LexItalia.it  

 Prima pagina | Legislazione | Giurisprudenza | Articoli e note | Forum on line | Weblog

 

Documenti

 n. 2/2006

VINCENZO APICELLA
(Procuratore Generale della Corte dei Conti)

Relazione del Procuratore Generale in occasione
dell'inaugurazione dell' anno giudiziario della Corte dei conti 2006

(Roma, 1° febbraio 2006, Aula delle Sezioni Riunite)

INDICE

A) PREMESSA

Le nuove regole dell'inaugurazione dell'anno giudiziario della Corte dei conti.

B) LO STATO DELLA GIURISDIZIONE CONTABILE

1. Le modifiche normative intervenute nel 2005

2. I nuovi confini della giurisdizione contabile: la responsabilità amministrativa degli amministratori delle società in mano pubblica

3. Separatezza tra funzioni di controllo e funzioni contenziose della Corte dei conti. Finalità anche di deterrenza della giurisdizione contabile

C) I RISULTATI CONSEGUITI DALL'ATTIVITA'

     REQUlRENTE DELLA CORTE DEI CONTI NEL 2005

1. Il contenzioso di responsabilità in tema di

amministrazione tributaria.

2. Incarichi e consulenze esterne

3. L'equa riparazione

4. Il contenzioso di responsabilità in materia di gestione

dei Fondi comunitari

5. Statistiche relative alla funzione requirente

D) CONCLUSIONI

A) PREMESSA

Le nuove regole dell’inaugurazione dell’anno giudiziario della Corte dei conti.

         La cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario della Corte dei conti, introdotta nel 1976, sin dall’inizio venne conformata al rito dettato dalle norme che all’epoca reggevano l’analoga cerimonia della Corte di Cassazione, e in particolare, dagli artt. 76 ter, 85 e 89 del RD 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni.

         Ciò con i dovuti adattamenti connessi alle diverse funzioni magistratuali, non solo giudiziarie, ma anche di controllo, svolte dal nostro Istituto, e facendo ricorso al consentito, generale metodo dell’applicazione analogica di norme di legge.

         Di recente, come è noto, è intervenuto, per quanto qui rileva, l’art. 2, comma 29 della legge di riforma della giustizia del 25 luglio 2005, n. 150, che, in parte abrogando le norme precedenti, ha introdotto, nella materia, una nuova disciplina.

         Sempre nel rispetto del metodo analogico, ancora perseguibile, tale nuova regolamentazione, dichiaratamente destinata all’Ordine Giudiziario, non può non applicarsi, con i necessari adattamenti, anche alla Corte dei conti. Di qui il fondamento e la procedura della presente cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario, così come disposta dal Consiglio di Presidenza del nostro Istituto con deliberazione del 21dicembre 2005, n. 425, che prevede lo svolgimento della relazione del Presidente della Corte dei conti, cui seguiranno le relazioni del Procuratore generale e del Presidente del Consiglio Nazionale Forense.

         Ciò premesso, in adempimento del potere-dovere attribuitomi dal nuovo ordinamento, ritengo di trattare, innanzi tutto per iscritto, il tema della responsabilità amministrativa, così come questa è stata perseguita, nel trascorso anno, dagli organi requirenti della giurisdizione contabile, lo stato in cui essa stessa attualmente versa, anche a seguito delle nuove modifiche intervenute nell’anno in sede legislativa e giurisprudenziale, le problematiche preesistenti e di nuova insorgenza e, infine, conclusivamente, i risultati conseguiti nel 2005.

         Tali considerazioni verranno ribadite e riassunte, nei limiti temporali consentiti, nell’intervento orale che effettuerò nella seduta pubblica che si terrà il 1° febbraio prossimo.

B) LO STATO DELLA GIURISDIZIONE CONTABILE.

1. Le modifiche normative intervenute nel 2005.

Proprio alla fine dell’anno appena trascorso, il D.L. del 30 settembre 2005, n. 203, avente ad oggetto “misure di contrasto all’evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria”, ha trovato la sua conversione nella legge n. 248 del 2 dicembre 2005.

Nel corposo e articolato contesto di questo importante testo normativo, hanno trovato collocazione alcune disposizioni che hanno riguardato la Corte dei conti nelle materie di sua competenza relative al controllo e al referto, nonché al contenzioso di responsabilità.

Non mi soffermerò sulle disposizioni riguardanti il controllo in quanto esulano dalla mia competenza.

Ritengo, invece di sottolineare le tre importanti modifiche apportate dal detto provvedimento al regime del contenzioso contabile.

La prima, diretta specialmente a contenere il fenomeno degli incarichi e dei rapporti di collaborazione conferiti dalle pubbliche amministrazioni, ribadisce l’obbligo dell’Ispettorato operante presso il Dipartimento della funzione pubblica di denunciare alla Procura generale della Corte dei conti le irregolarità riscontrate.

La seconda dispone l’elevazione a 5.000 €, salvo annuale aggiornamento, in relazione alle variazioni dell’indice ISTAT sul costo della vita, del limite di somma per l’attivazione del procedimento monitorio.

La terza disposizione, infine, con norma interpretativa, attribuisce al giudice contabile, in caso di proscioglimento del convenuto nel merito, il potere di liquidare gli onorari e i diritti spettanti alla difesa; e ciò ai sensi e per gli effetti dell’art. 3, co. 2 bis, del D.L. n. 543 del 1996, convertito dalla L. n. 639 del 1996.

         Ancora più incisiva per quanto attiene il contenzioso di responsabilità è risultata la legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria per il 2006), che ha introdotto una significativa modifica alle norme di procedura che regolano i giudizi di responsabilità amministrativa, quella contenuta nell’art. 1, comma 174. E’ una disposizione che stabilisce come l’art. 26 del regolamento di procedura dei giudizi innanzi alla Corte dei conti (R.D. 13 agosto 1933, n. 1038) vada interpretato nel senso che i procuratori regionali contabili dispongono di tutte le azioni a tutela delle ragioni del creditore previste dalla procedura civile, ivi compresi i mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale di cui al libro VI, titolo III, capo V del Codice civile: in concreto, e più particolarmente, i procuratori contabili potranno attivare, nei confronti dei presunti responsabili di danni erariali, l’azione surrogatoria di cui all’art. 2900 c.c., quella revocatoria di cui al successivo art. 2001, beninteso con il rispetto delle condizioni previste dalle dette norme, la cui lettera e la cui ratio consentono di ritenere che le due azioni di garanzia possano essere esercitate anche in sede di esecuzione dei giudicati.

         Trattasi di una norma importante in quanto assai opportuna, perché viene a coprire un vuoto del regolamento di procedura dei giudizi contabili, vuoto che aveva pesato non poco sulla garanzia del recupero dei crediti erariali nascenti da responsabilità amministrative.

La stessa norma è stata dal legislatore stabilmente e coerentemente inserita nel sistema giudiziario del perseguimento delle responsabilità amministrative. Non altrettanto può dirsi di quelle di cui all’art. 1, commi 231, 232 e 233. Esse, con esclusivo riferimento alle sentenze di primo grado pronunciate nei giudizi delle sezioni contabili, e solo per i fatti commessi anteriormente alla data di entrata in vigore della legge, i (soli) soggetti nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di condanna possono chiedere alla competente sezione d’appello, in sede di impugnazione, che il procedimento venga definito mediante il pagamento di una somma non inferiore al 10 per cento e non superiore al 20 per cento del danno quantificato nelle sentenze. A sua volta, la sezione di appello, con decreto in camera di consiglio, sentito il procuratore competente, delibererà in merito alla richiesta e, in caso di accoglimento, determinerà la somma dovuta in misura non superiore al 30 per cento del danno quantificato nella sentenza di primo grado, stabilendo il termine per il versamento.

         Infine, il giudizio di appello si intenderà definito a decorrere dalla data di deposito della ricevuta di versamento presso la segreteria della sezione di appello.

         Come si desume facilmente, trattasi di disposizioni assai limitate nei tempi di applicazione e nell’individuazione dei possibili beneficiari, nonché dell’onere per essi previsto.

         Inoltre, il beneficio è regolato da una procedura assai complessa ed è, in parte, posto al servizio di un giudizio discrezionale affidato, previo parere del Procuratore generale, alle sezioni d’appello, e in più limitato anche dall’obbligo di rispettare un tetto di quantificazione.

         Non vi è dubbio, tuttavia, che questo intervento del legislatore, pur non violando le prerogative del potere giudiziario, di certo influisce su decisioni già pronunciate. Nella sostanza e nel contenuto, ha di fatto le connotazioni di un parziale condono, realizzato attraverso una sorta di patteggiamento e, perciò, concettualmente mal si concilia con il rispetto dei principi di certezza del diritto e di parità di trattamento e di uguaglianza tra i cittadini.

         In effetti, il legislatore, con il suo intervento, ha introdotto transitoriamente nell’Ordinamento un procedimento di limitato favore all’interno di un altro procedimento, quello di risarcimento del danno erariale subito dalle Amministrazioni pubbliche, in caso di responsabilità amministrativa.

         I limiti del provvedimento legislativo, in particolare, sono molteplici.

         Il primo limite è oggettivo, quello del riferimento ad eventi di danno ingiusto verificatisi anteriormente al 1°.1.2006, ancorché le sentenze di condanna sopravvengano in data successiva, e purché sia ancora pendente giudizio di appello dinanzi alle Sezioni giurisdizionali centrali della Corte dei conti, e, in più, secondo corretta interpretazione, non si tratti di responsabilità per dolo o per obbligo di restituzione.

         A questo particolare riguardo, alcuni problemi di procedura, forse anche aventi rilievo costituzionale, possono nascere, e in concreto sicuramente nasceranno, quali – tra l’altro – quelli: dei diritti processuali del soggetto assolto in prime cure, in pendenza di appello proposto dagli organi di procura; del pari diritto di intervento delle parti (titolare del beneficio richiesto e P.G.) nel giudizio camerale previsto, cioè se debba esercitarsi per atto iscritto o anche solamente orale; dell’ammissibilità della richiesta di beneficio, in subordine alla domanda di assoluzione piena; della mancanza di un termine di legge per l’effettuazione del versamento della somma fissata dalla sezione; del regime delle comunicazioni e delle notifiche processualmente necessarie; della regolamentazione delle spese di giustizia.

         Non ci dovrebbero essere dubbi, invece, sulla procedura che regola detto procedimento camerale, che dovrebbe essere sorretto dalle vigenti norme del codice di procedura civile, per cui la pronuncia con cui esso si conclude non può non essere reclamabile. Ugualmente, effettuato il versamento di legge, la sezione dovrà, con sentenza, dichiarare estinto il giudizio di responsabilità.

         Tuttavia, la stessa ristretta portata di tali disposizioni, pur nella sua anomalia, propone qualche riflessione di segno positivo.

         Sembra corretto, infatti, pensare che la ratio che le ha ispirate si fondi sull’attuale esistenza di diverse pronunce di primo grado, che, ancorché ineccepibili sul piano della valutazione dei fatti, nonché del diritto e della procedura, inevitabilmente sono state costrette a quantificare il danno risarcibile in somme, poi, in concreto, rivelatesi di livello non sostenibile dalle condizioni economiche del funzionario o dell’agente dichiarato responsabile per colpa grave (non per dolo e neppure per obbligo di restituzione).

         Questa obiettiva e, comunque in futuro riproducibile, situazione di fatto da tempo è stata da me fatta oggetto di meditazione, nella qualità di Procuratore generale della Corte dei conti.

         Così, in ultimo, nella relazione resa nella cerimonia di inaugurazione dello scorso anno giudiziario, ebbi testualmente a dire, facendo ricorso peraltro ad una idea di Cavour, che “di tutta evidenza si appalesa l’esigenza di una incisiva e mirata rimodulazione della normativa vigente riguardante la responsabilità amministrativa, così da farla rientrare in una logica di ragionevolezza e di proporzionalità; ciò potrebbe realizzarsi ridisegnando, con legge, più visibili parametri logico-giuridici, ai quali, sin dall’inizio del procedimento, dovrebbe ispirarsi l’azione dei procuratori regionali, quali la natura della violazione dedotta, l’elemento psicologico della colpa grave, quello soggettivo del comportamento e delle capacità patrimoniali del soggetto, quello oggettivo dell’entità della somma rappresentativa del danno, e, infine, della pericolosità del soggetto responsabile, con l’adozione peraltro del massimo rigore in caso di dolo”. Aggiungo ora: questo rigore va previsto anche in caso di responsabilità per obbligo di restituzione di beni o valori, al fine di evitare indebiti arricchimenti. Inoltre, una siffatta riforma realizzerebbe appieno, nei giudizi di responsabilità, il “principio della domanda”, con una più compiuta garanzia di contraddittorio.

         Questa proposta, in sede dottrinale, è stata da qualcuno recentemente osteggiata, con l’argomento che essa avrebbe introdotto, nel sistema contabile della Corte, un’inammissibile pena sanzionatoria, al posto della più coerente, attualmente prevista, pena risarcitoria.

         Evidentemente, tale argomento è frutto di un equivoco, che ritengo opportuno chiarire.

         Infatti, la modifica da me proposta in nulla verrebbe ad incidere sul rapporto di responsabilità, che in caso di comportamento illecito, continuerebbe ad avere natura risarcitoria. Inciderebbe invece sul potere di quantificazione del danno risarcibile (che già i giudici contabili esercitano, sia pure con altre regole processuali), potere che verrebbe anticipatamente esercitato dai procuratori regionali all’atto dell’introduzione del giudizio.

         Conclusivamente, ritengo che la riforma, come sopra formulata, ove attuata, presenterebbe, ora più che mai, connotazioni di grande attualità.

         E’ di tutta evidenza che il por mano ad essa, costituirebbe una nuova ennesima occasione per una riscrittura del regolamento di procedura della Corte dei conti, che, entrato in vigore nel lontano 1933, da molti decenni appare superato dall’evoluzione dei tempi. Il che ha determinato, e sempre più continua a determinare, impacci e ritardi che nuocciono grandemente alle ragioni della P.A., come a quella dei cittadini.

2. I nuovi confini della giurisdizione contabile: la responsabilità amministrativa, degli amministratori delle società in mano pubblica.

La responsabilità amministrativa, e l’appartenenza del relativo contenzioso alla Corte dei conti, degli amministratori di società in mano pubblica, riaffermata di recente dalla ben nota ordinanza delle Sezioni Unite civili della Cassazione n. 19667 del dicembre 2003, è stata sinora confermata dalle successive pronunce della stessa Corte di Cassazione. Al riguardo, è utile innanzitutto ricordare come l’orientamento assunto dalla giurisprudenza della Corte dei conti nel corso del 2005 appaia essenzialmente ispirato alla definizione degli effetti applicativi di tale nuovo indirizzo e quindi alla valutazione della sussistenza, nelle singole fattispecie, dei presupposti per la sottoposizione alla giurisdizione contabile.

Individuati tali presupposti nell’influenza dominante di un ente pubblico e nella funzionalizzazione della partecipazione pubblica al capitale sociale, nel senso della utilizzazione di risorse pubbliche a fini di interesse pubblico generale, è stato ad esempio ritenuto che per partecipazione pubblica maggioritaria deve intendersi non soltanto il possesso di una quota azionaria superiore al 50%, ma anche il possesso del c.d. pacchetto di controllo e che la destinazione a fini di interesse generale possa essere «prevalente» e non soltanto «esclusiva», nel quadro cioè della concezione secondo cui la responsabilità amministrativa deve intendersi come una forma generale di responsabilità patrimoniale nella quale possono incorrere, per violazione degli obblighi di finalizzazione, tutti i soggetti che utilizzino denaro pubblico (in tal senso, Sezione giurisdizionale Regione Lombardia n. 32/Ord. del 9 febbraio 2005).

Con ciò, tuttavia, non può ancora dirsi che siano avviati a soluzione i molti problemi derivanti dal riconoscimento della giurisdizione della Corte dei conti in materia di responsabilità degli amministratori di società in mano pubblica, sui quali è tuttora aperto un serio dibattito tra studiosi di diritto pubblico e studiosi di diritto civile.

Tra detti problemi, principale importanza presenta quello del rapporto tra la giurisdizione della Corte dei conti in ordine all’azione di responsabilità amministrativa e la giurisdizione ordinaria, in ordine alle responsabilità societarie. Questione che si presenta come difficile ricerca di equilibrio tra la funzione di tutela del pubblico erario, propria dell’azione di responsabilità amministrativa, e la funzione di reintegrazione del patrimonio societario, propria dell’azione di responsabilità sociale ex art. 2393 c.c., nonché, per altro verso, tra la tendenziale attribuzione del carattere di esclusività alla giurisdizione della Corte dei conti in coerenza con l’esigenza di perseguire con azione pubblica ogni ipotesi di cattivo uso del pubblico denaro, quali che siano le forme di utilizzazione, ed il pericolo di duplicazioni di iniziative giudiziarie in sedi diverse in contrasto con la difforme esigenza delle pari condizioni per tutti i soggetti che svolgano le medesime attività.

A tale fondamentale problema se ne aggiungono altri ad esso connessi, come le questioni relative a quale disciplina sostanziale e processuale debba trovare applicazione in sede di giurisdizione contabile, se quella della ordinaria responsabilità patrimoniale o quella propria della responsabilità amministrativa con i connessi elementi della ripartizione del danno, della intrasmissibilità agli eredi, della limitazione al dolo e alla colpa grave, della insindacabilità del merito delle scelte discrezionali (o dovrebbe dirsi gestionali?), della irrinunciabilità e non transigibilità dell’azione, della riduzione dell’addebito). Questa complessa problematica non rappresenta però un ostacolo alle iniziative in materia da parte delle Procure regionali della Corte dei conti, ma anzi dà ad esse un maggiore incentivo a perseguire il proprio compito di tutela del pubblico denaro.

3. Separatezza tra funzioni di controllo e funzioni contenziose della Corte dei conti. Finalità anche di deterrenza della giurisdizione contabile.

         L’esistenza di due funzioni diverse, anche se accomunate dalla finalità della tutela della gestione della cosa pubblica, l’una e l’altra affidate dalla Costituzione alla Corte dei conti, ha dato origine, nell’ultimo decennio, ad un problema di indubbia delicatezza. Mi riferisco alla preoccupazione, per lo più insorta nelle regioni e negli enti locali, che ci possano essere, o anche occasionalmente insorgere, interferenze operative tra le due funzioni, con la conseguenza che l’azione dei pubblici funzionari, nelle quotidiane scelte di ufficio, possano essere condizionate, o addirittura paralizzate, dal timore di incorrere, anche per sola colpa, ancorché grave, nell’azione risarcitoria dei pubblici ministeri contabili.

         La questione, così come è stata sollevata, è senz’altro mal posta.

         Le due funzioni, infatti, sono strutturalmente e concettualmente ben distinte, in quanto, l’una, ha per oggetto, il controllo di legittimità dei singoli atti e di efficienza delle gestioni, mentre la giurisdizione di responsabilità attiene alla liceità, ai fini del risarcimento del danno erariale, del comportamento dei singoli funzionari. Questo comportamento pertanto è valutato con il rispetto di tutte le esimenti e di tutte le attenuanti, che non sono né poche, né di poco rilievo, previste dall’ordinamento vigente.

         Inoltre, ogni singolo dipendente o amministratore risponde del danno da lui provocato per la parte che ha avuto nell’evento dannoso.

         In più, almeno da gran tempo, ai P.M. contabili sono inibite le istruttorie c.d. “a tappeto”, cioè dirette ad accertare comportamenti generali e complessivi delle Amministrazioni e non singoli comportamenti, commissivi o omissivi, dolosi o colposi, causa di pregiudizio erariale. E’ stata mia cura, nella veste di coordinatore della funzione requirente, di vigilare sulla corretta attuazione di questa regola, che, violata, trasformerebbe l’azione di responsabilità in indebita azione di controllo.

         Invero, la presenza nell’Ordinamento dell’istituto della responsabilità amministrativa, e della connessa giurisdizione sul possibile, conseguente contenzioso, risponde ad una esigenza fondamentale di garanzia sulla correttezza dei comportamenti dei dipendenti e degli amministratori pubblici, così come, in sede di lavori preparatori per la Costituzione, ebbe a ricordare Luigi Einaudi. Funzione, questa, che, specie nei casi di danno ingiusto per colpa e non per dolo, non potrebbe essere assicurata dal giudice ordinario.

         La finalità di quest’ultima funzione, peraltro, direttamente ed espressamente, è di natura risarcitoria, in quanto volta a reintegrare, con la condanna del responsabile al risarcimento, il danno subito dalla Pubblica Amministrazione. La stessa funzione, peraltro, prima ancora di quella risarcitoria, ha un’altra funzione, che non potrà mai apparire nelle statistiche, ma che, in concreto, è forse ancora più importante, quella di deterrenza. La prova è rintracciabile nell’attenzione che le Pubbliche Amministrazioni, attraverso opera di vigilanza e di regolamentazione, riservano alla materia e, in più ancora, nei numerosissimi casi di spontaneo risarcimento di danni da parte dei responsabili, prima ancora dell’introduzione del relativo giudizio.

C) I RISULTATI CONSEGUITI DALLA FUNZIONE REQUIRENTE DELLA CORTE DEI CONTI NEL 2005.

1. Il contenzioso di responsabilità in tema di amministrazione tributaria.

         Anche nel 2005 l’attività requirente in materia di illeciti concernenti l’azione della amministrazione finanziaria ha fatto registrare numerose iniziative processuali innescate da segnalazioni di cittadini, organi ispettivi e di revisione contabile, oltre che dalle informative provenienti dall’autorità giudiziaria penale.

         Le vertenze, in tale ambito, hanno riguardato irregolarità commesse da tabaccai gestori dei servizi di riscossione su concessione o i titolari di ricevitorie Lottomatica, per omissione o ritardato versamento all’erario di tasse automobilistiche o dei proventi del gioco del Lotto, l’omessa percezione delle tasse dovute per i servizi della Conservatoria dei registri immobiliari, irregolarità nella valutazione dell’asse ereditario, mancata notifica di avvisi di liquidazione dell’imposta di successione dovuta dagli eredi.

         Non sono mancate irregolarità nell’accertamento dei presupposti d’imposta, delle condizioni e requisiti per fruire di agevolazioni fiscali, di provvedimenti di sgravio, di rimborsi di imposte; si sono registrate fattispecie di rimborsi di imposte dirette (ILOR, IRPEF e IRPEG) indebitamente pagati a società e persone fisiche che ne avevano fatto richiesta per corrispondenti crediti inesistenti. Particolarmente significative le ipotesi di Concessionari, che, interpretando erroneamente la disposizione dell’art. 12 della legge n. 289/2002, hanno invitato soggetti condannati dalla Corte dei conti con sentenze passate in giudicato a definire la posizione debitoria con il pagamento di una somma inferiore rispetto a quella dovuta in relazione al titolo esecutivo formatosi in conseguenza della condanna.

         Vanno inoltre ricordati gli illeciti contabili commessi dai titolari di servizi dei tributi di enti locali, relativi alla riscossione delle utenze di acquedotto, delle sanzioni in materia edilizia, degli oneri di urbanizzazione, degli affitti degli immobili di proprietà comunale e delle sanzioni in materia di circolazione stradale; infine di annullamento di ruoli o cartelle esattoriali per intervenuta prescrizione a causa di omessa o intempestiva notificazione dei verbali di contestazione. Singolare un caso di appropriazione di somme riscosse per le concessioni cimiteriali relative a false vendite di loculi cimiteriali.

         E’ proseguita nel 2005 l’azione volta al ristoro degli ingenti danni al prestigio ed al decoro dell’amministrazione finanziaria perpetrati da dipendenti in occasione di episodi corruttivi o concussivi al vaglio della magistratura penale.

Numerosi, infine, i procedimenti a istanza di parte nel delicato settore delle domande di rimborso di quote d’imposta inesigibili, che spesso sono stati attivati da società concessionarie inadempienti dei propri obblighi, che non erano in grado di fornire il benché minimo elemento di prova sulle attività di riscossione svolte.

Non si può ultimare questa esposizione senza rammentare le iniziative assunte dalla Procura generale nello specifico settore.

Nel quadro degli approfondimenti propedeutici all’elaborazione dell’intervento del Procuratore generale nel giudizio di regolarità del Rendiconto generale dello Stato, sono stati infatti avviati alcuni incontri tematici con rappresentanti della Guardia di Finanza, dell’Agenzia delle entrate e del SECIT.

Tali incontri sono stati preziosi, tra l’altro, per acquisire elementi di valutazione in ordine all’assetto organizzativo ed alle misure assunte per contrastare due fattori della gestione tributaria di rilevante criticità da tempo segnalati dalla Corte in sede di controllo: la bassissima percentuale di maggiore imposta accertata ed effettivamente acquisita all’erario a seguito delle fasi del contenzioso e della riscossione, da un lato, e la scarsa sostenibilità in sede di contenzioso tributario delle contestazioni elevate a seguito degli accertamenti effettuati dagli uffici e dai corpi tributari, dall’altro. Rilevanti elementi di preoccupazione erano emersi dall’indagine conoscitiva svolta dalla Sezione centrale del controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato, i cui drammatici risultati in termini di “evaporazione dell’imponibile” erano stati riportati nella relazione in data 13 ottobre 2004, dal titolo di “Esiti della riscossione rapportati a quelli degli accertamenti: verifica della qualità dell’attività di accertamento degli Uffici e dell’attività di controllo della Guardia di finanza” (Deliberazione n. 26/2004/G).

Con la Guardia di finanza, inoltre, è stato avviato un proficuo colloquio allo scopo di mettere a punto nuovi moduli organizzativi destinati a incrementare e migliorare la collaborazione con i Procuratori regionali valorizzando i profili di polizia economica che il legislatore ha voluto intestare al Corpo.

2. Incarichi e consulenze esterne.

Già in sede di relazione svolta in occasione dell’apertura del trascorso anno giudiziario, avevo evidenziato come l’eccessivo ricorso, da parte di enti pubblici specialmente locali[1], nell’assenza di un quadro normativo di controllo, a incarichi e consulenze esterne veniva a costituire una sorta di “amministrazione per incarichi”, con possibili negativi effetti non solo sui bilanci degli stessi ma anche sulla efficienza dell’azione amministrativa, a causa della conseguente sottoutilizzazione delle risorse umane e del mancato stimolo allo sviluppo delle professionalità interne.

I giudizi per responsabilità amministrativa, conclusi con sentenze di condanna, continuano a dimostrare, come tale ricorso avvenga, non di rado, al di fuori delle ipotesi consentite dalla legge e, molto spesso, senza produrre alcun effetto utile, anche a causa del contenuto indeterminato degli incarichi e della loro estraneità ai fini dell’ente conferente.

Da ciò consegue la necessità non solo dell’applicazione di meccanismi di “repressione” di tali illiceità, attraverso giudizi per responsabilità amministrativa (di cui il giudice contabile si è, ampiamente, fatto carico), ovvero procedimenti disciplinari, ma anche, in primo luogo, di strumenti preventivi che possano stimolare comportamenti “virtuosi” da parte degli amministratori pubblici.

Si deve, peraltro riconoscere che il Governo e il Parlamento, negli ultimi anni, hanno adottato disposizioni che vanno in tale direzione.

Infatti, la legge finanziaria per il 2005, oltre a bloccare la spesa delle amministrazioni pubbliche per le consulenze esterne al livello di quella sostenuta nell’anno precedente, ha dettato, sulla scorta dei principi affermati dalla giurisprudenza della Corte dei conti, sia per le amministrazioni statali che per gli enti locali, ulteriori più rigorose prescrizioni in materia, che attengono sia alla necessità di una congrua motivazione dei conferimenti (che per gli enti locali deve riferirsi anche all’assenza di adeguate professionalità interne) che al carattere eccezionale del ricorso agli stessi (quando riguardano materie rientranti nella competenza della struttura burocratica). In proposito, occorre, altresì, segnalare come il Legislatore, con la legge n. 191 del 2004, non ha mancato di prevedere, riguardo alle società di capitali a totale partecipazione pubblica, un obbligo per le amministrazioni pubbliche, titolari delle relative azioni, di emanare delle direttive, da comunicare, in via preventiva, alla Corte dei conti, conformi ai principi valevoli, in materia, per gli enti pubblici.

E’ auspicabile che, anche in caso di partecipazioni pubbliche non totalitarie, l’azionista pubblico si faccia promotore di analoghe iniziative, venendo in rilievo, anche in tali casi, una gestione da parte degli amministratori di risorse pubbliche.

Infine, l’ultima legge finanziaria ha reso particolarmente corposa la riduzione della possibilità di spesa annua in materia (che, dal 2006, non può superare il 50% di quella sostenuta nel 2004), ha posto un limite all’importo complessivo dei contratti di consulenza nei prossimi tre anni: importo che non può essere superiore rispetto all’ammontare totale dei contratti in essere al 30 settembre 2005. Infine, ha ridotto del 10% i relativi compensi (rispetto agli importi risultanti alla data del 30 settembre 2005).

Il legislatore ha escluso dall’applicazione del primo limite gli enti territoriali autonomi e quelli del servizio sanitario nazionale. Ciò può suscitare qualche perplessità, in quanto si tratta, proprio degli enti in cui maggiormente si verificano le suindicate illiceità, anche sotto forma del ricorso all’assistenza di avvocati esterni, pur in presenza di uffici legali, per far fronte ad ordinari contenziosi, ovvero per problematiche risolvibili anche dagli uffici burocratici.

Comunque, riguardo a tali enti, la legge prevede la trasmissione degli atti di spesa relativi al conferimento degli incarichi di consulenza, superiori a 5 mila euro, alla competente sezione della Corte dei conti per l’esercizio del controllo successivo sulla gestione, con il conseguente obbligo delle amministrazioni di comunicare a quest’ultima le misure correttive adottate, nel caso in cui dai suddetti atti si evidenzino comportamenti difformi da una sana gestione finanziaria.

Occorre, infine, accennare alla circostanza che l’art. 13 del recente D.L. n. 4 del 10 gennaio 2006 ha indicato precise condizioni per il ricorso, da parte delle amministrazioni pubbliche, ai contratti di collaborazione coordinata e continuativa, seguendo, anche in tal caso, gli indirizzi della giurisprudenza contabile.

3. L’equa riparazione.

Nel corso del 2005 sono continuati a pervenire alla Procura generale e, in numerosi casi, anche direttamente alle varie Procure regionali, i decreti con i quali le Corti d’appello hanno accolto le istanze per la liquidazione dell’equa riparazione prevista dalla legge 24 marzo 2001, n. 89 (meglio nota come “legge Pinto”, dal nome del suo ispiratore), con la quale le parti sono indennizzate per l’eccessiva ed irragionevole durata dei procedimenti giudiziari che le hanno interessate.

Come è noto la data in cui la legge è stata approvata si è collocata allo scadere della scorsa legislatura, per arginare il crescente contenzioso sviluppatosi in sede comunitaria a causa dei ritardi con i quali la magistratura italiana provvedeva all’amministrazione della giustizia e che aveva comportato consistenti condanne per il nostro Stato da parte della Corte europea.

Una disposizione della legge (l’art. 5) ha previsto, infatti, che i decreti di accoglimento siano trasmessi al Procuratore generale della Corte dei conti ai fini dell’eventuale esercizio dell’azione di responsabilità, esercizio che si è ritenuto, comunque, opportuno delegare ai Procuratori regionali per coerenza con il vigente assetto istituzionale tipico di tale giudizio, ma che finora non hanno avuto - a quanto è dato sapere - il seguito ipotizzato, tranne un unico, isolato caso.

Sull’applicazione della legge, che ha scontato notevoli problemi interpretativi ed organizzativi, almeno per quanto di nostra competenza, ho ritenuto necessario deferire alle Sezioni riunite di questa Corte apposita questione di massima, che è stata discussa lo scorso 11 gennaio, ma della quale non mi è ancora noto l’esito.

A prescindere, comunque, da quest’ultimo, quale che esso sia, resto della mia opinione sulla necessità di un ulteriore intervento legislativo per meglio precisare i contenuti e i limiti dell’attuale testo normativo, come nel recente passato ho inutilmente tentato di promuovere sperando una migliore accoglienza in futuro.

4. Il contenzioso di responsabilità in materia di gestione dei fondi comunitari.

         Il settore delle frodi ed irregolarità relative alle risorse di provenienza comunitaria ha costituito, anche nel 2005 un tema di costante interesse da parte della Procura generale.

In tale contesto, in particolare, è proseguita l’attività di collegamento con la Guardia di finanza (relativa al monitoraggio di tutte le fattispecie di illecito comunitario perseguite dal Corpo), con l’Ufficio europeo di lotta antifrode - OLAF (partecipazione alla Seconda conferenza internazionale dei Procuratori antifrode organizzata dall’OLAF - Bruxelles - 17-18 novembre 2005 e successiva attivazione della rete di contatto fra magistrati addetti alla Procura generale e alle Procure regionali con il magistrato di contatto presso l’OLAF ai fini di maggiore speditezza ed efficacia delle attività di indagine), e con il Comando Carabinieri politiche agricole (monitoraggio dell’attività e partecipazione della Procura generale al Seminario internazionale “Criminalità in agricoltura: esame delle metodologie di indagine per il contrasto alle frodi”, organizzato dal Comando Carabinieri politiche agricole, Roma, 11-12 maggio 2005).

Sono inoltre in fase di avvio, sempre ai fini del coordinamento, analoghe forme di collaborazione con il Corpo forestale dello Stato e con l’Alto commissario per il contrasto e la prevenzione della corruzione e delle altre forme di illecito nella pubblica amministrazione.

L’attività di coordinamento si concreta nella periodica comunicazione e trasmissione alle Procure regionali delle rilevazioni generali sul fenomeno, effettuate in base alle segnalazioni della Guardia di finanza e degli altri organi di accertamento, nella segnalazione delle più interessanti novità emerse nell’attività di indagine o giurisprudenziale, nella formulazione di spunti interpretativi su temi specifici, anche in via di urgenza su questioni prospettate dalle Procure regionali, nell’analisi e diffusione delle risultanze dell’attività della Sezione di controllo per gli affari comunitari ed internazionali.

Ciò con riguardo sia al profilo del danno, ove la Corte di Cassazione, a sezioni unite, ha ormai confermato l’indirizzo per il quale il danno da illecito comunitario (per il settore delle spese) si configura prevalentemente come danno da spreco o sviamento di risorse per le collettività interessate e la stessa Comunità europea che vedono vanificati gli scopi dei finanziamenti (cfr. Sezioni unite civili della Corte di cassazione, 12 ottobre 2004, n. 20132- ord.), sia sotto il profilo dei soggetti convenibili laddove si è affermato il principio della soggezione alla giurisdizione contabile non soltanto dei pubblici funzionari, ma anche di strutture private coinvolte nei procedimenti di controllo e certificazione della corretta erogazione delle spese, in relazione al rapporto di servizio instauratosi fra le amministrazioni e tali strutture private (enti o società), nonché delle stesse persone fisiche responsabili della gestione di detti enti, sia a titolo di responsabilità contabile nel caso di distorto maneggio, anche in via di fatto, dei finanziamenti erogati, sia in generale in virtù del rapporto di servizio con l’ente e, in via mediata, con la P.A. .

Sotto quest’ultimo profilo, sono particolarmente significative l’ordinanza già citata Cass. Sez. Un.- civ. n. 20132/2004 e la sentenza Cass. Sez. Un. civ., n. 3899 del 26 febbraio 2004. In tal senso vanno richiamate la pronuncia della Sezione prima centrale di appello della Corte dei conti n. 201 del 15 giugno 2005, le iniziative, con inviti a dedurre e sequestri conservativi confermati in sede di convalida, poste in essere dalle Procure per la Campania e per la Calabria, nel settore degli aiuti alla produzione di agrumi, con rilevanti ipotesi di danno finanziario nazionale e comunitario e la sentenza della sezione giurisdizionale regionale per l’Abruzzo della stessa Corte dei conti n. 631 del 25.8.2005, con affermazione del rapporto di servizio del legale rappresentante di una società privata destinataria di risorse comunitarie e nazionali nell’ambito del programma di sviluppo regionale per la regione Abruzzo (e contestuale configurazione dell’obbligo della resa del conto nei confronti della suddetta società).

5. Statistiche relative alla funzione requirente.

         Nel 2005, ancora più intensa che nel passato è stata l’attività svolta dagli organi di Procura della Corte dei conti. Essa, che si è giovata dell’apporto sempre continuo e prezioso dell’Arma dei Carabinieri, della Guardia di finanza, e in particolare il Nucleo Regionale Polizia Tributaria – GARADE – e della Polizia di Stato, trova una sintetica, ma espressiva rappresentazione nelle tabelle allegate al presente testo scritto.

         Dal punto di vista quantitativo, rispetto al 2004, accanto ad un leggero aumento delle denunce pervenute agli uffici regionali di procura (+ 0,7%), va sottolineato il netto aumento delle citazioni in giudizio (+ 10,7%), degli importi oggetto di garanzia con sequestri conservativi cautelari (+ 7,8%) e delle riscossioni da procedimenti monitori (+ 34,8%).

         In termini numerici, gli atti di citazione sono stati, nel 2005, 1248, rispetto ai 1115 dell’anno precedente.

         La tipologia delle istruttorie aperte e dei giudizi introdotti, continua a seguire l’evolversi e l’articolarsi della Pubblica Amministrazione. Spiace dover rilevare che si è verificato un aumento delle azioni per danno dovuto a consulenze esterne e incarichi, a fattispecie concernenti danni verificatisi nella gestione del personale, quelli connessi a casi di corruzione e altri reati, da pregiudizio all’immagine. Inoltre sia le istruttorie che le azioni per cattiva gestione di entrate e per attività contrattuale e OO.PP. hanno segnalato nel 2005, un notevole incremento numerico. Infine, sono in stato di avanzata istruttoria numerosi casi di cattiva gestione di risorse comunitarie e di quelle riservate alla sanità.

A ben considerare, però, quasi tutti i detti comportamenti, dal punto di vista economico e contabile, producono un’unica, fondamentale figura di danno, quella che comunemente va sotto il nome di spreco”.

Mi basterà ricordare che, sin dal 2000, ogni anno ho pubblicamente e ufficialmente affermato l’assoluta necessità di ridurre al minimo questo antico fenomeno, vera piaga delle nostre amministrazioni pubbliche, in continuo affanno nel perseguimento di risultati contabili che rispettino i vincoli, interni ed esterni di bilancio.

Va apprezzato pienamente, pertanto, il già da me prima ricordato forte impegno assunto dalle autorità di governo, anche in sede di strutturazione della legge finanziaria, al fine di eliminare, nell’indicazione delle spese da effettuare, “il troppo e il vano”. Tra questo “il troppo e il vano”, non vanno, però, comprese le spese essenziali, quali, ad esempio quelle destinate alla ricerca e alla cultura.

         Sensibile è stato sempre nel 2005 rispetto al 2004, l’incremento, in sede di appello, degli atti giudiziari posti in essere dagli Organi di procura, così come è indicato nel quadro sinottico allegato.

         In particolare, gli appelli proposti dai Procuratori regionali sono aumentati del 42%, le conclusioni scritte rese dalla Procura generale sono passate da 359 del 2004 alle 376, depositate nel 2005 con un incremento del 5% circa, con una ulteriore elevazione del già alto livello qualitativo degli atti prodotti.

D) CONCLUSIONI.

         In questi ultimi decenni, la Nazione ha attraversato, e ancora sta attraversando, un difficile e spesso affannoso momento di trasformazione costituzionale, giuridica e sociale, nel quale si sono variamente inserite asperità di ordine economico, finanziario e monetario, tensioni politiche interne e crisi internazionali.

         Ciò non poteva non avere ripercussioni sul modo di essere e di funzionare dell’Ordinamento amministrativo-contabile, oggi radicalmente mutato rispetto a quello che era solo un quarto di secolo fa. Nei discorsi da me pronunciati in sede di inaugurazione degli anni giudiziari, e nei giudizi sui rendiconti generali dello Stato, ho cercato di puntualizzare, sottolineandoli, gli aspetti, le occasioni e gli effetti di tale mutazione, così come si succedevano nel tempo, determinando sempre nuovi, spesso labili e provvisori equilibri.

         Tali miei discorsi, però, sono stati sempre attraversati da un concetto fondamentale che ho avuto la ventura di maturare in oltre mezzo secolo di servizio prestato alle Istituzioni pubbliche.

         Questo concetto sento di poterlo e doverlo ripetere oggi, allorché sto per abbandonare tale servizio, affermando che la Corte dei conti ha avuto almeno un indiscutibile merito storico: quello di aver sempre saputo svolgere il suo insostituibile compito, con serietà, indipendenza e puntualità.

         Lo ha fatto, adattando la sua azione alle sempre nuove e articolate realtà legislative e anche amministrative della Repubblica; e ciò malgrado carenze normative, insufficienza dei propri organici e non senza patire incomprensioni esterne.

         Queste, incredibilmente, in tempi non lontani giunsero a motivare proposte di soppressione.

         Per cui, oggi, con convinzione e legittimo orgoglio, posso serenamente affermare che il nostro Istituto, voluto da Cavour, per quello che è, e ancor di più per quello che ha dimostrato di essere, anche in avvenire saprà essere pari alle sfide del progresso che incalza.

         Come sempre, operando in silenzio.

 

[1] Da dati provenienti dalla Funzione pubblica risultava che gli incarichi esterni conferiti dalle sole amministrazioni dello Stato ammontassero, nel 2003, a circa 200.000.

Documenti correlati:
V. APICELLA, Relazione sullo stato della giurisdizione e dei controlli della Corte dei conti al 1° gennaio 2005.


Stampa il documento Clicca qui per segnalare la pagina ad un amico