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GIOVANNI VIRGA

I nuovi principi costituzionali non possono abrogare
per implicito le disposizioni delle leggi previgenti

Le recenti modifiche al capo V della Costituzione, introdotte con la legge 18 ottobre 2001, n. 3, hanno animato un acceso dibattito, del quale si è dato conto nella presente rivista (1), circa la persistenza o meno del sistema dei controlli sugli atti degli Enti locali da parte dei CO.RE.CO.

Tale dibattito impone un breve intervento, anche al fine di evitare che le amministrazioni interessate siano fuorviate dalle tesi fin qui sostenute (quasi tutte concordi nel ritenere implicitamente abrogati i controlli a decorrere dall’8 novembre 2001, data di entrata in vigore della citata L. costituzionale n. 3/2001) e rimangano esposte ad azioni (anche di responsabilità) che potranno essere intentate a seguito della mancata sottoposizione al controllo di atti deliberativi e della attribuzione ad essi dell'immediata efficacia.

Gli argomenti utilizzati da coloro che propendono per una presunta abrogazione tacita ed immediata delle disposizioni che prevedevano i controlli sugli ee.ll., fanno essenzialmente leva su due aspetti:

a) la circostanza che è stato abrogato espressamente l’art. 130 Cost., il quale offriva in precedenza copertura costituzionale ai controlli sugli ee.ll.; più in generale si è fatto riferimento, per sostenere la tesi, ad una serie di principi contenuti nel nuovo titolo V della Costituzione dai quali deriverebbe la postulata abrogazione per incompatibilità delle norme statali in materia;

b) si è anche osservato (ma tale osservazione, a ben vedere, costituisce nient’altro che ulteriore utilizzo, sotto altro profilo, dell’argomento sub a) che l’articolo 126, comma 1, del D.lgs 267/2000, nel prevedere il controllo preventivo sugli atti locali, fa espresso riferimento all’ormai abrogato art. 130 della Costituzione.

Si tratta di argomenti certo non irrilevanti, ma che non reggono ad un attento vaglio critico.

Per quanto riguarda l’argomento sub a), va premesso che, secondo l’orientamento costante della giurisprudenza costituzionale, l’abrogazione di una legge, nel caso in cui essa si ponga in contrasto con la Carta costituzionale, presuppone una esplicita pronuncia del Giudice delle leggi. Costituisce infatti fondamentale principio di diritto costituzionale quello secondo il quale la circostanza che una legge sia sospetta di incostituzionalità ovvero addirittura si ponga in rotta di collisione con i principii della nostra Carta costituzionale, non rende ex se inoperante od abrogata (per implicito) la norma stessa, ma presuppone una esplicita pronuncia da parte del Giudice delle leggi. Non a caso, pur dopo l’avvento della nuova Costituzione repubblicana, sono rimaste in piedi (sino a quando non sono cadute sotto la scure della Corte costituzionale) diverse norme previste dal previgente ordinamento fascista, nonostante che molte di esse fossero in palese contrasto con la nuova Carta costituzionale.

Vero è che, secondo l’altrettanto costante orientamento della giurisprudenza, il giudice, fra le diverse interpretazioni possibili di una norma, deve interpretare quest'ultima secondo Costituzione, ma tale principio non esime lo stesso giudice, nel caso di contrasto tra norma e principio costituzionale, dal sollevare in via incidentale questione di legittimità costituzionale. Sostenere, come pur è stato fatto, che il contrasto tra norma e principio si risolva nel senso dell’abrogazione implicita della prima mi sembra proprio insostenibile.

Nella specie peraltro non si parla solo di una presunta abrogazione implicita (per incompatibilità) della legislazione statale che prevede i controlli sugli ee.ll. a seguito del nuovo assetto costituzionale determinato dalla entrata in vigore del nuovo testo del capo V della Costituzione, ma anche del fatto che con quest’ultimo testo sarebbe venuto meno "l’ombrello" costituzionale che prevedeva i controlli.

Questo secondo argomento ulteriormente conferma quanto si è appena detto: per ritenere abrogate le norme sui controlli sugli atti degli enti locali occorre una esplicita pronuncia da parte del Giudice costituzionale. Sostituirsi ad esso per sostenere una abrogazione tacita non sembra, anche sotto questo profilo, ammissibile.

Ancor più debole è l’argomento sub b) (e cioè il fatto che l’articolo 126, comma 1, del D.lgs 267/2000, nel prevedere il controllo preventivo sugli atti locali, fa espresso riferimento all’abrogato art. 130 della Costituzione), dato che il riferimento esplicito all’art. 130 Cost. contenuto nella citata norma del T.U. EE.LL. non può far ritenere abrogata (per implicito) la norma stessa, ma semmai può fare ritenere abrogato solo il suo richiamo alla Costituzione.

Deve pertanto concludersi (anche a costo di essere automaticamente qualificati come dei "conservatori" e comunque "non progressisti" dai sostenitori della tesi appena esposta), che il nuovo assetto costituzionale che verrà a determinarsi il giorno dell’entrata in vigore della legge 18 ottobre 2001, n. 3, non comporterà alcuna implicita abrogazione delle norme in materia, ma la loro perdurante vigenza, in attesa o che intervenga una esplicita pronuncia da parte del Giudice delle leggi, a seguito di giudizio incidentale di legittimità costituzionale, ovvero che l’autonomia prevista nei riguardi degli enti locali trovi espressa attuazione con apposite norme regionali che diano applicazione ai nuovi principi costituzionali. Solo in quel caso potrà parlarsi infatti di abrogazione implicita per incompatibilità.

L’abrogazione per incompatibilità di una norma può avvenire, infatti, nel nostro ordinamento, per l'insanabile ed esplicito contrasto con altra norma e non già per il suo contrasto con principi costituzionali, non essendo ammesso il sindacato diffuso da parte del giudice di merito e men che mai da parte dell’interprete.

Ragioni di prudenza, oltre che l’applicazione dei comuni principi in tema di sindacato sulle leggi, inducono pertanto a suggerire alle amministrazioni interessate di continuare a sottoporre a controllo le delibere in base alla vecchia normativa la quale, anche se ritenuta in contrasto con il nuovo assetto, non può essere ex se disapplicata dall’amministrazione. Tra il sospetto di incostituzionalità di una norma e la sua dichiarazione intercorre infatti la stessa distanza che si rinviene nel processo penale tra indizio ed accertamento della colpevolezza.

 

(1) V. sul punto, in questo numero della rivista, L. OLIVERI, L’abrogazione dei controlli sugli atti degli enti locali, nonchè il forum LexItalia.it, discussione "Controlli di legittimità".


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