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LUIGI OLIVERI

L’abrogazione dei controlli sugli atti degli enti locali

L’imminente entrata in vigore della legge costituzionale 3/2001 ha acceso un fervente dibattito, soprattutto con riferimento ad uno degli elementi di maggior rilievo: il permanere, o meno, dei controlli sugli atti degli enti locali.

Le posizioni in campo sono, essenzialmente due. Una prima posizione sostiene che sia necessaria una legge ordinaria che, in attuazione di quello che sarebbe solo un principio traibile dalla Costituzione, modifichi il D.lgs. 267/2000 e ne elimini le norme dedicate ai controlli del Co.Re.Co.

Una seconda posizione, al contrario, ritiene che i controlli siano direttamente eliminati dall’abrogazione dell’articolo 130 della Costituzione. Tale posizione trova anche punti di mediazione in chi sostiene sono eliminati solo i controlli ma non il Co.Re.Co., il quale può continuare a svolgere le funzioni previste dalla normativa vigente, ad esempio in tema di consulenza alle amministrazioni locali.

La posizione “conservatrice” sembra preoccupata di garantire il sistema da possibili elementi di illegittimità, oltre a considerare, evidentemente, la Costituzione come composta soprattutto da norme programmatiche.

Dette preoccupazioni, tuttavia, appaiono abbastanza facilmente superabili. Potrebbe, in effetti, sorgere il dubbio che una deliberazione di approvazione del bilancio di previsione adottata dall’ente locale dopo l’8 novembre, non inviata al controllo risulterebbe illegittima.

Ma, per affermare questo, occorre con assoluta certezza, sostenere che i controlli siano ancora vigenti. E l’operazione non si dimostra semplice.

Infatti, rispetto ai controlli degli enti locali la legge 3/2001 non ha, invero, introdotto una norma programmatica del tipo “i controlli degli enti locali debbono essere eliminati”. Al contrario ha abrogato direttamente la disposizione costituzionale che era a fondamento dei controlli medesimi, una disposizione costituzionale, quella sì, che richiedeva il successivo intervento del legislatore ordinario, chiamato a disciplinare gli organi di controllo, ad individuare i loro poteri, a dettarne l’organizzazione e a prevedere gli oggetti e le modalità del controllo medesimo.

Ma una norma costituzionale che abroga una precedente norma non può avere alcun contenuto programmatico, né essere condizionata ad una successiva attuazione. L’articolo 9 della legge 3/2001 abrogando l’articolo 130 della Costituzione elimina immediatamente e direttamente una disciplina costituzionale, senza necessità alcuna che intervenga una successiva attuazione alla sua disposizione. I controlli, dunque, dall’8 novembre in poi non avranno più alcun fondamento costituzionale.

In ogni caso, occorre tenere presente la genesi un po’ particolare di questa riforma costituzionale, la quale sostanzialmente segue e non precede tutta una serie di riforme apportate all’ordinamento locale dal legislatore ordinario. Scopo preciso scopo ed evidente della legge 3/2001 è l’obiettivo di dare alle leggi della seconda metà degli anni ’90 quella copertura costituzionale di cui difettavano.

L’impostazione fondamentale dei poteri amministrativi di regioni e comuni, infatti, è stata definita dalla legge 59/1997 e dal D.lgs 112/1998. Basti pensare che il principio di sussidiarietà, enfatizzato nella Costituzione, ha trovato cittadinanza proprio con la legge 59/1997.

In quegli anni erano ancora aperti i lavori della “Bicamerale”. Il legislatore, sull’ala dell’entusiasmo di una possibile riforma costituzionale ritenuta molto vicina, ha anticipato i tempi (creando non pochi scompensi nell’assetto complessivo dell’ordinamento giuridico) delle modifiche costituzionali, introducendo con la legislazione ordinaria modifiche ordinamentali estremamente rilevanti.

In particolare, la legge 127/1997 è stata la norma dedicata alla valorizzazione delle autonomie locali, sempre sull’onda del principio che si intendeva fissare a livello costituzionale, secondo il quale le funzioni amministrative dovevano essere svolte in primo luogo dagli enti più prossimi ai cittadini, con autonomia e responsabilità, legando anche più direttamente l’esercizio delle funzioni al prelievo delle risorse, per consentire alla popolazione amministrata un diretto controllo sull’operato dei capi delle amministrazioni, per altro eletti direttamente.

Uno dei sistemi pensati dal legislatore per consentire l’evoluzione della disciplina voluta, è consistito nell’eliminazione dei controlli esterni, da sostituire col potenziamento di quelli interni.

Ma la legge 127/1997, e di conseguenza il D.lgs 267/2000, non poteva del tutto sopprimere i controlli, dal momento che l’articolo 130 della Costituzione era ancora vigente.

Analizzando, allora, la svolta operata con la legge 3/2001, si nota come l’abrogazione dell’articolo 130 della Costituzione dia corso al completamento del disegno normativo del legislatore della seconda metà degli anni ’90, considerato nella sua globalità. Questa sorta di esame dell’intenzione del legislatore o dei “lavori preparatori allargati” della riforma costituzionale fornisce un chiaro segnale interpretativo: i controlli sono da ritenere immediatamente eliminati.

Esistono, poi, altri canoni che confermano quanto fin qui sostenuto. In applicazione dell’articolo 15 delle preleggi, si potrebbe ritenere che già la semplice entrata in vigore della novella costituzionale porti con sé l’immediata soppressione dei controlli. E’ noto che l'incompatibilità tra le nuove disposizioni e quelle precedenti si verifica quando fra due leggi vi sia una contraddizione tale da renderne impossibile la contemporanea applicazione.

Ora, la legge 3/2001, per altro di rango costituzionale, elimina i controlli, all’espresso fine di esaltare l’autonomia degli enti locali. Appare, allora, del tutto chiaro che le leggi ordinarie disciplinanti i controlli sugli atti degli enti locali siano incompatibili con una normazione costituzionale che li abroga.

Ma, inoltre, occorre sottolineare che esiste un dato normativo estremamente importante, idoneo a risolvere il problema, senza porre in campo altri criteri interpretativi: è il testo dell’articolo 126, comma 1, del D.lgs 267/2000.

Detta norma prevede espressamente che “il controllo preventivo di legittimità di cui all’articolo 130 della Costituzione sugli atti degli enti locali [...]”.

Ora, l’espresso richiamo alla norma costituzionale posta a fondamento dei controlli deve necessariamente far concludere che il legislatore ordinario ha voluto radicare l’esercizio dei controlli alla vigenza della norma medesima. Pertanto, non esistendo più quella norma, il controllo previsto dal D.lgs 267/2000 non può essere esercitato.

In sostanza, guardando alla lettera dell’articolo 126 del testo unico sull’ordinamento degli enti locali, si nota che la legge 3/2001 ha un’influenza diretta, e non mediata, sul regime dei controlli. Insomma, mancando l’articolo 130 della Costituzione, il controllo preventivo di legittimità, necessario od eventuale, disciplinato dal D.lgs. 267/2000, non può più essere esercitato.

L’abrogazione dell’articolo 130 della Costituzione travolge con sé gli articoli 126, 127, 128, comma 1, 133, 134, 135, comma 2, 163, comma 1, 174, commi 3, secondo periodo, e 4, 227, comma 2, ultimo periodo, 239, comma 2, lettera a), del testo unico degli enti locali, nonché tutte le altre leggi regionali riguardanti gli organi di controlli, nelle parti volte a fissare modalità e termini per l’esercizio del controllo.

Restano in piedi, invece, le disposizioni sui Co.Re.Co., contenute sia nel testo unico, sia nelle leggi regionali, fermo rimanendo che dall’8 novembre in poi sarà solo la legge regionale a regolamentarne il funzionamento e a decidere se e con quali compiti gli organi di controllo potranno restare in piedi.

Restando così le cose, i comitati di controllo potranno ancora, ad esempio, diffidare gli enti locali che non abbiano approvato il bilancio di previsione nei termini ed anche nominare il commissario, avviando la procedura di scioglimento, trattandosi di partecipazione alla procedura di controllo sugli organi e non sugli atti.

E’, invece, da escludere che le leggi regionali possano reintrodurre i controlli ex novo, nonostante la Costituzione novellata non lo vieti espressamente.

Le leggi ordinarie, infatti, debbono rispettare il principio di costituzionalità, da ritenere speculare al principio di legalità degli atti amministrativi. La costituzionalità, secondo la migliore dottrina, si determina quando la legge non sia in contraddizione con la costituzione. Appare del tutto evidente, allora, che una legge ordinaria finalizzata a reintrodurre i controlli sugli atti degli enti locali si porrebbe in contraddizione con l’eliminazione degli stessi, operata dal legislatore costituente.

V. anche:

G. VIRGA, I nuovi principi costituzionali non possono abrogare per implicito le disposizioni delle leggi previgenti.

Il forum LexItalia.it, discussione "Controlli di legittimità".


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