GIOVANNI VIRGA
Breve storia del Consiglio di
Giustizia Amministrativa, dal deposito dei ricorsi nel bagagliaio
di una
automobile .. alla conversione delle sentenze utilizzando Word 2.0.
Qualche anno addietro, attraverso le pagine della rivista "Giustizia amministrativa siciliana" (n. 1/1998, p. 3), avevo già segnalato la situazione di grave disagio nella quale versa ormai da tempo il Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Siciliana. Da allora non molto è cambiato.
La lunga vicenda della ricerca di una sede definitiva per il C.G.A. è ben nota agli addetti ai lavori ed ai nostri amministratori regionali, ma va brevemente ripercorsa a beneficio di coloro che non rientrano in queste due categorie.
Dunque, in origine (tralasciando il periodo di Palazzo De Seta) il C.G.A. aveva sede in un prestigioso e storico edificio (palazzo Pecoraro), pieno di pregevoli dipinti e di mobili antichi, situato nel centro storico di Palermo, ad un tiro di schioppo dal Teatro Massimo. C’era perfino, tra i vari arredi, una splendida portantina del '700, forse un presagio degli innumerevoli spostamenti che avrebbe dovuto subire in seguito il Consiglio.
Solo alla fine di lunghi e polverosi lavori di adeguamento dell’impianto elettrico nella sede originaria, che avevano comportato non lievi disagi agli utenti ed al personale, venne deciso – per l’inadeguatezza dei locali – di trasferire la sede del C.G.A. in una piccola palazzina (villa Belmonte) sita dalle parti dell’Hotel Villa Igea, un tempo abitazione gentilizia.
Si racconta che gli operai incaricati del trasloco, vedendo sulla porta della sala destinata alle udienze un cartello che indicava che la sala stessa era stata dichiarata inagibile, la resero di nuovo agibile, rimovendo velocemente l’inopportuno cartello. La storia forse non è vera, ma è verosimile. Quel invece che è indubbiamente vero è che anche presso la nuova sede iniziarono dei lavori di ristrutturazione e di adeguamento.
Tutto sembrava volgere al meglio. Ancora non si sapeva quel che si apprese qualche tempo dopo, a seguito di una sentenza civile e cioè che l'immobile in discorso non era nemmeno di proprietà della Regione e che, quindi, il C.G.A. era da considerare come un inquilino abusivo. La nuova sede del C.G.A. era comunque più grande della precedente ed era in fase di ristrutturazione. E tanto sembrò bastare.
Senonchè, un brutto giorno, d'improvviso s'incendiò la soffitta della palazzina. I Vigili del fuoco pomparono tanta acqua da rendere necessaria la creazione di fori di deflusso, per evitare che le solette, sotto il peso dell’acqua, cedessero. Inutile dire che a questo punto l’edificio fu dichiarato ufficialmente inagibile.
E così, insieme all’incendio, cominciarono le disavventure del C.G.A., il quale divenne un tribunale itinerante, alla ricerca perenne di una sede definitiva.
Poiché la Regione non si attivò prontamente per reperire almeno una sede provvisoria, la segreteria del C.G.A. per diversi mesi trovò una prima sede nel … portabagagli dell'automobile di proprietà del segretario della Sezione giurisdizionale, dott. Temistocle Ferrigni, parcheggiata nel cortile interno antistante l’edificio andato a fuoco. Era presso il portabagagli dell'auto che si effettuavano i depositi dei ricorsi e gli scambi delle memorie. Qualcuno potrebbe pensare che sto scherzando, ma la storia è purtroppo vera ed io ne sono stato, assieme a tanti altri, testimone.
Ricordo in particolare un giorno in cui depositai un ricorso in appello mentre pioveva e fui costretto a prendere visione della camera di consiglio mentre un dipendente del C.G.A. (l’ottimo e sempre solerte Silvio Piombino) teneva l’ombrello per proteggere non tanto noi, che eravamo già inzuppati d’acqua, ma il fascicolo che stavo depositando …la giustizia innanzi tutto, anche se gli atti relativi venivano depositati nel cofano posteriore di una automobile.
Dopo i molti mesi del servizio "bagagliaio", la segreteria fu trasferita provvisoriamente in alcuni locali adibiti a biblioteca dell’attuale sede del T.A.R. Sicilia, siti al piano terreno. Come capita talvolta ai nobili blasonati, caduti in disgrazia e costretti a vivere nel sottoscala, anche al C.G.A. non è stata risparmiata l’onta di dover utilizzare non un sottoscala ma un locale biblioteca sito al piano terreno, offerto per solidarietà dal Tribunale di primo grado.
Anche se i locali concessi dal TAR Sicilia erano chiaramente inadeguati, la novità fu salutata con favore dagli avvocati, contenti di non dover più depositare i ricorsi o ritirare le memorie presso il portabagagli, facendo peraltro la spola tra il TAR Sicilia ed il C.G.A., che si trovavano prima agli antipodi. La soluzione, forse perché casuale, aveva una sua certa razionalità, riunendo in unico edificio sia l’organo di primo grado che quello di appello. Ma le soluzioni razionali, come si sa, hanno vita breve nel nostro paese.
Dopo alcuni mesi presso la biblioteca del TAR Sicilia, la segreteria del C.G.A. fu di nuovo trasferita presso i locali siti al piano terreno dell’edificio parzialmente incendiato, nonostante la vistosa umidità che derivava dall’acqua generosamente pompata a suo tempo dai Vigili del fuoco.
Nel contempo si decise di far tenere le udienze del C.G.A. presso il Castello Utveggio, non un vero castello ma un albergone costruito agli inizi del secolo quasi in cima al Monte Pellegrino, che aveva chiuso poco dopo la sua apertura e che era stato in seguito riattato e destinato a sede del Cerisdi, un centro studi finanziato dalla Regione.
Fu attivata a questo punto una staffetta che, per impiegare una espressione talvolta usata nei rapporti di polizia, era "automontata" ed incaricata di curare i collegamenti tra la segreteria - sita alle pendici del monte - e l’aula delle udienze e gli uffici dei magistrati - che erano siti una decina di chilometri più in alto, nell’albergone di Castello Utveggio, vicino al santuario di Santa Rosalia, patrona di Palermo.
Nemmeno sotto l'alta protezione di Santa Rosalia (affettuosamente chiamata dai palermitani come la Santuzza), il Consiglio di Giustizia Amministrativa riuscì tuttavia a trovare requie.
Dopo avere ottenuto un poco di spazio anche per qualche ufficio dal Cerisdi, col quale coabitava, il C.G.A. un brutto giorno si vide improvvisamente tagliata la via d’accesso dal lato di Palermo, dato, a seguito di piccole frane, venne chiusa la strada di accesso a Montepellegrino che parte dalla città. Il guaio era che anche l’altra strada di accesso a Monte Pellegrino (quella che si diparte dalla località turistica di Mondello) era ufficialmente chiusa da decenni. Ragion per cui il C.G.A. si trovò tutto ad un tratto isolato nel suo castellaccio, nel quale, come diceva Manzoni a proposito dell'Innominato, non vedeva nessuno sopra di sè e più in alto, ma al quale era divenuto impossibile accedere.
Siamo tuttavia in Italia ed una soluzione si trova sempre.
S’inventò così la singolare soluzione di una strada che era ufficialmente interdetta al pubblico transito, per pericolo di caduta massi e per frane, tranne che agli avvocati ed ai magistrati nei giorni d’udienza nonchè, tutti i santi giorni, agli impiegati addetti agli uffici.
La procedura di accesso era la seguente: occorreva arrivare fino a Mondello e pronunciare al posto di blocco dei Vigili urbani, sito alle pendici del monte, la parola magica "C.G.A."; così (potenza della magistratura) le porte della strada si aprivano immediatamente. La parola magica purtroppo non avrebbe potuto funzionare anche con i massi pericolanti, i quali (irrispettosi) non si sarebbero fermati nemmeno di fronte all’invocazione del Consiglio di Giustizia Amministrativa.
Dopo qualche tempo di disagio evidente, la strada lato Mondello, che ufficialmente era chiusa al traffico da vari decenni, altrettanto ufficialmente venne riaperta. Intervenne il Sindaco, Leoluca Orlando, il quale, ripreso dalle telecamere, con una solenne cerimonia, riaprì la strada alla presenza delle altre Autorità, tagliando anche un nastro, come se si trattasse di una strada nuova. Mancava solo la banda musicale.
Tuttavia le sventure della strada di Monte Pellegrino e quelle connesse del C.G.A., non erano ancora finite; poco tempo dopo la cerimonia ufficiale di riapertura, con tanto di taglio di nastro, alcune lievi scosse telluriche fecero cadere dei piccoli massi, ragion per cui la strada, per cautela, tornò ad essere ufficialmente chiusa.
Fu a questo punto che venne inventata la soluzione "pulmino", unico mezzo autorizzato anche attualmente ad inerpicarsi fino alla cima di Monte Pellegrino utilizzando una strada ufficialmente chiusa ed interdetta al traffico. E fu a questo punto che qualcuno cominciò a suggerire al C.G.A. di dotarsi prudentemente di un corno rosso, in grado di fornire una qualche protezione, visto che la Santuzza sembrava aver fallito.
Era chiaro comunque che, a seguito della nuova chiusura, la soluzione di Castello Utveggio quale sede definitiva del C.G.A. era ormai divenuta, per così dire, impraticabile. Fu stabilito a questo punto di trasferire la sede del Consiglio nei locali in cui attualmente si trova, siti al secondo piano di un'ala laterale della sede dell’Assessorato reg.le alla Cooperazione.
I locali attuali sono chiaramente insufficienti e la sala di udienze del tutto inadeguata (molti avvocati, durante le udienze, sono spesso costretti a rimanere fuori). Ma nonostante le reiterate richieste dei Presidenti del C.G.A., la Regione siciliana non ha finora trovato una sede migliore di quella attuale, che, come già detto, è del tutto inadatta sia per ciò che concerne gli uffici e l'archivio, sia per quanto riguarda l'aula di udienze e le relative misure di sicurezza.
In diversi manuali di diritto amministrativo si sostiene che il C.G.A. non costituirebbe una sezione, sia pure staccata, del Consiglio di Stato, ma sarebbe organo (giurisdizionale e consultivo) sui generis. La tesi è contestata da qualche autore. Quel che è sicuro è invece che sui generis è la situazione non solo della sua sede, ma anche delle attrezzature.
L’altro ieri mi sono recato al C.G.A.; entrambi gli ascensori non risultavano funzionanti, ragion per cui ho dovuto utilizzare le scale; arrivato in segreteria mi sono accorto che erano stati forniti un paio di computers. Mi sono quindi rallegrato con i dipendenti, i quali tuttavia hanno subito raffreddato i miei entusiasmi, dicendomi che le cose non andavano affatto bene, dato che … i computers forniti sono dotati solo del programma di scritturazione Microsoft Word, versione 2.0.
Non è quindi possibile leggere normalmente i documenti contenenti la sentenze fornite dai magistrati (elaborati con Word '97 o con Word 2000), dato, come ogni lettore sa, non è assolutamente possibile convertire i documenti elaborati con un moderno programma di scritturazione utilizzando un’autentica reliquia (qual'è la versione 2.0 di Word), che potrebbe far felice solo qualche amante di archeologia informatica.
Gli impiegati del C.G.A. sono quindi costretti ad aprire i documenti forniti dai magistrati con il loro Word 2.0 ed eliminare manualmente tutti i caratteri strani che infiorano il testo (asterischi, quadratini, strane barre e talvolta anche cuoricini …; chi ha detto che la giustizia non ha cuore ? Ora almeno ha almeno dei cuoricini, che vengono tuttavia rimossi); dopo l'operazione di ripulitura del testo, occorre formattare nuovamente i documenti e rivederli. Solo alla fine di tutte queste operazioni sarà possibile stampare il testo della sentenza.
Mentre si parla di portali statali e di firma elettronica, il nostro povero Consiglio di Giustizia Amministrativa è ancora fermo alla versione 2.0 di Word.
Se talvolta farà capolino qualche quadratino o qualche asterisco nelle sentenze del C.G.A., quindi, non stupitevi … sarà colpa di un programma un po’ antiquato, che si riteneva ormai scomparso nel periodo giurassico dell'informatica; ma forse sarà anche un po' colpa del nostro rassegnato silenzio.
Giovanni Virga (15.4.2000)