che non necessariamente implicano un concreto pericolo di commissione di fatti penalmente illeciti o di turbativa dell’ordine pubblico, inteso nei termini dianzi evidenziati, preoccupandosi, piuttosto, delle conseguenze sociali dell’offerta dei giochi su fasce di consumatori psicologicamente più deboli, nonché dell’impatto sul territorio dell’afflusso a detti giochi degli utenti”.

Tali considerazioni mantengono la propria validità nel caso della legge regionale Liguria n. 17/2012 che è intervenuta, non direttamente sull’individuazione dei giochi leciti, ma su fattori, quali la prossimità a determinati luoghi e la pubblicità, che potrebbero, da un lato, “indurre al gioco un pubblico costituito da soggetti psicologicamente più vulnerabili od immaturi e, quindi, maggiormente esposti alla capacità suggestiva dell’illusione di conseguire, tramite il gioco, vincite e facili guadagni” e, dall’altro, “influire sulla viabilità e sull’inquinamento acustico delle aree interessate”.

Contrariamente argomentando, si produrrebbe, come rilevato dalla Corte costituzionale, “una smisurata dilatazione della nozione di sicurezza e ordine pubblico, tale da porre in crisi la stessa ripartizione costituzionale delle competenze legislative, con l’affermazione di una preminente competenza statale potenzialmente riferibile a ogni tipo di attività”.

3.3) In considerazione delle finalità di prevenzione sociale e di tutela del contesto urbano che le disposizioni censurate si prefiggono di conseguire, deve escludersi, in secondo luogo, che esse determinino alcuna violazione del principio della libera concorrenza ovvero pregiudichino la competenza legislativa dello Stato in subiecta materia.

Tali conclusioni si impongono anche alla luce dei principi recentemente affermati, in analoga fattispecie, dalla sesta Sezione del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 4498 del 11 settembre 2013.

Con tale pronuncia, è stato anche evidenziato come la stessa giurisprudenza della Corte di giustizia consenta eventuali restrizioni alla disciplina europea qualora giustificate da esigenze imperative connesse all’interesse generale, “come ad esempio la tutela dei destinatari del servizio e dell’ordine sociale, la protezione dei consumatori, la prevenzione della frode e dell’incitamento dei cittadini ad una spesa eccessiva legata al gioco” (cfr. sentenza 24 gennaio 2013, nelle cause riunite C-186/11 e C-209/11, e sentenza 19 luglio 2012, nelle cause riunite C-213/11, C-214/11 e C-217/11), “con conseguente legittima introduzione, da parte degli Stati membri (e delle loro articolazioni ordinamentali), di restrizioni all’apertura di locali adibiti al gioco, a tutela della salute di determinate categorie di persone maggiormente vulnerabili in funzione della prevenzione della dipendenza dal gioco (interesse fondamentale, salvaguardato dallo stesso Trattato CE)”.

3.4) I valori tutelati dalla legge regionale ligure (e dal regolamento genovese) sono naturalmente preminenti rispetto alle esigenze di regolamentazione unitaria del fenomeno su scala nazionale, quale garanzia di controllo preventivo e di vigilanza continua del gioco lecito attuabile attraverso l’obbligatorio collegamento degli apparecchi da gioco alla rete telematica.

Va escluso, pertanto, che le accennate esigenze possano valere quale parametro di legittimità della normativa introdotta a livello locale.

3.5) Non si ravvisa, per tali ragioni, la sussistenza dei denunciati profili di illegittimità costituzionale.

In conseguenza, la regolamentazione del gioco lecito introdotta dal Comune di Genova non può essere considerata illegittima nel suo complesso e nelle specifiche parti concernenti le sanzioni da applicarsi nei casi di violazione delle disposizioni regolamentari medesime (artt. 14 e 25).

3.6) Una diversa diagnosi si impone per le disposizioni che delimitano l’orario di attività delle sale pubbliche da gioco.

In tal senso, le disposizioni cui si riferiscono le censure di legittimità di parte ricorrente sono l’art. 18, comma 1, secondo periodo (che limita l’attività delle sale da gioco ove sono messi a disposizione del pubblico giochi o scommesse che consentono vincite in denaro ad un orario compreso fra le ore 9.00 antimeridiane e le ore 19.30) e l’art. 20, comma 2 (che vieta di lasciare a disposizione del pubblico gli apparecchi da gioco che consentono vincite in denaro al di fuori dell’orario predetto).

La previsione di rigidi orari di apertura e chiusura serale dell’attività (con un obbligo di chiusura, peraltro, oltremodo anticipato rispetto ai limiti consentiti dalle autorizzazioni di pubblica sicurezza di cui sono attualmente in possesso le ricorrenti) non trova, infatti, alcuna copertura normativa nelle disposizioni della più volte citata legge regionale n. 17/2012.

Né la titolarità del potere esercitato nel caso di specie dal Consiglio comunale genovese può farsi discendere dalla generale previsione di cui all’art. 50, comma 7, del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, secondo il quale il sindaco coordina e riorganizza, sulla base degli indirizzi espressi dal consiglio comunale e nell’ambito dei criteri eventualmente indicati dalla regione, gli orari degli esercizi commerciali, dei pubblici esercizi e dei servizi pubblici.

Fermo restando che le sale giochi, in quanto locali ove è possibile fruire di una prestazione ludica e di svago, non configurano né esercizi commerciali né servizi pubblici, ma devono farsi rientrare nell’ampia nozione di “pubblico esercizio” contenuta nella disposizione citata (cfr. T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. II, 31 agosto 2012, n. 1484), deve innanzitutto rilevarsi come l’autorità investita della potestà regolatoria degli orari sia chiaramente individuata nel sindaco, pur nella doverosa osservanza dei criteri stabiliti dall’organo consiliare.

Nel caso in esame, invece, il Consiglio comunale non si è limitato alla fissazione dei criteri, ossia a definire gli indirizzi sulla base dei quali il Sindaco avrebbe dovuto successivamente articolare l’orario delle sale da gioco, ma ha direttamente stabilito detto orario, con una previsione di tale rigidità che il successivo intervento sindacale, pur richiesto dalla previsione contenuta nel primo periodo dell’art. 18 del regolamento, non potrà che riprodurre i vincoli imposti dal Consiglio.

La natura precettiva e direttamente vincolante della regolamentazione in esame è stata colta dagli stessi uffici comunali che, con le diffide impugnate nei ricorsi r.g.r. n. 686/2013 e n. 780/2013, hanno invitato gli esercenti, a scanso di applicazione delle sanzioni previste dal regolamento, al rispetto del nuovo orario di attività.

E’ fondata, in secondo luogo, la censura di sviamento dedotta al riguardo dalle ricorrenti, poiché il potere di regolazione degli orari configurato dal citato art. 50, comma 7, deve essere esercitato per far fronte alle esigenze previste dalla disposizione medesima (“armonizzare l’espletamento dei servizi con le esigenze complessive e generali degli utenti”), alle quali sono estranee le finalità di lotta alla ludopatia perseguite nel caso di specie (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, sez. III, 13 settembre 2012, n. 2308).

3.7) In conclusione, il motivo di ricorso è parzialmente fondato, nei limiti sopra specificati.

Ne deriva la declaratoria di illegittimità delle impugnate previsioni regolamentari, limitatamente al disposto dell’art. 18, comma 1, secondo periodo e dell’art. 20, comma 2.

La diagnosi di illegittimità e il conseguente annullamento giurisdizionale investe anche le diffide comunali impugnate nei ricorsi r.g.r. n. 686/2013 e n. 780/2013, in quanto fondate sull’applicazione delle disposizioni regolamentari dichiarate illegittime.

4) Con il secondo motivo di ricorso, le esponenti contestano la legittimità delle disposizioni del regolamento comunale che prescrivono, anche per gli esercizi già in possesso di autorizzazioni di pubblica sicurezza ex artt. 88 e 110 t.u.l.p.s., la necessità di conseguire il rilascio di uno specifico titolo autorizzatorio comunale.

Sono censurati l’art. 8 (che impone l’autorizzazione comunale per l’apertura, il trasferimento di sede, l’ampliamento della superficie e il cambio di titolarità delle sale pubbliche da gioco nonché per l’apertura delle agenzie per la raccolta delle scommesse ippiche e sportive e delle sale dedicate all’installazione di apparecchi o sistemi di gioco VLT), l’art. 11 (che estende l’obbligo di autorizzazione all’ipotesi di subingresso nella titolarità dell’azienda), l’art. 19 (che impone l’autorizzazione per l’installazione di slot machines) e l’art. 21 (che contiene analoghe prescrizioni per l’installazione e il trasferimento di apparecchi e congegni automatici e semiautomatici da intrattenimento e svago).

Tali disposizioni, che si pretende essere state emanate in assenza di copertura legislativa, si porrebbero direttamente in contrasto con i principi costituzionali in tema di libertà di impresa e di tutela della concorrenza nonché di ragionevolezza, adeguatezza e proporzionalità dell’azione amministrativa.

Sarebbero stati violati, inoltre, i principi posti dalla legislazione statale in materia di segnalazione certificata di inizio attività, atteso che la regolamentazione comunale garantisce l’attivazione di tale strumento di semplificazione nel solo caso degli apparecchi da divertimento che non prevedono vincite in denaro (cfr. art. 23), nonché relativi alla tempistica procedimentale per la formazione del silenzio-assenso, essendo previsto un termine di 90 giorni per la formazione del provvedimento tacito di accoglimento dell’istanza di apertura delle sale pubbliche da gioco (cfr. art. 8, comma 6).

Ulteriori rilievi critici sono formulati con riferimento alla durata quinquennale delle autorizzazioni (art. 10), laddove gli analoghi titoli previsti dal t.u.l.p.s. avrebbero carattere permanente, nonché alla previsione che impone comunque il possesso dell’autorizzazione comunale quale condizione di esercizio dell’attività, anche nel caso in cui essa sia iniziata prima dell’entrata in vigore del regolamento (art. 8, comma 2, secondo periodo).

Il motivo di ricorso si chiude con la deduzione di una questione di legittimità costituzionale riferita alla legge regionale n. 17/2012, censurata per l’asserito contrasto con i principi di cui agli artt. 41, 97 e 117 Cost.

4.1) Va osservato, in primo luogo, che l’art. 1, comma 2, della legge regionale n. 17/2012, subordina l’esercizio delle sale da gioco e il gioco lecito nei locali aperti al pubblico al previo rilascio di autorizzazione del sindaco del comune territorialmente competente.

Ne deriva l’infondatezza delle censure che contestano la mancanza di copertura normativa delle pertinenti disposizioni del regolamento comunale.

La previsione di un ulteriore livello di controllo amministrativo, che si cumula con quello di polizia, si giustifica con gli interessi di rilievo costituzionale che sono implicati dall’attività di gioco a premi in denaro.

Si tratta, peraltro, di un settore d’impresa comunque soggetto a controlli di varia natura, cosicché non appare irragionevole o sproporzionata, anche in considerazione della diversa natura degli interessi presidiati, la previsione di legge regionale che lo sottopone ad un previo e ulteriore esame comunale, legittimamente modulabile secondo regole dettate per la specifica tipologia di procedimento.

La valutazione delle preminenti finalità di prevenzione sociale perseguite dal legislatore regionale e dalla regolamentazione contestata induce ad escludere, per le ragioni già esposte in precedenza, che la disciplina procedimentale concernente il rilascio delle nuove autorizzazioni comunali possa ritenersi in contrasto con i principi di tutela della libertà di impresa e della libera concorrenza.

E’ appena il caso di rimarcare, a quest’ultimo riguardo, come il legislatore regionale si sia mosso sulla scorta di una complessa attività di studio del fenomeno della ludopatia, determinandosi nel senso contestato con norme che hanno preso in esame aspetti di diretta competenza regionale (tutela della salute e politiche sociali), preminenti rispetto alle libertà che si ritengono compresse.

4.2) Non può ricevere migliore considerazione la censura con cui si lamenta il carattere temporaneo delle autorizzazioni previste dal regolamento comunale, a fronte dell’asserita natura permanente dei titoli previsti dagli artt. 88 e 110 t.u.l.p.s.

La soluzione adottata dal Comune di Genova, oltre che coerente con la legge regionale, si giustifica alla luce del differente fondamento normativo delle due tipologie di titoli autorizzativi e della peculiarità degli interessi tutelati nel caso di specie, fermo restando che l’art. 13 t.u.l.p.s. prevede in tre anni la generale durata delle autorizzazioni di polizia.

4.3) Va sottolineato, peraltro, che le previsioni concernenti il rilascio dei titoli autorizzatori comunali devono ritenersi legittime nella misura in cui fanno riferimento alle attività intraprese dopo l’entrata in vigore del regolamento, stante la portata sicuramente innovativa di tale fonte e della stessa legge regionale.

Il motivo, pertanto, è fondato in parte, laddove sottopone a censura la disposizione di cui all’art. 8, comma 2, secondo periodo, del regolamento comunale, secondo cui “l’autorizzazione comunale costituisce comunque condizione di esercizio dell’attività sul territorio comunale”.

La sola interpretazione possibile di tale disposizione sembra implicare la necessità dell’autorizzazione comunale anche per le attività già esercitate sulla base di antecedenti autorizzazioni di polizia e, in tale prospettiva, essa si pone in aperta violazione del principio di irretroattività, valido anche per gli atti regolamentari.

4.4) In conclusione, il motivo di ricorso va accolto limitatamente alla declaratoria di illegittimità dell’art. 8, comma 2, secondo periodo, dell’impugnato regolamento.

5) Le censure dedotte con il terzo motivo di ricorso investono le disposizioni regolamentari che introducono un divieto assoluto di attività pubblicitarie o promozionali relative ai giochi leciti che prevedono vincite in denaro.

Si tratta degli artt. 9, comma 14, secondo periodo (“sono inoltre vietate le esposizione esterne al locale di cartelli, manoscritti e/o proiezioni che pubblicizzano vincite temporali appena accadute o storiche”), 9, comma 15 (“è vietata qualsiasi attività pubblicitaria relativa all’apertura o all’esercizio di sale da gioco”), e 16, comma 1, lett. j) (che ribadisce il “divieto di attività pubblicitaria relativa all’apertura o all’esercizio di sale giochi”).

Deducono le ricorrenti che tali divieti contrasterebbero con la disciplina, assai più permissiva, dettata in materia dal d.l. n. 158 del 2012 nonché con i principi di legalità, adeguatezza, ragionevolezza e proporzionalità discendenti dagli artt. 3, 23, 41 e 97 Cost.

Propongono, a quest’ultimo riguardo, un’ulteriore questione di legittimità costituzionale relativa alle pertinenti disposizioni della legge regionale n. 17/2012.

Ciò premesso, osserva il Collegio che anche le norme regolamentari denunciate traggono la loro fonte di legittimazione dalla legge regionale la quale, con formulazione onnicomprensiva, ha previsto il divieto di qualsiasi attività pubblicitaria relativa all’apertura o all’esercizio di sale da gioco (art. 2, comma 3).

L’incompatibilità costituzionale di un divieto siffatto, peraltro, deve essere ormai esclusa alla luce della citata sentenza n. 300/2011 della Corte costituzionale.

Rimane da soggiungere che la comparazione tra le disposizioni contestate e quelle previste dall’art. 7, commi 4, 4 bis e 5, del d.l. n. 158/2012 (cd. decreto Balduzzi), non apporta reali elementi a favore della tesi di parte ricorrente, poiché l’orientamento del legislatore nazionale appare del tutto simile a quello fatto proprio dalla legge regionale e la censura non si sofferma a delineare le pretese differenze tra le due discipline.

Il motivo, pertanto, è infondato e va disatteso.

6) Sono quindi sottoposte a censura, con il quarto motivo di ricorso, le disposizioni del regolamento comunale che hanno ampliato il novero dei “luoghi sensibili” nei quali non è consentito il rilascio delle autorizzazioni per l’esercizio delle sale da gioco e del gioco lecito nei locali aperti al pubblico.

L’art. 2, comma 1, della legge regionale n. 17/2012, ha previsto che le autorizzazioni non vengano concesse nel caso in cui detti locali siano ubicati in un raggio di 300 metri, misurati per la distanza pedonale più breve, da istituti scolastici di qualsiasi grado, luoghi di culto, impianti sportivi, centri giovanili, altri istituti frequentati principalmente da giovani, strutture residenziali o semiresidenziali operanti in ambito sanitario o socio-assistenziale e strutture ricettive per categorie protette.

Ai sensi del successivo comma 2, i comuni possono individuare altri luoghi sensibili nei quali non può essere concessa l’autorizzazione, “tenuto conto dell’impatto della stessa sul contesto urbano e sulla sicurezza urbana, nonché dei problemi connessi con la viabilità, l’inquinamento acustico e il disturbo della quiete pubblica”.

Il Comune di Genova si è avvalso della facoltà riconosciutagli dal legislatore regionale, individuando quali ulteriori luoghi sensibili le “attrezzature balneari e spiagge” (art. 7, comma 1, n. 5) nonché i “giardini, parchi e spazi pubblici attrezzati e altri spazi verdi pubblici attrezzati” (art. 7, comma 1, n. 6).

E’ stato introdotto, inoltre, il divieto di aprire agenzie per la raccolta di scommesse, sale VLT e di installare giochi con vincita in denaro nel raggio di 100 metri da “sportelli bancari, postali o bancomat” e da “agenzie di prestiti di pegno o attività in cui si eserciti l’acquisto di oro, argento od oggetti preziosi” (art. 7, comma 3).

Le ricorrenti lamentano che tali ulteriori divieti contrasterebbero con le meno restrittive previsioni dettate in materia dal citato d.l. n. 158/2012 e deducono, ancora una volta, una questione di legittimità costituzionale relativa alle previsioni della legge regionale n. 17/2012, per contrasto con l’art. 117 Cost.

Tale posizione non può essere condivisa, poiché il potere di individuare ulteriori luoghi sensibili nei quali non sono ammissibili le sale da gioco o le postazioni per tali attività è stato esercitato in aderenza alla legge regionale che lo ha espressamente previsto.

A fronte di tale chiaro dato normativo, non è d’altronde possibile riconoscere alla disciplina statale la capacità di imporre soluzioni ineludibili.

Più in dettaglio, si osserva che la nozione di “contesto urbano” cui fa riferimento la legge regionale è necessariamente generica, così come si addice alle fonti di rango primario, e necessita conseguentemente di essere riempita di contenuti ad opera dei soggetti attributari della relativa potestà.

In tal senso, le osservazioni svolte in precedenza sulla natura di politica sociale dell’azione di contenimento del gioco a premi in denaro rendono evidente la ragionevolezza delle scelte operate dal Comune.

Tutti gli ulteriori luoghi sensibili individuati dall’impugnato regolamento appaiono meritevoli, infatti, di conservare caratteristiche di dignità, sicurezza e tranquillità che il Comune, sulla base di approfondita istruttoria, ha ritenuto potessero risultare compromesse dalla vicinanza di giochi a premi in denaro.

Di ancor più immediata evidenza è il divieto posto alla vicinanza degli apparecchi con le strutture capaci di erogare facilmente denaro, circostanza che può intuitivamente alimentare l’inclinazione al gioco compulsivo.

Quanto alla questione di legittimità costituzionale, infine, è appena il caso di rammentare come disposizioni consimili abbiano già superato il vaglio della Corte costituzionale (cfr. cit. sentenza n. 300/2011).

7) Viene denunciata, con il quinto motivo di ricorso, la carenza dell’attività istruttoria che ha preceduto l’adozione dell’impugnato regolamento, con particolare riferimento ai divieti e limitazioni introdotte in materia di orari, attività pubblicitarie e luoghi sensibili.

Le esponenti contestano, in particolare, la mancanza di indagini preventive relative alla presunta incidenza nociva del gioco lecito sul tessuto socio-economico comunale.

Nel contesto del motivo, viene anche fatto riferimento alle risultanze di uno studio di parte, versato in atti, dal quale risulterebbe che la parte del territorio comunale in cui le attività in questione sono potenzialmente ammesse è pari a circa il 3,6% del totale, circostanza che renderebbe di fatto impossibile l’esercizio del gioco lecito e favorirebbe fenomeni di emigrazione verso il gioco illegale.

La critica inerenti alle pretese manchevolezze dell’istruttoria comunale vanno disattese in quanto infondate in fatto.

Il sempre maggior rilievo sociale che assume il fenomeno della ludopatia (a prescindere dal fatto che i fenomeni di dipendenza si manifestino nella sfera del gioco illegale o di quello consentito dalla legge) costituisce fatto notorio ed è descritto con chiarezza nella relazione di accompagnamento del disegno di legge regionale.

I caratteri di questa emergenza sociale giustificano l’azione di contrasto che il Comune di Genova, come molte altre amministrazioni civiche, ha inteso realizzare per prevenire e contenerne gli effetti più dannosi sul piano sociale.

Nella motivazione del provvedimento impugnato si rende ampiamente conto, comunque, dei dati recenti relativi alla diffusione del gioco con premi in denaro, anche nel mondo giovanile, nonché della massiccia presenza di tali apparecchi nel territorio di Genova.

Si appalesa del tutto infondata, perciò, la censura concernente il preteso difetto di istruttoria.

8) Deducono quindi le ricorrenti, con il sesto e ultimo motivo di ricorso, che le previsioni relative all’individuazione dei luoghi sensibili e delle relative fasce di rispetto, costituendo atti di governo del territorio, avrebbero dovuto essere approvate con le modalità previste dalla legge urbanistica regionale, in particolare garantendo il coinvolgimento procedimentale di tutti i soggetti interessati.

Tale ricostruzione del potere esercitato in concreto dalla pubblica amministrazione è difforme, però, dalla qualificazione emergente dalla legge regionale n. 17/2012, quale funzione tipica nel campo delle politiche sociali che, in quanto tale, non ha diretta relazione con la pianificazione territoriale.

Anche quest’ultimo motivo, pertanto, non merita favorevole considerazione.

9) Nel solo ricorso r.g.r. n. 778/2013, sono introdotte due ulteriori censure di legittimità.

9.1) La prima di esse concerne nuovamente le limitazioni dell’orario in cui gli apparecchi da gioco che consentono vincite in denaro possono essere lasciati a disposizione del pubblico (dalle 9.00 alle 19.30), mentre detto orario, secondo gli esponenti, dovrebbe necessariamente coincidere con quello dell’esercizio commerciale nel quale si svolge in via accessoria l’attività di gioco.

La relativa previsione del regolamento comunale (art. 20, comma 2), peraltro, è già stata dichiarata illegittima per carenza di copertura normativa e tale profilo risulta assorbente rispetto alla specifica questione qui dedotta.

9.2) Nel terzo motivo del ricorso r.g.r. n. 778/2013 viene introdotta, infine, una diversa censura di legittimità relativa all’art. 19, comma 9, dell’impugnato regolamento comunale, che vieta di rilasciare concessioni di occupazione di suolo pubblico “al titolare di somministrazione che detiene giochi all’interno del proprio locale”.

Gli esponenti, però, non sono titolari di una posizione qualificata che li abiliti a proporre detta censura, atteso che nessuno di essi comprova o allega di avere una concessione di occupazione di suolo pubblico in atto, di averne fatto richiesta ovvero di essere in procinto di farlo.

La censura, pertanto, è inammissibile per difetto di interesse.

In ogni caso, il divieto di installazione degli apparecchi nei locali comunali risponde all’esigenza dell’amministrazione di minima coerenza, visto l’orientamento assunto sulla questione.

10) Parimenti inammissibile è la censura introdotta con la memoria difensiva depositata il 26 settembre 2013, relativa all’art. 4, comma 4, dell’impugnato regolamento, che, ad avviso di parte ricorrente, avrebbe introdotto una disciplina dei giochi leciti difforme da quella risultante dalla normativa statale.

Nei ricorsi introduttivi, tuttavia, tale censura non era stata proposta e si faceva menzione del citato art. 4, comma 4, solo nelle premesse in fatto.

La censura in questione, in ogni caso, si appalesa inammissibile per genericità, a causa della mancata individuazione dei pretesi profili di difformità fra le due normative, tanto più che, dalla lettura delle disposizione comunale, emerge solo un richiamo alle “regole dei giochi indicati nella tabella dei giochi proibiti”.

11) In conclusione, i ricorsi sono parzialmente fondati e comportano l’annullamento dell’impugnato regolamento comunale, limitatamente alle disposizioni, evidenziate ai punti 3 e 4, dettate dagli articoli 8, comma 2, secondo periodo; 18, comma 1, secondo periodo e 20, comma 2, nonché degli atti di diffida impugnati nei singoli ricorsi.

12) Considerando la peculiarità delle questioni affrontate, le spese di lite vanno integralmente compensate fra le parti costituite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sui ricorsi in epigrafe, previamente riuniti, li accoglie in parte, come da motivazione, e, per l’effetto, annulla in parte qua i provvedimenti impugnati.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 30 ottobre / 12 dicembre 2013 con l’intervento dei magistrati:

Giuseppe Caruso, Presidente

Oreste Mario Caputo, Consigliere

Richard Goso, Consigliere, Estensore

DEPOSITATA IN SEGRETERIA il 05/02/2014.