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Una triste ricorrenza

Domani, 14 giugno 2005, ricorrerà un anniversario per me triste, quello della scomparsa di mio padre Pietro. E’ già passato un anno anche se, a causa del lavoro quotidiano, il tempo trascorso mi sembra molto più breve.

Quasi sempre, presi dagli affari di ogni giorno, noi non ci  rendiamo conto del tempo che passa e soprattutto non ci interroghiamo sul senso che ha questa nostra esistenza. Gli anniversari hanno il pregio di costringerci a riflettere, anche se per breve tempo, dato che subito dopo riprendiamo a correre come prima.

Ci affanniamo, come tante piccole formiche impazzite, forse per istinto ma forse ancor più per paura, a lavorare, ad accumulare beni, onori, denaro, senza quasi mai interrogarci sul significato profondo della nostra esistenza, che sempre più appare come un sogno dentro un sogno.

Il relativismo culturale del moderno mondo consumistico, ci spinge ulteriormente a questa folle corsa verso il lavoro, il benessere materiale od il successo personale e speriamo tutti inconsciamente in tal modo di diventare immortali, quando sappiamo (è questa purtroppo una delle poche certezze della nostra vita), che non lo siamo, né lo diventeremo mai in questa terra neppure se generiamo dieci figli o se diveniamo moderni Napoleoni, che saranno magari ricordati nei libri di storia. La storia della civiltà umana è infatti troppo breve (databile attualmente in 3-4000 anni) rispetto alla stessa esistenza della terra (4,5 milioni di anni) per costituire adeguato parametro di immortalità e, bene che vada, già a partire dalla terza generazione saremo probabilmente dimenticati.

La verità amara (che appunto per ciò ci nascondiamo) è costituita dal fatto che in questo mondo terreno tutto è relativo e che, probabilmente per questo, non riusciamo a percepire l’assoluto che ci aspetta.

L’unico modo per avvicinarsi alla visione dell’assoluto è forse quello di guardare le stelle ed immaginare i miliardi di galassie di cui si compone il firmamento. Per quanto mi riguarda, da un anno a questa parte ho cominciato a pensare che una delle tante stelle che vedo quando guardo il cielo, ha il nome di mio padre Pietro, la mia personale e luminosissima stella polare, che continuerà a risplendere anche quando io non ci sarò più.

G.V.

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