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Legislazione

 

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI - CIRCOLARE 2 maggio 2001 n. 1 (in G.U. n. 101 del 3-5-2001 - Suppl. Ordinario n.105) - Guida alla redazione dei testi normativi

A tutti i Capi Uffici legislativi - LORO SEDI

Facendo  seguito  alla  circolare del Presidente del Consiglio dei Ministri  del  20 aprile 2001, n. 1.1.26/10888/9.92, pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  italiana  n. 97 del 27 aprile 2001,  si  trasmette  il  testo della "Guida alla redazione dei testi normativi"  elaborata  da questo Dipartimento in esecuzione di quanto previsto dalla circolare medesima.

La Guida indica le regole, di carattere formale e sostanziale, cui si  attengono le amministrazioni nella redazione dei testi normativi, legislativi  o  di altra natura. Dette regole sono tratte, per quanto riguarda  le fonti legislative, dalla citata circolare del Presidente del  Consiglio  dei  Ministri;  esse sono completate ed estese, con i dovuti   accorgimenti,   alle   altre  fonti  ed  in  particolare  ai regolamenti.  La  Guida,  inoltre,  fornisce  elementi  di  redazione sostanziale,   cioe'   requisiti   e   contenuti   da   prendere   in considerazione nella redazione di testi normativi.

Le indicazioni della Guida costituiscono, pertanto, da un lato, un ausilio  alla  corretta  o  comunque  omogenea redazione dei testi e, dall'altro, la preventiva indicazione dei parametri cui si atterranno gli  uffici della Presidenza del Consiglio dei Ministri per valutarne il  grado di maturazione ai fini della presentazione al Consiglio dei Ministri  e  per gli eventuali successivi interventi di coordinamento formale.

Le  SS.LL.  sono  invitate  ad assicurarne l'applicazione da parte degli uffici di rispettiva competenza.

Roma, 2 maggio 2001

Il capo del Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi

MALICONICO

PRESENTAZIONE

L'attenzione  verso  la  qualita'  della  regolazione si e' andata accentuando  in  questi ultimi anni. Alla base ditale attenzione v'e' la  constatazione  che  la  norma  giuridica  non  e' neutra, ma anzi orienta la dislocazione di risorse materiali ed umane. Essa e' quindi parametro  di  efficienza  o  d'inefficienza  del sistema economico e sociale.  Le  regole  non  sono  di per se' troppe o poche in termini assoluti.  Sono  troppe  le  regole  cattive,  e sono tali quelle che costituiscono  onere  ingiustificato  per  cittadini ed imprese. Come quei  rimedi  che,  nell'intento  di  curare un male, ne provocano di nuovi e maggiori o comunque generano gravi effetti collaterali.

In  Italia  si e' recentemente provveduto, anche su sollecitazione di   organismi   internazionali,   ad  introdurre  uno  strumento  di valutazione  degli  effetti  diretti ed indiretti delle regole con la legge  di  semplificazione  8 marzo 1999, n. 50, con la direttiva del Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  27 marzo 2000 (1) e con la conseguente  Guida alla sperimentazione dell'analisi di impatto della regolamentazione (AIR) del 16 gennaio 2001 (2).

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(1)  (Pubblicata  nella Gazzetta ufficiale del 23 maggio 2000, n. 118)

2)  (Pubblicata  nella  Gazzetta  ufficiale del 7 marzo 2001, 55, supplemento ordinario n. 46.).

Si  tratta  di  un  importante passo in avanti. Nondimeno non deve essere  tralasciato  l'altro,  e  piu'  tradizionale,  aspetto  della qualita'   della   regolazione.   Quello  del  linguaggio  usato  dal regolatore,  della sua comprensibilita' da parte del destinatario dei precetti, del carattere sistematico ed organico delle disposizioni.

Anche  rispetto  a  questi  profili  e'  aumentata la sensibilita' nazionale  e  internazionale.  Basti  considerare  la  recente  Guide Pralique  Commun  della  Comunita'  europea, la legge 27 luglio 2000, n.2l2,  sullo  statuto  del contribuente, la circolare del Presidente del  Consiglio  dei  ministri  in  materia  di  redazione  degli atti legislativi,  elaborata  d'intesa  con  i Presidenti della Camera dei deputati  e  del  Senato  della  Repubblica,  che  ha  aggiornato  la precedente analoga circolare datata 24 febbraio 1986.

La presente Guida alla redazione dei testi normativi si propone di raccogliere,  da  un  lato,  in  forma  piu'  analitica  le  regole e raccomandazioni in tema di redazione dei testi legislativi risultanti dalla suddetta circolare del Presidente del Consiglio dei ministri e, dall'altro,  quelle  che riguardano piu' specificamente l'istruttoria normativa  del Governo nonche' le fonti tipiche dell'amministrazione, e  cioe'  i  regolamenti. Essa tenta quindi di riassumere in un unico contesto  regole  formali  e  sostanziali.  Le  prime, riguardanti il linguaggio normativo e la ricerca di moduli omogenei di redazione dei testi.  Le  seconde, rivolte a richiamare l'esigenza di tenere conto, al  momento della redazione dei testi, dei limiti della varie fonti e della  necessita'  di  programmare  la  ripartizione tra queste della disciplina  della  materia,  nonche'  di  impostare  correttamente il processo  di  produzione  delle  norme,  in  modo  da evitare che una cattiva   o  perplessa  impostazione  iniziale  comprometta  la  fase attuativa.

In  questo  compito, la Guida vuole essere anche la ricognizione e l'ideale  trasmissione  delle  esperienze  maturate  nel  corso della legislatura  in  via  di  conclusione,  specialmente  nelle  riunioni preparatorie  del  Consiglio  dei  Ministri.  Ai  colleghi  di queste ultime,  che  ritroveranno  spesso in questa Guida l'eco di argomenti trattati  insieme nel "preconsiglio", il ringraziamento per il lavoro svolto in comune.

Il capo del Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi

MALICONICO

REGOLE DI REDAZIONE DEI TESTI NORMATIVI

1 REGOLE FORMALI - IL LINGUAGGIO NORMATIVO

1.1 STILE DELLE DISPOSIZIONI

1.2 ABBREVIAZIONI E SIGLE

1.3 CONGIUNZIONI  

1.4 MAIUSCOLE

1.5 NEOLOGISMI 

1.6 TERMINI GIURIDICI, TECNICI E STRANIERI

1.7 OMOGENEITĄ TERMINOLOGICA 

1.8 VERBI

1.9 RIFERIMENTI NORMATIVI  

1.9.1 Riferimenti interni

1.9.2 Riferimenti esterni

2 LA STRUTTURA DELL'ATTO NORMATIVO  

2.1 IL TITOLO DELL'ATTO NORMATIVO

2.2 LE PREMESSE DELL'ATTO NORMATIVO 

2.2.1 Premesse in generale    

2.2.2 Premesse dei decreti legislativi  

2.2.3 Premesse dei decreti-legge 

2.2.4 Premesse dei regolamenti

2.2.5 Regolamenti di delegificazione

2.2.6 Concerti e intese   

2.3 LE PARTIZIONI DEL TESTO  

2.3.1 L'articolo 

2.3.2 Numerazione e rubriche degli articoli 

2.3.3 Il comma     

2.3.4 Partizioni di livello superiore all'articolo

2.3.5 Gli allegati 

3 RAPPORTI FRA ATTI NORMATIVI    

3.1 ABROGAZIONE 

3.2 DEROGA 

3.3 NOVELLA 

3.3.1 Numerazione e rubricazione degli articoli aggiunti con novella

3.3.2 Numerazione dei commi nella novella

3.4 PROROGA E SOSPENSIONE 

3.5 REVIVISCENZA 

4 ASPETTI SOSTANZIALI DI REDAZIONE E CONTENUTO TIPO DELL'ATTO

4.1  FINALITĄ E OGGETTO DELL'INTERVENTO NORMATIVO

4.2  AMBITO DI EFFICACIA DELL' ATTO 

4.3  DEFINIZIONI NORMATIVE 

4.4  CONTENUTO DISPOSITIVO: DISPOSIZIONI SOSTANZIALI O PROCEDURALI 

4.5  DIVIETO DI NORME INTRUSE

4.6  DISPOSIZIONI CHE RINVIANO A REGOLAMENTI 

4.7  MODALITĄ DI ADOZIONE DI SUCCESSIVI ATTI APPLICATIVI

4.8  DISPOSIZIONI CONCERNENTI REGOLE TECNICHE ED AIUTI DI STATO   

4.9  COPERTURA AMMINISTRATIVA  

4.10 DISPOSIZIONI CHE PREVEDONO COMPETENZE DI REGIONI ED ENTI LOCALI

4.11 DISPOSIZIONI TRIBUTARIE  

4.12 DISPOSIZIONI INTERPRETATIVE

4.13 DISPOSIZIONI CONTENENTI TERMINI

4.14 DISPOSIZIONI SANZIONATORIE

4.15 DISPOSIZIONI DI COPERTURA FINANZIARIA 

4.16 DISPOSIZIONI ABROGATIVE   

4.17 DISPOSIZIONI TRANSITORIE 

4.18 ENTRATA IN VIGORE E DECORRENZA DI EFFICACIA

4.19 CLAUSOLA DI INSERZIONE NELLA RACCOLTA DEGLI ATTI NORMATIVI

5 REGOLE SPECIALI PER PARTICOLARI ATTI   

5.1 REGOLE PERI DECRETI-LEGGE EI DiSEGNI DI LEGGE DI CONVERSIONE 

5.2 REGOLE PER I DISEGNI DI LEGGE DI DELEGAZIONE ED I DECRETI LEGISLATIVI    

5.2.1 Termine per l'esercizio della delega 

5.2.2 Oggetto della delega  

5.2.3 Principi e criteri direttivi 

5.2.4 Altre disposizioni da inserire nella delega

5.2.5 Aspetti formali del decreto legislativo

5.2.6 Aspetti sostanziali del decreto legislativo

5.2.7 Decreti legislativi correttivi  

5.3 REGOLE PER IL DISEGNO DI LEGGE COMUNITARIA

5.4 REGOLE PER I DISEGNI DI LEGGE SULLE INTESE CON LE CONFESSIONI RELIGIOSE 

5.5 REGOLE PER I DECRETI LEGISLATIVI DI ATTUAZIONE DI STATUTI SPECIALI

5.6 REGOLE PER LE DISPOSIZIONI REGOLAMENTARI

5.6.1 - Regolamenti governativi 

5.6.3 - Regolamenti ministeriali

5.7 - REGOLE PER I TESTI UNICI

 

ALL. 1

ALL. 2

ALL. 3 

ALL. 4   

ALL. 5  

ALL. 6  

ALL.

 

               REGOLE DI REDAZIONE DEI TESTI NORMATIVI

1 REGOLE FORMALI - IL LINGUAGGIO NORMATIVO

1.1 Stile delle disposizioni

Il precetto normativo ha la valenza di un ordine. Esso, dunque, e' efficace  ed autorevole solo se e' preciso, sintetico e chiaro per il destinatario.

Ottengono  tale  risultato  le  disposizioni  brevi,  chiare,  non involute,  caratterizzate  dalla forma precettiva e prive di premesse che  si propongano di darne una motivazione. La corretta formulazione della  disposizione  normativa evita qualsiasi ambiguita' semantica e sintattica,  e  persegue gli obiettivi della semplicita' espositiva e della precisione di contenuto.

Quanto alla brevita, il periodo non contiene incisi complessi, che rendono  difficile  la  lettura e la comprensione generale del testo. Piuttosto   che   ricorrere   ad   incisi  involuti,  e'  preferibile interrompere il periodo con il punto e ricominciare la frase, in modo che ciascuna disposizione abbia un contenuto preciso.

La previsione normativa procede rapidamente alla definizione degli elementi  principali della fattispecie, con la precisa indicazione di soggetto,  predicato verbale e oggetto. Seguono ulteriori periodi che meglio  delimitano la fattispecie, quanto a presupposti, condizioni o deroghe alla stessa.

Quanto  alla  chiarezza,  e'  necessario  ricordare che in sede di attuazione  le  disposizioni dovranno essere interpretate, anzitutto, nel   senso  reso  "palese  dal  significato  proprio  delle  parole" (articolo 12 delle disposizioni sulla legge in generale).

L'esigenza  di  chiarezza per il legislatore e' maggiore quando ad una  disposizione  si  attribuiscono  effetti  derogatori rispetto ad altre   disposizioni  o  a  principi  generali.  in  caso  contrario, l'interpretazione  non  potra'  che  penalizzare  l'asserzione di chi invoca l'ampliamento dei propri poteri o diritti.

Quanto  alla  sinteticita,  il  linguaggio della disposizione deve essere   asciutto  e  non  contenere  aggettivi  o  avverbi  che  non aggiungono nulla all'imperativita' della disposizione medesima.

Ad  esempio,  non  v'e'  ragione di utilizzare l'aggettivo "tutti" quando  la  disposizione  di  per  se'  non  esclude alcun soggetto o elemento della fattispecie. Cosi, non e' corretto usare l'espressione "Il   Ministro  convoca  periodicamente  una  riunione  di  tutte  le organizzazioni non governative", perche' e' di per se' sufficiente il riferimento alle organizzazioni non governative.

Quanto  alla  precisione,  le  disposizioni  individuano,  in modo chiaro,  i fatti giuridici oggetto di regolazione, gli effetti che ad essi  si  connettono,  definiscono  in  modo  univoco  le  situazioni giuridiche  soggettive,  attive  o  passive, che ne derivano, evitano formulazioni  dal  significato  incerto  o  non  pienamente capaci di garantire la corrispondenza dell'elemento disciplinato al nomen iuris utilizzato.

Quanto  all'univocita,  la redazione delle disposizioni e' rivolta ad  assicurare la coerenza, la non contraddittorieta' e l'omogeneita' terminologica  delle  disposizioni, sia all'interno dello stesso atto normativo,   sia  tra  atti  normativi  diversi.  Assicura,  altresi, l'aderenza   del   precetto  all'ambito  oggettivo  e  soggettivo  di applicazione dell'atto.

Naturalmente,  il  carattere  di  generalita'  o  di dettaglio del precetto  e'  relazionato  al  tipo di fonte cui l'atto afferisce. In generale, alla legge e' riservata la previsione delle regole generali e  di  inquadramento  della  materia, regole generalmente destinate a durare   nel  tempo.  Ai  regolamenti  ed  alle  fonti  ulteriormente subordinate  e'  affidata  la  normativa  di dettaglio e di carattere organizzativo,   suscettibile   di   piu'   frequenti   mutamenti   o adattamenti.

1.2 Abbreviazioni e sigle

Le  abbreviazioni,  consistenti nel troncamento della parte finale della parola o di altre parti che compongono la parola, sono escluse, con  la  sola  eccezione  dell'abbreviazione  "ART."  per  la  parola articolo, ma limitatamente all'intestazione di ciascun articolo.

Le  sigle,  costituite  dalle  iniziali di piu' parole, sono utili solo se esplicitate nel testo medesimo. Percio, se un ente, un organo o  un  qualunque  istituto  (ad esempio, imposta sul valore aggiunto, valutazione  di  impatto  ambientale)  sono  citati ripetutamente nel medesimo  atto  normativo,  e'  ammesso  che, dopo la prima citazione fatta  per  esteso e seguita dalla sigla tra parentesi, le successive citazioni siano effettuate con la sola sigla.

Le lettere che compongono la sigla sono scritte in maiuscolo e, al fine  di  agevolare  la  ricerca  con strumenti informatici, non sono separate da punti.

E'  opportuno  che,  ove  si  ricorra  a denominazioni abbreviate, queste  contengano  almeno  una  parola  che  specifichi il contenuto relativamente  alla materia trattata, al fine di agevolare la ricerca elettronica.  Nello  stesso  caso,  nella  prima  citazione  va posta l'espressione  per esteso, seguita dalla denominazione abbreviata che sara'  usata  al  suo  posto,  preceduta  dalle  parole  "di  seguito denominato(a)".

1.3 Congiunzioni

L'uso  delle congiunzioni tiene conto dell'effetto che ne consegue sul piano precettivo.

La  congiunzione "e" implica che, in una enumerazione di requisiti o  presupposti  o  condizioni,  tutti tali elementi devono concorrere perche' l'effetto della disposizione si verifichi.

La  congiunzione  disgiuntiva "o" ha significati diversi a seconda che implichi previsioni alternative tra loro, l'una escludente altra, o  invece  previsioni non alternative tra loro, che possono ricorrere insieme  o  disgiuntamente.  Nel  primo caso si parla di formulazione disgiuntiva   assoluta   ("aut...aut"),  nell'altro  di  formulazione disgiuntiva relativa ("vel...vel").

Quando  dal contesto della disposizione non risulta evidente l'una o l'altra opzione il dubbio va sciolto come segue:

a)   per   specificare   la  disgiuntiva  assoluta  si  ripete  la disgiunzione "o" due volte;

b) per esprimere la congiunzione disgiuntiva relativa, va comunque evitato l'impiego dell'espressione "e/o", e si utilizzano formule che con  chiarezza  esprimono  il  carattere  additivo della elencazione, quali "ovvero" o "congiuntamente o disgiuntamente" e simili.

Quando  la disposizione e' articolata in una serie di lettere o di numeri,  e' necessario tenere conto del vincolo che si intende o meno istituire  tra  le  diverse  previsioni.  A  tale  fine,  per evitare equivoci  e  sempre  che  il  contesto  non  renda  palese  la scelta perseguita,  si  specifica  nell'alinea  del  comma  se le previsioni contenute  nelle lettere o nei numeri sono richieste alternativamente o congiuntamente.

Per evitare cacofonie, davanti a parole che iniziano con la stessa vocale, le congiunzioni assumono la "d": "ed", "od".

Va evitata la doppia negazione.

1.4 Maiuscole

Per  evitare  forme  enfatiche di redazione del testo, l'uso delle lettere  iniziali maiuscole e' limitato ai soli casi di uso corrente, strettamente   necessari,   come  i  nomi  propri,  le  denominazioni geografiche,  o  quelli che, con iniziale maiuscola, hanno un effetto indicativo puntuale (ad esempio, Stato, Repubblica, ecc.).

Inoltre,  anche  quando l'uso della maiuscola e' consentito, esso, nel  caso  di  espressioni  composite,  e' limitato alla prima parola soltanto.   Ad   esempio,   Ministro   dell'interno,   non   Ministro dell'interno;  Consiglio  dei  ministri,  non Consiglio dei Ministri, ecc.

In  ogni  caso,  all'interno  di  uno  stesso  testo normativo, il criterio seguito deve essere rigorosamente uniforme.

1.5 Neologismi

Il  ricorso  a  neologismi e' consentito solo se essi sono entrati nell'uso corrente della lingua italiana.

Negli  altri casi, quando e' comunque necessario per la precisione del  testo  ricorrere  a neologismi, il testo medesimo ne fornisce la definizione rilevante per la sua applicazione (v. par. 4.3).

1.6 Termini giuridici, tecnici e stranieri

I  termini  attinti  dal  linguaggio  giuridico  o  dal linguaggio tecnico  sono  impiegati  in modo appropriato, secondo il significato loro  assegnato  dalla scienza o dalla tecnica che li concerne. Se un termine  ha,  nella  sua  accezione tecnico-giuridica, un significato diverso da quello che lo stesso termine ha nel linguaggio comune, dal contesto deve risultare con chiarezza, eventualmente attraverso l'uso di  definizioni, quale significato e' attribuito al termine nel testo in questione.

Sono evitati i termini stranieri, salvo che siano entrati nell'uso della  lingua italiana e non abbiano sinonimi di uso corrente in tale lingua.  La  parola  straniera assunta nella lingua italiana e' usata esclusivamente al singolare, salvo i casi gia' entrati nell'uso.

1.7 Omogeneita' terminologica

Per  evitare  equivoci  o  dubbi interpretativi e per agevolare la ricerca con strumenti informatici dei testi normativi, ad un medesimo concetto od istituto corrisponde nel testo una identica denominazione in  tutte  le  parti  del testo stesso (titolo, articoli e allegati), senza  fare  ricorso  a  sinonimi.  E' necessario, altresi, mantenere fermi i termini nel loro impiego tradizionale.

Per  indicare  il  provvedimento  di  un'autorita,  e' preferibile adottare  la formulazione "Con decreto del Ministro.... e' fissato il canone  di  concessione....", invece che "Il Ministro.... con proprio decreto fissa il canone di concessione....".

1.8 Verbi

Nella   formulazione   dei   precetti  e'  essenziale  la  massima uniformita' nell'uso dei modi verbali.

Il  modo  verbale  proprio  della  norma giuridica e' l'indicativo presente, modo idoneo ad esprimere il comando. Il modo congiuntivo ed il  tempo  futuro  non  raggiungono  lo  stesso  effetto,  in  quanto esprimono  l'ipoteticita' o la non immediatezza del precetto. In ogni caso,  il  ricorso  a  tempi  o modi diversi dall'indicativo presente accentua la disomogeneita' del testo ed e, percio, evitato.

Anche  le  congiunzioni  si adeguano naturalmente a tale regola: i presupposti  di  una  disposizione, invece che con l'inciso "qualora" seguito  dal  congiuntivo,  si  esprimono  con il "se" e l'indicativo presente.

E' opportuno evitare:

- incisi  con  il gerundio. Tali incisi non consentono di individuare con  chiarezza  il  soggetto  della  previsione  ne'  il  grado  di imperativita'  della  stessa,  inoltre rendono involuto il periodo.

Quest'ultimo  e,  preferibilmente, interrotto alla fine della frase principale,  mentre  il  gerundio e' sostituito con una frase a se' stante;- la  forma passiva, ed in particolare il "si" passivante, quando con il suo impiego non risulta chiaro l'agente o il destinatario cui la disposizione si riferisce.

Quanto ai verbi servili, l'uso degli stessi e' soggetto a puntuale verifica  del significato che detti verbi sono in grado di attribuire alla frase, anche al di la' della volonta' del redattore.

In   particolare   i   verbi  servili  sono  usati  per  esprimere l'obbligatorieta' o la possibilita' di una certa condotta.

Peraltro,   l'uso   del   verbo  servile  diretto  a  sottolineare l'obbligatorieta'  del  comportamento richiesto al destinatario della disposizione  ("deve";  "ha  l'obbligo  di";  "e'  tenuto  a")  nulla aggiunge  all'imperativita'  della  norma. Un ordine, cui il precetto giuridico  e'  assimilabile,  non  si  esprime  con  le  parole  "sei obbligato a fare", bensi' con l'imperativo "fai".

L'imperativita'  si trae dalle conseguenze che l'atto o il sistema ricollegano  all'inottemperanza,  non  dall'uso  del verbo "dovere" o simili  espressioni.  Anzi, l'uso di queste ultime in certe parti del testo  e'  idoneo ad ingenerare nell'interprete il dubbio che analoga obbligatorieta'  non sussista nelle altre parti del testo nelle quali il verbo servile "dovere" non e' usato.

La  forma  imperativa,  senza ausiliari, ha l'effetto di escludere che  la  norma tolleri comportamenti diversi da quello descritto, con la conseguenza che detti comportamenti incorrono in tutte le sanzioni tipiche  dell'ordinamento,  non solo in quelle che reprimono condotte contrarie alla norma, ma anche in quelle che colpiscono l'atto in se' e  la sua stessa capacita' di produrre effetti (nullita, inefficacia, invalidita, ecc.).

Ancora  piu'  insidioso  e'  l'uso  del  verbo  servile "potere" e simili.  Contrariamente all'apparenza, talora l'uso del verbo servile "puo"  non  introduce  realmente  una  mera  facolta,  ma  esprime un comportamento  doveroso  in presenza di determinate circostanze. Cio' vale  sia  per i soggetti pubblici, sia per i soggetti privati. Per i primi,    la   possibilita'   implica   il   potere   di   apprezzare discrezionalmente  i presupposti di fatto, con la precisazione che in presenza  di  determinati  presupposti  l'esercizio del potere non e' libero,  bensi'  doveroso. Per i secondi, la possibilita' di adottare certi  comportamenti non implica liberta' assoluta, bensi' scelta cui consegue un effetto giuridico.

In  conclusione,  il  verbo  servile va evitato e va utilizzata la formula  diretta  del  presente  indicativo. Nei casi, residuali, nei quali  non  e'  dato descrivere puntualmente il significato voluto se non  ricorrendo al verbo servile, e' necessario che l'estensore tenga conto   delle   implicazioni   sopra  richiamate.  In  ogni  caso  e' assolutamente  da  evitare  l'uso  del  verbo  "venire"  in  luogo di "essere".

Un esempio puo' chiarire i possibili effetti dell'uso non corretto del verbo servile. L'articolo 19, comma 3, del decreto del Presidente della  Repubblica 31 dicembre 1992, n. 546, recita: "Gli atti diversi da  quelli  indicati non sono impugnabili autonomamente. Ognuno degli atti  autonomamente  impugnabili  puo' essere impugnato solo per vizi propri.  La  mancata notificazione di atti autonomamente impugnabili, adottati    precedentemente    all'atto   notificato,   ne   consente l'impugnazione unitamente a quest'ultimo".

Le  due  espressioni  sopra evidenziate sono rivolte ad attribuire una  facolta'  al  ricorrente,  nel senso che, ovviamente, nessuno e' obbligato  ad  impugnare  alcunche.  Ma  e'  altrettanto evidente che l'impugnazione  e'  doverosa  se  si  vuole evitare il consolidamento dell'alto   lesivo   e  soprattutto,  con  riferimento  alla  seconda espressione,  che  non  e'  dato al ricorrente scegliere se impugnare solo  l'atto  successivo o anche l'atto presupposto. Contrariamente a quanto  sostenuto  talora  davanti  alle  Commissioni  tributarie, il ricorrente  che  intende  impugnare l'atto conseguente deve impugnare l'atto   presupposto,  a  pena  di  decadenza  delle  censure  contro quest'ultimo.

Piu'  corretta  sarebbe  stata  la  seguente formazione: "Gli atti diversi  da  quelli  indicati non sono impugnabili autonomamente. Con l'impugnazione   sono   dedotti  soltanto  i  vizi  propri  dell'atto impugnato  o  di  atto presupposto di quest'ultimo, non autonomamente impugnabile.   La   contestuale   impugnazione  di  precedente  atto, autonomamente  impugnabile,  e'  ammessa  solo  in  caso  di  mancata notificazione  dell'alto precedente. In quest'ultimo caso, il termine per l'impugnazione, a pena di decadenza, dell'atto precedente decorre dalla  data  di notificazione dell'atto successivo o, comunque, dalla piena conoscenza del primo".

1.9 Riferimenti normativi.

1.9.1 Riferimenti interni.

Per  riferimenti interni, si intendono i riferimenti agli articoli ed  ai commi del medesimo atto normativo che opera il riferimento. In detti riferimenti si applicano le seguenti regole:

a) la  citazione  degli  articoli  e' seguita dall'espressione "della presente  legge"  solo  quando, e in questo caso l'integrazione e' obbligatoria,  nello  stesso testo sono presenti riferimenti anche ad  altre  fonti  normative e si puo' quindi verificare incertezza interpretativa

b) la  medesima  regola  di  cui  alla  lettera  a)  si  applica alla citazione  di  un  comma  all'interno  di  uno stesso articolo; in questo  caso,  cioe,  l'espressione  "del  presente  articolo"  e' utilizzata  soltanto  se  ulteriori  riferimenti  ad  altre  fonti normative o ad altri articoli producono incertezza;

c) nei testi recanti la numerazione dei commi, la citazione di questi ultimi e' fatta sempre con il numero cardinale e non con il numero ordinale;

d) va  evitato  l'uso  delle espressioni "precedente" e "successivo". Tali  espressioni  sono  superflue, stante la necessita' di citare sempre  il  numero  degli  articoli  e  dei commi, e d'altra parte possono   determinare   problemi   di  coordinamento  e  dubbi  di individuazione in caso di modifiche successive al testo.

1.9.2 Riferimenti esterni Per  riferimenti  esterni,  si  intendono  i  riferimenti  ad atti diversi  da  quello  che  opera il richiamo. A tali riferimenti si applicano le seguenti regole:

a) la  citazione e' fatta con l'indicazione della data (giorno, mese, anno)  di  promulgazione  o  emanazione  della legge o del decreto citato  e del numero. Nelle premesse e' ammessa anche la citazione del  titolo dell'atto. In caso di ripetute citazioni di una stessa legge  o decreto, e' ammessa - ma solo per le citazioni successive alla  prima  -  la  semplice  indicazione  del numero e dell'anno, omettendo il giorno e il mese;

b) per  i  riferimenti ad un atto che ha subito modificazioni, si usa la  formula  "e  successive modificazioni", omettendo le parole "e integrazioni",    che    possono    essere   fonte   di   equivoci interpretativi,  solo  quando  tali  modificazioni  riguardano  la disposizione richiamata e non altre dello stesso atto. Per evitare possibili   dubbi   interpretativi  o  questioni  di  legittimita' costituzionale,  ove  il  riferimento  si intenda operato al testo vigente  ad  una  data determinata, tale intento deve risultare in maniera  chiara ed inequivoca; in caso contrario il riferimento si interpreta  come rinvio "mobile". Ove si tratti della Costituzione o  dei  codici,  la  indicazione  "e  successive modificazioni" va omessa  in  quanto il riferimento si intende sempre fatto al testo vigente;

c) vanno evitati i riferimenti a catena (si rinvia all'articolo x che a  sua  volta  rinvia  all'articolo y), effettuando il riferimento sempre alla disposizione base; d) quando   si   intende  riferirsi  a  disposizioni  modificate,  il  riferimento  va fatto sempre all'atto che ha subito le modifiche e non all'atto modificante (par. 3.3);

e) nei  riferimenti  a  testi recanti commi non numerati la citazione dei  commi  stessi  va  fatta  sempre  con  riferimento  al numero ordinale.  Nel  caso  in cui l'articolo sia costituito da un unico comma  non  numerato,  il  riferimento  va fatto all'articolo. Nei riferimenti a testi recanti la numerazione dei commi, la citazione dei  commi  stessi  va  fatta  sempre  con  riferimento  al numero cardinale e non con l'uso del numero ordinale;

f) vanno  evitate  le  espressioni  "ultimo"  o  "penultimo  comma" o "ultimi  due  commi"  e simili, quando ci si riferisce a commi non numerati;

g) va  evitato  l'uso  delle  espressioni: " articoli... o commi... e  seguenti".  Occorre sempre indicare con precisione il numero degli articoli o dei commi cui si intende fare riferimento;

h) per  i decreti convertiti in legge, il riferimento e' fatto con la formula: "decreto-legge x, convertito ('con modificazioni ,) dalla  legge y";

i) i  testi  unici  o  i complessi di disposizioni sono citati con la formula: "testo unico... (o disposizioni...) di cui al decreto del Presidente della Repubblica (o altro atto)" (par. 5.7);

l) il  riferimento  ai  testi  unici "misti" previsti dall'articolo 7 della  legge  n.  50 del 1999 e' operato unicamente al decreto del Presidente della Repubblica (cosiddetto testo A) contenente sia le disposizioni legislative sia quelle regolamentari. Nella citazione vanno omesse le indicazioni (L o R) poste in calce a ciascun comma o a fianco della intestazione di ciascun articolo (par. 1.9.2);

m) per  i decreti e gli altri atti, non numerati, comunque pubblicati nella Gazzetta ufficiale, sono indicati, oltre all'organo emanante  ed  alla  data (giorno, mese, anno) di emanazione dell'atto, anche il  numero e la data (giorno, mese, anno) della Gazzetta ufficiale in cui l'atto e' stato pubblicato;

n) i   regolamenti   governativi   e  ministeriali  sono  citati  con l'esplicita  menzione  del  termine "regolamento" che individua la natura dell'atto e con la formula: "regolamento di cui al..."; o) i decreti ministeriali o interministeriali non vanno richiamati in  modo  innominato,  ma  con la indicazione specifica del Ministro o dei  Ministri  che  li  hanno  emanati,  omettendo  gli  eventuali Ministri "concertati";

p) i  riferimenti  agli  atti  comunitari  sono  effettuati indicando nell'ordine,  per le direttive comunitarie, l'anno, il numero e la sigla  comunitaria;  per  i  regolamenti  comunitari, la sigla, il numero  e  l'anno.  Per  le decisioni il riferimento e' effettuato come  per  le  direttive. Esemplificando: "direttiva 95/337/CE del Consiglio   (o  altro  organo  emanante),  del  27  luglio  1995"; "regolamento  (CE)  n.,  737/95  del  Consiglio  (  o altro organo emanante),  deI  26 aprile 1995". La sigla CEE e' sostituita da CE per  gli  atti  adottati  dopo l'entrata in vigore del trattato di Maastricht  (I  novembre  1993).  Dal 1999 l'indicazione dell'anno (prima del numero per direttive e decisioni e dopo il numero per i regolamenti)  figura  su  4  cifre. Vi sono infine atti comunitari atipici  i  quali  sfuggendo alle suddette regole di nomenclatura,  rendono necessaria la citazione della data di emanazione dell'atto ovvero,  in assenza di ogni altro riferimento utile, della data di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunita' europee. In caso  di  ripetute  citazioni  di  uno  stesso  atto  comunitario, limitatamente  a  quelle  successive  alla  prima, nonche' ai fini della sua indicazione nel titolo del testo legislativo, e' ammessa l'omissione  dell'organo  emanante e della data dell'atto. In tali casi  si  ricorre  alle  seguenti  formule:  direttiva 68/193/CEE; decisione 78/884/CEE; regolamento (CE) n. 1859/95;

q) i  riferimenti  ad  accordi  internazionali  vanno  fatti  con  la seguente formula: "Accordo... firmato a... il..." integrata, sulla base  dei  dati  a disposizione, da una delle seguenti formule: 1) "ratificato ai sensi della legge..."; 2) "la cui ratifica e' stata autorizzata  dalla  legge...";  3)  "reso esecutivo ai sensi della (oppure "di cui alla") legge...";

r) quando  e'  necessario  citare  partizioni  di  atti  comunitari o internazionali  va seguita la terminologia adoperata in tali testi (ad  esempio, la partizione degli articoli nelle fonti comunitarie utilizza il termine "paragrafo" invece di "comma");

s) le  partizioni  dell'atto normativo vanno citate, preferibilmente, in ordine decrescente e separate da virgole (esempio: "articolo 1, comma   2,  lettera  b)").  Le  partizioni  di  livello  superiore all'articolo  nella  loro interezza vanno citate, preferibilmente, in  ordine decrescente, a partire dalla partizione di livello piu' alto (esempio: titolo I, capo II, sezione I);

t) va  evitato,  nei  riferimenti,  il  rinvio  ad altre disposizioni operato con l'espressione: " in quanto compatibili ".

Nei  richiami  a  testi  complessi ed eterogenei e' valutata anche l'opportunita'  di  menzionare,  oltre  che  il  numero dell'articolo richiamato, anche la rubrica, se esistente.

2 LA STRUTTURA DELL'ATTO NORMATIVO

2.1 Il titolo dell'atto normativo

Il titolo dell'atto normativo assolve a due fondamentali funzioni: da un lato rende esplicito e conoscibile, sia pure in modo sintetico, il  contenuto  del  provvedimento  normativo, dall'altro consente una piu'  agevole  ricerca,  anche  con  gli  strumenti  informatici, del provvedimento  medesimo.  Per  i testi che contengono disposizioni di carattere tributario, v. par. 4.11, lettera b).

Nel titolo dell'atto normativo e' esplicitato, a tali fini, almeno l'oggetto  principale  della  disciplina  normativa. Occorre evitare, invece,  le  espressioni generiche o le semplici citazioni per data e numero  di  promulgazione o emanazione dileggi e decreti (c.d. titoli "muti").

Se,  nel  corso dell'iter, sono introdotte rilevanti modifiche, e' necessario adeguare il titolo a queste ultime.

Con  riferimento  al  contenuto  specifico dell'atto normativo, il titolo contiene i seguenti riferimenti: a) la presenza di delega legislativa, quando quest'ultima costituisce il   contenuto   esclusivo   o   riveste   particolare  importanza nell'economia del disegno di legge;

b) l'atto modificato, nel caso di atto emanato con lo scopo esclusivo o prevalente di modificare un precedente atto normativo;

c) l'eventuale   carattere   derogatorio   dell'atto   rispetto  alla normativa vigente;

d) la normativa comunitaria recepita con l'atto normativo.

2.2 Le premesse dell'atto normativo

2.2.1 Premesse in generale

Le  premesse  degli  atti  normativi  diversi  dalle leggi formali contengono,   innanzitutto,   l'indicazione   delle  norme  di  rango superiore che attribuiscono il potere esercitato con il provvedimento normativo.  Quindi, per i decreti legislativi ed i decreti-legge sono indicati,  rispettivamente,  gli articoli 76 e 77 della Costituzione. Per  i  regolamenti  statali  sono  indicati  gli articoli 87, quinto comma,  della  Costituzione  e 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, con la specificazione del comma dello stesso articolo. Per gli stessi regolamenti  statali  ed  in  generale per gli altri regolamenti sono menzionate   le   norme  di  legge  speciale  sulle  quali  si  fonda l'esercizio del potere regolamentare.

Successivamente sono indicate, in ordine cronologico crescente, le disposizioni che comunque interferiscono nella regolamentazione della materia.

Vanno  poi  indicati gli adempimenti dell'istruttoria prevista per l'emanazione  dell'atto. In generale le citazioni delle nonne e degli adempimenti istruttori sono precedute da "Visto".

Gli  atti  istruttori,  in  particolare  i  pareri,  sono indicati secondo   l'ordine   cronologico.   Per   gli   atti   aventi  natura regolamentare,  il  parere  del  Consiglio  di  Stato  e,  di regola, l'ultimo  in  ordine  cronologico,  essendo  rivolto  a  garantire la legittimita'   dell'atto  stesso  anche  con  riferimento  all'  11cr procedurale.

L'eccezione  a tale principio e' data dai pareri parlamentari. Per la  richiesta  di  questi ultimi e' necessaria la previa acquisizione degli   altri  pareri  richiesti  dall'istruttoria,  salve  eccezioni connesse  a  reali ragioni d'urgenza, come l'eventuale scadenza della delega legislativa.

Tale  principio,  naturalmente,  prima ancora che regola attinente all'ordine  di citazione degli atti istruttori, e' regola sostanziale di acquisizione degli stessi.

Sempre  con  riguardo  all'istruttoria, mentre per gli adempimenti specificamente previsti dalla norma base per quel determinato atto si tratta  di  riprendere tali prescrizioni, e' necessario ricordare che altri incombenti sono previsti da disposizioni di carattere generale, non  necessariamente  richiamati  dalle  disposizioni  specifiche. Si ricordano,  a  questo proposito, il parere del Consiglio di Stato, il parere  della Corte dei conti nei provvedimenti di natura contabile o finanziaria,  il  parere  della  Conferenza  Stato  regioni  o  Stato autonomie  locali  o  unificata  ed  il  parere  del Garante dei dati personali.

Dopo  le  citazioni  di  norme  e degli adempimenti istruttori, si menzionano i presupposti che sono assunti a base dell'atto, preceduti da  "considerato  che" e le valutazioni ditali presupposti, preceduti da  "ritenuto  che".  Tali  indicazioni non ricorrono in generale nei decreti   legislativi;   nei   regolamenti   esse   sono  utilizzate, generalmente,  per motivare la mancata adesione a pareri degli organi consultivi.

Infine, nelle premesse vanno indicati la determinazione conclusiva (in  genere la deliberazione del Consiglio dei Ministri) e la formula che  introduce l'articolato. Quest'ultima formula varia a seconda del tipo di atto normativo, come risulta dalle regole che seguono.

La  regola  generale  e'  che  si usa l'espressione "emana" quando l'atto  e'  di autorita' diversa da quella che ha predisposto l'atto, "adotta"  quando l'autorita' e' la stessa. Quindi il Presidente della Repubblica  "emana",  il  Presidente  del  Consiglio  o  il  Ministro "adotta".

La formula tipo e' riportata all'All. 1

2.2.2 Premesse dei decreti legislativi.

L'articolo 14, comma 1, della legge n.400 del 1988 prevede che: "i decreti  legislativi  adottati  dal Governo ai sensi dell'articolo 76 della  Costituzione  sono emanati dal Presidente della Repubblica con la  denominazione  di  "decreto legislativo" e con l'indicazione, nel preambolo (premessa), della legge di delegazione, della deliberazione del Consiglio dei Ministri e degli altri adempimenti del procedimento prescritti dalla legge di delegazione".

Costituiscono  "eventuali altri adempimenti prescritti dalla legge di   delegazione"  le  procedure  particolari  per  l'emanazione  dei relativi decreti legislativi, quali ad esempio: - la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri; - il  parere  reso delle competenti Commissioni parlamentari previste dalle stesse leggi di delega; - il  parere delle Conferenze previste dal decreto legislativo n.28 1 del 1997 (Stato - regioni, Stato - autonomie locali, unificata); - il    parere    delle    organizzazioni    sindacali   maggiormente rappresentative.

Dei  suddetti  adempimenti  e'  specificata  la  data di adozione, specificando,  altresi,  l'organo  che  ha  emesso il parere e le sue eventuali  articolazioni  (ad esempio, la Commissione parlamentare di merito che ha reso il parere).

Le  premesse  si  concludono  con  la  formula  "emana il seguente decreto legislativo" (v. par. 5.2).

Sulla  base  dello schema dettato dal decreto del Presidente della Repubblica  n.  1092  del  1985  e  dalla  legge  n. 400 del 1988, le premesse  dei  decreti  legislativi sono formulate secondo il modello di' cui all'All. 1.

2.2.3 Premesse dei decreti-legge

L'articolo  15, comma 1, della legge n. 400 del 1988 prevede che i provvedimenti  adottati  ai sensi dell'articolo 77 della Costituzione sono  presentati  per l'emanazione al Presidente della Repubblica con la   denominazione   di   "decreto-legge",   con  l'indicazione,  nel preambolo,  delle  motivazioni di straordinaria necessita' ed urgenza che   ne   hanno   determinato   l'adozione,   nonche'  dell'avvenuta deliberazione del Consiglio dei Ministri.

Si   sottolinea   l'importanza   delle   motivazioni,  che  devono individuare  sinteticamente le ragioni che determinano l'adozione del provvedimento,  connotate  delle caratteristiche dell'imprescindibile necessita' ed urgenza.

Le  premesse  si  concludono  con  la  formula  "emana il seguente decreto-legge" (v. par. 5.1).

Secondo   quanto   previsto   dal  decreto  del  Presidente  della Repubblica  n.  1092  del  1985  e  dalla  legge  n. 400 del 1988, le premesse dei decreti-legge assumono la forma di cui all'All. 2.

2.2.4 Premesse dei regolamenti

La  formulazione  delle  premesse degli atti normativi emanati dal Presidente  della  Repubblica e' prevista dall'articolo 3 del decreto del  Presidente  della Repubblica n. 1092 del 1985 e dall'articolo 17 della legge n. 400 del 1988.

L'articolo  17,  comma 4, della legge n. 400 del 1988 prevede che: "1  regolamenti  di  cui al comma 1 (governativi)......... che devono recare la denominazione di "regolamento", sono adottati previo parere del  Consiglio  di Stato " (vedi, anche, articolo 17, comma 25, della legge 15 maggio 1997, n. 127).

A norma del comma 27 dello stesso articolo, "Fatti salvi i termini piu'  brevi  previsti  per legge, il parere del Consiglio di Stato e' reso  nel  termine  di  quarantacinque  giorni  dal ricevimento della richiesta;  decorso  il  termine,  l'amministrazione  puo'  procedere indipendentemente dall'acquisizione del parere. Qualora, per esigenze istruttorie,  non  possa  essere  rispettato  il  termine  di  cui al presente  comma,  tale  termine  puo'  essere interrotto per una sola volta e il parere deve essere reso definitivamente entro venti giorni dal   ricevimento   degli   elementi   istruttori   da   parte  delle amministrazioni interessate".

Ove  l'amministrazione  si'  avvalga  della  facolta' di procedere nell'adozione  del  regolamento  in mancanza del parere reso entro il predetto termine, nelle premesse e' indicata la mancata pronuncia del parere da parte del Consiglio di Stato.

L'articolo 3, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n.  1092  del  1985  dispone  che  l'emanazione degli atti normativi, adottati  con  decreto  del Presidente della Repubblica e da inserire nella  Raccolta  ufficiale,  reca  nella  premessa la citazione delle disposizioni  in  base  alle quali l'atto e' emanato e la indicazione del Ministro o dei Ministri proponenti.

Quanto alla citazione della norma attributiva del potere (v. supra par.  2.2.1),  si  richiama  l'attenzione  sulla necessita' che nelle premesse  sia  specificato il richiamo puntuale all'articolo 17 della legge  n.  400  del  1988,  con  indicazione  del  relativo  comma in relazione allo specifico potere attribuito dalla singola legge.

Quando  per  legge e' richiesto il parere del Consiglio di Stato o e'  intervenuta  apposita  deliberazione  del Consiglio dei Ministri, deve farsi menzione ditali adempimenti.

Se l'amministrazione si discosta dal parere del Consiglio di Stato o,  quando  espressamente  previsto,  della  Corte  dei  conti, nelle premesse  e' indicata, a pena di illegittimita' del provvedimento, la motivazione ditale scostamento
 

Le  premesse  si  concludono,  a  seconda dei casi, con la formula "emana  il  seguente  regolamento" o "adotta il seguente regolamento" (v. par. 5.6).

Sulla  base delle citate disposizioni, le premesse dei regolamenti assumono la forma dello schema base di' cui all'All. 3.

2.2.5 Regolamenti di delegificazione

Costituiscono  condizioni  essenziali  per  l'esercizio del potere delegificante  la  puntuale  ed  espressa  individuazione delle norme primarie  da abrogare (specie se non prevista dalla legge abilitante) con  il  connesso  divieto di abrogazione innominata, il rispetto dei principi  e  criteri  di  delegificazione  nonche'  della  materia od oggetto  delegificato.  Tali  regolamenti sono previsti dai commi 2 e 4-bis dell'articolo 17 della legge n. 400 del 1988 (v. par. 5.6.2).

Talora  in  detti  regolamenti  sono previste formalita' ulteriori rispetto  a  quelle  previste  per la generalita' dei regolamenti, ad esempio  il  parere  delle  Commissioni parlamentari (All. 4). Questo adempimento  e'  richiesto  in  via  generale  per  i  regolamenti di organizzazione  di'  cui al citato comma 4-bis dell'articolo 17 della legge n. 400 del 1988 (All. 5).

Altra  ipotesi  di  formalita'  particolari  per  l'emanazione dei regolamenti   di   delegificazione  e'  costituita  dalla  previsione dell'articolo  20 della legge n. 59 del 1997 e dalle successive leggi annuali   di   semplificazione.   Si   tratta   dei   regolamenti  di semplificazione  di  norme  concernenti  procedimenti amministrativi, emanati  su  proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro  per  la  funzione  pubblica,  di  concerto  con il Ministro competente,   previa   acquisizione   del   parere  delle  competenti Commissioni  parlamentari,  delle(a)  Conferenze(a)  previste(a)  dal decreto  legislativo n. 281 del 1997 (ove occorra) e del Consiglio di Stato, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri (par. All. 7).

Infine   vanno   ricordati  nella  categoria  dei  regolamenti  di delegificazione  i  regolamenti  di  autorizzazione all'attuazione di direttive comunitarie (legge 9 marzo 1989, n. 86, articolo 4, commi 1 e  5), emanati su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, o del Ministro per le politiche comunitarie da lui delegato.

Le   premesse   dei  regolamenti  di  attuazione  delle  direttive

comunitarie sono quelle di cui all'All. 6.



2.2.6 Concerti e intese

   Nel  caso  di  procedure  volte  a  consentire  una manifestazione

concorde  di volonta' da parte di piu' soggetti pubblici, si usano, a

seconda dei casi, le seguenti espressioni:

a) "intesa",  per  le  procedure  tra  soggetti  appartenenti  a enti

   diversi   (ad   esempio,   tra   Stato,   regioni  ed  altri  enti

   territoriali);

b) "concerto",  per  le procedure tra piu' soggetti appartenenti allo

   stesso ente(ad esempio, tra diversi Ministri).



   Con specifico riferimento ad organi dei quali il Governo e' parte,

come   la   Conferenza   Stato-regioni  o  Stato-citta,  la  menzione

dell'intesa  tiene conto di tale profilo di composizione dell'organo.

Conseguentemente,   in   luogo   dell'espressione  "d'intesa  con  la

Conferenza...",   e'   utilizzata   l'espressione   "Vista   l'intesa

intervenuta in sede di Conferenza.... nella riunione del....".

   Con  riferimento  ai  rapporti  tra  pubbliche  amministrazioni  e

privati e, invece, preferibile fare ricorso al termine "accordo".



2.3 Le partizioni del testo



2.3.1 L'articolo

   L'unita'  base  dell'atto normativo e' l'articolo. Le disposizioni

contenute   nell'articolo   devono   avere   una   propria  autonomia

concettuale,  secondo  il  criterio  di una progressione logica degli

argomenti trattati.



2.3.2 Numerazione e rubriche degli articoli

   Gli  articoli  degli atti normativi recano, nell'intestazione, una

numerazione   progressiva,  secondo  la  serie  naturale  dei  numeri

cardinali.  La regola e' applicata anche nel caso di atti consistenti

di un articolo unico. In quest'ultimo caso, dunque, detto articolo va

contrassegnato come "ART. 1".

   Oltre  alla numerazione progressiva, e' opportuno che gli articoli

abbiano  anche  una  rubrica.  L'articolo  unico,  peraltro,  non  va

corredato di rubrica.

   In uno stesso testo normativo, per la rubricazione degli articoli,

si  segue  il  criterio  dell'uniformita, nel senso che o di rubriche

sono  corredati  tutti gli articoli o nessun articolo va corredato di

rubrica.  Recano sempre una rubrica gli articoli dei disegni di legge

finanziaria, comunitaria, dei disegni di legge collegati alla manovra

finanziaria,  nonche'  degli  atti  contenenti  deleghe legislative e

disposizioni di delegificazione.



2.3.3 Il comma.

   Ogni  articolo  si divide soltanto in commi. 11 comma ha contenuto

omogeneo e termina con il punto a capo.

   E'  opportuno  evitare  un  numero  eccessivo di commi per ciascun

articolo. Orientativamente, e' eccessivo un numero di commi eccedente

10.

   I  commi  sono  contrassegnati  con  numeri cardinali progressivi,

seguiti dal punto (ad esempio: 1, 2, 3, ecc.).

   Il  comma  unico  di  un  articolo va contrassegnato con il numero

cardinale "1.".

   Ogni   comma   puo'   suddividersi  in  periodi,  cioe'  in  frasi

sintatticamente  complete  che terminano con il punto e si susseguono

senza  andare  a  capo.  Si  va  a capo soltanto alla fine del comma.

Conseguentemente,  nei riferimenti normativi, l'espressione "periodo"

va impiegata esclusivamente con riferimento a frasi che terminano con

il punto.

   Le uniche eccezioni ammissibili alla continuita' del comma fino al

punto  conclusivo  sono  la  suddivisione  in  lettere,  anziche'  in

periodi,  e  l'andata  a capo per formulare un articolo aggiuntivo da

inserire in testo previgente col metodo della novella.

   La  ripartizione  in  lettere  di  un  comma tende ad agevolare la

lettura  di  piu'  periodi  organicamente  inseriti,  per  ragioni di

omogeneita' di contenuto, nello stesso comma. Le lettere utilizzabili

sono  quelle dell'alfabeto italiano (non, quindi, le lettere J, K, W,

X, Y).

   Quando  il  comma  si  suddivide  in  lettere,  il comma stesso si

compone di una parte introduttiva, denominata alinea, che termina con

i  due  punti.  Si  prosegue  a  capo,  con  le  lettere,  seguite da

parentesi,  e  la disposizione di ciascuna lettera. Alla fine di ogni

lettera  la  disposizione  termina con il punto e virgola. La lettera

finale del comma termina con il punto.

   Se  le  lettere  dell'alfabeto  non  sono  sufficienti ad esaurire

l'elencazione,  si  prosegue a lettere raddoppiate (aa), bb), cc)) e,

se  occorre,  triplicate  (aaa),  bbb),  ccc))  e  cosi'  via.  Ma va

ricordato   che   il   protrarsi  della  numerazione  e'  sintomo  di

appesantimento e di possibile eterogeneita' dell'articolo.

   Ogni  lettera  prosegue  in  modo continuo senza ulteriori invii a

capo,  a  meno  che  la lettera stessa sia, a sua volta, suddivisa in

numeri,  nel  qual caso si va a capo sia dopo l'alinea della lettera,

sia   alla   fine   di  ogni  numero.  Se  e'  necessario  introdurre

un'ulteriore  ripartizione all'interno del numero, si fa ricorso alla

suddivisione in numeri progressivi composti: 1.1, 1.2, 1.3, ecc.

   L'impiego  dei  numeri  cardinali  seguiti  dalla  parentesi,  per

contrassegnare  le  suddivisioni  interne  ad un comma, e' consentito

soltanto   all'interno   di  una  suddivisione  in  lettere,  non  in

alternativa a questa.

   Al  termine  di  una partizione in lettere o numeri non e' ammesso

l'inserimento  di  un  periodo  autonomo  rispetto  alla lettera o al

numero prima di passare al comma o alla lettera successivi. L'impiego

di  trattini  o  di  altri  segni  per  contraddistinguere partizioni

interne  di  un comma diverse dai periodi, dalle lettere e dai numeri

non e' consentito.

   Si  ricorda che a norma dell'articolo 10, comma 3-bis, del decreto

del  Presidente  della Repubblica 28 dicembre 1985, n. 1092, "Al fine

di agevolare la lettura di una legge, decreto o altro atto normativo,

i  cui  articoli  risultino  di  particolare  complessita' in ragione

dell'elevato  numero  di  commi,  la  Presidenza  del  Consiglio  dei

ministri   ne   predispone,   per  la  pubblicazione  nella  Gazzetta

Ufficiale,  un testo corredato da sintetiche note a margine, stampate

in  modo  caratteristico, che indichino in modo sommario il contenuto

di singoli commi o di gruppi di essi. Tale testo e' pubblicato in una

data  indicata  contestualmente  alla  pubblicazione  della  legge  o

dell'atto  normativo  e,  comunque,  non  oltre quindici giorni dalla

pubblicazione stessa.".



2.3.4 Partizioni di livello superiore all'articolo

   Il  testo  normativo puo' essere suddiviso in partizioni superiori

all'articolo e che comprendono un articolo singolo o piu' articoli.

   Tali  partizioni  sono  denominate,  in ordine crescente: sezione,

capo, titolo, parte, libro. E' escluso l'impiego di una partizione di

livello   superiore   quando  non  e'  stato  utilizzato  il  livello

inferiore.  Fa  eccezione la sezione, che puo' essere utilizzata solo

come eventuale partizione interna di un capo.

   In particolare, si adotta la sequenza:

   1.  partizione  di  primo  livello:  capo.  Esso  reca  uno o piu'

articoli, ed e' eventualmente suddiviso in sezioni;

   2.  partizione di secondo livello: titolo, comprendente uno o piu'

capi;

   3.  partizione  di  terzo  livello: parte, comprendente uno o piu'

titoli;

   4.  partizione  di  quarto livello: libro, comprendente una o piu'

parti.

   Le  partizioni  di  livello  superiore all'articolo possono essere

corredate   di   rubriche,   purche'   sia  rispettato  il  principio

dell'uniformita.

   Tali  partizioni,  ove  utilizzate, comprendono tutti gli articoli

dell'atto.

   Le   partizioni  di  livello  superiore  all'articolo  recano  una

numerazione  continua  all'interno  di ogni partizione immediatamente

superiore.   Ogni   partizione   va   contrassegnata  con  un  numero

progressivo in cifre romane.



2.3.5 Gli allegati

   Le tabelle, i quadri, i prospetti e gli elenchi non vanno inseriti

nel  testo  degli articoli ne' in allegato ad essi, ma in allegato al

testo  normativo,  dopo  l'ultimo  articolo.  All'inizio  di  ciascun

allegato  deve  essere  citato  l'articolo,  o il primo articolo, che

rinvia  all'allegato stesso. Tale citazione non e' richiesta nel caso

di   allegato  contenente  le  modificazioni  apportate  in  sede  di

conversione a decreti-legge.

   Gli  allegati  non  contengono  nelle  note  esplicative ulteriori

disposizioni   sostanziali.   Queste   ultime   trovano  collocazione

esclusivamente nell'articolato.




3 RAPPORTI FRA ATTI NORMATIVI



3.1 Abrogazione

   Il  verbo  "abrogare" va utilizzato con riferimento a disposizioni

di  atti  normativi di livello non inferiore al comma (o alla lettera

se  il  comma e' diviso in lettere; oppure al numero o alla ulteriore

unita'  minima  in  cui  e'  ripartito  il numero). Quando si intenda

invece  riferirsi  a  periodi  (frasi  sintatticamente  complete  che

terminano  con  il  punto)  o  a  singole  parole  va usato il verbo"

sopprimere" (ad esempio: "Il comma... e' abrogato";" Il terzo periodo

del   comma...  e'  soppresso";  "Al  comma...  le  parole:....  sono

soppresse").

   La cosiddetta formula abrogativa esplicita innominata (del genere:

"tutte  le  disposizioni  incompatibili  con  la  presente legge sono

abrogate")  non va utilizzata. Essa e' superflua, essendo una inutile

e,  al  limite,  equivoca ripetizione del principio stabilito, in via

generale,   sulla   abrogazione   implicita  dall'articolo  15  delle

disposizioni sulla legge in generale.

   E' opportuno che ogni atto normativo contenga una disposizione che

indichi    espressamente   le   disposizioni   abrogate   in   quanto

incompatibili con la nuova disciplina recata.

   Analoga  previsione e' contenuta nelle disposizioni legislative di

delegificazione,  nel  quale caso l'abrogazione ha effetto dalla data

di entrata in vigore delle norme regolamentari.

   Nell'incertezza    circa    la   completezza   dell'elenco   delle

disposizioni  abrogate,  per  mettere  in  evidenza  che  tale elenco

(comunque preferibile a formule generiche o implicite di abrogazione)

puo'  non  essere  esaustivo, occorre utilizzare la seguente formula:

"Sono abrogate, in particolare, le seguenti disposizioni:".

   La   data   da  cui  decorre  la  cessazione  dell'applicazione  o

l'abrogazione   di  determinate  disposizioni  deve  essere  definita

ricorrendo a riferimenti temporali individuabili con certezza.



3.2 Deroga

   La   deroga   interviene   quando   si   prevede,  con  una  nuova

disposizione,  una  eccezione  alla disposizione gia' in vigore sulla

stessa  materia.  Qualora la deroga sia successivamente eliminata, la

originaria disposizione riespande la sua efficacia.



3.3 Novella

   Le modifiche implicite o indirette ad atti normativi vigenti vanno

evitate, privilegiando la modifica testuale ("novella").

   Le  norme  recanti  "novelle" si compongono di due parti: la parte

introduttiva  (denominata  "alinea")  e  la  parte  consistente nella

"novella"  in  senso  stretto.  Questa  puo'  comprendere  uno o piu'

capoversi.

   L'alinea  della  norma  recante  "novella" contiene il dispositivo

volto a precisare il rapporto, di sostituzione o di integrazione, tra

la norma previgente e quella recata dalla "novella": esso termina con

i due punti, ai quali fa seguito la parte novellistica, inscritta fra

virgolette, in apertura e in chiusura.

   La  nuova  disposizione non si' limita a stabilire, genericamente,

l'inserimento  o  l'aggiunta della "novella" nel testo previgente, ma

indica sempre l'esatta collocazione della parte novellistica in detto

testo  e  precisa quindi, dopo quali parole o dopo quale comma o dopo

quale articolo, la "novella" vada inserita.

   La  "novella"  redatta  in termini di sostituzione integrale di un

articolo,  di  un  comma numerato, di una lettera o di un numero deve

ripetere,  all'inizio  del  virgolettato,  l'indicazione del numero o

della lettera (ad es.: L'articolo 86 della legge... e' sostituito dal

seguente:  (a capo) "ART. 86 (eventuale rubrica se presente nel testo

novellato) 1. ..").

   Se  la  parte novellistica consiste di uno o piu' commi, lettere o

numeri,  essa  e' riportata, fra virgolette, a capo, dopo i due punti

con cui si conclude l'alinea.

   Se,  viceversa,  la"  novella"  consiste  di  un periodo o di piu'

periodi  o  di  semplici  parole  da  inserire,  in sostituzione o in

aggiunta  ,  nella  norma  previgente,  la  "  novella  "  stessa  va

riportata,  tra  virgolette, di seguito all'alinea ( e, quindi, senza

andare  a  capo). Se un atto ha subito modifiche, eventuali "novelle"

sono  riferite  all'atto modificato e non agli atti modificanti (par.

1.9.2).

   I  riferimenti  a  disposizioni recanti "novelle" vanno effettuati

come segue:

a) quando  la  nuova  disposizione  sostituisce o introduce un intero

   comma   nel   testo   previgente,  il  riferimento  e'  effettuato

   all'articolo che innova, seguito dalla indicazione "capoverso" per

   fare riferimento alla parte della "novella" in senso stretto;

b) quando   la   nuova   disposizione  sostituisce  o  introduce  una

   pluralita'  di'  commi  nel  testo  previgente,  il riferimento e'

   effettuato all'articolo che innova, seguito dalla indicazione:

   1.  "primo  capoverso",  "secondo capoverso", "terzo capoverso", e

   via dicendo, nel caso di commi non numerati;

   2.  capoverso  1,  capoverso  2, capoverso 3, ecc., quando i commi

   introdotti dalla novella sono numerati.

e) i  riferimenti a partizioni di un articolo non rispondenti ai casi

   di  cui  alle  precedenti  lettere,  non  sono  effettuati  usando

   espressioni  diverse  da  quelle  sopra indicate ne' impiegando le

   medesime ("alinea", "capoverso") con significati diversi da quelli

   sopra  richiamati.  Tali casi vanno risolti altrimenti, ad esempio

   con citazioni testuali, quali: le parole "..." oppure le parole da

   "..." a "..." sono sostituite dalle seguenti: "...").



   A  questo  riguardo  va,  tuttavia, precisato che, anche quando la

"novella"  riguarda  partizioni  della  nonna modificata inferiori al

comma, ad esempio quando si tratti di modificare una singola parola o

un  insieme  di parole, e' preferibile riprodurre l'intero comma come

modificato,  con  l'introduzione della nuova parte o la lettera di un

comma  o  comunque  almeno un numero contenuto in una lettera. Per le

citazioni  e  le  "novelle"  relative ai codici penali si utilizzano,

anche  nel  virgolettato,  la  denominazione "comma" o "periodo". Non

sono  pertanto  utilizzate le denominazioni originariamente in uso in

tali testi ("prima parte" e "capoverso").

   La  sostituzione di un insieme di articoli o di commi numerati con

un numero minore di articoli o di' commi e' effettuata con l'espressa

sostituzione degli articoli e dei commi per i quali se ne introducano

di  nuovi,  identificati con i medesimi numeri, e l'abrogazione degli

articoli e dei commi cui non corrispondano nuovi articoli o commi con

il medesimo numero.

   Anche   quando  un'intera  partizione  superiore  all'articolo  e'

sostituita  da  una  nuova partizione, contenente un numero minore di

articoli,  gli  articoli  per  i  quali  non  sia  previsto  un nuovo

contenuto testuale devono essere espressamente abrogati.

   Quando  i  commi  di  un  articolo  modificato  non sono numerati,

occorre  evitare  di  sostituire  un  comma con piu' commi, ovvero di

sostituire  piu'  commi  adiacenti  con  un  comma solo. Cio' per non

alterare  la sequenza dei commi eventualmente richiamati nello stesso

atto o in altri atti.

   Quando si apportano diverse novelle, si procede come segue:

a) se  le  novelle  riguardano  distinti atti legislativi, ogni norma

   recante  una  "novella"  ad  un determinato atto e' inserita in un

   articolo  a  se'  stante. Non si procede, quindi, con commi di uno

   stesso articolo recante piu' "novelle" a diversi atti legislativi;

b) se  le novelle riguardano modificazioni a piu' commi di uno stesso

   articolo, la disposizione e' formulata come segue:

     "All'articolo...  della  legge...  sono  apportate  le  seguenti

     modificazioni:",  cui  seguono  piu'  lettere  nell'ambito dello

     stesso comma, ciascuna delle quali indica le modificazioni a uno

     o piu' commi del testo previgente.

   Se  vi  e'  la  necessita'  di  apportare modifiche testuali dello

stesso   tenore  ad  uno  stesso  atto  si  ricorre  ad  una  formula

riassuntiva   del   tipo:   "l'espressione  y,  ovunque  ricorra,  e'

sostituita dalla seguente: z".

   Occorre  fare  attenzione, in presenza di una disposizione recante

novella  ad  altra  previgente,  ad  inserire correttamente eventuali

termini  per  l'adozione  di  atti  previsti  dalla  novella  stessa.

Infatti,  l'espressione  "dalla  data  di  entrata  in  vigore  della

presente  legge  (o del presente decreto)", inserita nella "novella",

comporta  la  decorrenza  dalla  data  di entrata in vigore dell'atto

modificato.

   Pertanto,  ove  si  intenda  far decorrere il termine di efficacia

della  norma  inserita  con  novella  dalla data di entrata in vigore

dell'atto   modificante,  occorre  a  cio'  provvedere  con  autonoma

disposizione posta fuori della "novella" (par. 4.18).



3.3.1 Numerazione e rubricazione degli articoli aggiunti con novella

   Alla  numerazione  e  rubricazione  degli  articoli aggiuntivi, da

inserire  con  il metodo della novella in testi normativi previgenti,

si procede come segue:

a) gli   articoli   aggiuntivi  sono  contrassegnati  con  il  numero

   cardinale  dell'articolo  dopo  il  quale devono essere collocati,

   integrato con l'avverbio numerale latino (bis, ter, quater, ecc.);

b) il  tipo  di numerazione di' cui alla lettera a) va adottato anche

   per  gli  articoli  aggiuntivi inseriti dopo l'ultimo articolo del

   testo previgente;

c) anche  in  caso  di  articolo  unico,  non  recante la numerazione

   cardinale,  gli  articoli  aggiuntivi vanno denominati come segue:

   ART. 1-bis, ART. 1-ter, e via dicendo;

d) gli  articoli  aggiuntivi,  da  inserire  prima  dell'articolo 1 o

   dell'articolo  unico  non  recante  la numerazione cardinale, sono

   contrassegnati con il numero "01", "02", "03 ", ecc.;

e) gli  articoli  da  collocare  in posizione intermedia tra articoli

   aggiunti  successivamente al testo originario, sono contrassegnati

   con il numero dell'articolo dopo il quale sono inseriti, integrato

   da  un  numero cardinale. L'articolo inserito tra 1-bis e 1-ter e'

   contrassegnato,  quindi,  come  1-bis.1.  Quello  inserito tra 1 e

   1-bis come 1.1;

J) la    rubricazione   degli   articoli   aggiuntivi   si   uniforma

   all'impostazione   del   testo  nel  quale  si  inseriscono.  Tali

   articoli,  pertanto,  sono  dotati di rubrica solo nel caso in cui

   gli  articoli del testo precedente ne siano dotati, salvo che, con

   espressa  previsione,  non si stabilisca di apporre rubriche anche

   ai rimanenti articoli dell'atto normativo.



3.3.2 Numerazione dei commi nella novella

   Nella  "novella"  recante sostituzione integrale di un articolo di

un  atto  normativo  previgente,  nel  quale i commi sono numerati, i

commi  del  nuovo  testo  vanno  ugualmente contrassegnati con numeri

cardinali.

   Se invece la "novella" sostituisce singoli commi dell'articolo del

testo   previgente   con  un  pari  numero  di  commi,  i  commi  che

costituiscono  la  novella  vanno contrassegnati con lo stesso numero

cardinale dei commi sostituiti.

   Se la novella, anche mediante la sostituzione di singoli commi con

un  numero  maggiore  di  commi,  introduce nuovi commi, questi vanno

contrassegnati con lo stesso numero cardinale del comma dopo il quale

sono  collocati, integrato con l'avverbio numerale latino bis , ter ,

quater,  e  via  dicendo.  Tale criterio va seguito anche per i commi

aggiuntivi  inseriti  dopo  l'ultimo  comma o , rispetto all'articolo

previgente  composto  di  un  comma unico, quando il comma aggiuntivo

debba essere inserito dopo detto comma unico.

   Va  evitata, comunque, l'utilizzazione di numeri corrispondenti ad

articoli o commi abrogati in precedenza.

   I  commi  aggiuntivi, inseriti in un testo previgente, nel quale i

comini  non  sono  numerati,  non  vanno  numerati  neppure  essi. La

numerazione  invece  si  appone quando la nuova formulazione riguardi

non   singoli  commi  soltanto,  ma  un  intero  articolo  del  testo

previgente.   Tuttavia   articoli   aggiunti   o   sostituiti   nella

Costituzione  e  nei  codici che recano commi non numerati non devono

recare i commi numerati.

   Per gli atti normativi i cui articoli recano commi non numerati, i

commi aggiuntivi inseriti da successive "novelle" vanno citati con il

numero  ordinale  risultante  dalla  loro  collocazione  nella  nuova

sequenza  dei  commi;  in altri termini la numerazione della sequenza

originale dei commi si intende modificata in dipendenza dell'aggiunta

dei  nuovi  commi.  Uguale  criterio  deve  essere seguito in caso di

abrogazione  di' commi. Pertanto nella citazione dei commi deve farsi

riferimento  alla  sequenza  di  essi vigente alla data di entrata in

vigore dell'atto normativo che rinvia ai medesimi.

   I  commi aggiuntivi, inseriti in un testo normativo previgente nei

quale  i  commi sono numerati e che sono collocati prima del comma 1,

vanno contrassegnati con il numero "01" , "02", "03", e via dicendo.

   I   commi   da   inserire   tra   due   commi  numerati,  aggiunti

successivamente  ad  un testo previgente, vanno contrassegnati con il

numero  del comma dopo il quale sono inseriti, integrato da un numero

cardinale.  Il  comma  inserito  tra l'1-bis e l'1-ter diviene quindi

1-bis.1. Il comma inserito tra l'1 e l'1-bis va denominato 1.1.

   Se  si  devono operare ulteriori modifiche, che non possono essere

apportate   seguendo   i   criteri   sopra  indicati,  l'articolo  va

integralmente sostituito, applicando la regola generale della novella

di un intero articolo.



3.4 Proroga e sospensione

   La  proroga  di  una  norma  interviene  sui  limiti  temporali di

applicazione  di  una disposizione ovvero quando i termini di vigenza

della  disposizione  stessa  non  sono  ancora  scaduti;  interviene,

invece,   il   differimento   quando   i  termini  di  vigenza  della

disposizione sono gia' scaduti.

   La sospensione prescrive che per un periodo determinato e' sospesa

l'applicazione della disposizione contenuta nell'atto normativo.

   Sia  per  quel  che  concerne  le  proroghe  che le sospensioni e'

necessario  indicare  specificamente  la  disposizione che si intende

prorogare o sospendere.



3.5 Reviviscenza

   Se  si  intende  fare  rivivere  una  disposizione abrogata non e'

sufficiente   abrogare   la   disposizione   abrogativa,  ma  occorre

specificare   espressamente   tale   intento,   abrogando   la  norma

abrogatrice  e  richiamando esplicitamente la norma abrogata; ovvero,

piu'  semplicemente, abrogando la norma abrogatrice e riproponendo ex

novo  la  disposizione  gia' oggetto di abrogazione. In ogni caso, la

reviviscenza ha effetto ex nunc.




4 ASPETTI SOSTANZIALI DI REDAZIONE E CONTENUTO TIPO DELL'ATTO

   La redazione dei testi normativi presenta caratteristiche non solo

formali,  ma  anche  di carattere piu' propriamente sostanziale. Alla

definizione  ditali  aspetti  sono  dedicati  i  seguenti  paragrafi,

secondo   un   ordine  che  tiene  conto  della  sequenza-tipo  delle

disposizioni di un testo normativo.



4.1 Finalita' e oggetto dell'intervento normativo

   Nella  tradizione  italiana  i  testi normativi non sono motivati,

anche  per  evitare  che  sia  legificato lo strumento interpretativo

della   voluntas   legis  nella  forma  della  volonta'  storica  del

legislatore.  Tale legificazione potrebbe portare anche all'eventuale

superamento   degli   ulteriori  mezzi  interpretativi,  come  quello

letterale  e  sistematico  (articolo  12  delle  preleggi)  e  non va

incoraggiata.   D'altra   parte   la  ratio  della  disposizione,  se

l'articolato  e'  chiaro,  emerge  dalla  formulazione  stessa  delle

disposizioni e dal loro rapporto sistematico.

   Tuttavia   puo,   in   determinati  casi  e  tenendo  conto  delle

implicazioni  sopra  richiamate, essere utile indicare l'oggetto e le

finalita'  generali  del  testo normativo, per inquadrarne, meglio di

quanto  possa  fare  il  solo  titolo,  l'obiettivo  e facilitarne la

lettura  e  la  conoscibilita.  In  tale  caso  finalita'  ed oggetto

dell'intervento  possono  essere  riportati  in  una  disposizione di

apertura.

   Sono,    comunque,    da    escludersi    disposizioni   meramente

programmatiche  o semplici dichiarazioni d'intenti non attinenti alle

finalita' dell'atto.

   Nelle   singole  disposizioni  e,  invece,  opportuno  evitare  il

riferimento   alla   finalita'  delle  disposizioni  medesime.  Detto

riferimento  comporta  un inutile appesantimento del periodo, cui non

si  ricollega, peraltro, alcun effetto dispositivo. Talora, poi, cio'

che  e'  indicata  come  finalita'  della  disposizione e, invece, un

elemento   della   fattispecie,   cui  conseguono  effetti  ben  piu'

stringenti.

   Ad  esempio,  una  disposizione  cosi' formulata: "Al fine di dare

continuita'  e  compiutezza  all'opera  di  adeguamento tecnologico e

strutturale  del  settore  agroindustriale,  puo'  essere concesso un

contributo  alle  iniziative  di  miglioramento  delle  condizioni di

trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli", realizza

piu'  correttamente  l'obiettivo  voluto  se  riformulata come segue:

"Puo' essere concesso un contributo alle iniziative che realizzano il

miglioramento     delle     condizioni     di     trasformazione    e

commercializzazione  dei  prodotti agricoli, attraverso l'adeguamento

tecnologico e strutturale del settore agroindustriale".

   La  seconda  formulazione, lungi dal determinare la sola finalita'

della  disposizione,  contiene un precetto puntuale: saranno prese in

considerazione  ai  fini  della  concessione  del  contributo solo le

iniziative  che  siano caratterizzate da precisi contenuti innovativi

nell'ambito  tecnologico  o strutturale delle aziende interessate. La

finalita'   puo'   incidere   sull'interpretazione  della  norma;  la

descrizione  del  contenuto  dell'  innovazione  condiziona,  invece,

direttamente  i  presupposti  della  concessione  del  contributo  al

possesso del requisito voluto dal legislatore.



4.2 Ambito di efficacia dell'atto

   Un'ulteriore  disposizione  puo,  con  formulazione  di  carattere

generale,  chiara  e  sufficientemente elastica, definire il campo di

applicazione dell'atto normativo, sia oggettivo (con riferimento alle

categorie  di rapporti giuridici su cui l'atto incide) sia soggettivo

(con riferimento ai soggetti destinatari dell'atto medesimo).



4.3 Definizioni normative

   Nei   testi  di  una  certa  complessita'  puo'  essere  opportuno

precisare  i  termini  ricorrenti  nell'atto  normativo,  quando tali

termini  abbiano  una  valenza  tecnica  specifica o quando i termini

utilizzati   nella  redazione  abbiano  significati  polivalenti  nel

linguaggio   comune,   in  quello  tecnico-scientifico  o  in  quello

giuridico,  nonche' in caso di termini particolarmente complessi, per

i  quali  la definizione normativa costituisce espressione sintetica,

senza rinunciare, in forza del rinvio alla definizione iniziale, alla

chiarezza.

   Le  definizioni sono, tuttavia, ammesse solo se necessarie ai fini

di  un'interpretazione  chiara  ed  univoca dell'atto e devono essere

collocate all'inizio dell'atto normativo, in un unico articolo.

   In ogni caso il ricorso a nuove definizioni normative e' preceduto

dalla  verifica  che  nell'ordinamento  non  ne  esistano gia' altre,

riferite al medesimo istituto o ad altro analogo.



4.4 Contenuto dispositivo: disposizioni sostanziali o procedurali

   Segue,  poi,  il contenuto dispositivo dell'atto, che attiene alla

disciplina   oggetto   di   intervento.   A   questo   proposito   la

vincolativita'  delle  disposizioni del testo normativo e' assicurata

dal  connesso  sistema  sanzionatorio,  la  cui previsione e, dunque,

funzionale all'efficacia stessa dei precetti.



4.5 Divieto di norme intruse

   La materia oggetto di disciplina normativa deve essere omogenea.

   E'  vietata l'introduzione di disposizioni del tutto estranee alla

materia.  Deroghe a tale principio sono ammesse solo quando si tratta

di   un  intervento  normativo  necessitato  ed  esiste  comunque  un

collegamento  logico almeno con il contenuto della disciplina nel suo

complesso.  in tale caso la disposizione in questione e' collocata in

un  apposito  articolo  e  del  contenuto relativo si fa menzione nel

titolo dell'atto.

   La suddivisione delle disposizioni nelle varie ripartizioni, dalla

piu'  piccola  (comma)  alla  piu' grande (libro), deve informarsi ai

criteri della omogeneita' ed uniformita.



4.6 Disposizioni che rinviano a regolamenti

   Le   disposizioni   che   attribuiscono   al   Governo  un  potere

regolamentare  specificano  sempre  se  si  tratta  di regolamenti di

esecuzione,  di  attuazione,  di delegificazione, di organizzazione o

ministeriali. A tal fine sono espressamente richiamati, a seconda dei

casi, i commi 1, 2, 3 o 4-bis dell'articolo 17 della legge n. 400 del

1988.

   Nel   caso  di  regolamenti  di'  delegificazione  sono,  altresi,

indicate  le norme generali regolatrici della materia e la previsione

dell'abrogazione delle nonne vigenti.



4.7 Modalita' di adozione di successivi atti applicativi

   Spesso  i  testi  normativi, ed in particolare quelli legislativi,

prevedono  l'adozione  di  successivi  atti  per la loro attuazione e

definiscono le modalita' istruttorie di adozione degli atti stessi.

   Con  riferimento  a  tale  eventualita,  va  tenuto  presente,  in

particolare,   che   quando  le  relative  disposizioni  stabiliscono

adempimenti,  in  genere  di  carattere consultivo, del Parlamento su

atti  o schemi di atti, le disposizioni stesse sono formulate in modo

da  non  individuare  direttamente  l'organo parlamentare competente,

evitando  cosi'  l'indebita  ingerenza  nell'organizzazione di organi

costituzionali,  che e' invece riservata ai regolamenti parlamentari.

in  tal  caso,  la  previsione  si limita a stabilire la trasmissione

dell'atto  al  Parlamento, salvo che sia gia' individuato a tale fine

un organismo bicamerale.



4.8 Disposizioni concernenti regole tecniche ed aiuti di Stato

   A  norma  della direttiva 83/1 89/CEE, gli schemi di provvedimenti

contenenti  nome  e  regolamentazioni  tecniche  sono preventivamente

comunicati,   prima   della   loro   definitiva   approvazione,  alla

Commissione europea, che ne verifica la compatibilita' con i principi

di   liberta'   circolazione  nell'ambito  del  mercato  interno.  La

comunicazione  e'  effettuata  a cura dell'amministrazione competente

per  materia  e  per il tramite del Dipartimento per il coordinamento

delle  politiche  comunitarie  della  Presidenza  del  Consiglio  dei

ministri, che cura i rapporti con le istituzioni europee.

   In difetto della predetta comunicazione, secondo la giurisprudenza

della  Corte  di  giustizia  delle Comunita' europee (30 aprile 1996,

C-194/94)  i giudici nazionali sono tenuti a disapplicare dette norme

e regole.

   Una   preventiva  comunicazione,  con  le  medesime  modalita,  e'

necessaria  anche  per  le disposizioni che istituiscono o modificano

aiuti di Stato (articolo 88.3 del Trattato istitutivo della Comunita,

nella  versione  consolidata). Va sottolineato che gli aiuti di Stato

sottostanno  a  requisiti sostanziali di compatibilita' comunitaria e

di adempimenti procedimentali, quali la preventiva comunicazione alla

Commissione.

   Il  mancato  rispetto  dell'onere di preventiva comunicazione alla

Commissione  europea costituisce di per se' ragione di illegittimita'

insanabile dell'aiuto previsto, quand'anche l'aiuto fosse compatibile

con  la  disciplina  comunitaria  (Corte di giustizia delle Comunita'

europee, 21 novembre 1991, C-354/90).



4.9 Copertura amministrativa

   La  cosiddetta  copertura amministrativa e' costituita dai profili

organizzativi necessari ad assicurare che le nuove previsioni abbiano

corretta  e  completa  applicazione e costituisce elemento essenziale

per  la  valutazione  di fattibilita' dello stesso atto normativo. La

metodologia   di   analisi   e   progettazione   e'  gia'  ampiamente

disciplinata   dalla  direttiva  del  Presidente  del  consiglio  dei

ministri  27  marzo 2000 recante "Analisi tecnico normativa e analisi

dell'impatto   della  regolamentazione",  pubblicata  nella  Gazzetta

Ufficiale  n.118  del  23  maggio  2000, ed illustrata nella relativa

guida,  pubblicata  nella  Gazzetta Ufficiale n. 55 del 7 marzo 2001,

supplemento ordinario n. 46.

   In   questa   sede  e'  opportuno  ribadire  che  nella  redazione

dell'articolato  diviene  elemento  necessario  la  definizione degli

strumenti  organizzativi  o  procedurali  eventualmente necessari per

dare attuazione alle nuove previsioni, anche con la specificazione di

eventuali    modifiche    alla    consistenza    degli   organici   o

all'organizzazione esistente.

   E'  essenziale  un  uso  razionale e corretto delle fonti che deve

essere  esplicitato  nell'analisi  tecnico normativa (ATN), secondo i

criteri  delineati  dall'attuale  assetto,  che  affida alla legge la

disciplina  della funzione dell'organo e dell'apparato amministrativo

e  la copertura finanziaria necessaria a sostenere i nuovi o maggiori

oneri  che  ne conseguono ; al regolamento di organizzazione previsto

dall'articolo  17,  comma  4-bis, della legge 23 agosto 1988, n. 400,

resta,  invece,  affidata  la  disciplina  dell'organizzazione  degli

uffici  ad  eccezione  dei  dipartimenti.  Su  detto  regolamento  e'

opportuno prevedere il concerto del Ministro delegato per la funzione

pubblica   e   del   Ministro   del  tesoro,  del  bilancio  e  della

programmazione economica.

   Va,  altresi' ricordato che, a norma del citato articolo 17, comma

4-bis,  della  legge  23  agosto  1988, n. 400, l'organizzazione e la

disciplina   degli   uffici   dei  Ministeri  sono  determinate,  con

regolamenti  emanati  ai  sensi del comma 2 dello stesso articolo, su

proposta  del  Ministro  competente  d'intesa  con  il Presidente del

Consiglio  dei  ministri e con il Ministro del tesoro, del bilancio e

della  programmazione  economica, nel rispetto dei principi posti dal

decreto   legislativo   3   febbraio   1993,   n.  29,  e  successive

modificazioni,  con  i  contenuti  e con l'osservanza dei criteri che

seguono:

a) riordino degli uffici di diretta collaborazione dei Ministri e dei

   Sottosegretari di Stato; tali uffici hanno esclusive competenze di

   supporto  dell'organo  di  direzione  politica  e  di raccordo tra

   questo e l'amministrazione;

b) individuazione  degli  uffici  di  livello  dirigenziale generale,

   centrali    e   periferici;   tale   organizzazione   tende   alla

   diversificazione  tra strutture con funzioni finali e con funzioni

   strumentali,  al  perseguimento  dell'omogeneita'  delle  funzioni

   esercitate,  della  flessibilita'  nonche'  all'eliminazione delle

   duplicazioni funzionali;

c) previsione  di strumenti di verifica periodica dell'organizzazione

   e dei risultati;

d) indicazione  e  revisione periodica della consistenza delle piante

   organiche;

e) previsione di decreti ministeriali di natura non regolamentare per

   la  definizione  dei compiti delle unita' dirigenziali nell'ambito

   degli uffici dirigenziali generali.



   Tale  impostazione  consente di mantenere una maggiore elasticita'

al sistema normativo ed alla sua futura evoluzione.



4.10 Disposizioni che prevedono competenze di regioni ed enti locali

   Le disposizioni che prevedono adempimenti a carico delle regioni o

di  enti locali, o che conferiscono, delegano o trasferiscono compiti

e  funzioni,  sono  formulate  in  modo  da  evitare l'individuazione

diretta degli organi competenti o del tipo di atti da emanare.

   in  tal modo si assicura l'elasticita' della previsione normativa,

potendo  l'organizzazione  e le competenze degli organi di detti enti

mutare  nel tempo, e contestualmente si evita l'invasione della sfera

di autonomia degli enti stessi, disciplinata dai rispettivi statuti.

   Sempre  con  riferimento  a  tali  disposizioni,  va  ricordata la

previsione  dell'articolo  27  della  legge  5  agosto  1978, n. 468,

recante  "Riforma  di  alcune  norme  di' contabilita' generale dello

Stato  in  materia di' bilancio"; detta disposizione prevede che: "Le

leggi  che  comportano  oneri, anche sotto forma di minori entrate, a

carico  dei  bilanci  degli  enti  locali  ...  devono  contenere  la

previsione  dell'onere  stesso  nonche' l'indicazione della copertura

finanziaria riferita ai relativi bilanci, annuali e pluriennali".



4.11 Disposizioni tributarie

   La  legge 27 luglio 2000, n. 212, recante "Disposizioni in materia

di  statuto  dei  diritti  del contribuente", detta alcune specifiche

disposizioni  in  materia di redazione di disposizioni tributarie. In

particolare:

a) l'articolo  1,  comma  2,  stabilisce  che:  "L'adozione  di norme

   interpretative in materia tributaria puo' essere disposta soltanto

   in  casi eccezionali e con legge ordinaria, qualificando come tali

   le disposizioni di interpretazione autentica";

b) l'articolo  2, comma 1, stabilisce che: "Le leggi e gli altri atti

   aventi  forza  di  legge  che  contengono  disposizioni tributarie

   devono  menzionarne  l'oggetto nel titolo", nonche' "nella rubrica

   delle  partizioni  interne  e dei singoli articoli l'oggetto delle

   disposizioni ivi contenute" (v. par. 2.1);

c) l'articolo 2, comma 2, stabilisce che: "Le leggi e gli atti aventi

   forza  di  legge  che  non hanno un oggetto tributario non possono

   contenere disposizioni di carattere tributario, fatte salve quelle

   strettamente inerenti all'oggetto della legge medesima";

d) l'articolo  2,  comma 3, fissa il principio secondo cui i richiami

   contenuti  in  disposizioni tributarie si fanno indicando anche il

   contenuto  sintetico della disposizione alla quale si intende fare

   rinvio;

e) l'articolo 2, comma 4, esplicita che "Le disposizioni modificative

   di  leggi tributarie debbono essere introdotte riportando il testo

   conseguentemente  modificato";  trovano al riguardo applicazione i

   principi generali in materia di novella di cui al par. 3.3;

f) rilevanti disposizioni in materia di decorrenza delle disposizioni

   tributarie sono dettate dall'articolo 3;

g) l'articolo  4  dispone  che,  in  materia  tributaria, non si puo'

   disporre  con  decreto-legge  l'istituzione  di  nuovi tributi ne'

   prevedere  l'applicazione  di tributi esistenti ad altre categorie

   di soggetti.

h) l'articolo  6, comma 3, fa obbligo all'amministrazione finanziaria

   che,  in  generale, ogni proprio atto sia messo a disposizione del

   contribuente   in   tempi   utili,   sia  comprensibile  anche  ai

   contribuenti sforniti di conoscenze in materia tributaria e che il

   contribuente  possa  adempiere  le  obbligazioni tributarie con il

   minor  numero  di  adempimenti  e  nelle forme meno costose e piu'

   agevoli;

i) l'articolo  6,  comma  4,  stabilisce  che:  "Al  contribuente non

   possono,  in ogni caso, essere richiesti documenti ed informazioni

   gia'  in  possesso  dell'amministrazione  finanziaria  o  di altre

   amministrazioni   pubbliche   indicate   dal   contribuente.  Tali

   documenti  ed  informazioni  sono acquisiti ai sensi dell'articolo

   18,  commi  2  e 3, della legge 7 agosto 1990, n. 241, relativi ai

   casi  di  accertamento  d'ufficio  di  fatti, stati e qualita' del

   soggetto interessato dalla azione amministrativa";

l) l'articolo  8,  comma  3, prevede che: "Le disposizioni tributarie

   non  possono stabilire ne' prorogare termini di prescrizione oltre

   il limite ordinario stabilito dal codice civile".



4.12 Disposizioni interpretative

   Le  disposizioni  di  interpretazione autentica devono limitarsi a

chiarire il significato delle norme richiamate, ovvero ad individuare

una  fra  la  varie  interpretazioni  possibili, senza modificarne il

tenore  testuale. Esse, infatti, sono ammissibili solo in presenza di

un  dubbio  interpretativo  e  sono  volte ad enucleare uno specifico

significato normativo.

   Per  il  carattere  prettamente  strumentale  ed ausiliario, dette

disposizioni  non  possono  avere un contenuto precettivo distinto da

quello   delle   norme   interpretate  e  non  sono  suscettibili  di

un'autonoma  applicazione.  Ad  esse  non  puo'  attribuirsi  portata

innovativa (3).

   ------

             (3)  (Sui  limiti  delle  norme  interpretative  cfr. da

          ultimo  la  sentenza  della  Corte  costituzionale  del  15

          novembre 2000, n.525.).

   Per  le disposizioni in questione si utilizza, quindi, la seguente

formula:

   Il  comma...  dell'articolo...  della  legge...  si interpreta nel

senso che...".



4.13 Disposizioni contenenti termini

   La  previsione  di  termini  nelle  disposizioni  di  legge  o  di

regolamento  non  e' operazione di carattere semplice ne' subordinata

alla  sola  stima  del  tempo  necessario  per provvedere ad un certo

adempimento.

   La previsione di un termine deve essere motivata e accompagnata da

meccanismi  che  fin dall'inizio consentano di superare la situazione

che si verifica in caso di mancato rispetto del termine, o prevedendo

la decadenza, se consentita dal tipo di fonte utilizzata, dal diritto

o  dal  potere  oppure  gli  strumenti  alternativi o sostitutivi del

mancato adempimento.

   In particolare, tale previsione e:

a) motivata   dall'effettiva   esigenza,   espressa  nella  relazione

   illustrativa,   tecnico-normativa,   e   nell'AIR.  Va  ricordato,

   infatti,  che solo in determinati casi, il termine ha un effettivo

   valore  tassativo  con  la  conseguenza  di  un effetto preclusivo

   dell'esercizio  di  un  diritto o di un potere in data successiva.

   Cio'  non  si  verifica  in caso di termine per l'adozione di atti

   amministrativi  o  regolamenti, per i quali il termine ha una mera

   efficacia  sollecitatoria.  In  tali casi, il termine non comporta

   alcun  effetto  preclusivo, anzi la sua scadenza rende ancora piu'

   necessaria  l'adozione  dell'atto,  che  resta comunque un obbligo

   salvo quanto previsto dalla lettera b);

b) accompagnata dalla previsione della modalita' di superamento della

   situazione  che  si  determina  a seguito del mancato rispetto del

   termine. In caso contrario, sara' poi fortissima la sollecitazione

   all'ulteriore  intervento normativo per regolare dette conseguenze

   e, come l'esperienza insegna, tale sollecitazione sara' fatalmente

   rivolta all'emanazione di un decreto-legge per il quale, tuttavia,

   non  sussisteranno  a  rigore  i  presupposti, essendo per lo piu'

   dovuto a inadempienza dello stesso organo che doveva provvedere.



   E,  poi,  opportuno  che  l'unita'  di misura del tempo, impiegata

dalla disposizione semplifichi al massimo l'opera dell'interprete. Si

procede, dunque, secondo i seguenti principi.

   Il  riferimento ai giorni e' utilizzato quando il periodo preso in

considerazione e' inferiore al mese o nel caso in cui la disposizione

non fissi una data determinata. Altrimenti il riferimento e' al mese.

Tali  ultimi riferimenti evitano che l'interprete debba effettuare il

conto dei giorni per individuare la scadenza del termine e consentono

invece l'individuazione del termine finale con la sola corrispondenza

al  termine  di  partenza:  sei  mesi  dal  12 febbraio scadono il 12

agosto,  a prescindere dal carattere bisestile o meno dell'anno e dal

numero effettivo dei giorni di ciascun mese intermedio.



4.14 Disposizioni sanzionatorie

   Le  sanzioni  sono coperte da riserva di legge. Cio' significa che

e'  riservata  alla  legge la previsione della fattispecie illecita e

della  sanzione. Tuttavia, mentre per la sanzione in senso stretto la

riserva  di  legge e' assoluta, e quindi la legge prevede la sanzione

applicabile, la fattispecie illecita puo' essere dalla legge definita

con rinvio ad un regolamento o ad un atto amministrativo, purche' con

un'indicazione sufficientemente specifica dei criteri cui questi atti

si devono attenere.

   Per  le  sanzioni  penali, e' necessario attenersi ai principi del

codice penale.

   Per  le sanzioni amministrative e' necessario attenersi alla legge

sulla  depenalizzazione  (legge  24 novembre 1981, n. 689), quanto al

tipo  di sanzione ed al rapporto tra minimo e massimo e utilizzare al

posto  dell'espressione  "e'  punito",  terminologia  riservata  alla

descrizione  dei reati, la seguente formulazione "chi commette.... e'

soggetto a....".

   La  riserva di legge impone che in sede di legge delega o di legge

che  prevede  il  rinvio  al potere regolamentare si preveda anche la

possibilita:

a) per  il decreto legislativo, di punire le violazioni con sanzioni,

   sulla base degli ordinari principi e criteri direttivi;

b) per i regolamenti, di prevedere le condotte alle quali consegue la

   sanzione prevista dalla legge.



   E'   raccomandabile   la   formulazione   delle  disposizioni  che

descrivono  la  fattispecie illecita in termini generali e non con il

mero  riferimento  all'articolo  del  testo  normativo che prevede il

comportamento  obbligatorio.  In  tal  modo,  infatti,  i cambiamenti

intervenuti  in  altri  testi  normativi,  contenenti le prescrizioni

tutelate   dalla   previsione   della  sanzione,  non  comportano  la

necessita'  di  modificare  la  legge  che  prevede  la sanzione, cui

consegue   l'aggravio   del   procedimento   di   elaborazione  delle

disposizioni.

   Cosi, ad esempio, e' preferibile prevedere la sanzione nella legge

come segue:

     "Chiunque senza autorizzazione (o indebitamente, o in violazione

     delle   disposizioni   che  ne  fissano  la  disciplina)  svolge

     l'attivita'  di.... e' punito con la sanzione amministrativa del

     pagamento  di  una  somma  di  denaro  da  lire.... a lire....",

     piuttosto  che  "Chiunque  viola  le  disposizioni  di  cui agli

     articoli....  del regolamento emanato con decreto del Presidente

     della    Repubblica........    n......    e'   punito   con   la

     sanzione.....".

   Va comunque tenuto presente l'articolo 20-bis della legge 15 marzo

1997, n.59, come modificata dalla legge 8 marzo 1999, n. 50 (legge di

semplificazione  1998)  e dalla legge 24 novembre 2000, n. 340 (legge

di   semplificazione  1999),  che  consente  il  raccordo  tra  norme

regolamentari di' delegificazione e sanzioni riferite alle precedenti

disposizioni di legge.



4.15 Disposizioni di copertura finanziaria

   La  disposizione  di  copertura finanziaria attiene al reperimento

delle   risorse   finanziarie   necessarie   per  l'attuazione  della

disposizione,  sia  con riferimento ai nuovi o maggiori oneri sia con

riferimento alle minori entrate.

   La   copertura   finanziaria   e'   propria   della  legge  e  del

decreto-legge.

   Per  quanto riguarda gli altri atti normativi, va ricordato che il

decreto  legislativo  (par.  5.2) non puo' porre problemi autonomi di

copertura  finanziaria,  atteso  che  la  previsione  e  la  relativa

copertura dei nuovi o maggiori oneri devono trovare espressione nella

legge di delega.

   Neppure  il  regolamento  puo'  prevedere nuovi o maggiori oneri o

minori  entrate, se non coperti dalla legge che attribuisce il potere

regolamentare.

   Peraltro,   anche  quando  l'atto  di  per  se'  non  contiene  la

previsione  di  nuovi o maggiori oneri, e' utile l'inserimento di una

disposizione  che  escluda tale aggravio finanziario, quale strumento

di chiarezza nei rapporti con i terzi.

   Le   disposizioni   concernenti   la  copertura  finanziaria  sono

preferibilmente  accorpate  in  un  unico articolo, invece che essere

frazionate in una serie di commi relativi alle varie disposizioni che

comportano la necessita' di' copertura.

   La  clausola della copertura finanziaria delle leggi e dei decreti

legge e' riferita generalmente a tutto il provvedimento legislativo e

non a singole disposizioni.

   Essa ha i seguenti contenuti tipici (4)

             (4)(Si  veda  in proposito l'articolo 11-ter della legge

          L.  5 agosto 1978, n. 468, recante "Riforma di alcune norme

          di   contabilita'   generale  dello  Stato  in  materia  di

          bilancio"  e  successive  modificazioni,  che cosi' recita:

          "Copertura finanziaria delle leggi.

             1.  In  attuazione dell'articolo 81, quarto comma. della

          Costituzione,  la  copertura  finanziaria  delle  leggi che

          importino nuove o maggiori spese, ovvero minori entrate, e'

          determinata esclusivamente attraverso le seguenti modalita:

          a) mediante  utilizzo  degli  accantonamenti  iscritti  nei

             fondi  speciali  previsti dall'articolo 11-bis, restando

             precluso  sia  l'utilizzo  di  accantonamenti  del conto

             capitale   per   iniziative   di   parte  corrente,  sia

             l'utilizzo  per finalita' difformi di accantonamenti per

             regolazioni contabili e per provvedimenti in adempimento

             di obblighi internazionali;

          b) mediante    riduzione   di   precedenti   autorizzazioni

             legislative  di  spesa; ove dette autorizzazioni fossero

             affluite  in  conti  correnti o in contabilita' speciali

             presso la Tesoreria statale, si procede alla contestuale

             iscrizione nello stato di previsione della entrata delle

             risorse da utilizzare come copertura;

          c) .... (abrogato);

          d) mediante  modificazioni legislative che comportino nuove

             o  maggiori  entrate;  resta  in  ogni  caso  esclusa la

             copertura di nuove e maggiori spese correnti con entrate

             in conto capitale.



             2. I disegni di legge, gli schemi di decreto legislativo

          e  gli emendamenti di iniziativa governativa che comportino

          conseguenze  finanziarie  devono  essere  corredati  da una

          relazione   tecnica,   predisposta   dalle  amministrazioni

          competenti  e  verificata  dal  Ministero  del  tesoro, del

          bilancio    e    della   programmazione   economica   sulla

          quantificazione  delle  entrate  e  degli  oneri  recati da

          ciascuna  disposizione,  nonche'  delle relative coperture,

          con  la  specificazione,  per  la  spesa  corrente e per le

          minori  entrate,  degli  oneri  annuali  fino alla completa

          attuazione  delle  norme e, per le spese in conto capitale,

          della  modulazione relativa agli anni compresi nel bilancio

          pluriennale  e  dell'onere  complessivo  in  relazione agli

          obiettivi  tisici previsti. Nella relazione sono indicati i

          dati  e i metodi utilizzati per la quantificazione, le loro

          fonti e ogni elemento utile per la verifica tecnica in sede

          parlamentare secondo le norme da adottare con i regolamenti

          parlamentari (20/a).

             3.   Le   Commissioni  parlamentari  competenti  possono

          richiedere  al  Governo  la relazione di cui al comma 2 per

          tutte  le  proposte  legislative  e gli emendamenti al loro

          esame  ai fini della verifica tecnica della quantificazione

          degli oneri da essi recati.

             4. I disegni di legge di iniziativa regionale e del CNEL

          devono  essere  corredati,  a  cura  dei proponenti, da una

          relazione tecnica formulata nei modi previsti dal comma 2.

             5.   Per   le   disposizioni   legislative   in  materia

          pensionistica  la  relazione di cui ai commi 2 e 3 contiene

          un   quadro  analitico  di  proiezioni  finanziarie  almeno

          decennali, riferite all'andamento delle variabili collegate

          ai soggetti beneficiari. Per le disposizioni legislative in

          materia  di  pubblico  impiego la relazione contiene i dati

          sul  numero  dei  destinatari,  sul  costo  unitario, sugli

          automatismi diretti e indiretti che ne conseguono fino alla

          loro  completa  attuazione, nonche' sulle loro correlazioni

          con lo stato giuridico ed economico di categorie o fasce di

          dipendenti   pubblici   omologabili.  Per  le  disposizioni

          legislative  recanti  oneri  a  carico  dei bilanci di enti

          appartenenti  al  settore  pubblico  allargato la relazione

          riporta la valutazione espressa dagli enti interessati.

             6.  Ogni  quattro  mesi  la Corte dei conti trasmette al

          Parlamento  una  relazione  sulla tipologia delle coperture

          adottate  nelle  leggi  approvate nel periodo considerato e

          sulle tecniche di quantificazione degli oneri.

             7.   Qualora   nel   corso  dell'attuazione  dileggi  si

          verifichino scostamenti rispetto alla previsioni di spesa o

          di  entrate  indicate  dalle  medesime  leggi al fine della

          copertura   finanziaria,  il  Ministro  competente  ne  da'

          notizia   tempestivamente   al   Ministro  del  tesoro  che

          riferisce  al  Parlamento con propria relazione e assume le

          conseguenti  iniziative legislative. La stessa procedura e'

          applicata   in   caso  di  sentenze  definitive  di  organi

          giurisdizionali   e   della  Corte  costituzionale  recanti

          interpretazioni  della  normativa  vigente  suscettibili di

          determinare maggiori oneri.



a) in caso di utilizzazione di fondo speciale del Tesoro:

     "All'onere   derivante  dall'attuazione  della  presente  legge,

     determinato   in  lire....  per  dall'anno....  ),  si  provvede

     mediante  corrispondente  riduzione dello stanziamento iscritto,

     ai  fini  del  bilancio  triennale....,  nell'ambito dell'unita'

     previsionale  di  base  di  parte corrente (o di conto capitale)

     "Fondo  speciale"  dello  stato di previsione del Ministero.....

     per   l'anno....,  (parzialmente)  utilizzando,  per  lire.....,

     l'accantonamento  relativo  al  Ministero..... e, per lire.... ,

     l'accantonamento relativo al Ministero....

b) in   caso   di   copertura  attraverso  definanziamento  di  altra

   iniziativa,  ai  sensi  dell'articolo 11-ter, comma 1, lettera b),

   della legge 5 agosto 1978, n. 468, la clausola e' la seguente:

     "All'onere  derivante  dall'attuazione  della  presente legge si

     provvede  con le risorse di cui all'articolo.... della legge....

     Si    intende    corrispondentemente    ridotta    la   relativa

     autorizzazione di spesa"

   c)  in  nessuna  caso  e'  consentita  la copertura su capitoli di

spesa.

   La formula di copertura finanziaria e' completata dalla previsione

del seguente ulteriore comma:

        "Con  decreto  del  Ministro del tesoro, del bilancio e della

     programmazione economica sono apportate le occorrenti variazioni

     di bilancio".

   In  ogni  caso  e'  corretto  fare  riferimento,  per la copertura

finanziaria,  solo  agli  stanziamenti  previsti,  per  gli  anni  di

riferimento,  dalla  legge  finanziaria  in vigore, tenendo conto del

mantenimento   dei   residui  di  stanziamento  il  cui  utilizzo  e'

espressamente contemplato dalla legge.

   La  pratica  del  cosiddetto  "trascinamento dei fondi" da un anno

all'altro  e,  invece,  scorretta  e  comporta  un  ampliamento delle

risorse impegnabili non previsto dalle leggi di spesa. Sui principi e

modalita'  di  attuazione delle disposizioni in materia di formazione

dei residui di stanziamento si veda anche la direttiva del Presidente

del  consiglio  dei  ministri  in  data  16  gennaio 1998, in G.U. 27

gennaio 1998, n. 21.

   I  decreti  legislativi  non  portano  vere  e proprie clausole di

copertura  finanziaria.  Con riferimento a detti decreti la copertura

si rinviene nella legge delega (par. 5.2). Solo a titolo ricognitivo,

quindi, e' consentito l'uso della seguente disposizione:

        "All'onere  derivante  dall'applicazione del presente decreto

     si    provvede    con    le    risorse    finanziarie   previste

     dall'articolo.... della legge.... (delega)".

   Allo  stesso  modo,  una  clausola di copertura finanziaria non e'

ammissibile  per i regolamenti, neppure per quelli "autorizzati" o di

delegificazione. La copertura e' prevista dalla legge che rinvia alle

norme regolamentari.



4.16 Disposizioni abrogative

   La  parte  finale dell'atto e' rivolta a stabilire il rapporto con

gli  altri atti normativi, o in funzione di raccordo o in funzione di

abrogazione.

   Per   quanto  l'abrogazione,  oltre  che  espressa,  possa  essere

implicita,  per  contrasto  oggettivo  tra  precetti contrastanti, e'

buona  regola  che  l'atto  normativo  contenga  la  previsione delle

disposizioni   abrogate,   in   modo   da   assicurare  una  continua

"manutenzione"   dell'ordinamento   e  la  periodica  verifica  della

necessita' delle norme formalmente esistenti.



4.17 Disposizioni transitorie

   Tra  le disposizioni finali si pongono anche le norme transitorie,

e  cioe'  le norme disciplinanti il passaggio dal regime previgente a

quello nuovo.


   A  questo  proposito,  vanno  evitate espressioni come "In sede di

prima  applicazione  della  presente disposizione ...", atteso che in

sede  applicativa  tali  espressioni,  non  riferite  ad  un  preciso

elemento  temporale,  hanno  creato  contenzioso per il dubbio insito

nell'individuazione    delle    fattispecie   nelle   quali   si   e'

effettivamente in sede di prima applicazione di una disposizione.

   Le  disposizioni  transitorie, collocate in articolo a se' stante,

pongono  in  essere  la disciplina intertemporale resasi necessaria a

seguito   della   modifica   dell'assetto   normativo.   Esse  devono

individuare  chiaramente  gli  aspetti  problematici  di  transizione

relativi  al  passaggio  dal  regime  previgente  a quello successivo

all'entrata in vigore dell'atto, regolando i rapporti giuridici sorti

in vigenza della normativa anteriore ed ancora pendenti.

   Il  regime  transitorio  puo'  fondarsi o sulla applicazione della

normativa anteriore ai rapporti giuridici sorti prima dell'entrata in

vigore  dell'atto  (principio  di  ultrattivita)  o sull'applicazione

della   nuova   normativa   ai   rapporti   pendenti   (principio  di

retroattivita) o su una regolamentazione autonoma provvisoria.

   Dette   disposizioni   devono  indicare  un  ambito  di  validita'

temporale  nettamente  definito,  ponendo  un  riferimento  chiaro  e

specifico a momenti di tempo univoci ed oggettivamente determinabili.



4.18 Entrata in vigore e decorrenza di efficacia.

   Occorre  distinguere  fra  data  di  entrata  in  vigore dell'atto

normativo  nel  suo  complesso  e  decorrenza  dell'efficacia  di sue

singole disposizioni.

   Nel  primo caso si usa l'espressione : "La presente legge entra in

vigore  il..."  .  Nel  secondo  caso  si  usa  la  seguente  diversa

espressione   :"Le  disposizioni  dell'articolo  x  hanno  effetto  a

decorrere da ...".

   Il  termine  iniziale  per  le  ipotesi  di  diversa decorrenza di

singole  disposizioni  va individuato in date certe (la pubblicazione

e,   preferibilmente,  l'entrata  in  vigore)  e  non  in  date  piu'

difficilmente note alla generalita' (l'approvazione, la promulgazione

o l'emanazione).

   Gli  emendamenti  modificativi  o  soppressivi al decreto-legge ed

approvati  nella  legge  di  conversione  hanno  effetto  dal  giorno

successivo  a  quello  di  pubblicazione  della legge di conversione,

salvo sia diversamente disposto dalla legge stessa (par. 5.1).

   Con  riferimento  all'entrata  in  vigore  o  alla  decorrenza  di

efficacia  di  una  disposizione  introdotta  con  il  sistema  della

novella, occorre evitare che il momento di decorrenza sia falsato per

effetto  dell'introduzione  in  un  testo normativo gia' in vigore. A

tale  fine  la decorrenza non va inserita nel testo novellato, bensi'

in autonoma disposizione ad esso estranea (v. par. 3.3).



4.19 Clausola di inserzione nella raccolta degli atti normativi

   Tale  clausola  ha un contenuto fisso. Per la legge la clausola e'

la seguente:

     "La  presente  legge,  munita  del  sigillo  dello  Stato, sara'

     inserita  nella  Raccolta  ufficiale  degli atti normativi della

     Repubblica  italiana.  E'  fatto  obbligo  a  chiunque spetti di

     osservarla e di farla osservare come legge dello Stato".

   Per  i  decreti  legge,  i decreti legislativi ed i regolamenti la

formula e' la seguente:

     "Il  presente  decreto,  munito  del  sigillo dello Stato, sara'

     inserito  nella  Raccolta  ufficiale  degli atti normativi della

     Repubblica  italiana.  E'  fatto  obbligo  a  chiunque spetti di

     osservarlo e di' farlo osservare ".

   Essa  non  appartiene  al contenuto dispositivo dell'atto e non va

quindi  inserita  nell'articolato  ne' contrassegnata da un numero di

comma.



5 REGOLE SPECIALI PER PARTICOLARI ATTI



5.1 Regole per i decreti-legge e i disegni di legge di conversione

   Il  titolo  del  decreto-legge  si caratterizza con l'espressione:

"Misure  urgenti  in materia di...". Di seguito e' indicato l'oggetto

del decreto.

   Le premesse ed il contenuto dell'atto si attengono alle previsioni

dell'articolo 15 della legge 23 agosto 1988, n. 400.

   Pertanto,  nelle  premesse  sono  richiamati gli articoli 77 ed 87

della   Costituzione   ed   esposti   i  motivi  della  necessita'  e

dell'urgenza.

   Quanto al contenuto, il Governo non puo, mediante decreto-legge:

a) conferire  deleghe  legislative  ai  sensi  dell'articolo 76 della

   Costituzione;

b) provvedere  nelle materie indicate nell'articolo 72, quarto comma,

   della Costituzione;

c) rinnovare  le  disposizioni  di decreti-legge, dei quali sia stata

   negata la conversione in legge con il voto di una delle due Camere

   o comunque non convertiti nel termine previsto dalla Costituzione;

d) regolare  i  rapporti  giuridici  sorti sulla base dei decreti non

   convertiti;

e) ripristinare  l'efficacia  di  disposizioni dichiarate illegittime

   dalla Corte costituzionale per vizi non attinenti al procedimento.



   I  decreti devono contenere misure di' immediata applicazione e il

loro  contenuto  deve  essere specifico, omogeneo e corrispondente al

titolo.   Ne  consegue  che  nel  decreto-legge  non  e'  ammissibile

subordinare  l'efficacia  o  l'attuazione  delle disposizioni in esso

contenute  all'adozione di regolamenti attuativi. La dilazione che ne

deriverebbe    e'    la    dimostrazione   dell'insussistenza   della

straordinaria necessita' e urgenza.

   Il decreto-legge e' pubblicato, senza ulteriori adempimenti, nella

Gazzetta  ufficiale  immediatamente dopo la sua emanazione e contiene

la  clausola  di  presentazione  al  Parlamento per la conversione in

legge.

   Le  modifiche  eventualmente apportate al decreto-legge in sede di

conversione  hanno  efficacia  dal  giorno  successivo a quello della

pubblicazione  della legge di conversione, salvo che quest'ultima non

disponga diversamente. Esse sono elencate in allegato alla legge.

   Nelle relazioni di accompagnamento sono descritti i presupposti di

necessita'    ed    urgenza   nonche'   gli   effetti   delle   norme

sull'ordinamento  e  deve  essere  predisposta,  sia  pure  in  forma

semplificata, l'AIR.

   Secondo quanto previsto dall'articolo 17, comma 30, della legge 15

maggio  1997,  n.  127,  sono  allegati,  altresi, gli atti normativi

eventualmente abrogati o modificati dal decreto-legge.

   Benche'  la  Costituzione non preveda espressamente limitazioni di

materia,  le  situazioni  di  straordinaria necessita' ed urgenza, in

presenza  delle  quali e' legittimo il ricorso al decreto-legge, sono

piu' facilmente enucleate con riferimento alle materie nelle quali il

decreto-legge  e'  emanato.  Come ausilio alla verifica dei requisiti

costituzionali,   va  ricordato  che  le  materie  nelle  quali  piu'

frequentemente  realmente ricorrono i presupposti della straordinaria

necessita' e urgenza sono:

a) emergenze    internazionali    ed    adempimento    di    obblighi

   internazionali;

b) emergenze di ordine pubblico interno e repressione dei reati;

e) protezione civile;

d) emergenze    valutarie    e    tributarie    (cosiddetti   decreti

   "catenaccio"),  con  la  precisazione che, a norma dell'articolo 4

   della  legge  27  luglio  2000,  n. 212, "non si puo' disporre con

   decreto-legge   l'istituzione   di  nuovi  tributi  ne'  prevedere

   l'applicazione   di   tributi  esistenti  ad  altre  categorie  di

   soggetti";

e) emergenze sanitarie e ambientali.



   E'  bene  ancorare  la  verifica  dei  requisiti  di straordinaria

necessita'  e urgenza dei decreti-legge anche alla materia, oltre che

alla  situazione  concretamente  dedotta,  atteso  che quei requisiti

vanno  intesi  in  senso  oggettivo  e  non  riconducibile, in via di

principio, a scadenze prevedibili.



5.2  Regole  per  i  disegni  di  legge  di  delegazione ed i decreti

legislativi

   I   limiti   del  potere  di  delega  al  Governo  della  funzione

legislativa  sono: il termine di esercizio della delega, l'oggetto, i

principi e criteri direttivi.

   La  legge di delegazione contiene, dunque, la distinta indicazione

di termini, oggetto, principi e criteri direttivi.



5.2.1 Termine per l'esercizio della delega

   Detto   termine   e'   commisurato   non  solo  alla  complessita'

sostanziale  dell'esercizio  della  delega,  ma anche al procedimento

richiesto  per  l'emanazione  del  decreto  legislativo.  Sempre piu'

spesso   si   prevede  l'acquisizione  dei  pareri  delle  competenti

Commissioni parlamentari ed e' richiesto il passaggio alla Conferenza

Stato - regioni o Stato - autonomie locali o unificata.

   Tali  termini dell'istruttoria si sommano. Questo effetto si evita

solo se la legge di delegazione delega prevede espressamente in senso

contrario.

   Entro  il  termine  fissato dalla legge di delegazione, il decreto

legislativo  e'  emanato,  cioe'  e'  firmato  dal  Presidente  della

Repubblica.  Il  testo del decreto legislativo, adottato dal Governo,

e,  a  tale  fine,  trasmesso  al Presidente della Repubblica, per la

emanazione, almeno venti giorni prima della scadenza.

   In  ogni  caso,  qualora il termine previsto per l'esercizio della

delega ecceda i due anni, il Governo e' tenuto a richiedere il parere

delle  Camere  sugli  schemi  dei  decreti  legislativi. Il parere e'

espresso dalle Commissioni permanenti delle due Camere competenti per

materia  entro sessanta giorni, indicando specificamente le eventuali

disposizioni  non  ritenute corrispondenti alle direttive della legge

di'  delegazione. Il Governo, nei trenta giorni successivi, esaminato

il  parere,  ritrasmette,  con  le  sue  osservazioni e con eventuali

modificazioni,  i testi alle Commissioni per il parere definitivo che

deve  essere  espresso entro trenta giorni. E' comunque opportuno che

nella  legge  di  delega  ultrabiennale  si richiami espressamente la

procedura dell'articolo 14, comma 4, della legge n.400 del 1988.

   Si  ritiene  comunemente che l'esercizio della delega da parte del

Governo  sia istantaneo, che cioe' esso si esaurisca con l'emanazione

del  primo  decreto  legislativo e che, neppure rimanendo nel termine

dell'esercizio della delega, il Governo possa ritornarci, abrogando o

modificando il precedente decreto legislativo.

   Tale  principio  non  vale,  tuttavia,  in  caso  di pluralita' di

oggetti  della  delega  e  di  pluralita'  di  decreti emanati per la

disciplina  di  distinti  oggetti:  da cio' l'importanza della chiara

definizione dell'oggetto della delega (par. 5.2.2).



5.2.2 Oggetto della delega

   La  definizione  dell'oggetto  della  delega e' elemento di grande

importanza.

   Se la delega legislativa si riferisce ad una pluralita' di oggetti

distinti   suscettibili  di  separata  disciplina,  il  Governo  puo'

esercitarla  mediante  piu'  atti  successivi  per  uno  o piu' degli

oggetti predetti.

   In   relazione   al   termine  finale  stabilito  dalla  legge  di

delegazione,  il Governo informa periodicamente le Camere sui criteri

che  segue  nell'organizzazione  dell'esercizio  della  delega. Nella

redazione  delle disposizioni di delega, e' necessario distinguere la

definizione   dell'oggetto   della  delega  dai  principi  e  criteri

direttivi  per  l'esercizio  della  medesima,  nonche'  prevedere  la

copertura  finanziaria  di  tutti gli oneri discendenti dal complesso

legge di delegazione - decreto legislativo.



5.2.3 Principi e criteri direttivi

   I  principi  sono,  propriamente,  le  disposizioni della legge di

delegazione che contengono norme giuridiche di carattere generale.

   I   criteri  direttivi  sono,  propriamente,  l'indicazione  delle

specifiche finalita' fissate al legislatore delegato.

   Peraltro, nell'applicazione concreta, principi e criteri direttivi

costituiscono un'endiadi e non sono differenziati.



5.2.4 Altre disposizioni da inserire nella delega

   Sono  inserite nella delega, oltre alle disposizioni contenenti la

copertura  finanziaria  (par.  5.2.2), quelle che prevedono un potere

regolamentare  diverso  dal generale potere regolamentare del Governo

(par. 5.6).



5.2.5 Aspetti formali del decreto legislativo

   A  norma  dell'articolo  14  della legge 23 agosto 1988, n. 400, i

decreti  legislativi  adottati  dal Governo ai sensi dell'articolo 76

della  Costituzione  sono emanati dal Presidente della Repubblica con

la  denominazione  di  "decreto legislativo" e con l'indicazione, nel

preambolo,  della  legge  di  delegazione,  della  deliberazione  del

Consiglio  dei  ministri  e  degli altri adempimenti del procedimento

prescritti dalla legge di delegazione.



5.2.6 Aspetti sostanziali del decreto legislativo

   Il  decreto  legislativo  disciplina  la  materia nel rispetto dei

principi e criteri direttivi fissati dal legislatore delegante.

   Il  decreto  legislativo,  pertanto, non contiene sub-deleghe, ne'

attribuisce  il  potere  regolamentare,  diverso  da  quello generale

spettante  al Governo ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge

23 agosto 1988, n. 400 (v, anche par. 4.15).



5.2.7 Decreti legislativi correttivi

   Il decreto legislativo correttivo deve essere adottato nei termini

e nel rispetto dei vincoli derivanti dalla legge di delegazione.

   Nel  titolo  e'  menzionato  il decreto legislativo modificato dal

decreto correttivo.

   Nelle premesse e' menzionata la norma di delega di riferimento, in

base alla quale si effettua l'intervento correttivo.



5.3 Regole per il disegno di legge comunitaria

   Il   titolo   del   disegno   di  legge  reca:  "Disposizioni  per

l'adempimento  degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia

alle    Comunita'    europee"   e   tale   dicitura   e'   completata

dall'indicazione    "legge   comunitaria",   seguita   dall'anno   di

riferimento.

   A  norma della legge 9 marzo 1989, n. 86 (legge "La Pergola"), gli

allegati alla legge comunitaria comprendono:

a) l'elenco  delle direttive da attuare con decreti legislativi senza

   la   necessaria   acquisizione   del   parere   delle  Commissioni

   parlamentari (Allegato A);

b) l'elenco  delle direttive da attuare con decreti legislativi per i

   quali   e'  previsto  il  parere  delle  Commissioni  parlamentari

   (Allegato B);

c) l'elenco   delle   direttive   da   attuare   con  regolamenti  di

   delegificazione (Allegato C) (All. 6).



   E'   necessario   che  la  legge  comunitaria  preveda  la  delega

legislativa  in  caso  di  istituzione  di  nuovi  organi o strutture

amministrative  e  nelle  ipotesi  di  previsioni di nuove spese o di

minori entrate.

   Nella  previsione  delle  direttive  da  comprendere  nella  legge

comunitaria  sono  incluse  tutte  le  direttive in vigore e non solo

quelle  il  cui termine di recepimento scade nell'anno di riferimento

della  legge  comunitaria.  Considerato, infatti, il tempo necessario

per  la  redazione  dei  decreti legislativi, l'autolimitazione della

legge  comunitaria  alle  sole  direttive  con  scadenza nell'anno di

riferimento  della  legge comunitaria medesima condannerebbe lo Stato

italiano  al  ritardo  nel recepimento ed alla conseguente infrazione

comunitaria.

   Con riferimento al contenuto della relazione illustrativa, e' bene

ricordare  che  in  detta relazione va fatta menzione delle direttive

che  possono  essere  recepite  con regolamento o atto amministrativo

senza  necessita'  di  apposita  previsione  nella legge comunitaria,

dello  stato  di  conformita'  dell'ordinamento  interno  al  diritto

comunitario e dello stato delle eventuali procedure di infrazione. Si

deve  dare conto, in particolare, della giurisprudenza della Corte di

giustizia   delle   Comunita'   europee   relativa   alle   eventuali

inadempienze  e  violazioni  degli obblighi comunitari da parte della

Repubblica  italiana,  nonche'  delle  ragioni dell'eventuale mancata

menzione  delle  direttive,  il  cui  termine  di recepimento e' gia'

scaduto  o  scada  nel  periodo di riferimento, in relazione ai tempi

previsti  per  l'esercizio  della  delega  legislativa. Si da' conto,

altresi,   della   legislazione   regionale  attuativa  di  direttive

comunitarie.



5.4  Regole  per  i  disegni di legge sulle intese con le confessioni

religiose

   Nel   titolo  e'  inserita  la  seguente  formula  "Norme  per  la

regolazione dei rapporti tra lo Stato e... (la confessione...).

   Nella   relazione   illustrativa   e'   menzionata   la   data  di

sottoscrizione  dell'intesa  ed  e' descritta la procedura seguita, a

tale  fine,  dalla Commissione interministeriale per le intese con le

confessioni religiose.

   Quanto al contenuto, l'articolo 1 ha la seguente formulazione:

        "Art.  1  (Rapporti  tra  lo  Stato e la Confessione...) 1. I

     rapporti  tra  lo Stato e la Confessione.... sono regolati dalle

     disposizioni  della  presente  legge,  sulla  base  dell'intesa,

     stipulata  il.... Detta intesa e' allegata alla presente legge e

     ne costituisce parte integrante".

   Seguono gli articoli dell'intesa.

   Infine e' prevista la norma di copertura.



5.5  Regole  per  i  decreti  legislativi  di  attuazione  di statuti

speciali

   I  decreti legislativi attuativi di statuti speciali devono essere

redatti nel rispetto delle regole previste nel par. 2.2.2.

   Detti  decreti sono emanati in seguito ad un procedimento atipico,

nel  quale  possono intervenire, secondo i rispettivi statuti, organi

regionali    nonche'   una   commissione   paritetica   composta   di

rappresentanti statali e regionali.

   La  particolarita'  del  procedimento  di  emanazione incide anche

sulla  pronuncia  del Consiglio dei ministri, nel quale interviene il

presidente della regione o della provincia autonoma. Il Consiglio dei

ministri,  infatti,  approva  o  non  approva  il  testo,  cosi' come

propostogli,   salve   le   modifiche  non  incidenti  sul  contenuto

sostanziale   dell'atto,   rispetto   alle   quali  l'intervento  dei

richiamati presidenti e' sufficiente garanzia.

   Salve le specifiche previsioni degli statuti di autonomia, quindi,

in  caso di non condivisione totale o parziale del testo da parte del

Consiglio  dei  ministri,  lo  schema  di  decreto  e'  riportato  in

istruttoria, con le garanzie procedimentali per esso previste.

   Lo schema di decreto e' sottoposto al Consiglio dei ministri ed e'

eventualmente modificabile limitatamente agli aspetti formali.



5.6 Regole per le disposizioni regolamentari



5.6.1 - Regolamenti governativi

   I  regolamenti governativi, di cui all'articolo 17, comma 1, della

legge  23  agosto 1988, n. 400, sono caratterizzati dall'inerenza del

potere  di  loro  emanazione  al Governo. Non e' quindi necessaria la

previsione   di  legge  specifica  per  attribuire  detto  potere.  I

regolamenti governativi attuano e integrano le previsioni dileggi, in

particolare,  a  norma  dell'articolo 17, comma 1, della legge n. 400

del  1988,  con  decreto  del  Presidente  della  Repubblica,  previa

deliberazione  del  Consiglio  dei  ministri,  sentito  il parere del

Consiglio  di Stato che deve pronunziarsi entro quarantacinque giorni

dalla richiesta, possono essere emanati regolamenti per disciplinare:

a) l'esecuzione  delle  leggi  e dei decreti legislativi, nonche' dei

   regolamenti comunitari;

b) l'attuazione   e   l'integrazione   delle   leggi  e  dei  decreti

   legislativi  recanti norme di principio, esclusi quelli relativi a

   materie riservate alla competenza regionale;

c) le  materie in cui manchi la disciplina da parte dileggi o di atti

   aventi  forza  di  legge,  sempre  che  non  si  tratti di materie

   comunque riservate alla legge;

d) l'organizzazione   ed   il   funzionamento  delle  amministrazioni

   pubbliche secondo le disposizioni dettate dalla legge.



5.6.2 - Regolamenti di delegificazione

   A  norma  dell'articolo  17, comma 2, della legge n. 400 del 1988,

con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del

Consiglio  dei  ministri, sentito il Consiglio di Stato, sono emanati

regolamenti   autorizzati   a  disciplinare  materie  precedentemente

regolate  da  leggi,  previa abrogazione delle medesime, o a derogare

precedenti  disposizioni di legge o comunque ad innovare a livello di

legislazione ordinaria.

   La  legge  dello  Stato  che attribuisce al Governo tale potere di

delegificazione si attiene ai seguenti principi:

a) limitazione alle materie non coperte da riserva assoluta di' legge

   prevista dalla Costituzione;

b) determinazione delle norme generali regolatrici della materia;

c) previsione dell'abrogazione delle norme vigenti, con effetto dalla

   data di entrata in vigore delle norme regolamentari.



5.6.3 - Regolamenti ministeriali

   A  norma  dell'articolo  17, comma 3, della legge n. 400 del 1988,

con  decreto  ministeriale  possono essere adottati regolamenti nelle

materie  di  competenza  del  ministro o di autorita' sottordinate al

ministro,  quando la legge espressamente conferisca tale potere. Tali

regolamenti,  per  materie  di  competenza  di piu' ministri, possono

essere  adottati  con  decreti  interministeriali,  ferma restando la

necessita' di apposita autorizzazione da parte della legge.

   I   regolamenti  ministeriali  ed  interministeriali  non  possono

dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti emanati dal Governo.

   Essi  debbono  essere  comunicati  ai Presidente del Consiglio dei

ministri prima della loro emanazione.



5.7 - Regole per i testi unici.

   Le  disposizioni  che  prevedono  l'emanazione  di  un testo unico

indicano  sempre  se  il  predetto  testo  e'  retto  da  una  delega

legislativa  o  da  una  mera  autorizzazione alla raccolta di norme,

nonche'  se il testo unico deve essere redatto ai sensi dell'articolo

7 della legge n. 50 del 1999, come modificato dalla legge 24 novembre

2000, n. 340, ovvero secondo un' autonoma disciplina.

   Con  riferimento  alla citazione di un testo unico, o di complessi

di  disposizioni,  la  citazione e' effettuata con la formula: "testo

unico...  (o  disposizioni...) di cui al decreto del Presidente della

Repubblica (o altro atto)(par. 1.9.2).

   Il  riferimento  ai  testi  unici "misti" previsti dall'articolo 7

della  legge n.50 del 1999 e' operato con le modalita' di cui al par.

1.9.2, lettera l.

   La   modificazione  a  norme  dei  testi  unici  "misti"  previsti

dall'articolo  7  della  legge  n. 50 del 1999 e' fatta unicamente al

decreto   del  Presidente  della  Repubblica  (cosiddetto  testo  A),

contenente  sia le disposizioni legislative che quelle regolamentari,

in  caso di sostituzione o aggiunta di articoli o commi e' necessario

precisare,  apponendo  le  lettere L o R, il rango della disposizione

oggetto  di modifica. Ove la modifica sostituisca un intero articolo,

o  introduca  un articolo aggiuntivo, la novella reca, dopo la parola

ART,  la  lettera  (L  o  R)  corrispondente  alla fonte che opera la

modifica.  Se la modifica comporta la sostituzione o l'aggiunta di un

comma all'interno di un articolo a contenuto "misto", la lettera (L o

R)  e'  posta  in  calce al comma stesso. Se la sostituzione riguarda

singole parole, tale indicazione va invece omessa, fermo restando che

modifiche  a  parti  di  testo  di livello inferiore al comma possono

essere apportate solo da atti di fonte pariordinata.


ALL. 1



      Premesse dei decreti legislativi in generale (par. 2.2.2)



                   IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA



   Visti gli articoli 76 e 87, quinto comma, della Costituzione;

   Visto(i)   l'(gli)  articolo(i)....  della  legge  (data),  n....,

recante(i) delega al Governo per.....;

   (Eventuali altre leggi o direttive comunitarie;)

   (Sentite      le     organizzazioni     sindacali     maggiormente

rappresentative;)

   (Vista  la  preliminare  deliberazione del Consiglio dei Ministri,

adottata nella riunione del....;)

   (Acquisito  il  parere  della Conferenza permanente per i rapporti

tra  lo  Stato,  le  regioni  e  le  province autonome di Trento e di

Bolzano espresso nella seduta del.....;)

   (Acquisito  il  parere  della Conferenza Stato-Citta' ed autonomie

locali, espresso nella seduta del.....;)

   (Vista  l'intesa  intervenuta  in  sede  di  Conferenza..... nella

riunione del....;)

   (Acquisito   il   parere   della  Commissione  bicamerale  di  cui

all'articolo..... della legge.....;)

   (Acquisiti  i pareri delle competenti Commissioni della Camera dei

deputati  e  del  Senato  della  Repubblica,  indicando  la data e la

Commissione che ha espresso il parere;)(5)

   Vista  la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella

riunione del.......

   Sulla  proposta  del Ministro (o dei Ministri)......., di concerto

con........;



                                EMANA



                   il seguente decreto legislativo



          (5)  Le  parti  in corsivo sono eventuali e da adattare con

          riferimento al singolo schema.

ALL. 2



               Premesse dei decreti-legge (par. 2.2.3)



                   IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA



   Visti gli articoli 77 e 87, quinto comma, della Costituzione;

   Ritenuta la straordinaria necessita' ed urgenza di.....;

   Vista  la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella

riunione del.....;

   Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri (e del(i)

Ministro(i)), di concerto con il(i) Ministro(i)......;



                                EMANA



                      Il seguente decreto-legge

ALL. 3



          Premesse dei regolamenti in generale (par. 2.2.4)



                   IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA



   Visto l'articolo 87, quinto comma, della Costituzione;

   Visto  l'articolo  17,  comma....., della legge 23 agosto 1988, n.

400;

   (Visto l'articolo.... della legge..... che prevede l'emanazione di

un regolamento....;)(6)

   (Eventuali altre leggi o direttive comunitarie;)

   (Sentite      le     organizzazioni     sindacali     maggiormente

rappresentative;)

   (Vista  la  preliminare  deliberazione del Consiglio dei Ministri,

adottata nella riunione del....;)

   (Acquisito  il  parere  della Conferenza permanente per i rapporti

tra  lo  Stato,  le  regioni  e  le  province autonome di Trento e di

Bolzano espresso nella seduta del.....;)

   (Acquisito  il  parere  della Conferenza Stato-Citta' ed autonomie

locali, espresso nella seduta del.....;)

   ((Acquisito   il   parere   della   Conferenza  unificata  di  cui

all'articolo  8  del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, reso

nella seduta del......;)

   (Vista  l'intesa  intervenuta  in  sede  di  Conferenza..... nella

riunione del....;)

   (Acquisito   il   parere   della  Commissione  bicamerale  di  cui

all'articolo..... della legge.....;)

   Acquisiti   i  pareri  della  Commissione.....  della  Camera  dei

deputati  in  data.....  e  della Commissione....... del Senato della

Repubblica  in  data.....  (alternativamente va richiamata la mancata

espressione del parere nei termini previsti);

   Udito  il  parere  del  Consiglio di Stato, espresso dalla sezione

consultiva per gli atti normativi nell'adunanza del.....;

   (Ritenuto di non potere condividere il citato parere del Consiglio

di Stato, con riferimento a......, in considerazione....;)

   Vista  la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella

riunione del.......

   Sulla  proposta  del Ministro (o dei Ministri)......., di concerto

con........;



                                EMANA



                       il seguente regolamento



          (6)  Le  parti  in corsivo sono eventuali e da adattare con

          riferimento al singolo schema.

ALL. 4



      Premesse dei regolamenti di delegificazione (par. 2.2.5)



                   IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA



   Visto l'articolo 87, quinto comma, della Costituzione;

   Visto l'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400;

   Visto l'articolo.... comma...., della legge(data), n......; (legge

che attribuisce il potere di delegificazione);

   (Altri adempimenti eventuali di cui all'allegato 3;)

   Acquisiti   i  pareri  della  Commissione.....  della  Camera  dei

deputati  in  data.....  e  della Commissione....... del Senato della

Repubblica  in  data.....  (alternativamente va richiamata la mancata

espressione del parere nei termini previsti);

   Vista  la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella

riunione del.......;

   Sulla  proposta  del  Presidente  del Consiglio dei Ministri e del

Ministro   per   la   funzione   pubblica,   di   concerto   con   il

Ministro.......;(7)



                                EMANA



                       il seguente regolamento



          (7)  Le  parti  in corsivo sono eventuali e da adattare con

          riferimento al singolo schema.

ALL. 5



       Premesse dei regolamenti di organizzazione (par. 2.2.5)



                   IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA



   Visto l'articolo 87, quinto comma, della Costituzione;

   Visto  l'articolo  17, comma 4-bis, della legge 23 agosto 1988, n.

400;

   (Eventuali fonti normative riferite alla materia in trattazione;)

   (Altri adempimenti eventuali di cui all'allegato 3;)

   Udito  il  parere  del  Consiglio di Stato, espresso dalla sezione

consultiva per gli atti normativi nell'adunanza del.....;

   Acquisiti   i  pareri  della  Commissione.....  della  Camera  dei

deputati  in  data.....  e  della Commissione....... del Senato della

Repubblica  in  data.....  (alternativamente va richiamata la mancata

espressione del parere nei termini previsti);

   Vista  la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella

riunione del.......;

   Sulla  proposta  del  Presidente  del Consiglio dei Ministri e del

Ministro  per  la  funzione pubblica, di concerto con il Ministro del

tesoro, del bilancio e della programmazione economica;(8)



                                EMANA



                       il seguente regolamento



          (8)  Le  parti  in corsivo sono eventuali e da adattare con

          riferimento al singolo schema.

ALL. 6



   Premesse dei regolamenti di attuazione di direttive comunitarie

                  (par.par. 2.2.5 e 5.3 lettera c)



                   IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA



   Visto l'articolo 87, quinto comma, della Costituzione;

   Visto l'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400;

   Vista la legge...., n....., legge comunitaria per l'anno....;

   Vista(e) la(e) direttiva(e).....;

   (Eventuali fonti normative riferite alla materia in trattazione;)

   (Altri adempimenti eventuali di cui all'allegato 3;)

   Udito  il  parere  del  Consiglio di Stato, espresso dalla sezione

consultiva per gli atti normativi nell'adunanza del.....;

   Acquisiti   i  pareri  della  Commissione.....  della  Camera  dei

deputati  in  data.....  e  della Commissione....... del Senato della

Repubblica  in  data.....  (alternativamente va richiamata la mancata

espressione del parere nei termini previsti);

   Vista  la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella

riunione del.......;

   Sulla  proposta  del  Presidente del Consiglio dei Ministri (o del

Ministro  per  le  politiche  comunitarie)  e  del Ministro......, di

concerto  con  i  Ministri degli affari esteri, della giustizia e del

tesoro,  del bilancio e della programmazione economica nonche' del(i)

Ministro(i).....;(9)



                                EMANA



                       il seguente regolamento



          (9)  Le  parti  in corsivo sono eventuali e da adattare con

          riferimento al singolo schema.

ALL. 7



      Premesse dei regolamenti di semplificazione (par. 2.2.5)



                   IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA



   Visto l'articolo 87, quinto comma, della Costituzione;

   Visto l'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400;

   Visto l'articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n.59;

   Visto  l'articolo.....,  comma......,  della  legge(data), n.....;

(legge annuale di semplificazione)

   (Altri adempimenti eventuali di cui all'allegato 3;)

   Udito  il  parere  del  Consiglio di Stato, espresso dalla sezione

consultiva per gli atti normativi nell'adunanza del.....;

   Acquisiti   i  pareri  della  Commissione.....  della  Camera  dei

deputati  in  data.....  e  della Commissione....... del Senato della

Repubblica  in  data.....  (alternativamente va richiamata la mancata

espressione del parere nei termini previsti);

   Vista  la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella

riunione del.......;

   Sulla  proposta  del  Presidente  del Consiglio dei Ministri e del

Ministro......;(10)



                                EMANA



                       il seguente regolamento



          (10)  Le  parti in corsivo sono eventuali e da adattare con

          riferimento al singolo schema.


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