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Articoli e note

n. 5/2005 - © copyright

BRUNO E. G. FUOCO (*)

Riflessioni sugli atti recettizi dopo
l’entrata in vigore della legge n. 15/2005

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SOMMARIO: 1. Premessa -2. La rilevanza giuridica degli atti recettizi - 3. Brevi cenni di teoria generale - 4. La tipologia degli atti recettizi secondo la dottrina e la giurisprudenza - 5. Gli atti recettizi dopo la novella del 2005 - 6. La problematica degli atti ampliativi: una questione aperta - 7. Conclusioni.

1. Premessa

Come è noto, l’art. 14 della legge n. 15/2005 ha introdotto nel corpo della legge n. 241/1990, l’art. 21-bis recante disposizioni in materia di “efficacia ed invalidità del provvedimento amministrativo [1].

Il punto, oggetto della presente riflessione, riguarda, soprattutto, il primo periodo dell’articolo 21 bis che recita: Il provvedimento limitativo della sfera giuridica dei privati acquista efficacia nei confronti di ciascun destinatario con la comunicazione allo stesso effettuata …” .

Secondo le prime valutazioni dei commentatori, la cennata disposizione pare aver dato dignità legislativa a principi pacifici in giurisprudenza e in dottrina.

In ragione di ciò, la nuova previsione normativa non dovrebbe implicare impatti particolari sull’operato della Pubblica amministrazione e sulle situazioni soggettive dei privati.

Infatti, anche dall’esame dei lavori parlamentari si ricavano approcci che vanno in questa direzione. Nella seduta della Camera dei Deputati del 2/12/2003, l’on. Bressa, afferma che “con questo testo si recepisce sostanzialmente nella legge un ormai consolidato orientamento della dottrina; si introducono nel nostro ordinamento gli atti cosiddetti recettizi a comunicazione individuale. Nulla più di questo” [2].

Senza dubbio, è stata colmata una lacuna notevole presente nella legge n. 241/1990 la quale aveva introdotto l’obbligo della comunicazione nella fase procedimentale e, paradossalmente, nulla aveva disposto in merito a quella provvedimentale [3], anche se una parte della dottrina ricavava, comunque, dalla legge n. 241/90 l’obbligo di comunicare il provvedimento adottato [4].

Eppure, questo problema era stato già affrontato nel lontano 1953 in un progetto di legge sull’azione amministrativa, ove si prevedeva all’art. 39, in modo assolutamente garantista, che “l’atto amministrativo ha efficacia dalla data della sua notificazione” [5].

Dopo la recente novella della legge n. 241/1990, resta, ancora una volta, però, non normato il termine entro il quale il provvedimento non recettizio deve essere comunicato.

Ciò considerato, possiamo affermare che l’area degli atti recettizi, negli ultimi anni, ha subito un progressivo ampliamento in quanto la sua perimetrazione risulta strettamente correlata al modo in cui interpretiamo il procedimento amministrativo e il ruolo svolto dal cittadino nei rapporti con la Pubblica amministrazione.

Nel periodo storico in cui il provvedimento amministrativo era concepito, esclusivamente, quale esercizio unilaterale del potere pubblico, le misure partecipative, in generale, potevano svolgere un ruolo marginale (limitato al decorso dei termini per la difesa giudiziale) e, in particolare, gli atti recettizi dovevano costituire una mera eccezione, quando non se ne contestava, addirittura, la stessa esistenza [6].

La vecchia impostazione dottrinaria, talvolta, riecheggia anche nella giurisprudenza più recente: “E' principio assolutamente pacifico quello secondo il quale non opera come regola generale il disposto dell'art. 1334 c.c. per gli atti amministrativi, valendo, invece, il principio opposto, secondo cui l'esercizio unilaterale del potere produce gli effetti innovativi della precedente situazione giuridica senza bisogno di comunicazione al destinatario, salvo che la legge disponga espressamente in senso diverso o la recettizietà sia sicuramente desumibile dal tipo di atto” [7]. Non a caso, “nel diritto amministrativo detta categoria è stata principalmente individuata negli ordini, che, creando obblighi in capo ai destinatari e richiedendo quindi la loro collaborazione, necessariamente implicano per la loro efficacia la conoscenza da parte dei destinatari” [8].

Oggi, al contrario, dopo la legge n. 15/2005, a nostro avviso, non possiamo più affermare che gli atti recettizi sono una categoria residuale limitata agli atti che necessitano della cooperazione del destinatario per produrre i propri effetti.

La novella in esame, come cercheremo di argomentare con la presente riflessione, non si è limitata a recepire principi pacifici in dottrina e in giurisprudenza in materia di atti recettizi; essa ha fatto una scelta di campo, optando per il “criterio della qualità degli effetti” secondo cui sono recettizi i provvedimenti che incidono negativamente nel patrimonio giuridico dei destinatari, e questi sono “non soltanto i provvedimenti da cui derivi una lesione ovvero una deminutio del patrimonio giuridico dei destinatari ma anche quelli che determinano la mancata acquisizione di un bene o il prodursi di un minor vantaggio a carico di chi possieda un interesse conosciuto ed attuale in tal senso, ovvero, creano un obbligo a carattere positivo o negativo nei confronti del destinatario” [9].

2. La rilevanza giuridica degli atti recettizi.

Il senso concreto di una riflessione sulla categoria degli atti ricettizi discende non da mere esigenze speculative, ma dal fatto che la natura recettizia di un provvedimento comporta conseguenze pratiche importanti, sia per chi ha la responsabilità di provvedere all’interno della Pubblica amministrazione, e sia per i destinatari dell’attività amministrativa sul piano della tutela delle situazioni soggettive. Proviamo, sinteticamente, ad elencarle.

Negli atti recettizi, le misure di partecipazione sono elementi costitutivi dell’efficacia giuridica [10], per cui a differenza di quanto accade in materia di atti di controllo, l’effetto giuridico non decorre dalla data di adozione del provvedimento, ma dalla data di avvenuta comunicazione dello stesso [11].

 E’ inapplicabile, negli atti recettizi, l’istituto della piena conoscenza ai fini del decorso del termine di impugnazione. Infatti, “una delle conseguenze di maggior rilievo connesse alla natura recettizia di un atto amministrativo è quella attinente alla inammissibilità di utilizzo di strumenti alternativi o surrogatori al fine di provocare aliunde l’effetto di conoscenza” [12].

Ad esempio, “un atto sanzionatorio, anche se sia conosciuto dal destinatario, non potrà esplicare i suoi effetti nei suoi confronti fino a quando non gli sia notificato nei modi di legge” [13].

L’omessa comunicazione, nei modi di legge, del provvedimento recettizio comporta il mancato decorso dei termini di impugnativa e impedisce che l’atto diventi inoppugnabile, pregiudicandone, quindi, la stabilità degli effetti [14].

Il rispetto del termine di conclusione del procedimento, come è noto, è estremamente rilevante [15], ed esso non coincide, negli atti recettizi, con la semplice data di adozione del provvedimento, ma con quella di comunicazione dello stesso. Pertanto, quando una disposizione prescrive un termine perentorio per concludere un dato procedimento, detto termine coincide, nel caso degli atti recettizi, con la comunicazione del provvedimento [16].

Gli atti recettizi, prima della comunicazione, sono inefficaci e quindi possono essere ritirati senza incontrare i limiti derivanti dalla tutela delle legittime aspettative [17].

Invece, negli atti non recettizi, la mancata comunicazione del provvedimento rileva solamente ai fini del "dies a quo" del termine di decadenza previsto per impugnare l'atto, oppure, per l'imputabilità delle eventuali violazioni di ordini contenuti nel provvedimento non comunicato.

3. - Brevi cenni di teoria generale.

 Come è stato osservato da autorevole dottrina “la recettizietà degli atti amministrativi mutua la sua qualificazione giuridica dalla teoria generale degli atti e dei negozi giuridici ove viene identificata con il cd. effetto di conoscenza che certi atti sono preordinati a realizzare in capo al destinatario” [18]. In materia di negozi giuridici, la norma fondamentale, come è noto, è l’art. 1334 c.c. secondo cui “gli atti unilaterali producono effetto dal momento in cui pervengono a conoscenza della persona alla quale sono destinati”.

 “Qualsiasi dichiarazione postula sempre per sua natura un adeguato coefficiente pratico di conoscibilità a terzi. Tale connotato si esprime in modo notevolmente diverso a seconda che la dichiarazione sia non indirizzata o recettizia” [19].

 “La nozione di dichiarazione recettizia e la distinzione di quest’ultima dalla dichiarazione non recettizia si pongono con riferimento alla recezione necessaria della prima da parte di altri soggetti, poiché recettizio (empfangsbedurftig) significa “che deve essere ricevuto (…). In una prima categoria, il carattere recettizio risulta dalla configurazione teleologica della dichiarazione, in una seconda categoria dalla qualità degli effetti che essa è destinata a svolgere verso i terzi” [20].

E’ pacifico, inoltre, che un provvedimento amministrativo perfetto e valido, può in taluni casi, non essere immediatamente efficace, ovvero può non avere l’attitudine a produrre effetti giuridici; al fine di conseguire questa attitudine, si rende necessaria, successivamente all’adozione del provvedimento, una fase integrativa di efficacia [21] all’interno della quale la dottrina include, con vari distinguo:

1)     atti di completamento esecutivo non costituenti, però, una fase procedimentale (manifestazioni di volontà di adesione ad un provvedimento, quali l’accettazione della nomina ad un ufficio o il giuramento del titolare di un ufficio dopo la nomina, il pagamento di una tassa al fine di ottenere il rilascio di un provvedimento [22];

2)     atti di controllo preventivo successivi al perfezionamento dell’atto [23];

3)     atti di comunicazione, notificazione e di pubblicazione.

Seconda altra classificazione, la non coincidenza tra perfezionamento e efficacia, avviene in tre casi: atti recettizi, atti la cui efficacia è sottoposta a termine iniziale o a condizione sospensiva, atti sottoposti a controllo preventivo [24].

 

E’, altrettanto, consolidata l’osservazione secondo cui i vizi degli atti della fase integrativa di efficacia non si riflettono sull’atto che è già perfetto e valido, e che eventuali mutamenti normativi intervenuti durante il perfezionamento della fase integrativa dell’efficacia non si riflettono sul provvedimento già adottato [25].

Nel caso degli atti recettizi, l’atto di comunicazione o notificazione svolge due distinte funzioni:

“a) portare il provvedimento stesso a conoscenza legale dell’interessato venendo così a determinare una presunzione legale di conoscenza da parte di quest’ultimo a far data dall’avvenuta comunicazione o pubblicazione;

b) porsi come condizione perché il provvedimento possa esplicare la sua efficacia” [26].

4. La tipologia degli atti recettizi secondo la dottrina e la giurisprudenza

Da un excursus sommario della dottrina formatasi prima della legge n. 15/2005 possiamo osservare che non risultano uniformi, né i criteri di classificazione degli atti recettizi, e né, conseguentemente, l’individuazione in concreto degli stessi; in particolare, si pensi agli atti ablativi e a quelli di ritiro.

Le posizioni dottrinarie, prima della recente novella, possono essere così esemplificate:

1)     una prima tesi afferma la doverosità della comunicazione in relazione a tutti gli atti ad incidenza negativa sulla sfera giuridica dei destinatari, in quanto, in questi casi, la conoscenza dell’atto è indispensabile per “consentire agli interessati di attenuare gli effetti afflittivi ed evitare le conseguenze pregiudizievoli scaturenti dall’inottemperanza al contenuto precettivo di tali atti. In definitiva, la qualità degli effetti recati dall’atto amministrativo viene a rappresentare il criterio centrale per determinare la doverosità della trasmissione” [27];

2)     una seconda tesi, afferma la doverosità della comunicazione in relazione ai soli atti, per la realizzazione concreta dei quali, appare indispensabile la cooperazione dei destinatari dell’atto (effetti tipici);

3)     una terza tesi ritiene incompatibile “il requisito della recettizietà con le caratteristiche originarie dell’atto amministrativo (…), il potere di supremazia della Pubblica Amministrazione non richiede la collaborazione da parte dei destinatari ” [28].

Riportiamo, al fine di dare contezza evidente ed immediata delle diverse posizioni dottrinarie, le seguenti definizioni:

 

- il termine recettizietà “indica la doverosità del ricevimento di un oggetto e se riguardato dall’opposto angolo di osservazione il dovere di farlo pervenire entro la disponibilità del destinatario (…). Resta tuttora valida e apprezzabile la distinzione tra atti che non possono raggiungere i fini essenziali cui risultano preordinati senza la collaborazione lato sensu dei destinatari (cd recettizietà teleologica) e atti che pur non richiedendo simile collaborazione operano negativamente nei confronti dei destinatari (cd. recettizietà per qualità degli effetti)” [29];

- “gli atti amministrativi generalmente non hanno carattere ricettizio. Sono ricettizi quelli che la legge non consente che operino se non in quanto siano stati previamente portati nella sfera di normale conoscibilità del destinatario (…) Oltre a quelli a contenuto normativo hanno carattere ricettizio soltanto quegli atti amministrativi che non sono effettivamente in grado di perseguire l’interesse cui tendono se non in quanto siano stati portati nella sfera di conoscibilità dei destinatari, per es. ordini, intimazioni, proposte, richieste, provvedimenti che dispongono la prelazione di cose d’arte da parte dell’amministrazione (..) tale carattere non posseggono i provvedimenti di trasferimento coattivo e di imposizione di limiti e vincoli alla proprietà, quelli disciplinari, le concessioni, le autorizzazioni, i provvedimenti di annullamento” [30];

- “le dichiarazioni dalle quali consegua l’affievolimento del diritto di proprietà, le espropriazioni per pubblico interesse, le requisizioni, le imposizioni di servitù, ecc. (…) tali atti non possono essere che recettizi in quanto richiedono la collaborazione in senso ampio del destinatario” [31];

- “sono da considerarsi recettizi quelli che impongono a carico del destinatario un obbligo positivo o negativo nonché gli atti che estinguono o limitano poteri, facoltà o diritti (…) Non possono considerarsi recettizi quei provvedimenti dichiarativi, che si limitano ad accertare una situazione giuridica, senza conferire ad essa effetti giuridici nuovi. Così, ad esempio, non hanno carattere recettizio le certificazioni, le documentazioni, gli accertamenti semplici” [32];

- “sono tali quei provvedimenti che creano obblighi nei confronti del destinatario o che ne estinguono o limitano poteri, facoltà o diritti” [33];

- “sono recettizi: gli atti normativi, gli atti che la legge impone siano comunicati ai destinatari (v. art.6, d.p.r. 1199/1971) quelli che impongono obblighi ai destinatari (ordini, intimazioni) e più in generale gli atti per cui la soddisfazione dell’interesse affidato alla cura dell’amministrazione richiede un facere o un non facere del privato, sicché il concorso della sua volontà è indispensabile per il raggiungimento del risultato pratico al quale l’atto è preordinato. Altri atti recettizi sono quelli il cui effetto implica e richiede la comunicazione degli stessi ai destinatari: tipico è l’esempio dell’invito a partecipare ad una gara “ [34];

- sono recettizi “i provvedimenti che, limitando la sfera di libertà altrui, devono essere necessariamente comunicati agli interessati (per es. i provvedimenti ablatori)” [35];

- recettizi, “per regola sono gli atti che impongono al destinatario obblighi di dare o di facere (…) atti incapaci di perseguire l’interesse cui tendono se non in quanto siano portati a conoscenza dei destinatari, il concorso della cui volontà è indispensabile per conseguire il risultato pratico cui l’atto è preordinato: tale, ad esempio, non è l’atto di esclusione di una gara, mentre tale è l’atto di esercizio della prelazione in materia di cose d’arte” [36];

- “sono gli atti che restringono le facoltà dei destinatari, o costitutivi di obblighi, quali provvedimenti ablatori o sanzionatori o gli atti ampliativi che strutturalmente non possono produrre i propri effetti tipici se non comunicati al destinatario” [37];  

- “sono recettizi gli atti normativi e i piani urbanistici, nonché gli altri provvedimenti, come la diffida a demolire…non sono recettizi invece i provvedimenti favorevoli come il permesso di costruire; non lo sono neanche i provvedimenti sfavorevoli che producono i loro effetti indipendentemente dalla collaborazione degli interessati, come il decreto di espropriazione, il provvedimento di esclusione di una gara pubblica, l’atto di irrogazione di una sanzione espulsiva, l’atto di accettazione delle dimissioni e la dichiarazione di decadenza dall’impiego” [38];

Un esame della giurisprudenza maturata prima della novella ci consente di affermare che anche essa non appare allineata su criteri condivisi:

- “rientrano nella categoria dei provvedimenti ricettizi quegli atti che, creando obblighi in capo ai destinatari e richiedendo quindi la loro collaborazione, necessariamente implicano per la loro efficacia la conoscenza da parte dei destinatari, per cui non rientrano nella categorie, di regola, quegli atti che sono idonei a produrre direttamente gli effetti nella sfera giuridica del destinatario a prescindere dalla conoscenza che ne abbia quest’ultimo, e primi fra tutti gli atti costitutivi, che modificano le posizioni soggettive dei destinatari” [39];

- “il termine per l’impugnazione può decorrere esclusivamente dalla data di notificazione o comunicazione del provvedimento solo nel caso di atti ricettizi, e cioè di quegli atti il cui risultato pratico non può essere realizzato dall’autorità emanante in via diretta e autonoma ma solo in via mediata, attraverso l’attività dei destinatari della cui collaborazione l’autorità stessa deve necessariamente avvalersi; atti che, pertanto, prima della loro comunicazione, sono nell’impossibilità (giuridica e pratica) di esplicare i loro effetti essenziali” [40];

- “un atto si qualifica come «recettizio» quando, in ragione della sua struttura e della sua funzione, non è logicamente concepibile che produca i suoi effetti naturali e tipici se non in quanto portato a conoscenza di un determinato destinatario. Tale è il caso, nel diritto privato, delle proposte e delle accettazioni negoziali, e, nel diritto pubblico, di atti quali la direttiva, l'ordine, il divieto, la diffida, e simili. E' dunque sostenibile che non rientrino in questa tipologia gli atti di annullamento, in quanto, almeno di principio, è logicamente concepibile che essi producano il loro effetto giuridico proprio prima di essere portati a conoscenza di un determinato destinatario. Cosi si ritiene comunemente, ad es., per gli annullamenti pronunciati in sede giurisdizionale o di ricorso gerarchico, nonché - salvo che sia diversamente disposto dalla legge regionale - per quelli pronunciati dagli organi di controllo sugli atti delle regioni e degli Enti locali in base alla legge n. 62 del 1953” [41];

- “invero, al fine dell’efficacia di un atto di ritiro, quale è la revoca, non è richiesta la collaborazione del soggetto a cui il detto provvedimento è destinato, per cui tali atti non rientrano tra quelli c.d. “recettizi”, per i quali, appunto, la notificazione formale al soggetto interessato assurge a condizione di efficacia dell’atto stesso stante che solo al momento di ricezione dell’atto egli è possibilitato ad eseguire la prestazione indicata nel provvedimento, ad. es. di sgombero“ [42];

- “per la giurisprudenza gli atti amministrativi non sono di regola atti recettizi, salvo che ciò non sia desumibile dalla legge o dalla natura dell'atto, ipotesi quest'ultima che ricorre quando, per la produzione dell'effetto essenziale dell'atto, sia necessaria la collaborazione del destinatario (v. Cons. Stato, IV Sez., 18 aprile 1994 n. 341; VI Sez., 15 aprile 1996 n. 558, in Cons. Stato 1994, I, 543, e 1996, I, 634), mentre non rientrano nella categoria gli atti che sono idonei a produrre direttamente i propri effetti nella sfera giuridica del destinatario a prescindere dalla conoscenza che ne abbia quest'ultimo, e primi fra tutti gli atti costitutivi, che modificano le posizioni soggettive degli interessati (v. Cons. Stato, IV Sez., 25 novembre 1992 n. 978, in Cons. Stato 1992, I, 1537). Pertanto, poiché l'atto che provvede sull'istanza di part time opera direttamente sul rapporto, senza necessità di collaborazione del privato per la produzione dei suoi effetti (che conseguono automaticamente alla pronuncia dell'Amministrazione), se ne deve escludere la natura di provvedimento recettizio; con l'ulteriore conseguenza che è sufficiente che nel termine di sessanta giorni dall'istanza l'Amministrazione assuma le proprie determinazioni, anche se poi la comunicazione all'interessato avvenga oltre il limite temporale fissato dall'art. 1 comma 58 della legge n. 662” [43];

- “ gli atti amministrativi, per regola generale, non sono "recettizi", salvo che tale carattere non si desuma dalla volontà della legge o dalla loro stessa natura. Il carattere recettizio viene normalmente riconosciuto agli atti che, per il raggiungimento del fine essenziale che perseguono, richiedono la collaborazione dei destinatari e presuppongono che siano loro portati a conoscenza. In queste ipotesi l'atto "deve "essere ricevuto per poter produrre i suoi effetti (C. St. VI sez. n. 558/96; C. St. IV sez. 978/82 e 910/91). Il carattere di "autoritarietà" che accompagna gli atti amministrativi in generale e quelli ablatori in particolare - attributo inteso come possibilità di produrre unilateralmente modificazioni nella sfera giuridica di altri soggetti - comporta che il perfezionamento o la legittimità di tali atti non sia condizionata alla collaborazione dei destinatari o alla circostanza che gli stessi ne siano stati edotti” [44];

- “ i provvedimenti di approvazione dei progetti di opere pubbliche comunali « equivalenti » a dichiarazione di pubblica utilità indifferibilità ed urgenza ai sensi dell'art. 11 L. reg. 10 novembre 1975 n. 31, non sono atti recettizi per natura, in quanto non hanno bisogno, per produrre i loro effetti o per essere portati materialmente ad esecuzione, del concorso della volontà dei proprietari degli immobili oggetto di procedimento ablativo” [45];

- “l'ormai costante giurisprudenza amministrativa ritiene che abbia carattere non recettizio l'atto d'annullamento ministeriale del nulla osta paesaggistico (l'opposta soluzione vale per l'annullamento regionale della licenza edilizia, ex art.27 della legge urbanistica: CdS Ad. Plen. n.8/1980)” [46];

- “come tutti gli atti recettizi, anche gli avvisi che contengono la liquidazione di una imposta, pur se validi perché emessi con l’osservanza delle normative specifiche, acquistano efficacia giuridica solo nel momento in cui vengono portati nella sfera di conoscibilità del loro destinatario. Ed è per quest’ultima attività che il legislatore prevede dei termini di rispetto - va da sé che l’attività di liquidazione non può superare i termini previsti per la comunicazione, ma nell’osservanza di questi ultimi non ha decadenze” [47];

- “è stato ripetutamente affermato che la ordinanza ingiunzione non è un provvedimento recettizio e quindi la sua efficacia non dipende dalla comunicazione al destinatario; è conforme a tale principio l'argomento letterale, desumibile dalla norma dettata dall'art. 204 d.lgs 285/92 che prevede l'emissione – e non la notificazione - entro 180 giorni dalla ricezione del ricorso amministrativo del trasgressore” [48].

Stante gli indirizzi dottrinari e giurisprudenziali sopra individuati, non si comprende come il relatore al disegno di legge 3890/B, abbia potuto affermare, alla Camera dei Deputati, che la novella si sia limitata a recepire nel tessuto normativo principi pacifici.

5. Gli atti recettizi dopo la novella del 2005.

 A questo punto, occorre chiedersi come debba essere interpretata la categoria dei provvedimenti limitativi della sfera giuridica dei privati ex art. 21 bis della legge n. 15/2005 [49], anche se, è bene chiarire da subito, che “perché il provvedimento possa considerarsi ricettizio, non occorre che il destinatario sia un privato cittadino; può essere un organo pubblico nei confronti del quale l’atto crei un obbligo o comunque modifichi o estingua i poteri” [50].

A nostro avviso, la predetta categoria dovrebbe coincidere con quella ricavabile dall’opzione ermeneutica accolta da una parte della dottrina secondo cui la doverosità della comunicazione, in una ottica garantista, deve essere valutata a seconda degli effetti favorevoli o sfavorevoli prodotti dal provvedimento nella sfera giuridica del privato e non, invece, sulla base della necessarietà della collaborazione del destinatario ai fini della realizzazione degli effetti dell’atto [[51]].

Il criterio accolto dal legislatore (fondato sui limiti provocati nella sfera giuridica dei privati) conduce, così, ad una interpretazione ampia della nozione di atto recettizio, fino a ricomprendervi, ad esempio, anche gli atti di ritiro che la giurisprudenza e una parte della dottrina, come abbiamo precedentemente constatato, avevano escluso, posto che tali atti non richiedevano la cooperazione del destinatario [52].

Dai lavori parlamentari si evince con chiarezza l’intendimento del legislatore su questo punto.

Infatti, nella seduta alla Camera dei Deputati del 10/11/2003 l’onorevole Bressa, spiega così la disposizione in commento: ”autorevole dottrina qualifica come atti ricettizi, la cui comunicazione all'interessato è requisito di efficacia, «tutti i provvedimenti che modificano o estinguono il rapporto di impiego, gli atti espropriativi, gli atti punitivi (...) gli atti di ritiro cioè gli atti di annullamento, sospensione, revoca, abrogazione, i quali incidono sulle posizioni giuridiche, che erano state create dagli atti che vengono ritirati» (Virga Il provvedimento amministrativo, Milano 1972, 297; negli stessi termini, più di recente, Pericu, Attività amministrativa, in AA.VV. Diritto amministrativo, II, Bologna, 1998, 1365 ss.; Casetta, Manuale di diritto amministrativo, Milano 2000, 447 ss.). Come si vede, si tratta proprio di alcuni di quegli atti a contenuto altamente restrittivo, che la disposizione del disegno di legge correttamente riassume nella formula «provvedimento limitativo della sfera giuridica dei privati»”.

Quanto riportato comprova che la scelta legislativa:

-          ha posto fine all’incerto criterio classificatorio dottrinario e giurisprudenziale, ove gli atti recettizi erano tali per natura o per legge, salva, poi, la considerazione che anche quando la legge imponeva l’obbligo di comunicazione, ciò non comportava automaticamente la natura recettizia dell’atto [53];

-          ha ampliato il novero degli atti sussumibili nella categoria degli atti recettizi, inserendovi atti, praticamente, prima esclusi, come gli atti di annullamento e di revoca, o di incerta collocazione, come gli atti ablativi [54].

La novella ha legittimato, inoltre, la fattispecie degli atti recettizi indirizzati a più destinatari [55] nella parte in cui prevede che “qualora per il numero dei destinatari la comunicazione personale non sia possibile o risulti particolarmente gravosa, l'amministrazione provvede mediante forme di pubblicità idonee di volta in volta stabilite dall'amministrazione medesima“. A questo proposito la dottrina ha rilevato che sarebbe stato opportuno indicare il numero dei destinatari e le modalità idonee di pubblicazione, alla stessa stregua di quanto previsto dall’art.11 del TU sugli espropri [56].

La novella, poi, da un lato ha escluso il carattere recettizio degli atti cautelari ed urgenti e dall’altro ha ribadito il carattere recettizio degli atti sanzionatori.

Fa da pendant all’estensione dell’area degli atti recettizi disposta con la novella in esame, la facoltà conferita alla Pubblica Amministrazione di dare, comunque, immediata efficacia al provvedimento recettizio; infatti, recita l’art.21-bis del testo novellato della legge n.241/1990: “Il provvedimento limitativo della sfera giuridica dei privati non avente carattere sanzionatorio può contenere una motivata clausola di immediata efficacia”.

Secondo le intenzioni del legislatore “a tutela di eventuali e prevalenti ragioni di interesse pubblico o di urgenza dell'azione amministrativa, la norma fa salvo il potere generale dell'amministrazione di dichiarare immediatamente efficaci, già al momento della loro adozione e quindi anteriormente alla loro comunicazione al destinatario, i provvedimenti a contenuto restrittivo; ciò evidentemente, sulla base di una congrua motivazione (verificabile in sede giudiziaria) e comunque ad eccezione dei provvedimenti di carattere sanzionatorio che involgono un'insuperabile tutela del diritto dei cittadini ad una tempestiva difesa “ [57].

La dottrina, invece, ha accolto criticamente tale disposizione e ne ha prospettato l’illegittimità costituzionale, per violazione degli articoli 23, 97 e 113 Cost., nella parte in cui essa non disciplina i presupposti in presenza dei quali la Pubblica amministrazione può conferire immediata efficacia ai provvedimenti recettizi [58].

6. La problematica degli atti ampliativi: una questione aperta.

Quanto sopra affermato, non vuol dire che siano stati risolti tutti i problemi e che il contenzioso in materia sia destinato a scomparire.

A nostro avviso, vi è una categoria di atti rispetto alla quale si porranno problemi concreti: alludiamo agli atti ampliativi recanti obblighi, talvolta, rilevanti nell’economia della fattispecie provvedimentale [59].

Il problema che si pone è se, al fine di valutare la recettizietà di un provvedimento, occorre limitarsi a verificarne la sua funzione unitaria (concessoria, autorizzatoria, ablatoria ), oppure, occorre tener conto anche delle singole disposizioni ivi contenute, in modo che, anche un provvedimento avente una funzione concessoria, possa essere ritenuto recettizio, qualora contenga singole disposizioni limitative della sfera giuridica del privato.

Se accediamo alla prima ipotesi, ad esempio, è evidente che il provvedimento concessorio “a priori” non potrà mai essere un atto recettizio.

Osserviamo che problematiche analoghe potrebbero sorgere in relazione ad eventuali provvedimenti produttivi, al tempo stesso, di effetti favorevoli per alcuni soggetti e sfavorevoli per altri.

Nel passato, la giurisprudenza, in taluni casi particolari, ha anche manifestato avviso favorevole all’inserimento degli atti ampliativi nel genus degli atti recettizi. Si era affermato che “un atto recettizio è quello in grado di incidere su una posizione soggettiva del destinatario medesimo, ampliandola o limitandola” [60].

In particolare, il provvedimento di concessione per l'esercizio della radiodiffusione in ambito locale è stato ritenuto recettizio per il fatto che detto atto concessorio conteneva specifiche prescrizioni in ordine all'obbligo di esercizio dell'attività di radiodiffusione; secondo alcuni giudici non si trattava, pertanto, di un mero atto ampliativo della sfera giuridica del destinatario, giacché dal medesimo sorgeva un vero e proprio obbligo di esercizio dell'attività di radiodiffusione sonora o televisiva cui conseguivano sanzioni come la revoca della concessione [61].

In senso contrario, si era rilevato che “non sembra, però, coerente distinguere all'interno del provvedimento concessorio quelle singole statuizioni impositive di obblighi a carico dei beneficiari, attesa l'inscindibile unitarietà dell'atto. In particolare, la scissione fra disposizioni favorevoli e statuizioni sfavorevoli non sembra prospettabile in relazione all'obbligo di pagamento del canone, trattandosi di un dovere che trova il proprio fondamento nell'acquisto della nuova posizione di vantaggio del titolare della concessione ” [62].

Anche la Cassazione ha avuto modo di affermare che ”al fine di qualificare l'atto di cui si discute come ampliativo della sfera giuridica del destinatario ovvero, al contrario, come limitativo di tale sfera, non può aversi riguardo alla natura delle singole ed eterogenee situazioni giuridiche nascenti dal provvedimento, ma alla unitaria funzione giuridica del provvedimento stesso, dovendosi, in caso contrario, ammettere che l'atto possa avere contemporaneamente carattere recettizio o non recettizio, a seconda che si discuta delle situazioni giuridiche attive o di quelle passive del destinatario” [63].

La prassi conferma, comunque, che taluni atti ampliativi sono stati “ritenuti recettizi non ontologicamente ma soltanto nei casi in cui necessitano dell’accettazione dei destinatari al fine della realizzazione dei propri scopi ovvero allorché richiedano l’attivazione dei soggetti a cui si indirizzano per il migliore perseguimento delle finalità pubbliche“ [64].

Una sentenza che può offrire spunti molto utili in futuro è quella emessa dal Consiglio di Stato [65] a seguito di giudizio riguardante la proroga del periodo di prova disposta da un Comune con deliberazione di Giunta. Questo provvedimento era stato ritenuto recettizio dal Tar in quanto implicava comunque la mancata assunzione in ruolo del dipendente. L’atto è recettizio, aveva affermato il Tar per il fatto che esso incide negativamente nella sfera giuridica del dipendente. L’atto, cioè, rientrerebbe fra quelli recettizi per loro natura. Il Consiglio di Stato, in senso contrario aveva rilevato “a parte la considerazione che l’atto in parola può essere ritenuto favorevole o sfavorevole a seconda del punto di vista dal quale lo si esamini - è sfavorevole in quanto non consente la stabilizzazione del rapporto, è favorevole, in quanto dà la possibilità al dipendente di fornire nuovi elementi di valutazione sulle sue attitudini lavorative, idonee a modificare il giudizio non positivo dell’amministrazione – si rileva che non tutti gli atti che restringono la sfera giuridica del destinatario sono recettizi, ma solo quelli che generano oneri o obblighi a suo carico, il che, nella specie, non si verifica. Il provvedimento di proroga in esame non è quindi recettizio per natura”.

 In un’altra sentenza, meritevole di riflessione, emessa dal Consiglio di Stato in materia di atti ampliativi, si afferma che: “Non ignora il Collegio il risalente dibattito dottrinario sui limiti della qualificazione, con inclusione nella detta categoria dei soli atti che creano obblighi positivi o negativi in capo al destinatario o ne estinguono o limitano diritti o facoltà, e con correlata esclusione degli atti ampliativi della sfera giuridica dei privati. Ma, in disparte l’effettiva utilità di astratte catalogazioni, certo è che il provvedimento in esame – che pure amplia le facoltà del concessionario – comporta comunque l’obbligo di un facere in capo al destinatario dell’atto, in quanto preordinato all’effettuazione di una serie di adempimenti intesi al risultato finale della realizzazione del programma edilizio oggetto di finanziamento regionale. Non sembra allora compatibile con una visione strutturale e funzionale dell’atto la produzione di effetti tipici in assenza della conoscenza da parte del destinatario, cui fanno carico (anche) gli obblighi che dall’atto medesimo discendono” [66].

L’ultimo passaggio di questa sentenza può fornire un contributo illuminante nella soluzione concreta del problema: un provvedimento ampliativo può essere recettizio, se reca limiti nella sfera giuridica (nel caso di specie, obbligo di un facere) funzionali alla realizzazione dell’effetto tipico dell’atto.

Dai lavori parlamentari emergono indizi sicuramente favorevoli per includere anche gli atti ampliativi, a certe condizioni, tra gli atti recettizi. Infatti, nella seduta alla Camera dei Deputati del 2/12/2003 sempre l’on. Bressa chiarisce che gli atti recettizi “sono gli atti (…) anche ampliativi, che strutturalmente non possono produrre i propri effetti tipici, se non comunicati al destinatario”. Questa precisazione appare ispirata alla giurisprudenza sopra richiamata.

La questione degli atti ampliativi è destinata, a nostro avviso, a restare, comunque, aperta e non mancherà di suscitare contenziosi, in occasione di eventuali provvedimenti sfavorevoli adottati a seguito di asseriti inadempimenti dei destinatari di atti concessori.

7. Conclusioni.

In conclusione, a nostro avviso, il legislatore, da un lato ha accolto alcune posizioni garantiste [67], recependo una nozione ampia di atto recettizio, dall’altro ha adottato, per raggiungere tale scopo, una tecnica legislativa lacunosa che creerà non poche difficoltà.

Sarebbe stato doveroso, a nostro avviso, preso atto che non risultava possibile, evidentemente, procedere ad una elencazione analitica degli atti ritenuti recettizi, in disparte le critiche già avanzate dai primi commentatori della novella in esame:

1)     porre, innanzitutto, un termine per la comunicazione degli atti non recettizi anche al fine di arginare, indirettamente, i potenziali contenziosi che potranno nascere, in particolare, a seguito dell’adozione di provvedimenti recanti la clausola di “immediata efficacia”;

2)     stabilire l’inapplicabilità dell’istituto della piena conoscenza per gli atti recettizi o quanto meno compiere un scelta chiara su questo punto;

3)     chiarire se ai “provvedimenti limitativi della sfera giuridica dei privati sono assimilabili, tout court, anche le disposizioni parimenti limitative contenute in provvedimenti ampliativi (problematica degli atti ampliativi).

Il legislatore, francamente, pare aver ignorato le difficoltà interpretative esistenti su una materia, sulla quale egli ha ritenuto comunque di dover intervenire, con l’esclusivo ausilio di costruzioni dogmatiche non verificate in concreto. Lo sforzo chiarificatore è stato, quindi, insufficiente; sarebbero bastati, forse, alcuni commi in più, al fine di prevenire incertezze e contenziosi che tanti costi e disagi recano alla collettività.

 


 

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(*) Responsabile Sezione Studi e Consulenza giuridica - Regione Umbria.

[[1]] L’art.21 bis recita: “Il provvedimento limitativo della sfera giuridica dei privati acquista efficacia nei confronti di ciascun destinatario con la comunicazione allo stesso effettuata anche nelle forme stabilite per la notifica agli irreperibili nei casi previsti dal codice di procedura civile. Qualora per il numero dei destinatari la comunicazione personale non sia possibile o risulti particolarmente gravosa, l'amministrazione provvede mediante forme di pubblicità idonee di volta in volta stabilite dall'amministrazione medesima. Il provvedimento limitativo della sfera giuridica dei privati non avente carattere sanzionatorio può contenere una motivata clausola di immediata efficacia. I provvedimenti limitativi della sfera giuridica dei privati aventi carattere cautelare ed urgente sono immediatamente efficaci”. Per un primo commento generale sull’intera novella,  cfr. G.Virga, Le modifiche ed integrazioni alla legge n. 241 del 1990 recentemente approvate. Osservazioni derivanti da una prima lettura, in www.lexitalia.it n.1/2005.

[[2]] Ad esempio, nella  seduta del 14/1/2004, l’on. Acquarone osserva:“si stabilisce che, di regola, gli atti che incidono sulla sfera giuridica dei privati abbiano efficacia in quanto recettizi: proprio a difesa della dignità e della libertà del cittadino, si vuole che un atto della pubblica amministrazione possa essere efficace soltanto dopo che è stato portato a conoscenza del cittadino stesso, mettendo quindi quest'ultimo nelle condizioni di potersi difendere”. Invece, nella  seduta n. 379 del 9 Aprile 2003, in senso critico, l’on. Sodano osserva che “in alcuni passaggi del disegno di legge, poi, si ravvisano una leggerezza ed una superficialità che risulteranno senz'altro deleterie, tanto per le amministrazioni quanto per gli utenti, come succede, per esempio, all'articolo 2, che stabilisce procedure di semplice comunicazione dei provvedimenti limitativi della sfera giuridica dei destinatari che potrebbero avere riflessi negativi sui diritti del cittadini. La comunicazione dell'adozione di provvedimenti limitativi della sfera giuridica di privati deve necessariamente essere fatta con forme e modi che ne garantiscano l'effettiva ricezione da parte del destinatario. La pubblica amministrazione dovrebbe quindi farsi garante dell'avvenuta ed accertata ricezione dell'atto amministrativo da parte di quest'ultimo. La norma proposta, invece, stabilendo l'efficacia dell'atto al momento della comunicazione, a prescindere dall'accertamento della ricezione della stessa da parte del destinatario, costituisce una grave limitazione alla tutela dei diritti dei cittadini”. Sul senso generale, poi, delle disposizioni inserite nel nuovo Capo IV-bis della legge n. 241 del 1990, il Senatore Bassanini afferma che “le norme sono ispirate, secondo il medesimo orientamento della legge 241 del 1990, alla piena ed intera riconduzione della disciplina del provvedimento amministrativo al principio di legalità. Non esistono poteri amministrativi impliciti, ma i poteri sono quelli previsti dalla legge”.

[[3]] In riferimento alla legge n. 241/1990, la dottrina aveva osservato: “La legge trascura completamente di occuparsi del provvedimento posto a conclusione della sequenza procedimentale, ed è soprattutto in relazione  a tale aspetto, si noti, che si evidenziano le contrapposizioni più nette tra coloro che caldeggiano una maggiore tutela del destinatario attraverso la sanzione  dell’inoperatività o dell’invalidità dell’atto e coloro che ritengono sufficiente a questo scopo il mancato decorso dei termini di impugnazione. Sotto questo aspetto il nodo della recettizietà resta intatto”, così G. GARDINI, L'atto amministrativo cd. recettizio e la sua comunicazione, in “Rivista Trimestrale di Diritto Pubblico”, n. 2 (aprile-giugno 1995),  pp. 398 - 399.

[[4]] Cfr. E. CASETTA, Compendio di Diritto Amministrativo, 2003, Giuffrè, p. 269; V. CERULLI IRELLI, Corso di Diritto  Amministrativo, Giappichelli 1997, p. 505; B. CAVALLO,  Trattato di Diritto Amministrativo, Cedam, 1998, p. 244. Si è pure osservato che “quello della comunicazione del provvedimento è un principio del diritto amministrativo europeo”, così B.G. Mattarella, Diritto Amministrativo Generale, L’attività, in “Trattato di diritto amministrativo”, a cura di S. Cassese, Tomo I, Milano, 2003, p. 881. Anche il Danieli nel 1953, già osservava che “nell’ipotesi in cui l’Amministrazione sia vincolata all’emanazione dell’atto, ovviamente il vincolo si estende anche alla comunicazione”(N. DANIELI, L’atto amministrativo recettizio, in “Rivista Trimestrale di Diritto Pubblico”, 1953, p. 911).

[[5]] Il progetto elaborato dalla Commissione per la riforma dell’Amministrazione venne pubblicato in, “Rivista  Trimestrale di Diritto Pubblico, 1953, p. 479. 

[[6]] Le posizioni tradizionali sono rappresentate nella notoria monografia di V.OTTAVIANO, La comunicazione degli atti amministrativi, Milano, 1953. 

[[7]] Cassazione civile, sez. lav. sentenza n. 9485/2003.

[[8]] Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza n. 978/1992.

[[9]] Così G.GARDINI, op. cit., p. 410; cfr., soprattutto, P.Virga, Il  Provvedimento Amministrativo, Giuffrè, 1968, p. 312, P.Virga,  Diritto Amministrativo, Giuffrè, vol.II, 1995, p. 88, nota 80. 

[[10]] E’, invece, elemento costitutivo dell’esecutività secondo il TAR Piemonte sez. II, Torino, sentenza  n. 281/98: ”Come è noto, infatti, può essere definito «recettizio» il provvedimento che per produrre i propri effetti tipici deve essere reso conoscibile al destinatario (v. Cons. giust. amm. sic. 25 marzo 1987 n. 78, in Cons. Stato 1987, I, 453); la fase di integrazione dell'efficacia del provvedimento viene in tal modo a comprendere l'atto di partecipazione, elemento costitutivo dell'esecutività, prima del quale sussiste una vera e propria impossibilità giuridica alla produzione degli effetti: questi non operano se non da quando l'interessato è posto nella conoscenza legale dell'atto, restando esclusa qualsiasi ipotesi di retroattività al momento dell'adozione del provvedimento”.

[[11]] E. CASETTA, op. cit., p. 269. A.M.SANDULLI, Manuale di Diritto Amministrativo, Iovene, Napoli, p. 686. ”La fase di integrazione dell'efficacia del provvedimento viene in tal modo a comprendere l'atto di partecipazione, elemento costitutivo dell'esecutività, prima del quale sussiste una vera e propria impossibilità giuridica alla produzione degli effetti, restando esclusa qualsiasi ipotesi di retroattività al momento dell'adozione del provvedimento, come avviene invece per le condizioni di efficacia, e quindi per il visto della Corte dei conti”, così TAR Puglia, sezione II, sentenza n. 64/1996.

[[12]] Così G. GALLI, Corso  di Diritto Amministrativo, Cedam, p. 821. Cfr. P.VIRGA, Il Provvedimento cit., p. 317;  E. CASETTA, op. cit., p. 269. G.GARDINI, op.cit. pp. 381, 390. “La piena conoscenza non costituisce equipollente della comunicazione negli atti recettizi” così, TAR Marche, sentenza n. 671/1986. Contra, Consiglio di  Stato, sezione V, sentenza n. 2551/2001(segnalata da L. OLIVIERI in “L’irregolarità del provvedimento amministrativo  nell’articolo 21-octies, comma 2, della legge 241/1990”, in  www.lexitalia.it/articoli/oliveri_irregolarita.htm) ove si afferma che  “Il principio del raggiungimento dello scopo si può applicare anche per gli atti recettizi, se, nonostante la mancata comunicazione al destinatario questo ne sia venuto comunque a conoscenza”. Il TAR Lazio - Roma sez. III bis, con sentenza n. 9253/2004 ha affermato “È noto che la prova della conoscenza di un atto ricettizio, nel caso in cui l'interessato non riconosca di averla acquisita o non ne dimostri univocamente l'acquisizione aliunde, non può essere fornita in modo indiretto, mediante la sola prova della spedizione dell'atto (Consiglio Stato, sez. VI, 9 settembre 1997, n. 1304)” .

[[13]] P.VIRGA, Il Provvedimento cit., p. 317.

[[14]] B.G.MATTARELLA, op. cit.,  p. 881.

[[15]] “Il termine di durata del procedimento assume rilevanza  in ordine alla responsabilità penale  per omissione o ritardo di atti di ufficio (art.328 c.p.) e a quella civile e disciplinare (…) e incide sull’attivazione degli strumenti di  tutela  contro il silenzio dell’amministrazione”, così G. GALLI in op. cit. p. 700; E.CASETTA, op. cit., p. 269. Si ricorda che l’art. 17 comma 1, lett f, della legge n. 59/97 impegnava il Governo a prevedere  “per i casi di mancato rispetto del termine del procedimento (…) forme di indennizzo automatico e forfetario a favore dei soggetti richiedenti il provvedimento”. A tal proposito, il TAR Puglia, Lecce, sez. I, sentenza  n. 1572/2002, ha affermato:” E' noto come la prevalente dottrina e giurisprudenza, nell'affrontare il tema del coordinamento tra l'art. 17 lett. f) della legge 59/97 e  la sentenza n. 500/99 delle SS.UU. della Corte di Cassazione, ritiene che la prima norma garantisca un minimum di ristoro patrimoniale in via forfetaria, salva la prova, da parte del privato, del danno ulteriore causato dall'illegittimo ritardo con cui la P.A. ha esercitato la propria attività provvedimentale Ciò posto, il solo accertamento del ritardo, nell'adozione del provvedimento conclusivo del procedimento, promosso dal privato e teso all'ampliamento della sua sfera giuridica, non è sufficiente, per la statuizione circa l'obbligo del risarcimento del danno, ex art. 2043 cod. civ.; a tal fine occorre, infatti, trascorrere alla considerazione delle ragioni del ritardo, vale a dire se l'Amministrazione non ha rispettato il termine finale del procedimento per dolo o per colpa, ovvero se la sa inerzia possa ritenersi giustificata”.

[[16]] I regolamenti, statali e degli enti locali, attuativi della legge n. 241/1990, di regola, in armonia con il parere del Consiglio di Stato prot. n. 209/1999 del 24 settembre 1999, espresso dalla Sezione consultiva per gli atti normativi nell'adunanza del 20 settembre 1999, prevedono che “i termini di tempo per la conclusione dei procedimenti si riferiscono alla data di adozione del provvedimento finale, ovvero, nel caso di provvedimenti recettizi, alla data in cui il destinatario ne riceve comunicazione, salvo disguidi non imputabili all'amministrazione”(così, l’art. 6 del D.P.C.M. n.197/2001). Sul termine del procedimento, cfr. SUCK NICOLA L'articolo 2 della L. 7 agosto 1990, n. 241 ed il termine nel procedimento amministrativo http://www.lexitalia.it/articoli/NSuck_termine.htm.

[[17]] N. DANIELI, op. cit. pp. 912 - 913.

[[18]] G. GALLI, op. cit., p. 819 e segg.

[[19]] G.GIAMPICCOLO, Dichiarazioni recettizie, in Enciclopedia del Diritto, Giuffrè, 1965. 

[[20]] L. CARRARO, Dichiarazione recettizia, in Nss. Digesto, 1960, p. 596. 

[[21]] Cfr. V. RAGONESI, op. cit , p. 304 e segg.; Italia V., Landi G., Potenza G., Manuale di diritto amministrativo, Giuffrè, 1999, p.164 e segg., E.CASETTA, op.cit., p. 267; L. GALATERIA-M.STIPO, Manuale di Diritto Amministrativo, Utet, pp.364-365; G. Morbidelli, Il procedimento amministrativo, in L.MAZZAROLLI – G. PERICU – A. ROMANO – F.A. ROVERSI MONACO – F.G. SCOCA (a cura di), Diritto amministrativo, Bologna Monduzzi, 1998, tomo II, p.1360.   Il Virga, poi, classifica la comunicazione quale requisito di obbligatorietà per tutti gli atti recettizi, cfr.  P.VIRGA, Diritto amm.cit., p. 312.

[[22]] Cavallo, ritiene che gli atti di compimento “paiono rispondere più ad un autonomo sviluppo della procedura esecutoria  che alla fase di integrazione della efficacia: ad esempio, la protocollazione del documento contenente il provvedimento; la presa di possesso della res nella requisizione, il giuramento di un pubblico dipendente  per l’incardinazione nell’ufficio o nell’organo sono certamente atti di completamento esecutivo che non incidono sulla efficacia ma sulla esecuzione di un provvedimento”, B. CAVALLO, op.cit , p.243.    

[[23]] Cfr. G.GALLI, op.cit.,  p. 693. 

[[24]]  V. CERULLI  IRELLI, op. cit., p. 561-562.  

[[25]] Ex multis, TAR Piemonte, sez.I, sentenza n.222/02: “anche per gli atti cd. “recettizi”, la comunicazione conserva una propria autonomia rispetto al provvedimento da comunicare, non è un elemento costitutivo dell’atto stesso ma integra una fase distinta, successiva e conseguente alla emanazione dell’atto che conclude il procedimento, per cui l’assolvimento dell’obbligo di comunicazione individuale e l’esatto adempimento delle relative formalità assumono rilevanza ai fini della produzione degli effetti giuridici derivanti dall’atto da comunicare, come requisiti di efficacia della determinazione autoritativa, mentre i requisiti di legittimità e di validità del provvedimento vanno valutati in base ai presupposti di fatto e di diritto sussistenti al momento della sua emanazione e non possono essere condizionati da circostanze sopravvenute (TAR Campania – Napoli – I Sez. – 9 luglio 1998, n.2331).

[[26]] V.RAGONESI, op.cit., p. 305. 

[[27]] G. GARDINI, Un’antica disputa: la recettizietà nel diritto  pubblico, in Giurisprudenza Italiana, 1994, parte terza, p.271.

[[28]] G. GARDINI, Un’antica disputa cit,  p.271.

[[29]] G.GARDINI, L'atto amministrativo cit., pp. 378, 382, 385.

[[30]] A.M.SANDULLI, op.cit., p. 686-687. 

[[31]] N.DANIELI, op.cit., p. 876, nonché, p. 856 e segg., per un esame analitico delle varie categorie di atti amministrativi (ammissioni, autorizzazioni, concessioni, approvazioni, atti punitivi, atti espropriativi, annullamenti e revoche, ecc.).    

[[32]] P.VIRGA osserva, in Diritto Amm. cit. p. 90, “che non può essere accettato il criterio secondo cui  sarebbero da considerare atti recettizi tutti quelli per i quali è richiesta la collaborazione  degli interessati”.

[[33]] V. RAGONESI, op.cit., p. 305. 

[[34]] E. CASETTA, op. cit., p. 268. 

[[35]] GALATERIA- STIPO, Manuale di Diritto cit., p. 365.  

[[36]] V. CERULLI  IRELLI, op. cit.,  p. 562.      

[[37]] MORBIDELLI, Il Procedimento amministrativo, in, a cura di  MAZZAROLLI, PERICU, ROVERSI, Diritto Amministrativo, Monduzzi editore, 1993, p. 1365.

[[38]] B.G. MATTARELLA, op.cit., p.885.

[[39]] Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza n. 978/1992; cfr. TAR Veneto, sez.II, sentenza n. 773/93.

[[40]] Consiglio Giustizia amm. sic., sez. giurisdizionale, sentenza n. 317/1995.

[[41]]TAR Umbria, sentenza n. 559/1997.

[[42]]TAR Emilia  Romagna, sez. Parma, sentenza n. 679/2004.

[[43]]TAR, Piemonte, sez.II, sentenza n. 281/1998.

[[44]]Cass. civ. sez. I, sentenza n.1387/1999.

[[45]]TAR Calabria, sez. Reggio Calabria, sentenza n. 546/1988.

[[46]] Consiglio di Stato - sezione VI, sentenza n. 6665 del 2002. “Secondo il costante orientamento di questo Consesso, il provvedimento di annullamento di nulla osta paesistico è atto non recettizio che nel termine di legge di sessanta giorni deve essere solo adottato e non anche comunicato”, così Consiglio di Stato - sezione VI, sentenza n. 203 del 2003). Cfr. Consiglio di Stato sez. VI, sentenza n. 160/2005. 

[[47]] Commissione tributaria provinciale Salerno, Sez.X, 21 marzo 2000, n. 35. “Occorre ricordare che l'atto tributario è un atto recettizio, vale a dire idoneo a produrre effetti nella sfera giuridica del destinatario soltanto quando lo stesso venga portato a conoscenza dell'interessato”così Agenzia delle Entrate, circolare 05.02.2003, n. 7/E.

[[48]]Cass. civ. sez. I, sentenza n. 23565/2004.

[[49]]Ad esempio, V. Cerulli Irelli  (Verso un più compiuto assetto della disciplina generale dell’azione amministrativa. Un primo commento alla legge 11 febbraio 2005, n. 15 recante "Modifiche ed integrazioni alla legge n. 241/1990, in Speciale sulla riforma della legge 241/1990-www.giustamm.it)  pare accogliere una interpretazione restrittiva della categoria degli atti recettizi (limitata agli atti ablativi) in quanto afferma: “In ordine alla efficacia, anzitutto viene identificata la categoria degli atti recettizi, come quelli che acquistano efficacia nei confronti dei destinatari, con la comunicazione. Si tratta dei provvedimenti limitativi della sfera giuridica dei privati. Tutti quelli, dunque, a carattere ablatorio”.

[[50]]Così, P.VIRGA, Il provvedimento cit., p.314.

[[51]] Cfr. nota 27.

[[52]] Cfr. note nn. 41 – 42.  

[[53]] “Il problema della recettizietà è un problema distinto da quello dell’obbligo di comunicazione: i provvedimenti recettizi si distinguono dagli altri provvedimenti non per la sussistenza di quest’obbligo che è generale, ma perché, per essi, la sua violazione è sanzionata in modo più forte”, così B. G. MATTARELLA, op.cit, p.885.    

[[54]] Da ultimo, “L'espropriazione diretta al proprietario catastale e la mancata notifica del decreto di esproprio al proprietario effettivo comportano soltanto che quest'ultimo non sia soggetto al termine di decadenza per l'opposizione alla stima ma non costituiscono vizio di legittimità della procedura, non essendo il decreto di esproprio atto recettizio” così, Corte di Cassazione, Sezione I civile, sentenza n. 21622/2004. Il provvedimento di occupazione d'urgenza non è un atto recettizio in quanto, non implicando esso la cooperazione del destinatario per la sua realizzazione, la comunicazione non ne è elemento costitutivo” così Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza n. 157/1999.

[[55]] Il TAR Milano, II sez., sentenza n.1018/1991, aveva ritenuto, per ragioni di certezza giuridica, che gli atti recettizi non potessero essere estesi agli atti aventi  più di un  destinatario: “La categoria degli atti recettizi deve essere circoscritta ai soli atti aventi un unico destinatario e non può estendersi agli atti aventi una pluralità di destinatari”.

[[56]] Così, G.Tarantini, “L.11 febbraio 2005, n. 15 ''Modifiche ed integrazioni alla legge 7 agosto 1990, n. 241, concernenti norme generali sull'azione amministrativa in www.federalismi.it.

[[57]] Cfr. relazione del deputato  Bressa al disegno di legge n.3890/B (seduta n. 386 del 10/11/2003).

[[58]] Così, O.FORLENZA, Un’enfatizzazione del principio di efficacia a scapito delle garanzie di tutela dei cittadini,  in Guida al Diritto, n. 10/2005, Edizioni Il Sole - 24 ore, p. 45 e segg. Questo autore afferma altresì: “quanto al tema dell’efficacia del provvedimento sia consentito segnalare come il legislatore abbia scelto una strada non priva di elementi pericolosi per gli equilibri tra efficacia ed effettività dell’azione amministrativa e garanzie del cittadino”.  F. FRANCARIO (Dalla legge sul Procedimento amministrativo alla legge sul provvedimento amministrativo,in “Speciale sulla riforma della legge 241/1990-www.giustamm.it)  osserva pare, in sostanza, che il problema del carattere c.d. recettizio dei provvedimenti amministrativi sia stato troppo sbrigativamente risolto dalle norme in esame, come conferma manifestamente anche l’ulteriore previsione recata sempre dall’art. 21 bis secondo la quale il provvedimento limitativo della sfera giuridica dei privati non avente carattere sanzionatorio può contenere una motivata clausola di immediata efficacia. V. Cerulli Irelli (Verso un più compiuto assetto della disciplina generale dell’azione amministrativa cit.) rileva che “Al di là di questi casi in cui sussistono ragioni di cautela e di urgenza, la norma prevede che ogni provvedimento limitativo della sfera giuridica dei privati, con l’eccezione però di quelli a carattere sanzionatorio (per questi la regola non può avere eccezione) possa “contenere una motivata clausola di efficacia”. Ciò significa che l’Amministrazione può valutare caso per caso, ma sempre con riferimento a motivate ragioni (e perciò non si comprende bene quali queste possano essere al di là di quelle relative a motivi di cautela e di urgenza) la sussistenza di circostanze che inducano alla non applicazione della regola della previa comunicazione; e perciò a conferire all’atto immediata esecutività. Ovviamente si tratta di una previsione del tutto derogatoria, da interpretare, perciò strettamente a fronte di situazioni eccezionali”. G.Bacosi - F.Lemetre (La legge n. 15 del 2005: ecco il nuovo volto della 241, in www.giustizia-amministrativa.it) osservano:“proprio la valutazione caso per caso ex parte publica della sussistenza o meno di motivate ragioni cautelari o di urgenza per il conferimento dell’immediata efficacia al provvedimento offrirà verosimilmente il destro a non pochi interventi pretori intesi a sindacare i presupposti dell’esercizio del relativo potere, pesantemente incidente nella sfera giuridica del privato, da parte dell’Amministrazione”. F.SATTA (La riforma della legge 241/90: dubbi e perplessità, in “Speciale sulla riforma della legge 241/1990 cit.), rileva: “si legge che i provvedimenti limitativi della sfera giuridica altrui acquistano efficacia nei confronti di ciascun destinatario con la comunicazione. Questo è ovvio. Si introducono però due eccezioni: il provvedimento limitativo della sfera giuridica dei privati, che non abbia carattere sanzionatorio, può contenere una motivata clausola di immediata efficacia; sono immediatamente efficaci i provvedimenti cautelari ed urgenti. A prescindere dal fatto che si confonde tra capacità di produrre effetti giuridici (l’efficacia) e decorrenza di tali effetti (come può un atto incapace di produrre effetti giuridici avere la capacità di attribuirsela?), si attribuisce all’amministrazione un pericoloso potere di autoattribuire «efficacia immediata» ai propri atti, senza che gli interessati ne sappiano nulla.

[[59]] Un orientamento giurisprudenziale tradizionale (Consiglio di Stato, V, 11 luglio 1980 n. 695, 28 aprile 1981 n. 141, 30 settembre 1983 n. 413 e 2 luglio 1993 n. 770) riteneva che i provvedimenti concessori, in considerazione della loro attitudine ad ampliare la sfera giuridica dei destinatari, non potessero avere carattere recettizio.

[[60]]  TAR Lombardia, sezione Brescia, sentenza n. 622/2002.

[[61]] TAR Puglia  Bari, II, 29 febbraio 1996, n. 6-4,  TAR Toscana, I, 11 marzo 1997, n. 45 e 14 novembre 1997, n. 518).

[[62]] TAR Abruzzo, Sez. staccata Pescara,  sentenza n. 660/98. 

[[63]] Cassazione civile, sez. I, sentenza n.15822/2000.

[[64]] G.GARDINI, L'atto amministrativo cit,  p.39. L’autore  colloca in questa categoria: le concessioni-contratto e i provvedimenti  di nomina di una persona ad un pubblico ufficio. Mazzarolli,op.cit., p.1365, vi include l’invito a partecipare ad una gara pubblica, e il provvedimento di concessione per l’installazione e l’esercizio di impianti di radiodiffusione sonora e televisiva.

[[65]] Consiglio di Stato, V Sez., sentenza n. 6663/994.

[[66]] Consiglio di Stato sentenza, sez.VI, n. 7532/1993. Il TAR Friuli, con sentenza n. 122/1993 ha affermato che “ l'atto con il quale la Pubblica amministrazione prescrive un termine a pena di decadenza al privato, perché svolga una determinata attività, appartiene alla categoria degli atti recettizi, la quale, creando obblighi in capo ai destinatari e richiedendo quindi la loro collaborazione, necessariamente implica, per la loro efficacia, la conoscenza di tali atti da parte dei destinatari stessi, con la conseguenza dell'impossibilità del verificarsi dell'effetto decadenziale laddove l'atto non sia legalmente o di fatto conosciuto “.

[[67]] L’esigenza garantista connessa alla “figura giuridica” della recettizietà si sostanzia nel fatto che “i destinatari di determinati atti giuridici, unilateralmente costituiti, devono essere posti in condizione di conoscerne il contenuto, così da poter predisporre una adeguata  linea difensiva, impedire l’emanazione di ulteriori atti pregiudizievoli e al limite raggiungere una soluzione concordata”così G.GARDINI, Un’antica disputa cit., p. 275.          


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