FREE – Responsabilità per assunzioni vietate da parte delle società in house

CORTE DEI CONTI, SEZ. GIUR. REGIONE SICILIA – sentenza 1 settembre 2015, con commento di MASSIMO PERIN, Sussiste il danno per una società pubblica in house quando si dispongono assunzioni di personale vietate dalla legge.


CORTE DEI CONTI, SEZ. GIUR. REGIONE SICILIA – sentenza 1 settembre 2015 n. 778 – Pres. Savagnone, Rel. Gargiulo – P.M. Albo – Procura regionale c. S.B.A. (Avv.ti Equizzi, Alfieri, Orlando e Coppola).

1. Responsabilità amministrativa – Danno erariale – Chiamata in causa di soggetti diversi da quelli chiamati in giudizio dal P.M. contabile – Non necessaria – Possibilità del giudice di valutare le condotte d’ipotetici corresponsabili – Sussiste – Riduzione della responsabilità del convenuto con la sentenza quando provata la corresponsabilità di terzi – Consentita – Integrazione del contraddittorio – Non necessaria.

2. Responsabilità amministrativa – Giurisdizione contabile – Società pubbliche in house – Danni al patrimonio della società in house – Responsabilità organi sociali – Giurisdizione contabile – Sussiste.

3. Responsabilità amministrativa – Componenti del consiglio di amministrazione di una società pubblica – Assunzione illegittima di personale – Responsabilità amministrativa – Sussiste.

4. Responsabilità amministrativa – Assunzioni di personale vietate con provvedimento regionale – Utilità dell’assunzione – Non sussiste – Spese non utili – Esclusione di vantaggi per l’amministrazione.

1. Nel processo amministrativo-contabile non sussistono spazi per la chiamata in causa di soggetti diversi da quelli destinatari dell’atto di citazione del procuratore regionale, unico soggetto legittimato a esercitare l’azione di danno erariale, tenuto conto degli elementi che caratterizzano la responsabilità amministrativa quali la parziarietà e la personalità, che impongono al giudice di valutare ed eventualmente condannare ciascun concorrente esclusivamente per l’efficienza causale che il suo comportamento ha assunto nella produzione del danno, a prescindere da quello d’ipotetici corresponsabili; infatti, la sussistenza di autonome condotte di altri soggetti che, costituendo, anche se solo in parte, la causa del danno lamentato, riduce la responsabilità del convenuto ovvero la elimina del tutto, senza necessità di procedere all’integrazione del contraddittorio nei confronti di terzi e senza che l’eventuale statuizione abbia, naturalmente, efficacia nei loro confronti.

2. Sussiste la giurisdizione della Corte dei conti sull’azione di responsabilità amministrativa esercitata dalla Procura della Repubblica presso detta Corte quando tale azione sia diretta a far valere la responsabilità degli organi sociali per danni da essi cagionati al patrimonio di una società in house, per tale dovendosi intendere quella costituita da uno o più enti pubblici per l’esercizio di pubblici servizi, di cui esclusivamente tali enti possano esser soci, che statutariamente esplichi la propria attività prevalente in favore degli enti partecipanti e la cui gestione sia per statuto assoggettata a forme di controllo analoghe a quello esercitato dagli enti pubblici sui propri uffici.

3. Sussiste la responsabilità amministrativa dei componenti del consiglio di amministrazione di una società per azioni pubblica interamente partecipata dalla Regione per il pregiudizio arrecato con assunzioni illegittime di personale in violazione dell’obbligo assoluto di non assumere dipendenti, così come indicato dalla stessa Regione.

4. Quando le assunzioni di personale sono esplicitamente vietate per esigenze di contenimento della spesa pubblica, la spesa vietata è di per sé dannosa, pertanto, secondo i principi fissati dalla giurisprudenza quando una norma (anche regolamentare) vieti determinate spese, ritenendole implicitamente non utili, è sufficiente, affinché si realizzi il danno erariale, la circostanza che le medesime spese siano state eseguite in violazione di tali divieti, non essendo possibile tener conto dei vantaggi conseguiti dall’amministrazione riguardo all’attività vietata.



Commento di

MASSIMO PERIN
(Consigliere della Corte dei conti)

Sussiste il danno per una società pubblica in house quando
si dispongono assunzioni di personale vietate dalla legge



La sentenza emessa dalla Sezione giurisdizionale della Regione Sicilia torna sia sul tema della giurisdizione della Corte dei conti sulle società pubbliche in house, sia sul tema delle assunzioni di personale in contrasto con le regole di accesso nelle pubbliche amministrazioni.

In modo sintetico, la questione riguardava una società di multiservizi interamente partecipata dalla Regione, dove gli amministratori provvedevano ad assumere personale (nella specie erano i figli di ex dipendenti deceduti e già appartenenti della medesima società) per chiamata diretta e senza svolgere alcuna selezione, assunzioni disposte anche in contrasto con la normativa regionale che vietava, appunto, queste assunzioni.

Come avviene di solito in questi giudizi la prima questione rilevante affrontata dal Collegio, riguardava la giurisdizione sulle società partecipate, poiché i convenuti sostenevano che non sussistesse la giurisdizione della Corte dei conti, ma quella del giudice ordinario.

In particolare, i convenuti sostentavano che la multiservizi non era una società in house, essendo divenuta tale solo in seguito, con l’acquisto delle quote del privato da parte della Regione, con la conseguenza che per l’individuazione del giudice munito di giurisdizione occorreva vedere se all’epoca della condotta dannosa la società era totalmente pubblica.

Dalla ricostruzione operata dalla Procura regionale e poi valutata dai giudici emergeva che la Regione Siciliana esercitava sulla società un controllo sulla gestione, analogo a quello esercitato sui propri servizi, attraverso un suo comitato costituito con decreto che ne regolamentava la composizione e il funzionamento.

Questo comitato verificava la rispondenza degli atti del consiglio di amministrazione alle direttive e agli indirizzi dell’amministrazione regionale ed esercitava il controllo sullo stato di attuazione degli obiettivi, anche sotto il profilo dell’efficacia, efficienza ed economicità.

Siffatta forma di controllo dimostrava, insieme a tutti gli altri elementi (previsione statutaria, scopi e svolgimento di servizi pubblici, ecc…) che la struttura della società era conforme al modello in house delineato dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione in merito all’affermazione della giurisdizione contabile.

Ebbene, nonostante che sul punto della giurisdizione di responsabilità amministrativa non si dovrebbero più avere dubbi in riferimento ai modelli di società in house le questioni di giurisdizione sono sempre poste all’attenzione dei giudici, probabilmente con la speranza che la Cassazione possa tornare indietro sui propri passi.

Eppure le società pubbliche in house normalmente non prevedono l’entrata di altri soci (quelli privati), esse sono costituite unicamente da enti pubblici con individuazione della prima caratteristica dell’affidamento in house, cioè la partecipazione totalitaria pubblica, senza alcuna previsione dell’ingresso di soci privati (così Corte dei conti, Sezione Lazio n. 367 del 6.8.2015 con riferimento alla seguente giurisprudenza comunitaria, Corte di Giustizia CE, Sez. I, sentenza 11 gennaio 2005 – Causa C-26/03, punti 49 e 50; Corte di Giustizia CE, Sez. I, sentenza 6 aprile 2006, Causa C-410/04; Corte Giustizia C, Sez. III, sentenza 10 settembre 2009, Causa C-573/07, punti 50 e 51).

Inoltre, le società in house, di regola, hanno come scopo primario la gestione di servizi pubblici (es. gestione risorse idriche ed energetiche, gestione dei servizi ambientali, farmacie comunali, parcheggi a pagamento, servizi socio assistenziali rivolte alle categorie disagiate, servizi di trasporto pubblico locale e di trasporto scolastico), con la conseguenza che le attività prevalenti sono svolte per i servizi in house dell’amministrazione proprietaria o anche per gli altri enti pubblici che dovessero entrare nella società.

In forza di queste valutazioni occorre ricordare che la società in house non è lo strumento che consente alle pubbliche amministrazioni di svolgere, attraverso la creazione di apposite società, attività imprenditoriali violando le regole concorrenziali, con riferimento al principio del pari trattamento tra imprese pubbliche e imprese private (cfr. ex multis Corte cost. sentenza 28 marzo 2013 n. 50, in questa Rivista, pag. http://www.lexitalia.it/a/2013/5751).

Come chiarito dal giudice delle leggi (cfr. sentenza cit.), con richiamo alla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, rientra nel potere organizzativo delle autorità pubbliche degli Stati membri “autoprodurre” beni, servizi o lavori, mediante il ricorso a soggetti che, ancorché giuridicamente distinti dall’ente conferente, siano legati a quest’ultimo da una relazione organica con l’affidamento «in house».

Però l’affidamento diretto a soggetti «in house» non si deve risolvere in una violazione dei principi del libero mercato e, quindi, delle regole concorrenziali, che impongono sia garantito il pari trattamento tra imprese pubbliche e private, con la conseguenza che devono sussistere due condizioni:

a) la prima è che l’ente pubblico svolga sulla società «in house» un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi;

b) la seconda è che il soggetto affidatario realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente pubblico.

Riguardo poi alle forme di controllo è necessario, sempre per la giurisprudenza comunitaria, che l’autorità pubblica abbia la possibilità di influenzare le decisioni dell’organo di amministrazione (sentenza 13 ottobre 2005, in causa C-458/03, Parking Brixen).

In questo contesto, non si deve poi dimenticare che la cornice operativa delle amministrazioni pubbliche deve tenere in debito conto che gli enti pubblici rientrano nel settore non market (Amministrazioni pubbliche e Istituzioni senza scopo di lucro al servizio delle famiglie), così come stabilito dalla normativa comunitaria con il SEC 2010 (regolamento europeo sui conti UE 549/2013).

Essere non market significa non essere sottoposti alle regole di diritto comune che riguardano i soggetti privati che traggono le risorse unicamente dal mercato, con la conseguenza che quando queste società sono alimentate solo e unicamente dai pubblici bilanci (e, dunque, dalle risorse provenienti dai contribuenti), devono essere sottoposte agli stessi controlli dell’amministrazione e devono rispettarne le regole.

L’inutile dibattito sulla giurisdizione delle società pubbliche che si svolge nelle aule di giustizia potrebbe immediatamente terminare con una norma semplice e chiara, in linea con la normativa europea, dove la giurisdizione di responsabilità amministrativa spetta alla giustizia contabile quando la società abbia gli indicatori della società non market così come stabilito nel predetto regolamento comunitario.

In tale senso, dovrebbe operare il legislatore delegato dopo la legge 7 agosto 2015, n. 124 (in G.U. n. 187 del 13 agosto 2015; in vigore dal 28 agosto 2015), contenente le deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche e il riordino della disciplina delle partecipazioni societarie delle amministrazioni pubbliche (art. 18), dove è stabilito alla lettera c) di prevedere una precisa definizione del regime delle responsabilità degli amministratori delle amministrazioni partecipanti, nonché dei dipendenti e degli organi di gestione e di controllo delle società partecipate.

Inoltre, le situazioni di maggior disordine amministrativo, così come di maggior spreco di risorse pubbliche avvengono proprio nelle società pubbliche partecipate (cfr. sul Quotidiano della Pubblica Amministrazione, Il grande spreco delle società partecipate, pag.  http://www.ilquotidianodellapa.it/_contents/news/2014/agosto/1409118768683.html, dove il Commissario alla spending review rilevava che su 5.264 verificate, oltre il 27% e, dunque, ben 1.424, avevano un rendimento sul capitale negativo), dove le loro inefficienze sono davanti agli occhi di tutti, tenuto poi conto che l’utilizzo da parte dell’amministrazione di modelli organizzativi di diritto privato, spesso è finalizzato ad eludere le indispensabili forme di controllo sul corretto utilizzo di denaro e risorse pubbliche, tenuto conto anche della materia riguardante le assunzioni del personale che avviene senza selezione e quasi sempre in forma diretta.

Ebbene, proprio per quest’ultimo profilo la sentenza della Corte siciliana afferma il principio che quando le assunzioni di personale sono esplicitamente vietate per esigenze di contenimento della spesa pubblica, la spesa vietata è di per sé dannosa, pertanto, secondo i principi fissati dalla giurisprudenza quando una norma (anche regolamentare) vieti determinate spese, ritenendole implicitamente non utili, è sufficiente, affinché si realizzi il danno erariale.

Quest’ultimo argomento dovrebbe far riflettere i veri “utilizzatori delle società pubbliche”, cioè gli organi politici che vi ricorrono non sempre per esigenze di efficienza dei servizi pubblici, ma per altri scopi, più prettamente politici e finalizzati al consenso elettorale.

Assumere personale non necessario e spesso anche in contrasto con le tante norme che il legislatore prevede ed ha previsto per il contenimento della spesa pubblica costituisce, comunque, un pregiudizio erariale del quale qualcuno ne dovrà rispondere patrimonialmente.

Certamente desta ancora perplessità la circostanza che, quando gli stessi fatti accadono per società non interamente partecipate, sarà quasi impossibile perseguire i responsabili, proprio per l’assenza di giurisdizione della Corte dei conti.

Infatti, sempre la Sezione Sicilia della Corte dei conti in altra analoga fattispecie (assunzioni di personale non consentite) con la sentenza n. 793 del 16 settembre 2015, ha escluso la propria giurisdizione, perché la società pubblica era partecipata al 51% mentre la quota privata era al 49% e, dunque, in forma rilevante.

Non è stato sufficiente per annoverare questa società nel comparto pubblico soggetto alla giurisdizione contabile, nemmeno la circostanza che, comunque, la Regione Sicilia era l’unico ente che erogava corrispettivi alla partecipata (pertanto, era alimentata solo con risorse pubbliche).

Quel che si deve (o dovrebbe evidenziarsi) nelle tante vicende portate all’attenzione della Corte dei conti che continuare nelle sterili discussioni sulla giurisdizione non aiuta a migliorare l’efficienza e l’economicità delle gestioni pubbliche, perché i danni restano impuniti e alla fine ricadono solo sui contribuenti.

Sarebbe interessante conoscere se chi chiede di essere giudicato dal giudice ordinario, gradirebbe veramente di essere giudicato e poi anche condannato dalla giurisdizione ordinaria, dove non avrebbe il vantaggio di rispondere solo per dolo o colpa grave, il potere riduttivo del danno, l’intrasmissibilità agli eredi, ecc…

La vera riflessione da fare deve riguardare se la società pubblica e/o l’amministrazione è danneggiata patrimonialmente nella perdita di efficienza degli investimenti pubblici nei settori gestiti con lo strumento privatistico.

Orbene, anche quando un danno non costituisce in sé, un pregiudizio direttamente subito dall’amministrazione proprietaria, esso è sempre un parametro per l’inefficienza che diventa, alla fine, il danno direttamente subito dall’amministrazione quale investitore e titolare del servizio (mal) gestito dalla società partecipata.

Infatti, ben poche utilità si traggono da una gestione priva di efficacia, efficienza ed economicità (cfr. in proposito Corte dei conti, Sezione Lazio n. 367 del 6 agosto 2015, in tema di società in house).

Ebbene, tutti gli investimenti pubblici dovrebbero garantire il miglior risultato attraverso gestioni efficienti e per ottenere ciò è indispensabile svolgere controlli efficienti, perché anche quando i servizi pubblici sono gestiti in maniera indiretta (attraverso le varie forme societarie), rimangono pur sempre servizi pubblici, soggetti, per ciò solo, al generale dovere di gestione secondo efficacia, economicità ed efficienza (cfr. Corte dei conti, Sezione Lazio, cit.).

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Documenti correlati:

ANTONIO VETRO, Problematica sulla giurisdizione in tema di responsabilità nei confronti della p.a. degli amministratori e dipendenti delle società con partecipazione pubblica, alla luce della giurisprudenza della Corte dei conti, della Corte costituzionale, del Consiglio di Stato e della Cassazione, pag.  http://www.lexitalia.it/a/2012/3864

MATTIA PANI e CARLO SANNA, Le novità in materia di società partecipate nella legge di stabilità 2015 (legge 23 dicembre 2014, n. 190), pag.  http://www.lexitalia.it/a/2015/43721

FERRUCCIO CAPALBO, Società partecipate: istituto ai confini tra il diritto pubblico ed il diritto privato – problemi applicativi – Fallimento o Liquidazione coatta amministrativa, pag. http://www.lexitalia.it/a/2010/52780

VERONICA MESSINETTI, Le società a partecipazione pubblica: tra istanze liberalizzatrici e protezionistiche si è ritrovata l’esigenza di controllo, ma si sfugge dalla giurisdizione contabile per i danni arrecati, pag. http://www.lexitalia.it/a/2012/4187

CORTE DEI CONTI, SEZ. I GIUR. CENTR. D’APPELLO – sentenza 20 febbraio 2015 n. 178, pag. http://www.lexitalia.it/a/2015/49111, la quale ha affermato che sussiste la giurisdizione della Corte dei conti per i pregiudizi finanziari prodotti al bilancio di una società la quale risulti partecipata pressoché totalmente da un Comune, il quale nomina direttamente la maggioranza degli amministratori e indirettamente tutti gli altri, svolge esclusivamente attività di primario interesse pubblico e spende risorse quasi del tutto pubbliche (tranne una quota infinitesimale),

CORTE DI CASSAZIONE, SEZIONI UNITE CIVILI – sentenza 9 luglio 2014 n.15594, pag. http://www.lexitalia.it/a/2014/15149, la quale ha affermato che nel caso di danno arrecato al patrimonio sociale di una società a partecipazione pubblica, avuto riguardo alla natura di ente privato della società ed all’autonomia giuridica e patrimoniale di essa rispetto al socio pubblico, la giurisdizione va attribuita al giudice ordinario, non essendo configurabile né un rapporto di servizio tra l’agente e l’ente pubblico titolare della partecipazione, né un danno direttamente arrecato allo Stato o ad altro ente pubblico, idonei a radicare la giurisdizione della Corte dei conti. La giurisdizione di quest’ultima sussiste invece sia quando l’azione di responsabilità miri al risarcimento di un danno che – come nel caso del danno all’immagine – sia stato arrecato al socio pubblico direttamente, e non quindi quale mero riflesso della perdita di valore della partecipazione sociale conseguente al danno arrecato alla società, sia quando essa trovi fondamento nel comportamento di chi, quale rappresentante dell’ente partecipante o comunque titolare del potere di decidere per esso, abbia colpevolmente trascurato di esercitare i propri diritti di socio o li abbia comunque esercitati in modo tale da pregiudicare il valore della partecipazione.

CORTE DI CASSAZIONE, SEZIONI UNITE CIVILI – sentenza 11 luglio 2014 n. 15942, pag. http://www.lexitalia.it/a/2014/15098, la quale ha affermato che anche nel caso di società partecipate da enti pubblici, il danno cagionato dagli organi della società al patrimonio sociale, idoneo a dar vita, nel sistema del codice civile, all’azione sociale di responsabilità ed eventualmente a quella dei creditori sociali, non è idoneo a fondare anche un’ipotesi di azione ricadente nella giurisdizione della Corte dei conti, perché esso non implica alcuna conseguenza di tipo erariale, bensì unicamente un vulnus sofferto da un soggetto privato (appunto, la società), riferibile al patrimonio appartenente soltanto a quel soggetto e non ai singoli soci – pubblici o privati – i quali sono unicamente titolari delle rispettive quote di partecipazione, ed i cui originari conferimenti restano confusi ed assorbiti nel patrimonio sociale medesimo (alla stregua del principio nella specie è stato dichiarato il difetto di giurisdizione della Corte dei conti in ordine ad un giudizio di responsabilità per il danno cagionato ad una società partecipata dal Comune di Genova per l’approvazione di un contratto-quadro di consulenza).

CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. UNITE CIVILI – sentenza 25 novembre 2013 n. 26283, pag. http://www.lexitalia.it/p/13/casssu_2013-11-25-1.htm, la quale ha affermato che la Corte dei conti ha giurisdizione sull’azione di responsabilità esercitata dalla Procura della Repubblica presso detta Corte quando tale azione sia diretta a far valere la responsabilità degli organi sociali per danni da essi cagionati al patrimonio di una società in house, per tale dovendosi intendere quella costituita da uno o più enti pubblici per l’esercizio di pubblici servizi, di cui esclusivamente tali enti possano esser soci, che statutariamente esplichi la propria attività prevalente in favore degli enti partecipanti e la cui gestione sia per statuto assoggettata a forme di controllo analoghe a quello esercitato dagli enti pubblici sui propri uffici.

CORTE DI CASSAZIONE, SEZIONI UNITE CIVILI – sentenza 9 luglio 2014, pag. http://www.lexitalia.it/a/2014/15149, la quale ha affermato i seguenti principi:

– per ciò che concerne la Rai Radio televisione italiana S.p.A., in considerazione della natura speciale del suo statuto legale, spetta alla Corte dei conti la giurisdizione sulle azioni di risarcimento del danno cagionato da componenti del consiglio d’amministrazione e da dipendenti perché, nonostante la veste di società per azioni, essa ha natura sostanziale di ente pubblico, con uno statuto assoggettato a regole legali in forza delle quali è designata direttamente dalla legge quale concessionaria dell’essenziale servizio pubblico radiotelevisivo, sottoposta a penetranti poteri di vigilanza da parte di un’apposita commissione parlamentare, destinataria di un canone d’abbonamento avente natura di imposta, compresa tra gli enti sottoposti al controllo della Corte dei conti cui lo Stato contribuisce in via ordinaria, nonché tenuta all’osservanza delle procedure di evidenza pubblica nell’affidamento degli appalti. E ad analoga conclusione, sempre per ragioni attinenti al suo speciale statuto legale, deve pervenirsi anche quanto all’ENAV S.p.A.;

– la giurisdizione della Corte dei conti va ravvisata anche con riguardo alle azioni di responsabilità proposte nei confronti di organi o dipendenti di un più vasto sottoinsieme di società a partecipazione pubblica: le cosiddette società “in house”, per tali dovendosi intendere quelle dal cui quadro statutario, vigente all’epoca della condotta ritenuta dannosa, emerga che siano state costituite da uno o più enti pubblici per l’esercizio di pubblici servizi, che esplichino la propria attività prevalente in favore degli enti partecipanti e che siano assoggettate a forme di controllo della gestione analoghe a quelle esercitate dagli enti pubblici sui propri uffici. Infatti, una siffatta società, quanto meno ai fini del riparto della giurisdizione, non si pone davvero in rapporto di alterità con la pubblica amministrazione partecipante, bensì come una sua longa manus, come uno dei servizi propri dell’amministrazione stessa, di talché il danno arrecato al patrimonio sociale si configura in tal caso come danno direttamente riferibile all’ente pubblico, i cui organi può dirsi facciano capo all’amministrazione medesima.

CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. UNITE CIVILI – ordinanza 23 gennaio 2015 n. 1237, la quale ha affermato che in materia di società a totale o parziale partecipazione pubblica, spettano alla giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo le controversie aventi ad oggetto l’attività unilaterale “prodromica” alla vicenda societaria, considerata dal legislatore di natura pubblicistica, con cui un ente pubblico delibera di costituire una società (provvedendo anche alla scelta del socio), o di parteciparvi, o di procedere ad un atto modificativo o estintivo della società medesima, o di interferire, nei casi previsti dalla legge, nella vita della stessa società, mentre sono attribuite alla giurisdizione del Giudice ordinario le controversie aventi ad oggetto gli atti societari “a valle” della scelta di fondo di utilizzazione del modello societario, le quali restano interamente soggette alle regole del diritto commerciale proprie del modello recepito, dal contratto di costituzione della società alla successiva attività della compagine societaria partecipata con cui l’ente esercita, dal punto di vista soggettivo e oggettivo, le facoltà proprie del socio (azionista), fino al suo scioglimento (in applicazione dl principio nella specie è stata ritenuta la sussistenza della giurisdizione dell’A.G.O. per una controversia concernente la revoca del Presidente e di un membro semplice del Consiglio di Amministrazione di una società partecipata dalla Provincia).

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE (Anticipazioni per l’enorme buco dei conti delle aziende partecipate dagli Enti locali) –DECRETO 23 giugno 2014 (in G.U. n. 160 del 12 luglio 2014) – Concessione di anticipazione di liquidità a favore degli enti locali per il pagamento dei debiti nei confronti delle proprie partecipate di cui all’articolo 31, comma 3 del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66.


Sentenza

nel giudizio di responsabilità, iscritto al n. 62072 del registro di segreteria, promosso dal Procuratore regionale nei confronti di:

1) Sebastiano BURGARETTA APARO, nato ad Avola (prov. Siracusa) il 6 maggio 1933 rappresentato e difeso dall’avv. Agostino Equizzi ed elettivamente domiciliato presso lo studio di questo, in Palermo, via Catania, n. 14;

2) Salvatore GUELI, nato a Raffadali (prov. Agrigento) l’11 giugno 1955, rappresentato e difeso dall’avv. Girolamo Rubino e dall’avv. Lucia Alfieri ed elettivamente domiciliato presso lo studio del primo, in Palermo, via Oberdan, n. 5;

3) Leonardo LE MURA, nato a Schaffausen (Svizzera) il 4 novembre 1968, rappresentato e difeso dall’avv. Guido Orlando e dall’avv. Rosario Coppola ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo, in Gaggi, via Etnea, n. 3.

Esaminati gli atti e documenti di causa;

Uditi, alla pubblica udienza del 25 marzo 2015, il relatore, Referendario Paolo Gargiulo, il Pubblico Ministero, nella persona del Vice Procuratore Generale Gianluca Albo, e:

• l’avv. Agostino Equizzi, nell’interesse di Sebastiano BURGARETTA APARO;

• l’avv. Lucia Alfieri, nell’interesse di Salvatore GUELI e, in sostituzione dell’avv. Guido Orlando, nell’interesse di Leonardo LE MURA.

Ritenuto in

Fatto

I. Con atto depositato il 27 ottobre 2014 e ritualmente notificato, tra il 21 e il 26 novembre seguente, ai convenuti, tutti costituiti, la Procura regionale presso questa Sezione giurisdizionale ha citato i predetti per sentirli condannare – secondo la ripartizione ivi indicata, specificata infra – al pagamento, in favore della Società Multiservizi S.p.A. in liquidazione, della somma complessiva di euro 228.785,84 (duecentoventottomilasettecentottantacinque/84), maggiorata della rivalutazione monetaria e degli interessi legali, e al pagamento, in favore dello Stato, delle spese di giudizio.

II. L’azione della Procura trae origine dallo stralcio, disposto con provvedimento dell’Ufficio requirente dell’11 giugno 2014 (in atti), della “autonoma ipotesi di danno erariale connessa all’assunzione di personale da parte della società Multiservizi S.p.A. interamente partecipata dalla Regione siciliana” dalla più generale istruttoria n. V2011/05213/GA, riguardante “Società partecipate dalla Regione Siciliana ed enti sottoposti a controllo e vigilanza – Divieto di assunzione di personale”.

III. Riguardo alla predetta ipotesi di danno erariale, i fatti posti a fondamento dell’ipotesi accusatoria – cosi come descritti e come risultanti dalla documentazione offerta dalla Procura, che ripercorre anche le tappe significative della vita della Società in parola, dalla sua costituzione, avvenuta nel 1997, alla deliberazione, adottata nel 2011, di scioglimento anticipato della stessa e, dunque, alla sua condizione di società in liquidazione – possono essere, così, cronologicamente sintetizzati:

III.1. il 23 novembre 2006 (verbale in atti), l’Assemblea ordinaria di Multiservizi S.p.A. nominò il Consiglio di amministrazione della Società, che fu così composto dagli odierni convenuti e da altre due persone, di cui una dimissionaria il 15 settembre 2009 (nota del Liquidatore di Multiservizi S.p.A. in liquidazione prot. n. 004/2013U del 12 dicembre 2013, in atti) e l’altra deceduta il 26 ottobre 2013;

III.2. il 14 maggio 2008, il Presidente della Regione siciliana adottò un atto di indirizzo per le società con partecipazione regionale (nota dell’Assessorato bilancio e finanze prot. n. 25732 del 14 maggio 2008, in atti), con il quale – dopo il richiamo dell’esigenza di approfondire alcune tematiche “affinché la gestione delle società regionali sia ispirata ai principi di buon andamento, imparzialità e trasparenza previsti dall’art. 97 della Costituzione e l’organizzazione delle stesse si uniformi a principi di legalità nonché a criteri di razionalizzazione delle risorse e contenimento dei costi di gestione” (parte introduttiva, pag. 2) – fu disposta, tra l’altro, in attesa dell’elaborazione del piano di riordino delle partecipazioni societarie regionali (paragrafo 7, pag. 10), la sospensione, per tutte le società in parola, delle assunzioni di personale;

III.3. il 28 maggio 2008 (verbale in atti), il Consiglio di amministrazione di Multiservizi S.p.a. (presidente l’odierno convenuto Sebastiano BURGARETTA APARO, consiglieri gli odierni convenuti Salvatore GUELI e Leonardo LE MURA e l’altro membro, poi deceduto), trattando il tema del reclutamento delle risorse umane (punto 5 o.d.g.) e preso atto dell’intervento del presidente del Collegio sindacale, concernente l’avvenuta adozione del predetto atto di indirizzo presidenziale, deliberò di rinviare la trattazione della questione e, “nelle more di una definizione del blocco da parte del Presidente della Regione”, incaricò singoli consiglieri di predisporre gli atti per l’eventuale adozione di soluzioni alternative, da sottoporre al Consiglio medesimo in una futura seduta;

III.4. il 6 giugno 2008 (verbale in atti), il Consiglio di amministrazione, nella medesima composizione, trattando il tema dell’assunzione dei congiunti prossimi dei dipendenti deceduti (punto 5 o.d.g.), deliberò di rimettere, al “Comitato di controllo analogo della Multiservizi Spa”, gli atti riguardanti le quattro richieste formulate, “per l’opportuna approvazione, al fine di poterne deliberare successivamente l’eventuale assunzione”;

III.5. il 24 giugno 2008 (verbale in atti), il predetto Comitato di controllo (trattando, però, un punto del proprio o.d.g. non dedicato alla questione di cui al precedente §III.4, atteso che a pag. 2 del verbale della seduta del Comitato si legge che il verbale del Consiglio di amministrazione del 6 giugno 2008 fu trasmesso con nota prot. n. 1504/U del 20 giugno, pervenuta dopo la relativa convocazione, e che il relativo esame fu, dunque, rinviato alla seduta del 2 luglio seguente), ribadì, sostanzialmente, l’assoggettamento di Multiservizi S.p.a. al più volte citato atto di indirizzo presidenziale del 14 maggio 2008 (pag. 2); riguardo allo stesso punto del verbale del Comitato di controllo, l’atto di citazione evidenzia che lo stesso ha precisato che “né l’ipotesi di conferimento di incarichi dirigenziali intuitu personae, né qualsiasi altra possibilità riconosciuta al C.d.A. di procedere all’assunzione diretta di personale dipendente” si presentano conformi alla “vigente normativa in materia di Pubblico impiego, alla quale la Multiservizi è tenuta ad adeguarsi ai sensi della Direttiva a firma del Presidente della Regione del 14/05/2008,” nella parte in cui dispone l’esperimento “di procedure concorsuali o selettive ad evidenza pubblica” (pagg. 2 e 3).

                III.6. il 25 giugno 2008, il presidente del Consiglio di amministrazione (l’odierno convenuto Sebastiano BURGARETTA APARO), con nota prot. n. 1748/U (in atti), premettendo che con il medesimo atto di indirizzo presidenziale del 14 maggio 2008 era stata disposta la sospensione “di tutte le assunzioni nelle more della definizione del piano di riordino delle partecipazioni”, chiese all’Assessorato bilancio e finanze di voler autorizzare le assunzioni necessarie per evitare la temuta risoluzione, per interruzione di pubblico servizio, della convenzione intercorrente con un ente ospedaliero;

III.7. il 2 luglio 2008 (verbale in atti), il Comitato di controllo, trattando, fra gli altri, il verbale del Consiglio di amministrazione del 6 giugno 2008 (supra, sub III.4 e III.5), richiamò la “Direttiva del 14/05/2008 a firma del Presidente della Regione Siciliana ove, tra l’altro, viene stabilito che, nelle more della definizione del Piano di riordino delle Partecipazioni regionali, è sospesa l’assunzione di personale presso tutte le società a capitale regionale”, ricordando anche che “Di tale sospensione, peraltro, lo stesso C.d.A. della Multiservizi S.p.A. […] ha già doverosamente preso atto nella seduta del 28/05/2008”;

III.8. il 6 agosto 2008 (verbale in atti), il Consiglio di amministrazione, nella medesima composizione, deliberò: “di procedere all’assunzione a tempo pieno e indeterminato” di quattro persone, prossimi congiunti di altrettanti ex dipendenti morti tra l’ultimo quadrimestre del 2007 e il mese di gennaio 2008; “di subordinare la predetta assunzione all’esito positivo del Comitato di Controllo analogo; di immettere in servizio i suddetti signori con decorrenza il primo giorno del mese successivo all’approvazione del presente verbale da parte del Comitato di controllo analogo; di delegare il Consigliere Gueli, n.q. di delegato alle Risorse umane per l’area di Palermo a firmare tutti gli atti conseguenziali all’assunzione del suddetto personale” (punto 2 o.d.g.);

III.9. il giorno seguente, 7 agosto 2008, l’odierno convenuto Salvatore GUELI inviò agli interessati le lettere di impegno all’assunzione (in atti, tranne una);

III.10. il 17 settembre 2008, il Presidente della Regione siciliana (nota dell’Assessorato bilancio e finanze prot. n. 923/gab del 17 settembre 2008, in atti) – dopo aver richiamato il più volte citato atto di indirizzo presidenziale del 14 maggio 2008, evidenziando che, con lo stesso, “nelle more della definizione del piano di riordino delle partecipazioni regionali e nella necessità di contenere la spesa pubblica della Regione,” [era] “stata disposta per tutte le Società partecipate dalla Regione Siciliana la sospensione dell’assunzione di personale, evidenziandone una responsabilità contabile” e dopo aver rilevato che “Malgrado il carattere precettivo delle disposizioni avanti richiamate, alcuni enti, società partecipate ed istituzioni collegate alla finanza regionale, ancor oggi espletano concorsi e selezioni per procedere, al momento opportuno, alle relative assunzioni di personale, eludendo in tal modo il principio della razionalizzazione della spesa pubblica regionale, cui è fortemente impegnato il Governo in questa prima fase di ricognizione e di programmazione dell’attività politica regionale” – dispose, “con effetto immediato”, il divieto, fra gli altri, per le società partecipate, “di bandire concorsi, effettuare qualunque selezione di personale, indipendentemente dalla qualifica o funzione da ricoprire, di procedere all’assunzione di personale a tempo indeterminato e determinato”;

III.11. il 26 settembre 2008, il predetto Comitato di controllo (verbale in atti) – dopo aver rilevato che, fra gli altri, il verbale del Consiglio di amministrazione di Multiservizi S.p.a. del 6 agosto 2008 era stato trasmesso “oltre il termine previsto dall’art. 5 del D.A. Industria 1301/2007” – riferendosi, fra gli altri, al punto 2 del predetto verbale consiliare (supra, sub III.7) e alle determinazioni assunte dal Consiglio medesimo circa la conclusione delle procedure di assunzione iniziate prima dell’approvazione del rivisitato regolamento per il reclutamento delle risorse umane (che il Consiglio di amministrazione medesimo aveva deciso, nella seduta del 16 settembre 2008, di adeguare all’atto di indirizzo presidenziale del 14 maggio 2008), stabilì di rimettere la questione al vaglio dell’Assemblea dei soci; a tale riguardo la Procura riferisce e documenta che agli atti della Società non risultano verbali dell’Assemblea dei soci da cui emerga che la stessa si sia occupata della questione di cui si tratta (nota del Liquidatore di Multiservizi S.p.A. in liquidazione prot. n. 010/2014U del 30 aprile 2014, in atti);

III.12. il 30 settembre 2008, con deliberazione n. 221 (in atti), la Giunta regionale – richiamando i citati atti presidenziali del 14 maggio e del 17 settembre 2008, con specifico riferimento alla sospensione e al divieto disposti, per le società partecipate, in materia di assunzioni di personale, in vista del perseguimento della finalità di “contenere la spesa pubblica regionale per costi di personale” – stabilì di vietare, fra gli altri, alle “società a partecipazione maggioritaria della Regione di bandire concorsi, effettuare selezioni di personale, indipendentemente dalla qualifica o funzione da ricoprire, nonché di procedere all’assunzione di personale a tempo determinato o indeterminato ovvero a promozioni”;

III.13. l’8 ottobre 2008 (con note prot. n. 2474/U, n. 2475/U, n. 2476/U e n. 2477/U, in atti), l’odierno convenuto Salvatore GUELI procedette all’assunzione degli interessati, a tempo pieno e indeterminato, con effetto dal giorno 10 seguente;

III.14. le persone assunte furono licenziate, con effetto 31 ottobre 2012, “per cessazione di ogni attività ai sensi della L. 223/1991” (nota del Liquidatore di Multiservizi S.p.A. in liquidazione prot. n. 004/2013U del 12 dicembre 2013, pag. 3, cit.).

IV. Secondo l’Ufficio requirente, le assunzioni in parola sono frutto di gravemente colposa violazione degli obblighi di servizio – essendo, le stesse, avvenute in violazione di un «esplicito divieto di assunzione di personale a qualsiasi titolo (anche le “promozioni”) per esigenze di contenimento della spesa pubblica» – e le relative retribuzioni costituiscono danno erariale, quantificato, tenendo conto “degli importi esterni al quinquennio prescrizionale”, nella somma di euro 274.543,00, corrispondente agli emolumenti riconosciuti ai dipendenti interessati “dalla metà del 2009 fino al 30.10.2012 (data efficacia licenziamento)”.

Conseguentemente, la Procura ha emesso, il 18 luglio 2014, l’invito a dedurre di cui all’articolo 5 del decreto-legge 15 novembre 1993, n. 453, convertito in legge 14 gennaio 1994, n. 19, notificato agli odierni convenuti tra il 28 luglio e il 12 agosto 2014, contestando loro il predetto danno erariale, con imputazione pari a 1/5 (euro 54.908,60) a carico di ciascuno dei convenuti Sebastiano BURGARETTA APARO e Leonardo LE MURA e 2/5 a carico del convenuto Salvatore GUELI (euro 109.817,20), per un totale di euro 219.634,40, restando esclusa dalla contestazione preliminare di responsabilità la residua quota di 1/5 (euro 54.908,60) attribuibile ad altro componente del Consiglio di amministrazione di Multiservizi S.p.A., essendo questo deceduto il 26 ottobre 2013 e non essendo stati rilevati “elementi sintomatici dei presupposti legali dell’illecito arricchimento per procedere nei confronti degli eredi”.

Tutti gli invitati hanno esercitato le prerogative preprocessuali previste a loro favore, depositando deduzioni (tra il 4 e il 19 settembre 2014, con integrazione documentale depositata da Salvatore GUELI il 1° ottobre seguente) e avvalendosi della facoltà di essere sentiti personalmente (tra il 18 e il 30 settembre 2014).

V. La Procura – replicando alle argomentazioni prospettate in quella sede e non ritenendo le stesse idonee a superare l’ipotesi accusatoria – ha, quindi, depositato presso questa Sezione giurisdizionale l’atto di citazione introduttivo del presente giudizio, poi notificato, in uno col decreto di fissazione d’udienza, ai convenuti, ritenendoli responsabili del danno erariale in argomento, pari a euro 274.543,00, ma con “rivalutazione delle quote di responsabilità parziaria”, essendo stata ritenuta sussistente, alla luce delle deduzioni prospettate in sede di contestazioni preliminari di responsabilità, la “equivalenza causale delle condotte illecite accertate a carico dei convenuti Gueli e Burgaretta Aparo”: secondo la Procura, infatti, “il ruolo di Presidente del CdA rivestito dall’On.le Aparo Burgaretta e la ricerca di una soluzione alternativa al divieto di assunzione da lui esplicitata nella nota del 25.6.2008, rendono evidente, quanto meno, una culpa in vigilando sull’operato del Geom. Gueli sino al perfezionamento delle assunzioni avvenute nell’Ottobre 2008”.

L’imputazione del danno in parola è, dunque, ripartita dalla Procura nella misura di 2/6 (euro 91.514,32) a carico di ciascuno dei convenuti Sebastiano BURGARETTA APARO e Salvatore GUELI e di 1/6 (euro 45.757,16) a carico del convenuto Leonardo LE MURA, per un danno complessivo contestabile pari a euro 228.785,80, restando esclusa, come già emerso in sede di contestazione preliminare di responsabilità, la residua quota di 1/6 (euro 45.757,16) attribuibile all’altro membro del Consiglio di amministrazione di Multiservizi S.p.A., deceduto.

Più precisamente, secondo l’Ufficio requirente, “le assunzioni accertate risultano espressione di un puro arbitrio gestionale, di per sé espressivo di intollerabile negligenza funzionale e colpa grave, riconducibile ai componenti del Consiglio di Amministrazione”, che le ha deliberate il 6 agosto 2008, e “al Vice Presidente del CdA, dott. Salvatore Gueli, che le ha anche perfezionate” l’8 ottobre seguente, poiché le stesse sono state effettuate violando “l’esplicito divieto di assunzione di personale a qualsiasi titolo”, disposto, “per esigenze di contenimento della spesa pubblica”, dal Presidente della Regione (note dell’Assessorato bilancio e finanze prot. n. 25732 del 14 maggio 2008 e prot. n. 923/gab del 17 settembre 2008), prima, e dalla Giunta regionale, poi (deliberazione n. 221 del 30 settembre 2008), con la conseguenza che, “essendo le assunzioni esplicitamente vietate per esigenze di contenimento della spesa pubblica, è la spesa vietata che risulta di per sé dannosa, secondo costante orientamento del giudice contabile affermato in materia di incarichi e consulenze”.

A ciò la Procura aggiunge che le stesse assunzioni sono state fatte “senza alcuna preventiva valutazione di utilità in relazione ai soggetti da assumere”, “in violazione delle regole sul controllo analogo” e “in violazione dell’obbligo di evidenza pubblica previsto dall’art. 18 DL 112/2008 (convertito dalla legge 6 agosto 2008 nr. 133)”.

Da qui la richiesta di condanna al pagamento della somma di euro 91.514,32, nei confronti di ciascuno dei convenuti Sebastiano BURGARETTA APARO e Salvatore GUELI, e al pagamento della somma di euro 45.757,16, nei confronti del convenuto Leonardo LE MURA.

VI. Con memoria depositata il 4 marzo 2015, si è costituito il convenuto Sebastiano BURGARETTA APARO.

VI.1. La difesa di questo, dopo aver ricostruito i fatti, dando rilievo anche alle difficoltà gestionali dovute alla carenza di personale, e l’ipotesi accusatoria – e dopo avere, altresì, evidenziato che la Regione siciliana, il 19 novembre 2008 (erroneamente la memoria di costituzione indica la data del 25 novembre 2008, che è, invece, la data di autenticazione della copia conforme), ha acquistato le quote di minoranza, pari al 49%, di Multiservizi s.p.a., divenendone socio totalitario, e che il 13 ottobre 2010 lo statuto di questa è stato modificato conferendole forma di società in house – solleva anzitutto, richiamando giurisprudenza della Corte di Cassazione, eccezione di difetto di giurisdizione, ancorando la stessa alla considerazione secondo cui il danno lamentato è stato subito, secondo quanto asserito dal fronte attoreo, dalla società e non direttamente dal socio pubblico, se non come riflesso negativo sul valore o sulla redditività della quota di partecipazione di questo, con consequenziale radicamento della giurisdizione del giudice ordinario, innanzi al quale va proposta la prevista azione sociale di responsabilità.

Sotto altro profilo, la stessa difesa, sempre col supporto di giurisprudenza della Corte di Cassazione, solleva l’eccezione in parola ritenendo che, all’epoca in cui sarebbe stata realizzata la condotta reputata illecita, Multiservizi s.p.a. non era una società in house, sia sotto il profilo della partecipazione totalitaria pubblica, sia sotto quello della prevalente destinazione dell’attività in favore dell’ente o degli enti partecipanti, sia sotto quello del controllo analogo.

VI.2. La stessa difesa eccepisce, poi, la non integrità del contraddittorio, lamentando, al riguardo, che la Procura non ha preso in considerazione l’apporto causale dei membri del collegio sindacale presenti alla seduta del Consiglio di amministrazione del 6 agosto 2008, nella quale questo deliberò di procedere alle assunzioni controverse, così come l’apporto di coloro i quali, nel tempo, hanno amministrato la società e non hanno eliminato o attenuato le conseguenze, qui reputate dannose, delle condotte contestate.

VI.3. La difesa solleva, inoltre, eccezione di prescrizione quinquennale, con riferimento alla data della deliberazione (6 agosto 2008) o, al più tardi, alla data di stipulazione dei contratti di lavoro (8 ottobre 2008), atteso che l’invito dedurre è stato notificato al suo assistito l’8 agosto 2014 (in realtà, gli è stato notificato in mani proprie il 12 agosto 2014).

VI.4. Nel merito, la difesa contesta, anzitutto, la sussistenza della condotta illecita, evidenziando, in primo luogo, che la fonte del divieto in argomento non è costituita dall’atto di indirizzo presidenziale del 14 maggio 2008, ma dalla deliberazione della Giunta regionale n. 221 del 30 settembre 2008, comunicata, però, a Multiservizi s.p.a. solo l’11 novembre seguente (nota dell’Assessorato all’industria prot. n. 45658), vale a dire dopo le assunzioni in argomento.

In secondo luogo, la stessa difesa, col supporto di documentazione, evidenzia l’utilità e la necessità delle assunzioni contestate; nega, poi, la sussistenza, al tempo dei fatti, del cd. “controllo analogo” – e, conseguentemente, di regole a esso riconducibili – e la violazione dell’articolo 18 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, nella legge 6 agosto 2008, n. 133, pubblicata in G.U. 21 agosto 2008, n. 195, atteso che le prescrizioni da esso recate sono divenute efficaci, per espressa previsione ivi contenuta, il “sessantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della legge di conversione” (avvenuta, ai sensi dell’articolo 1, comma 4 della stessa, “il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale”), vale a dire dopo la citata deliberazione del Consiglio di amministrazione del 6 agosto 2008.

La difesa contesta, poi, la sussistenza del nesso causale, poiché le assunzioni sono state effettuate dall’odierno convenuto Salvatore GUELI “di sua spontanea e autonoma iniziativa”, disattendendo le prescrizioni del Consiglio di amministrazione, che aveva, invece, stabilito di subordinare le assunzioni in parola “all’esito positivo del Comitato di Controllo analogo” e di immettere in servizio gli interessati “con decorrenza il primo giorno del mese successivo all’approvazione del presente verbale da parte del Comitato di controllo analogo”.

La stessa difesa – invocando anche l’articolo 2392, comma 1 c.c., nella parte in cui prevede la responsabilità solidale degli amministratori verso la società per inosservanza dei doveri a essi imposti dalla legge e dallo statuto, “a meno che si tratti di attribuzioni proprie del comitato esecutivo o di funzioni in concreto attribuite ad uno o più amministratori” – ritiene, inoltre, insussistente l’elemento soggettivo, non potendosi individuare, in capo al suo assistito, una culpa in vigilando sull’operato del consigliere Salvatore GUELI, sia perché dallo stesso, che aveva partecipato alla deliberazione consiliare del 6 agosto 2008 ed era preposto alla materia oggetto della stessa, non ci si poteva attendere “un comportamento diverso da quanto era stato deliberato”, sia perché sarebbe stato materialmente impossibile impedire, salvo che con la continua presenza al suo fianco, la sottoscrizione dei contratti di lavoro controversi.

Prosegue la difesa sostenendo l’insussistenza del danno, essendo le retribuzioni riconosciute agli assunti inferiori rispetto a quelle, a suo tempo, percepite dai rispettivi congiunti deceduti ed essendo comunque tali assunzioni necessarie.

Il patrocinatore del convenuto Sebastiano BURGARETTA APARO invoca, poi, gradatamente, la riduzione del danno contestato – in ragione dei vantaggi comunque conseguiti, in ragione del minore apporto causale attribuibile al suo assistito rispetto a quello riconducibile al convenuto Salvatore GUELI e in ragione dell’apporto causale da riconoscere ai soggetti non chiamati in giudizio – e l’esercizio del potere riduttivo.

VI.5. Conclude, pertanto, la difesa chiedendo, gradatamente:

VI.5.a. che sia dichiarato il difetto di giurisdizione di questa Corte;

VI.5.b. che sia dichiarata la non integrità del contraddittorio;

VI.5.c. che sia dichiarata l’intervenuta prescrizione;

VI.5.d. che la domanda sia rigettata;

VI.5.e. che sia fatto uso del potere riduttivo.

VII. Con atti depositati il 27 novembre 2014 e il 5 marzo 2015, si è costituito il convenuto Salvatore GUELI.

VII.1. La difesa di questo solleva, anzitutto, eccezione di difetto di giurisdizione e di prescrizione, basate su argomentazioni sostanzialmente rientranti nel perimetro tracciato dalla difesa del convenuto Sebastiano BURGARETTA APARO.

VII.2. Nel merito, il patrocinatore del convenuto Salvatore GUELI evidenzia, anzitutto, col supporto di documentazione, l’utilità e la necessità delle assunzioni contestate, rilevando, altresì, che la citata deliberazione della Giunta regionale n. 221 del 30 settembre 2008, da cui discende il divieto in argomento, è intervenuta dopo la deliberazione consiliare del 6 agosto 2008 ed è stata comunicata “solo il 12 novembre 2008”; pone, inoltre, l’accento sul fatto che l’articolo 1, comma 10 della legge regionale 29 dicembre 2008, n. 25 – il cui primo periodo dispone che “È fatto divieto alle Amministrazioni regionali, istituti, aziende, agenzie, consorzi, esclusi quelli costituiti unicamente tra enti locali, organismi ed enti regionali comunque denominati, che usufruiscono di trasferimenti diretti da parte della Regione, di procedere ad assunzioni di nuovo personale sia a tempo indeterminato che a tempo determinato” – non ha incluso, fra i destinatari del divieto, le società partecipate, richiamando, al riguardo, il parere reso in tal senso dall’Ufficio legislativo e legale della Regione siciliana prot. n. 12014 (di data non leggibile, comunque ricevuto da Multiservizi s.p.a. il 4 agosto 2010).

La stessa difesa sostiene, poi, sotto più aspetti e anche alla luce del comportamento tenuto dal Comitato di controllo, la regolarità delle assunzioni controverse – contrastando anche, con argomentazione sovrapponibile a quella prospettata dalla difesa del convenuto Sebastiano BURGARETTA APARO, il rilievo attoreo riguardante la pretesa violazione dell’articolo 18 del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, nella legge n. 133 dello stesso anno – e l’assenza di colpa grave.

A ciò la difesa medesima aggiunge che non è stata tenuta nella dovuta considerazione la necessità delle assunzioni in parola e il vantaggio comunque conseguito da Multiservizi s.p.a., anche alla luce del fatto che le retribuzioni riconosciute agli assunti erano inferiori rispetto a quelle, a suo tempo, percepite dai rispettivi congiunti deceduti.

VII.3. Dopo aver invocato l’esercizio del potere riduttivo, la difesa conclude, pertanto, chiedendo, gradatamente:

VII.3.a. che sia dichiarato il difetto di giurisdizione di questa Corte;

VII.3.b. che il convenuto Salvatore GUELI sia dichiarato esente da responsabilità;

VII.3.c. che sia esercitato il potere riduttivo.

Segue la domanda di vittoria di spese.

VIII. Con memoria depositata il 19 marzo 2015, il Pubblico Ministero ha specificamente contestato le eccezioni di difetto di giurisdizione e di prescrizione sollevate dalle predette difese.

VIII.1. Più precisamente, riguardo alla prima, facendo riferimento allo statuto societario, nella versione risultante a valle delle modifiche a questo apportate (dall’Assemblea straordinaria, con la partecipazione, fra gli altri, degli odierni convenuti Sebastiano BURGARETTA APARO e Salvatore GUELI, nelle loro rispettive qualità) il 24 maggio 2007 (in atti, compreso nella documentazione prodotta a corredo dell’atto di citazione), ha evidenziato la sussistenza di tutti gli elementi che, secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione, qualificano una società con partecipazione pubblica come ente cd. in house e, conseguentemente, radicano la giurisdizione di questa Corte per i danni arrecati al patrimonio di questa.

VIII.2. Riguardo alla seconda, ha evidenziato che la quantificazione del danno non è stata contestata dal fronte difensivo e ha ribadito che la domanda giudiziale è stata proposta, tenendo conto della consolidata giurisprudenza di questa Corte in tema di individuazione del termine iniziale di decorrenza della prescrizione, solo con riferimento al pregiudizio “derivante dalle retribuzioni corrisposte da luglio 2009 in poi”.

IX. Con memoria depositata il 24 marzo 2015, si è costituito il convenuto Leonardo LE MURA.

IX.1. La difesa di questo solleva, anzitutto, eccezione di difetto di giurisdizione, basata, anch’essa, su argomentazioni sostanzialmente coincidenti con quelle già riferite.

IX.2. Solleva, inoltre, eccezione di nullità o inammissibilità dell’atto di citazione per omessa esternazione delle ragioni che, nonostante le deduzioni fornite dall’invitato, hanno condotto all’esercizio dell’azione.

IX.3. La stessa difesa solleva, inoltre, eccezione di prescrizione quinquennale.

IX.4. Nel merito, la difesa, con articolate argomentazioni, sostanzialmente coincidenti con quelle prospettate dalle altre difese, contesta la sussistenza degli elementi strutturali dell’illecito, incluso quello soggettivo, e pone anche l’accento sulla necessità delle assunzioni in parola e sul vantaggio comunque conseguito da Multiservizi s.p.a..

IX.5. La difesa conclude, pertanto, chiedendo, gradatamente:

IX.5.a. che sia dichiarato il difetto di giurisdizione di questa Corte;

IX.5.b. che sia dichiarata la nullità o l’inammissibilità della citazione;

IX.5.c. che la domanda sia rigettata;

IX.5.d. che il danno contestato sia ridotto.

Segue la domanda di vittoria di spese.

X. Alla pubblica udienza del 25 marzo 2015:

X.1. il Pubblico Ministero, riportandosi alla propria memoria di replica, ha ripercorso gli argomenti a sostegno della sussistenza della giurisdizione di questa Corte e si è opposto all’accoglimento dell’eccezione di prescrizione, richiamando, al riguardo, la rilevanza riconosciuta ai singoli pagamenti e osservando che i relativi calcoli non sono stati contestati; si oppone, poi, all’accoglimento dell’eccezione di nullità dell’atto di citazione per carenza motivazionale e, nel merito, insiste per l’accoglimento delle domande di condanna;

X.2. la difesa del convenuto Sebastiano BURGARETTA APARO, dopo aver chiesto il rinvio della trattazione per esigenze connesse dell’avvenuto deposito della memoria di replica del Pubblico Ministero e all’integrazione del contraddittorio chiesta con la memoria di costituzione, insiste per l’accoglimento dell’eccezione di difetto di giurisdizione, rilevando al riguardo che, al tempo della condotta contestata, Multiservizi S.p.A. non era una società in house, essendo divenuta tale solo in seguito, con l’acquisto delle quote del privato da parte della Regione, dell’eccezione di non integrità del contraddittorio e dell’eccezione di prescrizione; nel merito, espone argomentazioni a sostegno dell’insussistenza degli elementi strutturali dell’illecito riguardo al suo assistito e conferma la richiesta di assoluzione e di applicazione del potere riduttivo;

X.3. la difesa dei convenuti Salvatore GUELI e Leonardo LE MURA si è riportata agli atti;

X.4. il Pubblico Ministero, in replica, ha evidenziato che la totale partecipazione pubblica nella società risale al 2007.

XI. La causa è stata, quindi, posta in decisione.

Considerato in

Diritto

1. Oggetto del presente giudizio è l’accertamento della responsabilità amministrativa dei convenuti, con riferimento alla prospettazione attorea di danno patrimoniale da assunzione di personale vietata.

2. Va, anzitutto, affrontata la questione della richiesta d’integrazione del contradittorio – formulata dalla difesa del convenuto Sebastiano BURGARETTA APARO – nei confronti di soggetti non citati dalla Procura.

Al riguardo, ad avviso del Collegio, “nel processo amministrativo – contabile non vi è alcuno spazio per la chiamata in causa di soggetti diversi da quelli destinatari dell’atto di citazione del procuratore regionale, unico soggetto legittimato ad esercitare l’azione di danno erariale, anche per effetto della intervenuta modificazione degli elementi che caratterizzano la responsabilità amministrativa quali la parziarietà e la personalità, che impongono al giudice di valutare ed eventualmente condannare ciascun concorrente esclusivamente per l’efficienza causale che il suo comportamento ha assunto nella produzione del danno, a prescindere da quello di ipotetici corresponsabili” (Corte dei conti, Sez. App. Sicilia, sent. n. 125 del 21 aprile 2010; negli stessi termini, Sez. giur. Sicilia, sent. n. 525 del 9 aprile 2014; sent. n. 479 del 28 marzo 2014; sent. n. 328 del 26 febbraio 2014).

Da ciò discende l’obbligo del giudice di valutare, sulla base degli atti, la sussistenza di autonome condotte di altri soggetti che, costituendo, anche se solo in parte, la causa del danno lamentato, riducano la responsabilità del convenuto ovvero la eliminino del tutto, senza necessità di procedere all’integrazione del contraddittorio nei confronti di terzi e senza che l’eventuale statuizione abbia, naturalmente, efficacia nei loro confronti.

La richiesta in parola va, pertanto, respinta.

2.1. A tale rigetto accede la reiezione dell’istanza di rinvio formulata in udienza dalla stessa difesa, nella parte in cui la stessa è funzionalizzata all’esecuzione degli adempimenti consequenziali all’eventuale accoglimento della predetta richiesta di integrazione del contradittorio.

3. La medesima istanza va, poi, rigettata anche nella parte in cui con essa si lamenta la mancata conoscenza della memoria depositata dal Pubblico Ministero il 19 marzo 2015, atteso che questa si sostanzia in mere note d’udienza riconducibili a fatti già entrati nel processo, formulate in replica alle comparse di costituzione e messe a disposizione sei giorni prima dell’udienza di trattazione.

4. Va, a questo punto, scrutinata l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata da tutti i convenuti.

Più precisamente, il fronte difensivo – pur riconoscendo la giurisprudenza della Corte regolatrice, inaugurata con la sentenza delle Sezioni Unite Civili n. 26283/13 del 25 novembre 2013, secondo cui “La Corte dei conti ha giurisdizione sull’azione di responsabilità esercitata dalla Procura della Repubblica presso detta corte quando tale azione sia diretta a far valere la responsabilità degli organi sociali per danni da essi cagionati al patrimonio di una società in house, per tale dovendosi intendere quella costituita da uno o più enti pubblici per l’esercizio di pubblici servizi, di cui esclusivamente tali enti possano esser soci, che statutariamente esplichi la propria attività prevalente in favore degli enti partecipanti e la cui gestione sia per statuto assoggettata a forme di controllo analoghe a quello esercitato dagli enti pubblici sui propri uffici” – contesta, in punto di fatto, la sussistenza, in capo a Multiservizi S.p.A., dei predetti elementi necessari per poter qualificare la stessa come società in house, con particolare riferimento al tempo in cui si collocano le condotte ritenute antigiuridiche ascritte ai convenuti, invocando, al riguardo, la sentenza delle stesse Sezioni Unite n. 7177 del 26 marzo 2014, secondo cui, per l’individuazione del giudice munito di giurisdizione, “la condizione statutaria e normativa di riferimento è quella applicabile all’epoca della condotta (l’unica alla quale occorre far capo per valutare la sussistenza della interpositio) e non certo quello dell’epoca della domanda […] del P.G. contabile”.

A questo proposito, viene, infatti, rilevato che – a fronte del fatto che le condotte contestate risalgono al 2008 – la condizione statutaria idonea a conferire a Multiservizi S.p.A. la struttura di società in house si è realizzata solo con le modifiche apportate il 13 ottobre 2010 (verbale di Assemblea in atti), vale a dire circa due anni dopo.

A ciò va aggiunto che, in tale ottica – e per evidenziarne, in particolare, le differenze rispetto a quest’ultimo, con riferimento ai citati elementi caratterizzanti il modello di società in house – la difesa del convenuto Salvatore GUELI produce lo statuto approvato, nel 1997, in occasione della costituzione di Multiservizi S.p.A.

Da qui, sostanzialmente, l’affermato difetto di giurisdizione di questa Corte nella presente controversia.

Dal canto suo, il Pubblico Ministero – anche, evidentemente, per rettificare l’atto di citazione nella parte in cui ivi afferma che il capitale di Multiservizi S.p.A. “già dal 2007 è interamente detenuto dalla Regione siciliana” (pag. 2) e per replicare alle connesse specifiche contestazioni formulate da tutte le difese (quella del convenuto Sebastiano BURGARETTA APARO anche col supporto di documentazione), che, tra l’altro, hanno puntualmente evidenziato che la Regione siciliana aveva acquistato le quote di minoranza solo il 25 novembre 2008 (rectius, il 19 novembre 2008; supra, sub VI.1), divenendone socio totalitario – prima ancora di affermare in udienza che ciò che risale al 2007 è la totale partecipazione “pubblica” nella Società, già con lo scritto depositato il 19 marzo 2015 aveva richiamato lo statuto della Società medesima, nella versione risultante a valle delle modifiche a questo apportate il 24 maggio 2007 (già compreso nella documentazione versata in atti a corredo dell’atto di citazione e individuato, in quell’ambito, con i numeri di pagina da 234 a 261), per evidenziare, riguardo alla questione della sussistenza degli elementi caratterizzanti una società in house, che i novellati articoli 1 e 3 e il nuovo articolo 16-ter dello stesso dimostrano che a Multiservizi S.p.A. va riconosciuta tale qualificazione sin da allora.

Al riguardo, va, infatti, osservato che:

4.a. al primo comma dell’articolo 1 si legge che «É costituita una Società a totale capitale pubblico denominata “Multiservizi S.p.A.”» e il successivo terzo comma prevede che «Il capitale sociale deve sempre rimanere di proprietà, direttamente o indirettamente, pubblica totalitaria»;

4.b. ai sensi del comma 1 dell’articolo 3 “La società ha per oggetto esclusivamente la prestazione di servizi strumentali all’attività della Regione Siciliana e degli altri soci pubblici facenti parte della società, in conformità alle determinazioni assunte in sede di controllo analogo”;

                4.c. il primo periodo del comma 2 dello stesso articolo dispone che “E’ vietato per la Società svolgere prestazioni a favore di altri soggetti, in affidamento diretto o con gara” e al successivo comma 4 si legge che “La Multiservizi non può partecipare ad altre società od enti”;

                4.d. secondo l’articolo 16-ter : “La Regione Siciliana esercita un controllo sulla gestione, analogo a quello esercitato sui propri servizi, attraverso un suo Comitato costituito con decreto che ne regolamenta la composizione e il funzionamento. Il Comitato verifica la rispondenza degli atti del Consiglio di amministrazione alle direttive ed agli indirizzi dell’Amministrazione regionale ed esercita il controllo sullo stato di attuazione degli obiettivi, anche sotto il profilo dell’efficacia, efficienza ed economicità. Il controllo viene esercitato sui principali atti di gestione e sulle decisioni gestionali di particolare rilievo, così come individuati dalla stessa Amministrazione regionale”.

Appare, dunque, evidente che le predette previsioni statutarie dimostrano che la struttura di Multiservizi S.p.A. è conforme al modello di società in house delineato dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione sopra richiamata, inclusa la parte riguardante la totale partecipazione pubblica nella Società.

Riguardo a quest’ultimo aspetto, va, infatti, osservato che il secondo comma dell’articolo 1 dello statuto [secondo cui “Possono essere soci della società esclusivamente: a) La Regione Siciliana; b) le società Sviluppo Italia S.p.A. o la Società Investire Partecipazioni S.p.a.; c) gli enti locali ed enti pubblici comunque denominati sottoposti a vigilanza e/o tutela dell’Amministrazione regionale”] va, sistematicamente, letto alla luce del comma precedente che, come già rilevato (sub 4.a), dispone che «È costituita una Società a totale capitale pubblico denominata “Multiservizi S.p.A.”», sicché deve ritenersi che la struttura societaria disegnata nel 2007 rientri nel modello del cd. “in house indiretto”, caratterizzato dalla presenza, nella compagine societaria, anche di altra società avente, a sua volta, totale partecipazione pubblica.

Del resto, come già rilevato, il terzo comma dello stesso articolo prevede che “Il capitale sociale deve sempre rimanere di proprietà, direttamente o indirettamente, pubblica totalitaria”.

Per altro verso, a fronte delle predette evidenze documentali, le difese non hanno specificamente contestato l’affermazione orale del Pubblico Ministero sull’esistenza di totale partecipazione pubblica sin dal 2007, né hanno affermato, sul punto, la sussistenza di situazioni di fatto difformi rispetto alle previsioni statutarie, come, ad esempio, la mancanza di totale partecipazione pubblica nella società – fra quelle contemplate dalla lettera b) del predetto secondo comma dell’articolo 1 – a sua volta avente partecipazione in Multiservizi S.p.A.

Conseguentemente, si deve ritenere che quest’ultima, per effetto delle modifiche statutarie del 24 maggio 2007, era una società in house.

Sulla scia dell’orientamento espresso con la citata sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 7177 del 26 marzo 2014, si può, dunque, solo rilevare che, al tempo in cui sono oggettivamente collocabili le condotte contestate, Multiservizi S.p.A. era una società in house, atteso che il primo riscontro documentale della trattazione della questione dell’assunzione dei congiunti prossimi dei dipendenti deceduti è costituito dal verbale della seduta del Consiglio di amministrazione del 6 giugno 2008 (supra, sub III.4).

Al riguardo, va, infatti, osservato che le generiche affermazioni delle difese dei convenuti Salvatore GUELI e Leonardo LE MURA, secondo cui i fatti contestati avrebbero avuto origine nel 2006, è totalmente priva di pregio, atteso che – in disparte ogni possibile considerazione sul fatto che gli aspetti controversi della vicenda sono collocati nel 2008 e a tacer del fatto che la citata documentazione in atti smentisce tale assunto – appare davvero incomprensibile come si possa sostenere che il procedimento per l’assunzione di quattro persone, nelle loro rispettive qualità di prossimi congiunti di dipendenti deceduti, abbia avuto inizio quando questi ultimi erano ancora in vita: dai verbali delle sedute del Consiglio di amministrazione del 6 giugno 2008 (supra, sub III.4) e del 6 agosto 2008 (supra, sub III.8), emerge, infatti, chiaramente che i decessi di cui si tratta sono avvenuti il 17 settembre 2007, il 16 ottobre 2007, il 7 gennaio 2008 e l’8 gennaio 2008.

In conclusione, avuto riguardo alla citata giurisprudenza della Corte di Cassazione, peraltro richiamata anche dalle difese dei convenuti, l’eccezione di difetto di giurisdizione da queste sollevata è infondata e va, pertanto, respinta.

5. Va, poi, parimenti respinta l’eccezione, comunque denominata, di nullità o inammissibilità dell’atto di citazione, sollevata dalla difesa del convenuto Leonardo LE MURA, per omessa esternazione delle ragioni che, nonostante le deduzioni fornite dall’invitato, hanno condotto all’esercizio dell’azione.

Al riguardo, è sufficiente osservare, da un lato, che il §III dell’atto di citazione è espressamente dedicato all’analisi delle deduzioni difensive e, dall’altro, che, comunque, il necessario “esame valutativo delle deduzioni dell’invitato” può “anche essere espresso dal P.R. in modo sintetico od essere persino implicito nel fatto stesso che viene emesso l’atto di citazione” (Corte dei conti, Sezioni riunite, sent. n. 7 del 16 febbraio 1998).

6. Va, infine, esaminata l’eccezione di prescrizione sollevata da tutti i convenuti con riferimento all’articolo 1, comma 2 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, secondo cui “Il diritto al risarcimento del danno si prescrive in ogni caso in cinque anni, decorrenti dalla data in cui si è verificato il fatto dannoso, ovvero, in caso di occultamento doloso del danno, dalla data della sua scoperta”.

Più precisamente:

6.a. la difesa del convenuto Sebastiano BURGARETTA APARO la ritiene fondata poiché l’invito dedurre è stato notificato al suo assistito l’8 agosto 2014 (in realtà, gli è stato notificato in mani proprie il 12 agosto 2014), vale a dire, in ogni caso, oltre cinque anni dopo la seduta del Consiglio di amministrazione in cui sono state deliberate le assunzioni controverse (6 agosto 2008) o, comunque, dopo la data di stipulazione dei contratti di lavoro (8 ottobre 2008);

6.b. la difesa del convenuto Salvatore GUELI la ritiene fondata poiché l’invito dedurre è stato notificato al suo assistito il 18 luglio 2014 (in realtà, gli è stato notificato in mani proprie il 1° agosto 2014), vale a dire oltre cinque anni dopo l’adozione della predetta deliberazione consiliare;

6.c. la difesa del convenuto Leonardo LE MURA, al quale l’invito a dedurre è stato notificato il 28 luglio 2014, fa solo riferimento all’avvenuto decorso del previsto quinquennio.

Al riguardo, esclusa la ricorrenza del caso di occultamento doloso, va osservato che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, quando l’asserito danno è costituito dalla somma di pagamenti che si protraggono nel tempo, tutti riconducibili a un unico atto deliberativo o, comunque, a un’unica manifestazione di volontà, il termine iniziale della prescrizione non va identificato nel momento in cui è sorto l’obbligo giuridico di pagare, ma nella data di ciascun pagamento (fra le tante, in questi termini, Corte dei conti, Sez. giur. Sicilia, sent. n. 1836 del 30 aprile 2013, conforme ai principi dettati dalle Sezioni riunite, sent. n. 5 del 19 luglio 2007 e sent. n. 7 del 24 maggio 2000).

Conseguentemente, tenendo conto, pur con ragionevole approssimazione, del fatto che, generalmente e notoriamente, gli stipendi sono pagati il giorno 27 di ciascun mese e che l’invito a dedurre è stato notificato ai convenuti Sebastiano BURGARETTA APARO e Salvatore GUELI nel mese di agosto 2014 e al convenuto Leonardo LE MURA il 28 luglio precedente, l’eccezione da questi formulata è fondata limitatamente alla quota loro eventualmente attribuibile degli stipendi pagati nel solo mese di luglio 2009.

Il Pubblico Ministero ha, infatti, chiarito – sia nell’invito a dedurre, sia nell’atto di citazione, sia nella memoria depositata il 19 marzo 2015 – che la domanda giudiziale è stata formulata, evidentemente nella ragionevole previsione dell’opposizione della relativa eccezione, tenendo conto “degli importi esterni al quinquennio prescrizionale”, sicché nel calcolo per la quantificazione dell’affermato danno sono stati presi in considerazione, come precisato dallo stesso Requirente, i soli stipendi pagati dal mese di luglio 2009 fino a tutto ottobre 2012, allorquando i rapporti di lavoro sono cessati.

Dal prospetto riepilogativo dei compensi erogati prodotto dalla Procura – e, come da questa evidenziato, non contestato da alcuna difesa – si può, infatti, agevolmente riscontrare che il monte stipendi di ciascuno dei lavoratori in questione è stato calcolato sommando gli importi dei CUD 2013, 2012 e 2011 e la metà dell’importo del CUD 2010 (riguardanti le retribuzioni corrisposte nell’anno che, rispettivamente, precede ciascuno di essi), avendo, evidentemente, l’Ufficio requirente ritenuto che gli stipendi pagati nella seconda metà del 2009 fossero pari alla metà delle retribuzioni corrisposte in tutto l’anno.

Tale approssimazione, peraltro contenuta, può essere ritenuta ammissibile, atteso che, così facendo, l’importo della tredicesima mensilità, sebbene notoriamente pagato alla fine dell’anno, è stato contabilmente distribuito, ai soli fini dell’azione, sugli stipendi pagati durante l’intero anno, con consequenziale beneficio per tutti i convenuti: la metà di essa è, infatti, così, caduta nel primo semestre del 2009, vale a dire quello colpito, già nella previsione dell’attore, dalla prescrizione, insieme con tutti gli emolumenti precedenti; un altro dodicesimo della tredicesima mensilità è, invece, così, caduto sotto la scure della prescrizione per effetto dell’avvenuto parziale accoglimento della relativa eccezione, da tutti formulata.

Da ciò discende che, per gli effetti dell’avvenuto accoglimento parziale dell’eccezione di prescrizione formulata da tutti i convenuti, gli stipendi pagati nel mese di luglio 2009 ai lavoratori in questione devono ritenersi pari alla somma di 1/12 dell’importo di ciascun CUD 2010, vale a dire pari a complessivi euro 6.371,81.

7. Passando al merito, va, anzitutto, accertata la sussistenza, al tempo in cui si collocano i fatti contestati, di un divieto di assumere personale e, in caso affermativo, l’avvenuta violazione dello stesso.

7.1. Con riferimento al primo aspetto, va rilevato che il Presidente della Regione siciliana, nell’esercizio di un potere discrezionale espressamente finalizzato, tra l’altro, a orientare “la gestione delle società regionali” secondo “criteri di razionalizzazione delle risorse e contenimento dei costi di gestione”, ha disposto, il 14 maggio 2008, la sospensione, per tutte le società in parola, delle assunzioni di personale, in attesa dell’elaborazione del piano di riordino delle partecipazioni societarie regionali (supra, sub III.2).

In forza della sussistenza di tale vincolo – noto al Consiglio di amministrazione di Multiservizi S.p.a., e, dunque, agli odierni convenuti, sin dal 28 maggio 2008 (supra, sub III.3) – la questione dell’assunzione di quattro prossimi congiunti di altrettanti dipendenti deceduti fu rimessa, il 6 giugno 2008, al “Comitato di controllo analogo della Multiservizi Spa”, “per l’opportuna approvazione, al fine di poterne deliberare successivamente l’eventuale assunzione” (supra, sub III.4).

Al riguardo, osserva il Collegio che, diversamente rispetto a ciò che sembra ritenere la Procura, la risposta del predetto Comitato di controllo alla questione così sottoposta alla sua attenzione non va identificata, se non in via meramente incidentale, nel verbale del 24 giugno 2008 – dove, comunque, in materia di personale, si ribadisce l’assoggettamento di Multiservizi S.p.a. al citato atto di indirizzo presidenziale del 14 maggio 2008 e si richiama la “vigente normativa in materia di Pubblico impiego” – atteso che questo si riferisce espressamente ad altra vicenda (supra, sub III.5).

La risposta in parola è, invece, contenuta in altro documento prodotto dalla Procura a corredo dell’atto di citazione (individuato, in quell’ambito, con i numeri di pagina da 604 a 606), vale a dire il verbale della seduta del Comitato di controllo n. 7/2008 del 2 luglio 2008, nella parte espressamente dedicata alla questione delle assunzioni in argomento, oggetto, come testé ricordato, del verbale del Consiglio di amministrazione del 6 giugno precedente (supra, sub III.7).

In quella sede, come già rilevato in fatto (ibidem), il Comitato in parola, sostanzialmente, non ha concesso l’approvazione chiesta dal Consiglio di amministrazione il 6 giugno 2008, avendo richiamato la “Direttiva del 14/05/2008 a firma del Presidente della Regione Siciliana ove, tra l’altro, viene stabilito che, nelle more della definizione del Piano di riordino delle Partecipazioni regionali, è sospesa l’assunzione di personale presso tutte le società a capitale regionale” – ricordando anche che “Di tale sospensione, peraltro, lo stesso C.d.A. della Multiservizi S.p.A.” aveva “già doverosamente preso atto nella seduta del 28/05/2008” – e avendo ritenuto che “l’opportunità di consentire eventuali assunzioni, nel caso in esame (ritenuto urgente e indifferibile dal C.d.A.),nonché in ogni eventuale ulteriore analoga fattispecie, vada rimessa da parte del C.d.A. della Multiservizi S.p.a. alla valutazione dell’Assemblea dei Soci”.

In altri termini, il divieto di assumere personale, disposto dal Presidente della Regione, è, così, entrato, per lo specifico procedimento in questione (vale a dire, quello riguardante l’assunzione di quattro prossimi congiunti di altrettanti dipendenti deceduti), nell’ordinamento sezionale di Multiservizi S.p.a. e vi è entrato dalla porta principale, doverosamente aperta dallo stesso Consiglio di amministrazione, atteso che – secondo il citato articolo 16-ter dello statuto sociale, introdotto, come ricordato sopra (sub 4), dall’Assemblea straordinaria il 24 maggio 2007 – il Comitato (sulla cui carta intestata è, peraltro, richiamato il predetto articolo statutario) è l’organo attraverso il quale “La Regione Siciliana esercita un controllo sulla gestione, analogo a quello esercitato sui propri servizi” e ha fra i suoi compiti quello di verificare “la rispondenza degli atti del Consiglio di amministrazione alle direttive ed agli indirizzi dell’Amministrazione regionale”.

In buona sostanza, diversamente rispetto a quanto sostenuto dal fronte difensivo, l’atto d’indirizzo adottato dal Presidente della Regione siciliana il 14 maggio 2008 vincolava Multiservizi S.p.a., anche con specifico riferimento alle quattro assunzioni in argomento.

Parimenti vincolavano Multiservizi S.p.a., attesa la loro provenienza dalla Regione siciliana, titolare del cd. “controllo analogo”, i divieti di assumere personale disposti con il provvedimento presidenziale del 17 settembre 2008 (supra, sub III.10) e con la deliberazione della Giunta regionale n. 221 del 30 settembre 2008 (supra, sub III.12).

Solo per ragioni di completezza espositiva, si evidenzia, infine, che il divieto di assumere personale recato dal citato articolo 1, comma 10 della legge regionale 29 dicembre 2008, n. 25 è irrilevante nel presente giudizio, essendo lo stesso, comunque, intervenuto dopo l’avvenuto perfezionamento delle assunzioni in questione.

7.2. Passando al secondo aspetto (vale a dire, quello concernente l’accertamento dell’avvenuta violazione del divieto di assumere personale), deve, dunque, ritenersi che, al di là del profilo squisitamente decisionale, alla deliberazione del 6 agosto 2008 – con la quale il Consiglio di amministrazione stabilì, comunque, “di procedere all’assunzione a tempo pieno e indeterminato” di quattro persone, prossimi congiunti di altrettanti ex dipendenti morti tra l’ultimo quadrimestre del 2007 e il mese di gennaio 2008, prevedendo, però, nel contempo, “di subordinare la predetta assunzione all’esito positivo del Comitato di Controllo analogo” e “di immettere in servizio i suddetti signori con decorrenza il primo giorno del mese successivo all’approvazione del presente verbale da parte del Comitato di controllo analogo” – vada riconosciuta, in forza dell’evento dedotto nella predetta condizione sospensiva, natura sostanziale di domanda di deroga all’applicazione del divieto in parola (che si aggiunge a quella rivolta dall’odierno convenuto Sebastiano BURGARETTA APARO all’Assessorato bilancio e finanze il 25 giugno 2008; supra, sub III.6), non potendo, altrimenti, la deliberazione di assunzione di personale, di per sé, produrre alcun effetto concreto.

Del resto, come visto poco sopra, la possibilità di una deroga – rimessa, però, “alla valutazione dell’Assemblea dei Soci” – era stata prefigurata dallo stesso Comitato.

La deliberazione così strutturata, considerata di per sé sola, va, pertanto, ritenuta, priva di lesività, con la conseguenza che va, sin d’ora, respinta la domanda difensiva intesa a ottenere che, nella ripartizione del contestato danno, si tenga conto anche dell’apporto causale dei membri del Collegio sindacale presenti alla seduta in cui la stessa è stata approvata, che – sebbene consapevoli del divieto, avendolo evidenziato al Consiglio di amministrazione sin dalla seduta del 28 maggio 2008 (supra, sub III.3) – non adottato alcuna misura per neutralizzarla.

Appare, pertanto, evidente, che la violazione effettiva del divieto in argomento ha avuto inizio solo dopo l’adozione della predetta deliberazione consiliare del 6 agosto 2008 – allorquando, il giorno seguente, l’odierno convenuto Salvatore GUELI inviò agli interessati le lettere di impegno all’assunzione (supra, sub III.9), peraltro prive di qualsivoglia riferimento alla condizione alla quale era subordinata la costituzione del rapporto di lavoro – e che la stessa si è compiutamente realizzata nel momento in cui, non essendosi tale condizione verificata, le assunzioni in questione sono state, comunque, materialmente perfezionate dallo stesso GUELI, vale a dire l’8 ottobre 2008 (supra, sub III.13), dopo che, nel frattempo, il Presidente della Regione siciliana (il 17 settembre 2008; supra, sub III.10) e la Giunta regionale (il 30 settembre 2008; supra, sub III.12) erano nuovamente intervenuti per bloccare le assunzioni di personale nelle società partecipate, in vista del perseguimento della finalità di “contenere la spesa pubblica regionale per costi di personale”.

In buona sostanza, le assunzioni di cui si tratta sono avvenute, oggettivamente, in violazione dell’obbligo assoluto di non assumere, disposto con l’atto di indirizzo adottato dal Presidente della Regione siciliana il 14 maggio 2008 e con i successivi provvedimenti adottati il 17 e il 30 settembre seguenti, e, in definitiva, per quanto detto, in violazione dei vincoli imposti dallo statuto societario in materia di controllo analogo (articolo 16-ter, cit.).

Conseguentemente, restano assorbite le censure riguardanti l’asserita violazione delle condizioni che, in mancanza di un divieto assoluto di assumere, avrebbero dovuto previamente trovare soddisfazione per assumere regolarmente [nel caso di specie, quelle riguardanti la “preventiva valutazione di utilità in relazione ai soggetti da assumere” e l’obbligo “di evidenza pubblica previsto dall’art. 18 DL 112/2008 (convertito dalla legge 6 agosto 2008 nr. 133)”], divenendo, dunque, prive di utilità pratica le connesse argomentazioni difensive.

8. Per quanto concerne il danno, ad avviso del Collegio, va condiviso l’assunto accusatorio secondo cui, nel caso di specie, “essendo le assunzioni esplicitamente vietate per esigenze di contenimento della spesa pubblica, è la spesa vietata che risulta di per sé dannosa”.

Secondo i principi fissati dalla giurisprudenza, seppur elaborati per vicende diverse (fra le altre: Corte dei conti, Sez. giur. Sicilia, sent. n. 244 del 13 marzo 2015; Sez. App. Sicilia, sent. n. 389 del 19 settembre 2014; Sez. giur. Sicilia, sent. n. 2681 dell’11 luglio 2013; Sez. giur. Piemonte, sent. n. 6 del 16 gennaio 2013), quando una norma [anche regolamentare (Sez. App. Sicilia, sent. n. 430 del 28 ottobre 2014)] vieti determinate spese, ritenendole implicitamente non utili, è sufficiente, affinché si realizzi il danno erariale, la circostanza che le medesime spese siano state eseguite in violazione di tali divieti, non essendo possibile tener conto dei vantaggi conseguiti dall’amministrazione riguardo all’attività vietata.

Gli stessi principi, ad avviso del Collegio, vanno applicati anche nel caso di specie, sebbene il divieto assoluto di assumere lavoratori, formulato per esigenze di contenimento della spesa pubblica, sia stato imposto con atti amministrativi.

Al riguardo, va, infatti, osservato, in primo luogo, che il divieto in parola, previsto all’evidente fine di raggiungere determinati obiettivi di finanza pubblica, a loro volta derivanti dalla legge e dalla Costituzione, costituisce il mero scopo-mezzo che è stato individuato quale strumento per raggiungere il predetto scopo-fine, vera meta dell’intervento, sicché la violazione di tale divieto, comunque imposto, finisce, in ogni caso, col sortire effetti pregiudizievoli sul superiore vincolo di finanza pubblica che sta sullo sfondo, ancorché questo sia direttamente assistito dalla forza della legge.

In secondo luogo, va rilevato che la stringente cogenza di quel vincolo nei confronti degli amministratori di Multiservizi S.p.a. fa armonicamente parte dell’ordinamento sezionale della stessa, proprio perché questa è una società in house – i cui amministratori non possono invocare l’autonomia gestionale generalmente prevista per le ordinarie società commerciali, dimenticando, così, di essere chiamati a gestire enti strutturalmente particolari, ben diversi dalle imprese alimentate dal capitale di rischio privato e finalizzate al perseguimento di interessi privati – e proprio perché il divieto assoluto in questione proviene dalla Regione siciliana.

Quest’ultima, infatti, nello stesso tempo, è titolare del manifestato interesse al contenimento della spesa pubblica ed esercita, sulla Società, “un controllo sulla gestione, analogo a quello esercitato sui propri servizi” (articolo 16-ter dello statuto, cit.), tale che, in definitiva, gli amministratori medesimi si trovano collocati in una posizione di sostanziale subordinazione gerarchica, sicché, in buona sostanza, l’Amministrazione regionale, agendo all’interno del quadro ordinamentale di riferimento, ha stabilito, con atti vincolanti, come utilizzare gli strumenti disponibili per raggiungere quella finalità individuata dalla legge e dalla Costituzione.

In altri termini, sussistendo il predetto divieto assoluto di assumere personale, alla mancata concessione, da parte della Regione stessa (che lo ha imposto e che è, per espressa previsione statutaria, titolare di incisivi poteri sulla gestione sociale), della deroga chiesta per far fronte a determinate esigenze (peraltro qui nuovamente prospettate quali argomenti di difesa processuale) può solo essere attribuito il significato della riconosciuta recessività dell’interesse sociale rispetto a quello perseguito, dall’Ente territoriale, vietando le assunzioni, vale a dire il contenimento della spesa pubblica. Ciò è sufficiente per escludere tassativamente ogni possibilità, per la Società, di assumere personale.

La spesa sostenuta per remunerare i lavoratori assunti in violazione di quell’espresso divieto assoluto, va, pertanto, ritenuta inutile, con la conseguenza che essa costituisce danno erariale, con esclusione della possibilità di valutare eventuali vantaggi comunque conseguiti dalla Società di appartenenza, atteso che il ricorso allo strumento di mitigazione della condanna è precluso dal fatto che la violazione di vincoli all’effettuazione della spesa, posti a tutela della sana gestione delle risorse finanziarie e a salvaguardia dei precari equilibri di bilancio degli enti pubblici, rende l’esborso implicitamente non utile e, come tale, insuscettibile di valutazioni compensative (in questi termini, Corte dei conti, Sez. giur. Sicilia, sent. n. 23 del 12 gennaio 2015).

8.1. Conseguentemente, avuto riguardo alla domanda attorea, il danno – come già rilevato supra, sub 6 – corrisponde al monte stipendi di ciascuno dei lavoratori in questione, calcolato sommando gli importi dei rispettivi CUD 2013, 2012 e 2011 e la metà dell’importo del CUD 2010, vale a dire pari a euro 274.543,00 come indicato dalla Procura.

9. Per quanto concerne il nesso di causalità, il Collegio rileva, anzitutto, che la Procura ha considerato, da una parte, la fase deliberativa, vale a dire quella riguardante l’avvenuta adozione della deliberazione del Consiglio di amministrazione del 6 agosto 2008 (supra, sub III.8), attribuendo a essa la quota di 4/6 del contestato danno, a sua volta ripartita nella misura di 1/6 per ciascuno dei quattro consiglieri che la hanno approvata (presidente l’odierno convenuto Sebastiano BURGARETTA APARO e consiglieri gli odierni convenuti Salvatore GUELI e Leonardo LE MURA, con l’esclusione, però, dell’imputazione a carico dell’altro membro, giacché poi deceduto); dall’altra, la fase esecutiva, vale a dire quella dell’assunzione dei lavoratori interessati, attribuendo a essa la quota di 2/6 del contestato danno, a sua volta ripartita nella misura di 1/6 a carico di Salvatore GUELI, che ha materialmente sottoscritto gli atti, e di 1/6 a carico di Sebastiano BURGARETTA APARO, per non aver vigilato sull’attività del primo.

Al riguardo, osserva il Collegio che la predetta ricostruzione, sebbene certamente rispettosa, almeno sotto il profilo qualitativo, della formale rappresentazione offerta dagli atti, non sembra rimasta scevra da taluni profili di irragionevolezza che la stessa rappresentazione reca con sé.

Più precisamente, va rilevato che, secondo la rappresentazione in parola, il giorno dopo l’adozione della deliberazione del 6 agosto 2008 – che subordinava espressamente le assunzioni decise in quella sede “all’esito positivo del Comitato di Controllo analogo” e che prevedeva, altrettanto espressamente, “di immettere in servizio” i lavoratori interessati “con decorrenza il primo giorno del mese successivo all’approvazione del presente verbale da parte del Comitato di controllo analogo” – il consigliere Salvatore GUELI avrebbe, in splendida solitudine e tenendo all’oscuro di ciò gli altri membri del Consiglio di amministrazione, inviato le lettere di impegno all’assunzione (supra, sub III.9) e, circa due mesi più tardi, vale a dire l’8 ottobre 2008, dopo che, nel frattempo, erano intervenuti altri due provvedimenti recanti divieto assoluto di assumere personale (supra, sub III.10 e III.12), lo stesso GUELI avrebbe, sempre in splendida solitudine e sempre tenendo all’oscuro di ciò gli altri membri del Consiglio di amministrazione, perfezionato le assunzioni stesse.

Orbene, ritiene, al riguardo, il Collegio che, in assenza di elementi che possano, in qualche modo, dare un razionale significato a quel quadro, sicuramente singolare, l’irragionevolezza che traspare dalla predetta rappresentazione dei fatti, così come questi emergono dagli atti, è di grado così marcato, da imporre, nei limiti consentiti dalla necessaria obiettività, una diversa lettura della vicenda.

Si osserva, infatti, che lo scenario in cui, a parte l’autore materiale delle assunzioni controverse, gli altri membri del Consiglio di amministrazione avrebbero totalmente ignorato ciò che, in aperta e immediata violazione del deliberato consiliare, stava accadendo, ed è poi accaduto, sembra porsi in aperta collisione con lo scenario costituito da più elementi che depongono, concordemente, in senso contrario.

Vengono, al riguardo, in rilievo: il ruolo ricoperto dagli interessati; la costruzione del procedimento, avuto riguardo all’attenzione prestata nel chiedere autorizzazioni e nell’apporre una chiara condizione sospensiva al perfezionamento delle assunzioni, peraltro rispettosa del cd. “controllo analogo”, e al fatto che la stessa non si è verificata; l’importanza della vicenda trattata, riguardante l’assunzione di personale in un ambito caratterizzato da espresse e totali limitazioni in tal senso; il dibattito in corso nell’ambito istituzionale di riferimento; le dimensioni della Società, che non sembrano equiparabili a quelle di una multinazionale, con la conseguenza che appare davvero difficile immaginare che la procedura in corso per assumere personale, sebbene di livello non particolarmente elevato, sia rimasta, di fatto, ignota ai suoi vertici.

Conseguentemente, esclusa ogni formulazione d’ipotesi, pur teoricamente e ragionevolmente possibile, sulle ragioni che stanno sullo sfondo, deve ritenersi che gli altri membri del Consiglio di amministrazione non solo sapessero dello sviluppo del procedimento riguardante le assunzioni in parola, incluso il perfezionamento delle stesse, ma anche che questi – non essendo stata assunta alcuna contraria iniziativa al riguardo, né di carattere reale (vale a dire, diretta a bloccare il procedimento), né di carattere obbligatorio (vale a dire, intesa a porre formalmente il consigliere Salvatore GUELI di fronte alle proprie responsabilità) – lo condividessero e ne fossero, dunque, sostanzialmente, compartecipi.

Da qui la necessità di rimodulare la ripartizione dell’apporto causale della condotta di ciascuno dei convenuti alla realizzazione del danno (pari a euro 274.543,00; supra, sub 8.1), determinandolo nella misura, uguale per tutti, di 1/4 a testa.

Esclusa, come indicato dalla Procura, la quota ascrivibile al consigliere di amministrazione poi deceduto, a ciascuno dei convenuti il danno va, pertanto, imputato nella misura di euro 68.635,75.

Da ciascuna quota, va, quindi, sottratto un quarto del danno colpito dalla prescrizione (complessivamente pari a euro 6.371,81; supra, sub 6), da tutti eccepita, con la conseguenza che l’imputazione va, così, rideterminata in euro 67.042,80 a testa.

Va, infine, tenuto conto del fatto che, per il convenuto Leonardo LE MURA, l’invalicabile limite previsto dalla prima parte dell’articolo 112 c.p.c. non consente, comunque, di prendere in considerazione, nel caso di condanna di questo, la parte che eccede la domanda della Procura, che nei suoi confronti ha agito per la somma di euro 45.757,16 (supra, sub V).

Non vi è spazio, invece, per valutare – come chiesto dalla difesa del convenuto Sebastiano BURGARETTA APARO – l’eventuale sussistenza dell’apporto causale di altri soggetti, non citati, che, avendo amministrato la Società in epoca successiva, non hanno agito, nel tempo, per eliminare o attenuare le conseguenze dannose delle condotte dei convenuti, poiché, avuto riguardo al caso di specie, caratterizzato dalla presenza di rapporti di lavoro ormai perfezionati e consolidati, la posizione di chi ha cagionato il danno è strutturalmente diversa, in fatto e in diritto, rispetto a quella di chi non vi ha rimediato e gli atti non forniscono elementi per un sufficiente apprezzamento delle relative condizioni, inclusa quella della conoscenza delle criticità che originariamente hanno interessato tali rapporti (supra, sub VI.2 e 2).

La relativa domanda va, pertanto, respinta.

10. Riguardo all’elemento soggettivo, è sufficiente rilevare che l’intera vicenda appare chiaramente caratterizzata dalla piena consapevolezza, da parte di tutti gli odierni convenuti, della sussistenza del divieto assoluto di assumere personale e dalla continua, quanto inutile, ricerca – che non ne ha, però, impedito la violazione – di percorsi utili per superarlo, con la conseguenza che, avendo, nonostante ciò, tenuto il comportamento espressamente vietato, la condotta di ciascuno deve ritenersi almeno gravemente colposa.

Né, al riguardo, giovano le considerazioni difensive secondo cui la deliberazione n. 221 del 30 settembre 2008 – con la quale la Giunta regionale, in vista del perseguimento della finalità di “contenere la spesa pubblica regionale per costi di personale”, ha stabilito di vietare, fra gli altri, alle “società a partecipazione maggioritaria della Regione di bandire concorsi, effettuare selezioni di personale, indipendentemente dalla qualifica o funzione da ricoprire, nonché di procedere all’assunzione di personale a tempo determinato o indeterminato ovvero a promozioni” – sarebbe stata conosciuta solo dopo le assunzioni dell’8 ottobre 2008, poiché la stessa è stata trasmessa con nota dell’Assessorato all’industria prot. n. 45658 dell’11 novembre 2008.

Sul punto – in disparte ogni considerazione sul fatto che la violazione del divieto assoluto di assumere si era, comunque, già consumata almeno rispetto al provvedimento presidenziale del 14 maggio 2008, tempestivamente ben conosciuto da tutti i convenuti – va, infatti, considerato che, pur volendo ammettere che quella sia effettivamente stata la prima occasione di conoscenza della deliberazione di Giunta in argomento, i fatti, come accertati nel processo, impongono di inquadrare la vicenda, ai soli fini dell’accertamento dell’elemento soggettivo, da altro angolo visuale, vale a dire facendo applicazione del principio secondo cui non si può invocare a proprio vantaggio un fatto compiuto in violazione di una regola.

Conseguentemente, non va dato rilievo al fatto che la notizia dell’avvenuta adozione di quell’atto è pervenuta dopo le assunzioni, ma va, piuttosto, preso atto del fatto che queste sono state, ingiustamente, perfezionate prima, atteso che, se fosse stato diligentemente rispettato il predetto provvedimento presidenziale (così come quello del il 17 settembre 2008; supra, sub III.10), la deliberazione della Giunta sarebbe intervenuta su una situazione di fatto non già ingiustamente compromessa.

11. L’avvenuto accertamento della sussistenza degli elementi strutturali dell’illecito conduce, dunque, il Collegio, in accoglimento parziale della domanda della Procura regionale, a dichiarare la responsabilità amministrativa dei convenuti e, per l’effetto, a condannare al pagamento, in favore della Società Multiservizi S.p.A. in liquidazione, della somma di:

11.a. euro 67.042,80 (sessantasettemilaquarantadue/80), a carico del convenuto Sebastiano BURGARETTA APARO;

11.b. euro 67.042,80 (sessantasettemilaquarantadue/80), a carico del convenuto Salvatore GUELI;

11.c. euro 45.757,16 (quarantacinquemilasettecento cinquantasette/16), a carico del convenuto Leonardo LE MURA.

A ciascuna delle predette somme vanno aggiunti la rivalutazione monetaria, calcolata, “adottando un criterio equitativo, improntato a semplicità e favorevole al convenuto” (Corte dei conti, Sez. giur. Sicilia, sent. n. 1558 del 9 aprile 2013), dall’ultimo giorno di servizio dei quattro lavoratori in questione (31 ottobre 2012; supra, sub III.14) alla data di pubblicazione della presente sentenza, e gli interessi legali, sulla somma così rivalutata, dalla data di pubblicazione della presente sentenza fino all’effettivo soddisfo.

12. Le spese di giustizia seguono la soccombenza e sono liquidate, in favore dello Stato, come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Siciliana, definitivamente pronunciando, in accoglimento parziale della domanda della Procura regionale, dichiara la responsabilità amministrativa dei convenuti sopra generalizzati e, per l’effetto, condanna:

1) Sebastiano BURGARETTA APARO, nato ad Avola (prov. Siracusa) il 6 maggio 1933, al pagamento, in favore della Società Multiservizi S.p.A. in liquidazione, della somma di euro 67.042,80 (sessantasettemilaquarantadue/80);

2) Salvatore GUELI, nato a Raffadali (prov. Agrigento) l’11 giugno 1955, al pagamento, in favore della Società Multiservizi S.p.A. in liquidazione, della somma di euro 67.042,80 (sessantasettemilaquarantadue/80);

3) Leonardo LE MURA, nato a Schaffausen (Svizzera) il 4 novembre 1968, al pagamento, in favore della Società Multiservizi S.p.A. in liquidazione, della somma di euro 45.757,16 (quarantacinquemilasettecentocinquantasette/16);

4) ciascuno dei convenuti Sebastiano BURGARETTA APARO, Salvatore GUELI, e Leonardo LE MURA, al pagamento, in favore della Società Multiservizi S.p.A. in liquidazione, della maggiorazione, sulla somma da ognuno rispettivamente dovuta, della rivalutazione monetaria, dal 31 ottobre 2012 alla data di pubblicazione della presente sentenza, e degli interessi legali, sulla somma così rivalutata, dalla data di pubblicazione della presente sentenza fino all’effettivo soddisfo;

5) Sebastiano BURGARETTA APARO, Salvatore GUELI, e Leonardo LE MURA, nella misura di un terzo ciascuno, al pagamento, in favore dello Stato, delle spese di giustizia, liquidate in euro 702,12 (euro settecentodue/12).

Manda alla Segreteria per gli adempimenti conseguenti.

Omissis