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n. 11/2005 - ©
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LUIGI D'ANGELO
Nullità
provvedimentale e giurisdizione del
giudice amministrativo: una problematica convivenza
(nota a TAR Puglia - Bari, Sez. III, sent. 26 ottobre 2005*)
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Premessa.
Le decisione in commento ritiene corretta la devoluzione alla giurisdizione del giudice amministrativo delle controversie aventi ad oggetto atti nulli, offrendo altresì argomentazioni relativamente alla possibilità di esercitare un’azione di accertamento in sede di giurisdizione di legittimità.
Il caso.
Il Comune di Vico del Gargano aveva impugnato una determinazione dirigenziale dell'Ente Parco Nazionale del Gargano, nella parte in cui si era opposta alla realizzazione di una barriera frangiflutti a protezione della linea di costa garganica; in particolare era stato dedotto che l’ente resistente era radicalmente privo di potestà - eccependosi uno straripamento di potere, incompetenza assoluta per materia nonché un difetto di attribuzioni - essendo l'opera di cui al progetto predisposto dal Comune, esterna all'area su cui si esercitano i compiti di tutela paesaggistica del Parco.
il T.A.R. Puglia, in accoglimento del ricorso, ha ritenuto nullo ex art. 21 septies L. n. 241/1990 l’atto in questione, adottato in difetto assoluto di attribuzione.
Le motivazioni.
Esclusa la sussistenza di ipotesi di giurisdizioni esclusive per materia, la decisione si sofferma sul criterio di riparto affidato all'alternativa diritto soggettivo - interesse legittimo, precisando che nel caso in esame non si pone neppure il problema, sollevato dai commentatori della riforma, legato alla qualificazione della posizione giuridica vantata dal privato nei confronti di un atto amministrativo inidoneo a determinare la degradazione del diritto soggettivo; ciò poiché “ad agire, infatti, è una pubblica amministrazione che lamenta l'abnorme esercizio del potere da parte di altro ente pubblico nell'ambito di un rapporto servente alla propria azione procedimentalizzata”.
Rispetto a tale potere, esistente o meno, “il Comune ricorrente è a sua volta titolare di una situazione di potestà, preordinata a soddisfare l'interesse generale di cui è portatore (nella specie la difesa delle coste ricadenti nel territorio governato). Tale situazione (sintesi di forza e necessità) non è riconducibile allo schema del diritto soggettivo (sintesi di forza e libertà). Nello scontro con altre posizioni di potere la funzione amministrativa, oggetto della potestà, è tutelata nella forma dell’interesse legittimo, quale tecnica di perseguimento del frammento del bene della vita eterodeterminato”.
Così individuata la posizione di interesse legittimo nel caso concreto, i giudicanti si preoccupano di meglio identificare la disciplina di carattere processuale connessa all’esercizio di un’azione dichiarativa di nullità.
Viene dapprima respinta la tesi, più conservatrice, che suggerisce di utilizzare lo strumento della pronuncia di inammissibilità per difetto di interesse ad agire, impostazione secondo la quale essendo chi deduce la nullità di un atto privo di interesse al suo annullamento - posto che l'atto nullo, appunto, è improduttivo di effetti e, dunque, nessuna lesione alla sua sfera giuridica può derivarne - il giudice, incidentalmente, dovrebbe rilevare tale situazione, dichiarando in motivazione che l'atto è nullo, onde poter pervenire all'affermazione di difetto di interesse.
Si evidenzia che rivestendo l'accertamento sulla nullità carattere incidentale (senza, cioè, efficacia di giudicato), la questione potrebbe riproporsi rispetto ad altri soggetti su cui il provvedimento è destinato ad incidere. Persino nello stesso rapporto tra il ricorrente e l'amministrazione la formale sopravvivenza del non demolito atto potrebbe, così, essere fonte di fastidi, qualora ad esempio l'amministrazione lo reiterasse oppure pretendesse di portarlo ad esecuzione o di porlo a fondamento di atti consequenziali (sempre che ciò non fosse già avvenuto) o, ancora, di sanarlo. Per non dire, poi, proseguono i giudici, “dell'apparenza che la persistente vigenza del pur non operativo atto creerebbe nel mondo giuridico. Inconvenienti tutti riferibili alla circostanza che il brocardo civilistico "quod nullum est nullum producit effectum" è poco più di un'etichetta, stante le molteplici possibilità di impiego (conversione, sanatoria, novazione, esecuzione, manipolazione) del negozio nullo, i limiti all'azione di nullità (usucapione, ripetizione d'indebito), il coordinamento con la disciplina della trascrizione”.
Ciò premesso, la decisione in argomento si sofferma sulla problematica concernente la proposizione di azioni di accertamento nel giudizio amministrativo, giungendo a favorevoli conclusioni in ciò prendendo le mosse dai principi elaborati dalla giurisprudenza in tema di traslatio nel processo avanti al GA delle regole poste dal codice di procedura civile.
In particolare, si sottolinea che tra le varie condizioni indispensabili per operare detta translatio, quella che ostacolerebbe l’esperibilità di un’azione di accertamento nel processo amministrativo sarebbe la condizione che fa leva sull’assenza di specifiche deroghe in precetti, del pari specifici, afferenti al sistema amministrativo, all’astratta applicabilità dei principi processuali consacrati nel codice di procedura civile.
In altri termini, si evidenzia come il disposto dell’art. 26, comma 2, L. T.A.R. - a norma del quale se il giudice amministrativo accoglie il ricorso "annulla l'atto” (pronunzia costitutiva) - costituirebbe la specifica disposizione volta a regolare la natura delle sentenze di accoglimento del giudice amministrativo in sede di legittimità e, come tale, impedirebbe l'ingresso della pronuncia dichiarativa della nullità.
Il Collegio, tuttavia, si fa carico di superare tale preclusione normativa affermando che “l'inammissibilità di formali statuizioni dichiarative della nullità di un atto amministrativo non impedisce che ad analogo risultato possa pervenirsi mercè la pronuncia di annullamento. Se il rapporto devoluto al giudice riflette lo schema logico fatto - norma - potere - effetto è del tutto naturale che la nullità trovi sfogo in una statuizione di annullamento, che accerti l'inesistenza giuridica del potere”.
Si aggiunge, inoltre, che “non è neanche vero che, come dice Lucrezio, ex nihilo nihil fit in quanto l’atto nullo produce determinati effetti pratici (determina non effetti giuridici, ma fatti, che a loro volta determinano effetti giuridici, secondo la connessione fatto-effetto), costituenti meri fatti materiali, ma che a loro volta possono produrre effetti giuridici. Nel diritto amministrativo il connotato esteriore di autoritatività carica questa evidenza di significati più forti. Si è già ricordato che l'atto nullo può essere portato ad esecuzione o costituire il presupposto di atti successivi. La formula di annullamento, allora, ben si adatta all'esigenza che l'atto venga eliminato anche sul piano formale”.
Critica.
L’impostazione seguita dalla decisione in commento non appare del tutto convincente.
In primo luogo, sembra contraddittorio l’assunto per cui la nullità possa trovare “sfogo” in una statuizione di annullamento, che accerti l'inesistenza giuridica del potere. L’accertamento dell’inesistenza del potere ha efficacia ex nunc poiché, essendo l’atto ab origine improduttivo di effetti giuridici, non necessita una statuizione giurisdizionale con efficacia retroattiva.
Sostenere, pertanto, la possibilità di un annullamento ex tunc dell’atto nullo da parte del giudice amministrativo, significa snaturare la stessa patologia dell’atto impugnato. Ne appare fondata la preoccupazione secondo cui il provvedimento nullo può essere portato ad esecuzione o costituire il presupposto di atti successivi - così che meri fatti materiali, a loro volta, possano produrre effetti giuridici - come se, pare di capire, la pronunzia giurisdizionale costitutiva, a differenza di quella dichiarativa, preservi da eventuali effetti giuridici “futuri”. In realtà, se il presupposto dell’attività esecutoria o di altri provvedimenti è rappresentato da un titulus nullo, non si comprende come detti accadimenti successivi possano spiegare effetti giuridici, ferma restando la necessità di un accertamento giurisdizionale dell’invalidità. Così, ad esempio, la rilevanza di un’invalidità derivata ad effetto viziante, non pare potersi presentare nel caso in cui l’atto presupposto sia affetto da nullità.
Ma ciò che convince ancor meno è sostenere una giurisdizione del giudice amministrativo una volta acclarata “l’inesistenza giuridica di un potere”.
La delibazione della sussistenza della giurisdizione, all’indomani della pronunzia della Corte Costituzionale n. 204/2004, richiede il riscontro di una correlazione tra un potere amministrativo ed un interesse legittimo. La mancanza di uno dei due elementi, dovrebbe allora condurre alla devoluzione della controversia al G.O. [1].
Va osservato, infatti, che l’ultimo insegnamento della Consulta sembra aver consegnato all’interprete un sistema di riparto di giurisdizione tra G.A. e G.O. fondato non sulla sola ed esclusiva sussistenza di un potere amministrativo, ne tanto meno sulla sola ed esclusiva sussistenza di un interesse legittimo (oppositivo o pretensivo); sembra, piuttosto, che, ai fini dell’affermazione della giurisdizione del G.A., necessiti la compresenza correlata di entrambe le situazioni giuridiche (potere autoritativo ed interessi legittimi tra loro dialoganti).
In altri termini, se è vero che il legislatore nella istituzione delle
particolari materie di giurisdizione esclusiva deve avere presente, quale
limite, che esse devono partecipare della stessa natura della giurisdizione di
legittimità, nella quale, cioè, la P.A. agisce come autorità e rilevano
interessi legittimi, una volta istituita e così determinata la giurisdizione in
una particolare materia - ma il discorso è estensibile alle controversie in sede
di giurisdizione di legittimità - venendo a mancare, nel caso concreto, il
requisito principe che contraddistingue l’autoritarietà dell’azione
amministrativa (l’esercizio di potere), non potranno comunque essere ravvisate
posizioni di interesse legittimo dialoganti con il potere, con conseguente
giurisdizione del G.O.
Ne pare possibile accontentarsi dell’esistenza di un potere in astratto poiché il suo mancato esercizio in concreto - circostanza che si verifica nel caso di un provvedimento nullo - non rende possibile alcun dialogo con la posizione soggettiva ad esso contrapposta.
Dunque, l’atto affetto da nullità, costituendo negazione dell’esercizio di
potere autoritativo, non sarà scrutinabile dal G.A., pur in sede di una
contemplata giurisdizione esclusiva (tanto più in sede di giurisdizione di
legittimità) mancando quel dialogo tra potere e posizioni di interesse legittimo
che costituisce l’essenza dell’operare della giurisdizione del G.A.
[2].
Tanto più nel caso di specie laddove si assiste ad una ipotesi di nullità per difetto assoluto di attribuzione ex art. 21 septies, autentico caso di inesistenza provvedimentale [3].
Maggiormente condivisibile, in definitiva, appare quella recente giurisprudenza che propende per la giurisdizione del G.O. nel caso di nullità provvedimentale ex art. 21 septies, L. n. 241/1990 [4].
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[1] Cfr. L. D’Angelo, Nullità del provvedimento amministrativo, situazioni giuridiche soggettive e giurisdizione alla luce della decisione della Consulta n. 204/2004, in www.giustamm.it, n. 8/2005.
[2]
Così anche la preesistenza, all’esercizio di un potere amministrativo, di
interessi legittimi pretensivi, non appare circostanza idonea ad escludere
la proposta incompatibilità tra provvedimenti nulli ed interessi legittimi.
In tal caso (ad esempio istanza di concessione di un bene demaniale cui
segua un provvedimento nullo di diniego), se è vero che non viene a rilevare
alcun preesistente diritto soggettivo ma soltanto una posizione di interesse
legittimo già esistente anteriormente al diniego, e magari anche
esplicitatasi e materializzatasi nel relativo procedimento, è pur vero che
l’improduttività di effetti dell’atto di diniego adottato (in tal caso gli
effetti giuridici preclusivi all’acquisto della titolarità della
concessione) interdice qualsivoglia dialogo e confronto tra potere
amministrativo e interesse legittimo vantato; dialogo/confronto, si ripete,
necessario ai fini della devoluzione della controversia al GA. Soltanto a
livello “descrittivo”, quindi, vengono a contrapporsi un provvedimento
amministrativo nullo ed un (preesistente) interesse legittimo; tuttavia, la
sola presenza del secondo, in assenza di una agire della PA come autorità
che con il medesimo dialoghi, non renderà possibile la devoluzione della
controversia alla giurisdizione del GA.
[3] Sia consentito rinviare a L. D’Angelo, L’improduttività di effetti del provvedimento amministrativo nullo, in www.lexitalia.it, n. 4/2005
[4] In tal senso, TAR Sicilia, Sez. I, 20 luglio 2005, n. 1271 e TAR Lombardia, Milano, Sez. II, 22 aprile 2005, n. 855, relative a fattispecie similari, dove si afferma che “gli atti emessi a seguito dell’irreversibile trasformazione del fondo ed oltre il termine di validità del decreto di occupazione d’urgenza - intesi a riapprovare ex novo un progetto già realizzato ovvero a disporre ex novo una occupazione per una finalità già esaurita - sono da considerare non già annullabili, ma nulli per carenza di oggetto, siccome incidenti su area già acquisita alla mano pubblica per accessione invertita; e di tale nullità - anche per quanto concerne gli eventuali correlativi riflessi risarcitori derivanti dalla violazione delle garanzie di partecipazione procedimentale - è chiamato a conoscere il giudice civile (cfr. art. 21-septies legge n. 241/90, introdotto dall’art. 14 legge 11 febbraio 2005 n. 15, che devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le sole questioni inerenti alla nullità dei provvedimenti amministrativi in violazione od elusione del giudicato”.