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Rassegna stampa

 

Dario Di Vico

Superburocrati, arrivano gli esoneri

Debutta nei ministeri lo «spoil system» all’italiana: già 53 i provvedimenti di accantonamento
Il sindacato Dirstat denuncia: stanno politicizzando l’amministrazione

(Il Corriere della Sera, 9 dicembre 1999 - Economia)

ROMA - Un fantasma si aggira per i ministeri: lo spoil system. Nelle scorse settimane, per la prima volta in Italia, 53 dirigenti sono stati «bocciati» dai loro ministri e di conseguenza non confermati negli incarichi che ricoprivano. Tanto è bastato però perché si riaprissero le polemiche attorno ai metodi di selezioni dei dirigenti pubblici. La Dirstat, la maggiore associazione dei dirigenti statali, ha fatto subito conoscere la sua contrarietà. «C'è un rischio di politicizzazione della pubblica amministrazione - sostiene il presidente Giampiero Catalini, - è stato violato il principio di imparzialità». E anche un vecchio maestro di diritto amministrativo come il professor Guglielmo Negri è critico nei confronti delle innovazioni adottate dai governi di centrosinistra: «Rimango fermo a due pilastri, si entra per concorso e l'amministrazione deve essere imparziale. Mi domando infatti: cosa fanno gli scartati? Rimangono funzionari dello Stato ma rischiano di creare una sorta di Legione Straniera con le turbolenze che è facile immaginare».

Dal ministero della Funzione Pubblica, retto da Angelo Piazza, si tende a ridimensionare il caso. Dei 53 a cui è stata comunicata l'intenzione dei vari ministeri di non rinnovare il loro contratto ben 21 erano in sovrannumero e 6 vicinissimi al pensionamento. Inoltre 9 sono rientrati grazie a un ripensamento delle amministrazioni e quindi, secondo i dati ufficiali, sono solo 10 i dirigenti generali relegati senza incarico nel ruolo unico, una sorta di parcheggio dal quale le singole amministrazioni, in caso di necessità possono pescare.

Sostiene Bruno Dente, ex consigliere del ministro Bassanini nel governo Prodi: «Si parla molto impropriamente di spoil system. Il non rinnovo del contratto è una cosa, la nomina legata al ministro in carica e quindi al cambio di governo è un'altra. Nel nostro ordinamento a rischio di spoil system per ora sono solo alcune figure come i capi dipartimento delle Finanze e del Tesoro e i segretari generali degli Esteri, dei Beni Culturali e della Difesa». Solo con la riorganizzazione dei ministeri, prevista dalle norme approvate a fine agosto, il ricambio forzoso verrà esteso a tutti i capi dipartimento, ai direttori delle agenzie e a tutti i segretari generale. In totale 60-70 grand commis che, solo dalla prossima legislatura, sperimenteranno sulla loro pelle il sistema americano. Nel frattempo, comunque, dovrebbe partire il comitato per il controllo strategico delle pubbliche amministrazioni coordinato dall'ex segretario generale della Camera, Mauro Zampini, che dovrebbe fornire valutazioni sulle performance dei singoli dirigenti riducendo così il coefficiente di discrezionalità politica.

Ma come verranno rimpiazzati i dirigenti «bocciati»? Quali sono i meccanismi di produzione di una nuova classe di burocrati? Esiste una clausola che permette ai ministeri di attingere dall'esterno i propri supertecnici, basta però che le nuove immissioni non superino il 5% rispettivamente della dirigenza di prima e seconda fascia. In un collegato della Finanziaria il governo D'Alema renderà più flessibile questa norma per cui si potrà assumere dall'esterno il 5% complessivo della dirigenza e solo un terzo di prima fascia. In verità alcuni ministri diessini hanno spinto perché il limite venisse abolito e anche dalla Cgil Funzione Pubblica sono venuti ripetute prese di posizione per un ricambio più veloce della classe dirigente.

L'esperienza più significativa di reclutamento esterno è sicuramente quella del Tesoro che sotto la guida di Carlo Azeglio Ciampi aveva aperto la dirigenza ai quarantenni e a una serie di giovani economisti (i Barca, i La Via, i Grilli e gli Ulissi) attirati dalla possibilità di fare in via XX Settembre un'esperienza di prim'ordine nel campo delle privatizzazioni. 

Di recente si sono rivolti all'esterno altri due ministri, Vincenzo Visco e Piero Fassino, che hanno portato nei rispettivi dicasteri un ex Iritecna, Mario Picardi, e un ex S.Paolo di Torino, Pietro Verzelletti. In sostanza non avendo in Italia un'Ena, la mitica scuola di amministrazione dei francesi, lo Stato pesca un po' dove capita alla ricerca di quei manager-centauri - secondo una fortunata definizione di Luigi Tivelli nel libro «Dove va l'Italia?» - che «abbiano gli aspetti positivi delle esperienze di lavoro nelle più qualificate strutture pubbliche e le caratteristiche del management del settore privato». 

Infine un contributo importante dovrebbe arrivare della Scuola Superiore di pubblica amministrazione che tra sei mesi sfornerà i primi 94 giovani che hanno frequentato il primo corso. Ma sull'effettiva validità della scuola i pareri sono discordi. E c'è chi ne ha addirittura auspicato la chiusura.

Dario Di Vico


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