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Legislazione

 

D - RELAZIONE ILLUSTRATIVA DELLO SCHEMA DI TESTO UNICO delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia (approvato del Consiglio dei Ministri il 16 febbraio 2001).

 

RELAZIONE ILLUSTRATIVA DEL TESTO UNICO DELLE DISPOSIZIONI LEGISLATIVE E REGOLAMENTARI IN MATERIA EDILIZIA

1. – Oggetto del testo unico

Lo schema di Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia riunisce e coordina, nella prima parte, le norme sulla concessione edilizia e sugli altri atti di assenso in materia edilizia, nonché le norme in tema di abitabilità e agibilità degli immobili; nella seconda parte, il Testo unico riunisce e coordina le norme sulla normativa tecnica dell’attività edilizia.

La materia è, ad oggi, disciplinata da una notevole quantità di disposizioni sparse, di varia origine e rango.

Per quanto riguarda i titoli legittimanti l’attività edilizia, va ricordato come alla disciplina fondamentale, rappresentata dalla legge 17 agosto 1942 n. 1150 e successive modificazioni (e in particolare dall’articolo 31) - tuttora in vigore - abbiano fatto seguito, dapprima, una riforma radicale (la legge 28 gennaio 1977, n. 10, che ha introdotto l’istituto della concessione edilizia) e, in un secondo tempo, una serie di disposizioni che, spesso in modo incoerente, sono andate sovrapponendosi nel tempo, dettate dalle esigenze di volta in volta avvertite come più urgenti o più meritevoli, non di rado inserite in testi legislativi eterogenei (si pensi ad esempio che il D.L. 5 ottobre 1983, n. 398, convertito in legge 4 dicembre 1993, n. 493 - il cui art. 4 disciplina contestualmente il procedimento per il rilascio della concessione edilizia, e quello per la denuncia di inizio attività - reca disposizione per l’accelerazione degli investimenti a sostegno dell’occupazione). Ne è risultata una frammentazione del quadro normativo complessivo tale da rendere difficile all’interprete la ricostruzione del sistema e l’individuazione della disciplina applicabile alle singole fattispecie.

Analoghe considerazioni valgono a proposito sia della normativa riguardante l’abitabilità e l’agibilità degli edifici, sia della normativa tecnica per l’attività edilizia, la cui disciplina complessiva deve tener conto di una serie di disposizioni contenute in numerosi testi normativi, spesso di rango diverso (si pensi, in particolare, al R.D. 27 luglio 1934, n. 1265, artt. 220 ss.; legge 5 novembre 1971, n. 1086; legge 3 febbraio 1974, n. 64; legge 9 gennaio 1989, n. 13; legge 18 maggio 1990, n. 46; legge 9 gennaio 1991, n. 10; D.P.R. 22 aprile 1994, n. 425).

Si è insomma di fronte a quella caratteristica situazione di "disordine normativo" che richiede, per esigenze conoscitive come di armonizzazione espositiva, il superamento della complessità e la sistemazione organica in un testo unico.

2. Il fondamento normativo

Il Testo unico ha il proprio fondamento nella delega conferita al Governo ai sensi dell’ articolo 7, commi 1 e 2, della legge 8 marzo 1999, n. 50, come modificato dall’articolo 1 della legge 24 novembre 2000, n. 340.

Questa norma prevede l’emanazione di Testi unici intesi a riordinare, tra le altre, le materie di cui all’art. 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59. A sua volta, questo articolo 20, al comma 8, prevede l’emanazione di regolamenti di delegificazione per la disciplina delle materie e dei procedimenti di cui all’allegato 1. L’allegato 1 a quest’ultima legge, infine, al n. 105 annovera il procedimento per il rilascio delle concessioni edilizie e al n. 112-quinquies il procedimento per il rilascio del certificato di agibilità.

Dal punto di vista del livello della fonte da assegnare alle norme che riunisce, conformemente all’art. 7 della legge 8 marzo 1999, n. 50 il Testo unico – in una con l’individuazione del testo vigente delle norme, l’indicazione delle norme vigenti e abrogate, ed il coordinamento formale del testo delle disposizioni ancora in vita – si prefigge anzitutto lo scopo di delegificare le norme primarie concernenti gli aspetti organizzativi e procedimentali afferenti alla materia edilizia, secondo i criteri fissati dall’art. 20 della legge n. 59 del 1997. Al tempo stesso, le norme primarie concernenti il regime sostanziale restano di rango invariato, così come di rango invariato restano le norme già di livello regolamentare. Il Testo unico contiene dunque norme primarie (quelle a contenuto sostanziale), norme primarie delegificate in secondarie (quelle procedimentali e organizzative) e norme secondarie già in origine tali.

Tale impostazione corrisponde alle risoluzioni adottate dalle Camere in sede di parere sulla relazione del Governo al Parlamento sul riordino normativo, ed è chiarita nel nuovo testo dell’articolo 7, comma 2, della legge n. 50 del 1999, come introdotto dall’art. 1, comma 6, lett. e) della legge 24 novembre 2000, n. 340, secondo cui il testo unico deve comprendere sia disposizioni che vanno contenute in un decreto legislativo, sia disposizioni che vanno contenute in un apposito regolamento di delegificazione.

Una tale diversificazione formale, pur nel quadro di un medesimo corpo normativo, consente anche di evitare l’inconveniente di un’indesiderata rilegificazione di norme secondarie, che altrimenti sarebbe indotta dalla compresenza, in un medesimo atto, di disposizioni da diversamente collocare nella gerarchia delle fonti. A tal fine, sono stati elaborati tre testi distinti (A,B,C): il testo A, che contiene l’insieme di tutte le disposizioni, legislative e regolamentari e consente di apprezzare l’impianto normativo nel suo insieme; il testo B, recante le sole norme di rango legislativo, che sarà emanato con decreto legislativo; il testo C, recante le disposizioni non legislative, che sarà invece emanato con la procedura propria dei regolamenti di delegificazione.

Il sistema di numerazione adottato nello schema di decreto legislativo e nello schema di regolamento – poi trasfusi nel Testo unico – si è reso altresì necessario, sul modello anche di analoghe esperienze straniere, per assicurare la corrispondenza tra gli articoli del Testo unico, da una parte, e quelli del decreto legislativo o del regolamento dall’altra; ciò al fine di assicurare la leggibilità dei testi, soprattutto a seguito di eventuali future modificazioni degli stessi.

Nell’osservanza dei criteri fissati al comma 2 dell’articolo 7 della legge n. 50 del 1999 è stata operata, come detto, la delegificazione delle norme di legge concernenti gli aspetti organizzativi e procedimentali; sono state altresì indicate le norme abrogate espressamente e le norme espressamente non inserite, ma comunque vigenti ancorché contenute in fonte diversa dal Testo unico.

È comunque da ricordare che, nell’ipotesi in cui una norma non risulti indicata né fra quelle non inserite, né fra quelle abrogate, essa dovrà intendersi in ogni caso abrogata in virtù di quanto disposto dall’articolo 7, comma 3 della legge n. 50 del 1999.

Da ultimo, pur con la prudenza necessaria quando si tratta di riordinare un insieme di norme giuridiche da tempo vigenti, nei confronti delle quali si è ormai stabilizzata l’interpretazione, si è proceduto ad una semplificazione del linguaggio normativo, come voluto dall’ultima parte dell’art. 7, comma 2, lett. d) della legge n. 50 del 1999.

Le norme di rango legislativo che restano nel Testo unico sono quelle risultanti dopo l’opera di delegificazione delle norme procedimentali e organizzative. Per queste norme che restano primarie si è proceduto ad un riordino e ad un coordinamento formale negli stretti margini che saranno illustrati.

Per quanto riguarda le norme regolamentari, esse hanno lo speciale carattere cedevole previsto dall’art. 1, comma 4, lett. a), della legge 24 novembre 2000, n. 340, modificativo dell’art. 20, comma 2, della legge 15 marzo 1997, n. 59, ai sensi del quale "nelle materie di cui all’articolo 117, primo comma, della Costituzione, i regolamenti di delegificazione trovano applicazione solo fino a quando la regione non provveda a disciplinare autonomamente la materia medesima (…)". Resta comunque ferma l’autonomia normativa comunale, come espressamente affermato dall’art. 1, comma 2, del Testo unico.

Va evidenziato, da ultimo, che lo schema di Testo unico fa espressamente salve le disposizioni di cui agli articoli 24 e 25 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, ed alle relative norme di attuazione, in materia di realizzazione, ampliamento, ristrutturazione e riconversione di impianti produttivi.

3. i limiti della delega

Il mandato assegnato dall’art. 7 della legge n. 50 del 1999 è quello del "riordino delle norme legislative e regolamentari", da compiere alla luce dei criteri e principi direttivi espressamente menzionati. Altre volte la legge assegna il solo potere di riordino dei procedimenti (es. legge n. 352 del 1997, di delega per il Testo unico dei beni culturali), sicché la onnicomprensività della dizione usata dall’articolo 7 ("delle norme") indica con chiarezza che l’operazione del riordino investe anche le disposizioni sostanziali e non si limita a quelle procedimentali. Questo dato è di particolare significato perché, pur trattandosi di una sistemazione in Testo unico (il che deve caratterizzare l’elaborato in senso prevalentemente compilativo del quadro normativo esistente), nondimeno riconosce la possibilità di innovare per il raggiungimento della finalità del riordino. Da questo punto di vista sostanziale, l’operazione del riordino normativo – da compiere alla luce dei principi e criteri testualmente indicati dal comma 2 dello stesso articolo 7 - consiste nella riconduzione ad unità organica del materiale normativo sparso, in modo tale da armonizzare tra loro gli istituti variamente introdotti e disciplinanti l’assetto dei rapporti nella materia dell’attività edilizia: il risultato è quello della loro disposizione in un sistema unitario ed omogeneo, dove le relazioni tra gli istituti e i provvedimenti che caratterizzano i rapporti amministrativi sono definite essenzialmente con riguardo all’oggetto che, di volta in volta, trattano.

Come meglio si vedrà (v. infra, par. 5), un’applicazione di particolare momento di questo riordino sostanziale, indotto dalla semplificazione procedimentale, consiste nella riconduzione degli atti di assenso all’attività edilizia a due soli titoli abilitanti, la concessione e la denuncia di inizio attività.

4. - Il riordino normativo: i titoli abilitativi

Per la gran parte delle disposizioni di ordine sostanziale, il Testo unico si è limitato ad operare un mero coordinamento formale delle disposizioni legislative in materia edilizia, riproducendone il contenuto ed apportando le sole modificazioni necessarie ad evitare contraddizioni o ripetizioni e disporre le stesse secondo un disegno di consequenzialità logica.

L’aspetto più innovativo riguarda la riduzione dei titoli abilitativi a due soltanto: la concessione edilizia e la denuncia di inizio attività, con conseguente superamento dell’autorizzazione.

Quest’opera di riordino e di semplificazione tiene conto del punto di arrivo dell’evoluzione legislativa: il sistema vigente, alla luce delle tante modifiche succedutesi nel tempo, induce a una summa divisio tra gli interventi rilevanti sotto il profilo urbanistico ed edilizio, per i quali è necessario un controllo preventivo da parte dell’amministrazione comunale, e gli interventi edilizi minori per i quali un tale controllo preventivo non risulta necessario.

Il precedente e frammentario sistema si era nel tempo caratterizzato per il progressivo abbandono dell’originariamente esclusiva concessione edilizia, prevista dall’art. 1 della legge n. 10 del 1977, per ogni attività comportante trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio.

Già a partire dall’anno successivo alcune ipotesi di interventi edilizi sono state subordinate ad autorizzazione, cioè a un titolo più leggero perché gratuito, privo di sostegno penale e a formazione anche implicita (v. art. 48 della legge n. 457 del 1978, con riferimento agli interventi di manutenzione straordinaria; art. 7 della legge 23 marzo 1982, n. 94, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 23 gennaio 1982, n. 9, relativamente agli interventi di risamento conservativo e di restauro).

Nella medesima linea di tendenza si è inserita la legge 28 febbraio 1985, n. 47 che, oltre ad accelerare le procedure di pianificazione urbanistica infraregionali e comunali, ha previsto l’assoggettabilità a mera autorizzazione dei mutamenti di destinazione d’uso meramente funzionali. Facendo passi ulteriori nella direzione della liberalizzazione, il legislatore ha previsto che una serie sempre più ampia di opere edilizie minori potesse essere realizzata senza il previo rilascio di un provvedimento: con l’articolo 26 della legge n. 47 del 1985 ha sottoposto a semplice asseverazione di conformità la realizzazione di opere definite "interne" agli edifici, perché non incidenti sul prospetto, sulla sagoma, sulla superficie e non comportanti un aumento del numero di unità immobiliari. Nel quadro della tendenza ad attenuare i controlli pubblici per le opere di mero rilievo edilizio è anche la previsione dell’art. 15 della stessa legge n. 47 ("varianti in corso d’opera"), la cui norma sostanzialmente "liberalizza" da controlli preventivi e da sanzioni per eventuali abusi quelle varianti in corso d’opera equivalenti nella funzione alle opere interne.

Infine, con una serie di decreti legge non convertiti, a conclusione della cui vicenda fu adottata la legge 23 dicembre 1996, n. 662 (art. 2, comma 60), parte rilevante degli interventi edilizi è stata assoggettata alla disciplina della c.d. denuncia di inizio dei lavori (questo articolo, aggiunto all’articolo 4, comma 7, lett. a) del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 398, convertito dalla legge 4 dicembre 1993, n. 493, è stato successivamente modificato dall’articolo 10, comma 6 bis, del decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669, convertito dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30 e dall'articolo 11, comma 1 e 2, del decreto-legge 25 marzo 1997, n. 67, convertito dalla legge 23 maggio 1997, n. 135).

Il quadro di risulta, ad oggi, è dunque quello di una varietà di atti legittimanti, ciascuno dei quali costituente titolo per una o più tipologie specifiche di intervento edilizio.

Di fronte a tale situazione, l’elaborazione del Testo unico, con la riconduzione a sistema imposta dal riordino sostanziale, ha condotto a circoscrivere a due i titoli legittimanti, in ragione del tipo di intervento, e ad assorbire in essi ciò che rimaneva degli altri: la concessione edilizia e la denuncia di inizio attività. A tal fine sono stati anzitutto individuati gli interventi che realizzano una trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio, da sottoporre perciò al previo rilascio della concessione edilizia; per gli interventi edilizi minori, che una tale trasformazione non comportano, il titolo legittimante è stato invece individuato nella denuncia di inizio attività. Il passaggio dall’una all’altra categoria giuridica di titolo è dunque dettato dal passaggio dall’una all’altra categoria fattuale di intervento.

4. a. Concessione edilizia (art. 10 L)

L’articolo 10, comma 1, del Testo unico definisce in positivo le categorie di intervento che comportano una trasformazione insieme urbanistica ed edilizia. A questa esplicitazione si è arrivati procedendo a contrariis rispetto alle categorie di interventi che il legislatore ha via via escluso dall’ambito di applicazione della concessione edilizia, presumendone la inidoneità a raggiungere la soglia di rilevanza ai fini dell’apprezzabilità della trasformazione urbanistica ed edilizia.

L’elenco contenuto all’articolo 10 individua dunque tali ipotesi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio negli interventi di seguito indicati:

· interventi di nuova costruzione;

· interventi di totale demolizione con ricostruzione;

· interventi di ristrutturazione urbanistica;

· interventi di ristrutturazione edilizia con sostanziale modifica dell’esistente, individuati in negativo rispetto alle ipotesi sottoposte oggi a denuncia di inizio attività (interventi che comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, dei prospetti o delle superfici);

· mutamenti di destinazione d’uso realizzati mediante interventi edilizi, individuati in negativo rispetto alle ipotesi sottoposte oggi a denuncia di inizio attività (mutamenti connessi ad interventi di ristrutturazione edilizia, nonché, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, i mutamenti di destinazione d’uso realizzati con opere edilizie).

L’indicazione contenuta al comma 1 dell’articolo 10 non costituisce tuttavia un elenco chiuso: il secondo comma dello stesso articolo attribuisce infatti alle regioni il potere di sottoporre al regime concessorio, "in relazione all’incidenza sul territorio e sul carico urbanistico", ulteriori categorie di interventi. In considerazione dei limiti costituzionali posti alla potestà legislativa regionale viene però espressamente escluso che le fattispecie abusive rispetto a queste ulteriori categorie di interventi possano avere rilievo penale.

Un altro elemento di flessibilità è stato introdotto valorizzando l’autonomia degli enti locali, ai quali viene attribuito il potere di definire, in sede di pianificazione urbanistica, "in relazione alla zonizzazione e al pregio ambientale e paesaggistico delle aree" le ipotesi in cui gli interventi pertinenziali non sono da qualificarsi nuova costruzione, con la conseguente sottrazione al regime concessorio. Questa previsione consente di graduare il controllo sull’attività edilizia del privato in relazione alla effettiva specificità del tessuto urbanistico ed ambientale.

4. b. Denuncia di inizio attività in materia edilizia (art. 22 L).

Gli interventi edilizi realizzabili mediante denuncia di inizio di attività sono invece individuati in via residuale rispetto alle categorie espressamente sottoposte a concessione edilizia (eventualmente integrate dalle ulteriori ipotesi individuate dalle singole regioni): l’esplicitazione degli interventi che comportano trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio rende inutile l’elenco degli interventi edilizi minori (contenuto nell’articolo 4 del D.L. 5 ottobre 1993, n. 398, conv. nella legge n. 493 del 1993, nel testo risultante dalle modifiche apportate dal ricordato art. 2, comma 60, della legge n. 662 del 1996 e successive modificazioni).

Gli stessi motivi consentono inoltre di ricondurre nell’ambito di questa categoria di interventi anche quelli previsti dall’art. 26 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 concernente le opere interne, norma della cui avvenuta abrogazione, ad opera delle richiamate disposizioni della legge n. 662 del 1985, da taluno addirittura si dubita.

Per altro verso, nell’ambito della stessa categoria sono stati ricompresi, sempre sotto il profilo della inidoneità a configurare una effettiva trasformazione al contempo urbanistica ed edilizia, anche gli interventi residui che il sistema vigente ancora sottopone ad autorizzazione: si tratta ormai di poche ipotesi (tenuto conto delle progressive "sottrazioni" effettuate con l’introduzione della denuncia di inizio attività) sostanzialmente riconducibili alle opere pertinenziali, alle occupazioni di suolo mediante deposito di materiale, alle demolizioni e agli scavi e reinterri non riguardanati la coltivazione di cave e torbiere (art. 7, comma 2, lett. a, b e c, del D.L. n. 9 del 1982).

Quanto alle pertinenze, come si è visto, si è ritenuto di attribuire alla discrezionalità degli enti competenti alla pianificazione del territorio l’individuazione dei casi in cui, in relazione alle destinazioni di zona e al pregio ambientale dell’area, la realizzazione di un intervento pertinenziale vada qualificato come nuova costruzione e quindi sottoposto a concessione e dei casi in cui, al contrario, un tale intervento possa essere realizzato mediante denuncia di inizio attività.

Per quanto riguarda le demolizioni, si è espressamente prevista la sottoposizione al regime concessorio degli interventi di demolizione con ricostruzione, ben potendo quelli senza ricostruzione – ove non espressamente vietati dagli strumenti urbanistici e, in genere, dalla normativa urbanistico-edilizia – essere realizzati mediante semplice denuncia di inizio attività.

Lo stesso vale per le altre ipotesi (occupazioni di suolo, scavi e reinterri): si tratta di interventi, del tutto privi di contenuto edilizio, che – ove non espressamente vietati dagli strumenti urbanistici e, in genere, dalla normativa urbanistico-edilizia –possono essere ricondotti nell’ambito degli interventi realizzabili mediante denuncia di inizio attività. E’ in ogni caso da rilevare che la disciplina di quest’ultimo tipo di interventi ha la sua sede più congrua nell’ambito di normative e strumenti di settore, a specifica tutela del territorio e dell’ambiente.

Non va dimenticato, d’altra parte, che la residua autorizzazione edilizia non costituisce, da un punto di vista sostanziale, un titolo di natura intrinsecamente diversa rispetto a quelli oggetto della progressiva liberalizzazione compiuta prima con il passaggio al silenzio-assenso, poi con il passaggio alla denuncia di inizio di attività. L’elemento a tutti comune è infatti quello del collocarsi al di sotto della soglia di "trasformazione urbanistica ed edilizia". Al tempo stesso, la progressione verso la semplificazione che è all’origine dell’autorizzazione non giustifica più un regime procedimentale residuale e differenziato per interventi che sono anche di minore impatto rispetto a quelli già assoggettati alla sola denuncia di inizio di attività. . Pertanto, a questi residui procedimenti di autorizzazione può ritenersi applicabile uno dei criteri e principi ai quali, secondo quanto stabilito dall’articolo 20, comma 5, della legge n. 59 del 1997, devono conformarsi i regolamenti di semplificazione: la lettera g) quinquies di tale disposizione (introdotta dall’articolo 1 della legge 16 giugno 1998, n. 191), consente infatti la "soppressione dei procedimenti che derogano alla normativa procedimentale di carattere generale, qualora non sussistano più le ragioni che giustifichino una difforme disciplina settoriale".

Per quanto riguarda gli aspetti procedurali, il Testo unico si limita a riprodurre la disciplina vigente, richiamando i principi generali stabiliti dall’articolo 19 della legge n. 241 del 1990 con riferimento all’attività di verifica che compete all’amministrazione in caso di attività sottoposta a denuncia.

Da ultimo, quanto al problema della gratuità o meno della denuncia di inizio attività, è da ricordare che la disciplina vigente non affronta espressamente la questione, limitandosi a disporre che "l’esecuzione delle opere per cui si esercitata la facoltà di denuncia di attività . . . è subordinata alla medesima disciplina definita dalle norme nazionali e regionali vigenti per le corrispondenti opere eseguite su rilascio di concessione edilizia". Una tale formulazione ha dato luogo a due distinte linee interpretative, l’una nel senso della gratuità, l’altra nel senso dell’onerosità della denuncia. Con il Testo unico si è preferito risolvere l’ambiguità della disposizione demandando all’autonomia comunale la scelta tra le due soluzioni, prevedendo comunque che, in assenza di specifica deliberazione del comune, l’intervento edilizio deve intendersi non assoggettato ad oneri.

5. - La semplificazione procedimentale ed organizzativa

Nel rinviare all’articolo 20 della legge n. 59 del 1997, l’articolo 7, comma 2, lett. a), della legge n. 50 del 1999, come modificato dall’art. 1, comma 6, lett. e) della legge n. 340 del 2000, afferma che i testi unici si attengono al criterio della delegificazione e della semplificazione procedimentale. Pertanto – come si è detto - per ciò che riguarda il tipo di fonte che disciplina i procedimenti in materia edilizia, questo Testo unico trasforma in regolamentari alcune norme prima legislative, nell’obiettivo di ridurre le fasi e i tempi procedimentali.

Dal punto di vista della stretta semplificazione, sia procedimentale che organizzativa, i ricordati criteri di cui all’articolo 20 della legge n. 59 del 1997 sono così riassumibili.

Ø semplificazione dei procedimenti amministrativi, e di quelli che agli stessi risultano strettamente connessi o strumentali;

Ø riduzione delle amministrazioni intervenienti nello stesso procedimento;

Ø riduzione, a tali fini, delle competenze con accorpamento delle funzioni per settori omogenei;

Ø costituzione di centri interservizi in cui raggruppare competenze diverse ma confluenti in un’unica procedura;

Ø riduzione del numero di procedimenti amministrativi anche mediante l’unificazione dei procedimenti che concernono la stessa attività;

Ø soppressione dei procedimenti che derogano alla normativa procedimentale di carattere generale, qualora non sussistano più le ragioni che giustifichino una difforme disciplina settoriale.

In attuazione di questi criteri, gli aspetti innovativi di maggiore rilievo, per ciò che attiene alla semplificazione procedimentale, sono i seguenti:

a) istituzione dello sportello unico dell’edilizia, modellato su quello per le attività produttive previsto dal d.P.R. 20 ottobre 1998, n. 447. A questo sportello il cittadino fa capo per le iniziative e le informazioni in materia edilizia; esso costituisce la struttura di raccordo operativo tra le amministrazioni e gli organi chiamati ad esprimersi nel corso del procedimento, con conseguente notevole semplificazione per l’interessato, che sarà sollevato dall’onere di presentare domande distinte e di "rincorrere" gli uffici interessati (v. infra, par. 5.a);

b) snellimento della procedura per il rilascio della concessione edilizia, attraverso l’eliminazione dell’obbligatorietà del parere della commissione edilizia (la cui sopravvivenza è peraltro rimessa all’autonoma scelta dei Comuni e l’introduzione, seppure con alcuni limiti, della autocertificazione in sostituzione del parere dell’azienda sanitaria locale (v. infra par. 5. b)

c) potenziamento del ruolo della conferenza di servizi, momento fisiologico e non più tappa eventuale ai fini dell’acquisizione degli assensi necessari per la definizione del procedimento (v. infra par. 5.b);

d) previsione di forme di collaborazione e consultazione tra amministrazione ed istante allo scopo di evitare pronunciamenti negativi laddove il progetto sia assentibile subordinatamente all’accettazione di modifiche di modesta entità (v. infra par. 5.b);

e) razionalizzazione della tempistica procedimentale con riguardo all’azione comunale ed all’intervento sostitutivo della Regione (v. infra par. 5.b);

f) eliminazione di aggravi procedimentali in caso di immobili sottoposti a tutela (v. infra par. 5.b);

g) snellimento della procedura per il rilascio del certificato di agibilità (v. infra par. 5.c).

Per quanto attiene invece al profilo organizzativo, la varietà e la disomogeneità delle realtà locali richiedono che sia rimessa all’autonomia normativa del Comune, singolarmente o in forma associata, la puntuale definizione dell’assetto organizzativo per meglio rispondere alle esigenze e alle possibilità del singolo ente.

Ciascun Comune potrà pertanto autonomamente definire l’assetto organizzativo dello sportello, così come quello degli uffici e delle strutture interne destinate a coadiuvare lo sportello unico in sede procedimentale. In quest’ottica va letta l’eliminazione dell’obbligatorietà del parere della Commissione edilizia e la previsione del potere del Comune di individuare altre istanze consultive.

5.a - Sportello unico per l’edilizia (art. 4 R)

Viene istituito lo sportello unico per l’edilizia, con l’obiettivo di offrire agli utenti un unico referente con il quale interloquire. Questo ufficio è deputato alla ricezione delle domande dei privati; funge da elemento di raccordo, punto di riferimento nella fase istruttoria e momento di coordinamento nei rapporti sia tra amministrazione e richiedente, sia tra le amministrazioni interessate, segnatamente attraverso lo strumento della conferenza di servizi; è infine l’interlocutore cui l’interessato si rivolge per ottenere certificazioni ed ogni altro documento in materia edilizia e urbanistica.

Lo sportello cura dunque i rapporti con i soggetti interessati alla realizzazione di interventi edilizi, con i cittadini in genere e con le altre amministrazioni chiamate ad interloquire con il Comune con riferimento a procedimenti connessi o presupposti (lett. e).

Questa struttura assolve infatti ad una fondamentale funzione informativa per il cittadino, che ad essa potrà rivolgersi per ricevere documentazione e chiarimenti in materia di edilizia e urbanistica (lett. b): tale ufficio è chiamato infatti a rilasciare certificazioni attestanti le prescrizioni normative e le determinazioni provvedimentali a carattere urbanistico, paesaggistico-ambientale, edilizio e di qualsiasi altro tipo, comunque rilevanti ai fini degli interventi di trasformazione edilizia del territorio (lett. d).

Con riguardo invece ai soggetti interessati alla realizzazione di interventi edilizi, lo sportello riceve le istanze (lett. a); comunica le decisioni, se del caso sollecita le integrazioni documentali (cfr. commi 4 e 5 dell’articolo sul procedimento). Ancora, lo sportello unico ha competenze sulle domande di accesso ai documenti amministrativi in conformità alle norme statutarie ed in ossequio alla disciplina generale dettata dagli artt. 22 ss. della legge 7 agosto 1990, n. 241 (lett. c).

In relazione a tali rilevanti compiti di impulso, di sollecitazione e di coordinamento è senza dubbio auspicabile che i Comuni, adeguando le norme statutarie e regolamentari, regolino i rapporti tra lo sportello e i singoli uffici comunali, nonché tra lo sportello e gli altri uffici (compresi vigili del fuoco e azienda sanitaria locale) cui spetta il rilascio di pareri ed l’effettuazione di verifiche endoprocedimentali.

5 b. Procedimento per il rilascio della concessione edilizia (art. 20 R).

Lo schema base del procedimento muove dall’art. 4 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 398 convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 493, e successive modificazioni.

L’intervento di semplificazione, da raccordare con l’introduzione dello sportello unico, si traduce nella razionalizzazione dei passaggi procedimentali e nella eliminazione di quelli non necessari.

Novità fondamentale, in questo senso, è il superamento dell’obbligatorietà del parere della Commissione edilizia.

La scelta di consentire l’eliminazione di questo segmento procedimentale costituisce applicazione della generale tendenza, avviata dalla legge n. 241 del 1990 e proseguita con il d.P.R. n. 608 del 1994, volta al ridimensionamento del ruolo degli organi consultivi, che non di rado costituiscono fattori di rallentamento dell’azione amministrativa. In particolare, il d.P.R. n. 608 del 1994 ("Regolamento sul riordino degli organi collegiali dello Stato"), ha disposto la soppressione di numerosi comitati ed organi plurisoggettivi, fra i quali molti aventi funzioni consultive.

In applicazione di questa tendenza alla riduzione del perimetro dell’attività consultiva, la legge finanziaria 27 dicembre 1997, n. 449, ha dato corso ad una ampia delegificazione, attribuendo agli organi di direzione politica il compito di selezionare periodicamente gli organi le cui funzioni sono indispensabili. Stabilisce infatti l’l’art. 41 di tale legge che: "Al fine di conseguire risparmi di spesa e recuperi nei tempi del procedimenti amministrativi, l’organo di direzione politica responsabile […] individua i comitati, le commissioni i consigli ed ogni altro organo collegiale ritenuto indispensabile per la realizzazione dei fini istituzionali dell’amministrazione o dell’ente interessato. Gli organismi non identificati come indispensabili sono soppressi a decorrere dal mese successivo all’emanazione del procedimento. […]".

La norma si prefigge di realizzare un monitoraggio periodico dell’impatto che l’operatività di collegi e commissioni comporta sull’attività degli enti, sia in termini di aggravio procedurale che di risorse impegnate e risultati conseguiti.

In linea con le ricordate coordinate normative si pone la scelta compiuta dal Testo unico di rimettere alla valutazione del Comune la decisione se mantenere la Commissione edilizia ovvero affidarne le funzioni ad uffici tecnici comunali.

Altro intervento rilevante nell’ambito della semplificazione del procedimento di rilascio della concessione edilizia è quello della sostituzione del parere dell’Azienda sanitaria locale con un’autodichiarazione circa la conformità del progetto alle norme igienico-sanitarie. Questa semplificazione non opera nel caso in cui il progetto riguardi un intervento di edilizia non residenziale, nonché - nel rispetto dei principi generali sul procedimento amministrativo - nel caso in cui la verifica in ordine alla conformità a tali norme richieda valutazioni tecnico-discrezionali (art. 20 R, comma 1).

Le ulteriori modifiche sono sintetizzabili nei termini che seguono:

Ø si prevede che la comunicazione del nominativo del responsabile del procedimento a cura del Comune venga effettuata entro 10 giorni dalla domanda: si corregge così la disciplina del comma 1 dell’art. 4 del decreto-legge n. 398 del 1993, che sembrava alludere ad un’improbabile contestualità tra presentazione della domanda e comunicazione del nominativo (comma 2 dell’art. 20 R);

Ø si esplicita il ruolo di raccordo, per quanto riguarda lo svolgimento della procedura, assegnato allo sportello ai fini dell’acquisizione, da parte del Comune, dei prescritti pareri degli uffici competenti (comma 3 dell’art. 20 R);

Ø si prevede, in conformità al generale principio di collaborazione tra cittadino e pubblica amministrazione, che il responsabile del procedimento sottoponga all’attenzione dell’interessato, attraverso comunicazione o convocazione, le modifiche di modesta entità del progetto necessarie ai fini del rilascio della concessione (comma 4 dell’art. 20 R);

Ø si prevede – in applicazione delle recenti modifiche apportate all’istituto della conferenza di servizi dalla recente legge di semplificazione n. 340 del 2000 - che il responsabile del procedimento indica una conferenza in tutti i casi in cui sia necessario acquisire atti di assenso di altre amministrazioni (diversi dal parere dell’ASL e dal parere dei vigili del fuoco, ove necessari) (comma 6 dell’art. 20 R);

Ø si adegua il procedimento, sotto il profilo delle competenze, a quanto stabilito dagli articoli 107 e 109 del decreto legislativo n. 267 del 2000, attribuendo ai dirigenti il compito di adottare i provvedimenti anche discrezionali in materia edilizia (comma 7 dell’art. 20 R);

Ø si stabilisce che il raddoppio del termine per la conclusione del procedimento – già previsto per i Comuni con più di 100.000 abitanti – valga anche nell’ipotesi di progetti particolarmente complessi (comma 8 dell’art. 20 R);

Ø si prevede che, in caso di inerzia sulla domanda di concessione, la diffida ad adempiere venga comunicata al sindaco: si tratta di un adempimento necessario per consentire all’amministrazione comunale di assumere le iniziative volte ad evitare l’intervento sostitutivo e, in ogni caso, ad assumere i provvedimenti conseguenti alla violazione dell’obbligo di tempestiva definizione (comma 9 dell’art. 20 R);

Ø si adegua il termine per l’adozione del provvedimento in via sostitutiva a quello previsto per l’adozione del provvedimento in via ordinaria, non essendovi ragione di assegnare al commissario ad acta un termine inferiore a quello assegnato al responsabile del procedimento (comma 10 dell’art. 20 R);

Ø si chiarisce, infine, in conformità ad un pressoché univoco orientamento giurisprudenziale, che la facoltà di attivare il potere sostitutivo della regione si aggiunge, senza sostituirla, alla facoltà alternativa di impugnare in sede giurisdizionale il silenzio-rifiuto formatosi per effetto dell’inosservanza dei termini da parte dell’amministrazione comunale.

5.c - Eliminazione di aggravi procedimentali in caso di immobili sottoposti a tutela (artt. 22 L, comma 2 e 23 R, comma 3).

Il Testo unico estende alla generalità dei vincoli di tutela storica o paesaggistico-ambientale il principio - già esplicitato dall’art. 36 del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490 (Testo unico in materia di beni culturali e ambientali) con riferimento al vincolo storico-artistico - secondo cui la circostanza che l’immobile oggetto dell’intervento edilizio sia sottoposto a tutela non comporta alcun aggravio del procedimento: in effetti, pressoché tutte le disposizioni che hanno via via introdotto semplificazioni procedimentali in materia edilizia ne hanno escluso l’applicabilità ove l’intervento edilizio riguardasse un immobile sottoposto a tutela storico-artistica o paesaggistico-ambientale (v. i richiamati articoli 48 della legge n. 457 del 1978; 7 del D.L. n. 9 del 1982; 26 della legge n. 47 del 1985; 4, comma 8, del D.L. n. 398 del 1993).

Con la disposizione contenuta nel comma 2 dell’articolo 22 si chiarisce che la sottoposizione a tutela dell’immobile interessato dall’intervento edilizio non comporta alcuna modifica sotto il profilo procedimentale: infatti, una volta che l’autorità preposta alla cura del vincolo si sia previamente e favorevolmente pronunciata rispetto all’intervento progettato, viene meno la ragion d’essere della deroga alla liberalizzazione del procedimento. D’altra parte, se una tale favorevole pronunzia difetta, la primazia di quell’interesse resta un insuperabile ostacolo alla stessa abilitazione edilizia.

In questo senso l’articolo 22 L, comma 2, condiziona la possibilità di eseguire gli interventi su tali immobili al preventivo rilascio dell’atto abilitativo richiesto dagli ordinamenti in base ai quali è imposto il vincolo: una volta emanato questo atto, si potrà procedere con la denuncia di inizio di attività.

Ad ulteriore corollario di questo principio, nell’ambito della disciplina della denuncia di inizio attività (articolo 23 R), è stata inserita una disposizione per evitare che la realizzazione di interventi mediante denuncia di inizio attività, su immobili la cui tutela è affidata alla stessa amministrazione comunale, comporti un doppio onere per gli interessati (la presentazione del progetto ai fini del nulla-osta e la presentazione della denuncia): il comma 3 dell’articolo 23 R stabilisce che, in tali casi, l’interessato sia tenuto alla sola presentazione denuncia i cui effetti restano però sospesi in attesa che l’amministrazione si pronunci sulla compatibilità del progetto con il vincolo. Con la stessa disposizione si prevede inoltre che, in caso di pronuncia negativa in ordine a tale compatibilità, la denuncia sia priva di effetti.

5.d - Procedimento per il rilascio del certificato di agibilità (art. 26 R).

Contestualmente alla semplificazione del procedimento per il rilascio della concessione edilizia, si è provveduto a semplificare anche il procedimento per il rilascio del certificato di agibilità sulla base di quanto è previsto dall’art. 20 della legge n. 59 del 1997, allegato 1, n. 112 quinquies. La normativa principale su cui si è intervenuti è quella del d.P.R. 22 aprile 1994, n. 425, espressamente abrogato dal Testo unico.

In via preliminare, facendo uso del potere di semplificazione del linguaggio normativo di cui si è detto (v. par. 2), è stata apportata una modifica di tipo terminologico: sono stati ricondotti ad unità i termini "agibilità-abitabilità", fonte di confusione perché usati spesso indifferentemente dal legislatore nel corso degli anni. In effetti, nel linguaggio normativo, il termine licenza di "abitabilità" è stato inizialmente utilizzato in relazione ad immobili ad uso abitativo, mentre il termine licenza di "agibilità" è stato riferito ad immobili non residenziali. In un secondo tempo, il legislatore ha operato una diversa distinzione, considerando riconducibile all’ "agibilità" la disciplina generale relativa alla stabilità e alla sicurezza dell’immobile, e all’ "abitabilità" la disciplina speciale dei requisiti dell’immobile rispetto a specifiche destinazioni d’uso. Nello schema di Testo unico si è, pertanto, provveduto ad eliminare il duplice riferimento terminologico attualmente presente nella legislazione di settore, optando per il più ampio termine "agibilità".

Inoltre, il concetto di agibilità è stato aggiornato per ricomprendere tutti i controlli e le verifiche, attinenti alla sicurezza dell’immobile, introdotte negli anni dal legislatore. Per operare un tale riordino, si è così fatto ricorso al concetto di sicurezza in senso ampio (in quanto attinente non solo all’igiene e alla salubrità dell’edificio e degli impianti in esso installati, ma anche alle condizioni qualitative dell’edificio, nonché alla statica dello stesso valutata alla luce di indagini anche a carattere geognostico), similmente a quanto già previsto nei regolamenti edilizi delle maggiori città, recentemente approvati.

Sotto il profilo delle competenze, in conformità a quanto stabilito dagli articoli 107 e 109 del decreto legislativo n. 267 del 2000, si precisato che il certificato di agibilità viene rilasciato dal dirigente o dal responsabile del competente ufficio comunale e non più dal sindaco.

Per quanto riguarda gli aspetti procedimentali, oltre agli adempimenti e alle verifiche di ordine sanitario, urbanistico-edilizio, statico e catastale (già ricompresi in un unico procedimento dal D.P.R. n. 425 del 1994), nel nuovo procedimento per il rilascio del certificato di agibilità sono stati inseriti anche gli adempimenti e le verifiche relativi alla sicurezza degli impianti (di cui alla legge n. 46 del 1990, ora trasfusa nel capo IV della parte II del testo unico), nonché quelli relativi all’isolamento termico (di cui al titolo II della legge n. 10 del 1991, ora trasfuso nel capo V della parte II del testo unico).

La prima misura semplificatrice del procedimento di agibilità è data dalla previsione dello sportello unico quale unico interlocutore tra l’amministrazione e il richiedente l’agibilità (ivi compresi il direttore dei lavori e il collaudatore). Lo sportello provvederà anche in questo caso, come già nel procedimento per il rilascio della concessione edilizia, a curare non solo i rapporti con l’interessato, ma anche le relazioni con i cittadini, con gli altri uffici comunali competenti e con le diverse amministrazioni normativamente chiamate ad interloquire con il Comune con riferimento a procedimenti connessi o presupposti (catasto, ufficio tecnico regionale per le opere costruite in zone sismiche).

Il procedimento per il rilascio dell’agibilità viene semplificato già nella fase del collaudo statico, eseguibile con la copertura dell’edificio (si veda l’articolo 55).

Si prevede che, ultimati i lavori di finitura dell’immobile, il direttore dei lavori entro 15 giorni (e non più entro trenta giorni dall’installazione degli infissi) possa presentare direttamente allo sportello unico, insieme alla richiesta di iscrizione dell’immobile al catasto, la richiesta di rilascio del certificato di agibilità sottoscritta dal proprietario dell’immobile, la propria dichiarazione di conformità dell’opera alle prescrizioni urbanistico-edilizie e igienico-sanitarie, nonché la dichiarazione di conformità o il certificato di collaudo, ove previsto, degli impianti installati (cfr. comma 1, dell’articolo 26).

Il procedimento fissa in trenta giorni il termine assegnato al dirigente, o al responsabile del competente ufficio comunale, per provvedere sull’istanza: il certificato di agibilità viene rilasciato sulla base della documentazione di cui al comma 3 (oltre alla documentazione già allegata all’istanza, anche il certificato di collaudo statico, il certificato del competente ufficio tecnico regionale per le costruzioni in zone sismiche e la dichiarazione di conformità delle opere realizzate alla disposizioni in materia di accessibilità e superamento delle barriere architettoniche) e previa eventuale ispezione dell’edificio.

In caso di mancata pronuncia sull’istanza, si prevede che l’agibilità possa venire a formazione anche per silenzio-assenso: il termine per la formazione tacita del provvedimento (già previsto in 45 giorni dall’articolo 4 del D.P.R. n. 425 del 1994) è stato stabilito in 30 giorni nel caso sia intervenuto il parere espresso dell’Azienda sanitaria locale circa la conformità dell’intervento edilizio alle prescrizioni igienico-sanitarie ai sensi dell’articolo 4, comma 3, lettera a. Un più lungo termine – 60 giorni – è previsto invece per la formazione del titolo tacito nel caso in cui tale parere, secondo quanto consentito dalla stessa disposizione, sia stato sostituito da un’autocertificazione (cfr. comma 4 dell’articolo 26).

Al fine di rendere certi i tempi procedimentali previsti per il rilascio del certificato di agibilità, è stato specificato che la richiesta di documenti integrativi della domanda presentata (da cui consegue l’interruzione dei termini per il rilascio del certificato di agibilità), anziché essere semplicemente "tempestiva" (cfr. comma 4, dell’articolo 4 del D.P.R. n. 425 del 1994), debba essere avanzata dall’amministrazione comunale entro 15 giorni dalla ricezione della domanda stessa.

 

6. - normativa tecnica per l’attività edilizia –

Nella parte seconda del testo unico, sono state riprodotte leggi che recano la normativa tecnica afferente alla materia edilizia (legge………….) senza tuttavia disporne la contestuale abrogazione in quanto l’ambito di applicazione delle stesse è più ampio dell’ambito di applicazione della prima parte del testo unico.

 

Questa soluzione è stata preferita alle seguenti altre due.

Una prima diversa soluzione sarebbe quella di inserire le leggi riguardanti la normativa tecnica per l’edilizia tra le norme oggetto di abrogazione. In questo caso, peraltro, tali norme, pur restando in vigore in virtù del loro inserimento nel testo unico, verrebbero compresse nella sede del testo unico pur disciplinando fattispecie esulanti dallo stesso (ad esempio, costruzione di dighe e ponti).

La seconda soluzione consiste nel semplice rinvio nel testo unico alle leggi in questione. Tale soluzione, tuttavia, farebbe perdere i caratteri di organicità ed esaustività della disciplina, che sono tipiche dello strumento del testo unico.

 

7. ANALISI DEL TESTO.

Il presente testo unico è suddiviso in due parti.

La Parte I disciplina l’attività edilizia con particolare riferimento ai titoli abilitativi e al certificato di agibilità.

La Parte II riproduce le disposizioni recanti la normativa tecnica dell’attività edilizia, limitatamente all’ambito di applicazione della Parte I, senza tuttavia disporne l’abrogazione in quanto le norme riprodotte hanno un ambito di applicazione più ampio rispetto alla materia oggetto di tale Parte del Testo unico.

Nella Parte I, il Titolo I rubricato Disposizioni generali è costituito da un unico capo.

Il Capo primo, rubricato Attività edilizia, si compone di quattro articoli.

L’articolo 1 (Ambito di applicazione) esplicita che il testo unico raccoglie, coordinandola, la normativa afferente all’attività edilizia e, in particolare, ai titoli abilitativi richiesti per la realizzazione di interventi edilizi (concessione e denuncia di inizio attività), nonché al certificato di agibilità. Il comma 2 chiarisce che, nel quadro delle norme di principio fissate dalla normativa statale, spetta ai Comuni regolare autonomamente l’attività edilizia, nell’ambito dell’autonomia loro riconosciuta dall’articolo 3 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. Il comma 3 specifica che il presente testo unico non incide sulla disciplina speciale riguardante la realizzazione, l’ampliamento, ristrutturazione e riconversione di impianti produttivi di cui agli articoli 24 e 25 del decreto legislativo n. 112 del 1998 e relative norme di attuazione (D.P.R. n. 447 del 1998). Il comma 4 fa espressamente salve le disposizioni in materia di beni culturali e ambientali di cui al decreto legislativo n. 490 del 1999.

L’articolo 2 (Definizioni degli interventi edilizi) riproduce l’articolo 31 della legge 5 agosto 1978, n. 457.

L’articolo 3 (Regolamenti edilizi comunali) riproduce l’articolo 33 della legge 17 agosto 1942, n. 1150. Come specificato con il rinvio all’articolo 1, comma 2, la disposizione recata dall’articolo 33 predetto è stata coordinata con le disposizioni che, a seguito dell’entrata in vigore della Costituzione, riconoscono un’autonomia normativa al Comune (articolo 5 e 128 Cost.), e in particolare con l’articolo 3 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, recante il "Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali". In virtù di tale coordinamento, spetta ai Comuni, nei rispettivi regolamenti edilizi, disciplinare tutti gli aspetti relativi al quomodo dell’attività edilizia.

L’articolo 4, di rango regolamentare, istituisce lo sportello unico per l’edilizia (si veda, al riguardo, il punto 5.a della relazione illustrativa).

Il Titolo II, rubricato Titoli abilitativi è suddiviso in tre capi.

Il Capo I (Disposizioni generali) si compone di cinque articoli.

L’articolo 5 (Concessione e denuncia di inizio attività) enuclea i titoli richiesti per la realizzazione di interventi edilizi.

L’articolo 6 (Attività edilizia libera) richiama gli interventi edilizi che il legislatore ha sottratto al preventivo controllo pubblico. A tal fine: alla lettera a), si riproduce l’articolo 9, lettera c), della legge 28 gennaio 1977, n. 10 (opere di manutenzione ordinaria); alla lettera b), si riproduce l’articolo 7, commi 1 e 2, legge 9 gennaio 1989, n. 13 (esecuzione di interventi di eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati che non comportino la realizzazione di opere interne o non consistano in rampe o ascensori esterni o in manufatti che alterino la sagoma dell’edificio); alla lettera c), si riproduce l’ articolo 7, comma 4, del decreto legge 23 gennaio 1982, n. 9, convertito in legge 25 marzo 1982, n. 94 (opere temporanee per attività di ricerca nel sottosuolo che abbiano carattere geognostico o siano eseguite in aree esterne al centro edificato).

L’articolo 7 (Attività edilizia delle pubbliche amministrazioni) contribuisce a chiarire la portata normativa del testo unico, specificando che esso non si applica all’attività edilizia realizzata dalle pubbliche amministrazioni. In particolare, il comma 1, alla lettera a), rinvia agli accordi di programma di cui all’articolo 34 del decreto legislativo n. 267 del 2000; la lettera b), rinvia al procedimento di localizzazione di opere pubbliche di cui al D.P.R. n. 383 del 1994 e successive modificazioni; la lettera c), secondo periodo, riproduce il comma 16 dell’articolo 4 del d.l. n. 398 del 1993, convertito in legge n. 493 del 1993.

L’articolo 8 (Attività edilizia dei privati su aree demaniali) riproduce il comma terzo dell’articolo 31 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, che per le opere realizzate da privati su aree demaniali impone il rilascio della concessione edilizia da parte del Comune (in aggiunta alla concessione demaniale). Resta fermo quanto previsto dal DPR n. 383 del 1994 (procedimento di accertamento di conformità da parte dello stato, d’intesa con la Regione interessata) in caso, invece, di realizzazione di opere che lo Stato o altri enti pubblici intendano eseguire su aree del demanio statale.

L’articolo 9 (Attività edilizia in assenza di pianificazione urbanistica) al comma 1 coordina la disciplina prevista per i comuni sprovvisti di strumenti urbanistici dall’ottavo comma dell’articolo 4 della legge n. 10 del 1977 (disciplina che, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, è da ritenersi applicabile anche alle zone sottoposte a vincolo di inedificabilità decaduto ai sensi dell’articolo 2 della legge n. 1187 del 1968) con la disciplina introdotta dal quarto comma dell’articolo 27 della legge 5 agosto 1978, n. 457 come modificato dall’art. 14 della legge 17 febbraio 1992, n. 179 (che non viene abrogato).

Il comma 2, riproduce un’estensione contenuta nel richiamato articolo 27 della legge n. 457, prevedendo che la stessa disciplina si applichi anche nelle aree nelle quali non siano stati approvati gli strumenti urbanistici attuativi previsti come condizione per l’edificabilità dell’area.

Il Capo II (Concessione edilizia) è suddiviso in tre sezioni.

La Sezione I (Nozione e caratteristiche) si compone di sette articoli.

L’articolo 10 (Interventi subordinati a concessione edilizia) al comma 1, lettere a), b), c) e d) ed e), individua gli interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia che, ai sensi dell’articolo 1 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, sono sottoposti a concessione edilizia. (si veda sul punto la relazione illustrativa, par. 4 e 4.a).

Il comma 2, attribuisce alle regioni il potere di sottoporre al regime concessorio ulteriori categorie di interventi, con l’espressa esclusione di ogni conseguenza penale in relazione a queste ulteriori fattispecie.

Il comma 3, attribuisce agli enti locali, in sede di pianificazione urbanistica, il potere di definire le ipotesi in cui gli interventi pertinenziali non sono da qualificarsi nuova costruzione, con la conseguente sottrazione al regime concessorio.

All’articolo 11 (Caratteristiche della concessione edilizia) si riproducono, al comma 1, i commi sesto e settimo dell’articolo 4 della legge n. 10 del 1977, integrandoli con il principio dell’onerosità del provvedimento concessorio stabilito all’articolo 3 della legge medesima (riprodotto al comma 1 dell’articolo 16). Il comma 2 riproduce il comma 2, dell’articolo 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, come sostituito dall’articolo 2, comma 37, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, unicamente provvedendo a estendere il principio della non incisione dei diritti dei terzi, già previsto in caso di concessione edilizia in sanatoria, al caso di rilascio di una qualunque concessione edilizia.

L’articolo 12 (Legittimazione a richiedere la concessione) riproduce i commi primo e secondo dell’articolo 4 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, limitatamente alle disposizioni che definiscono chi sia legittimato a richiedere la concessione edilizia. In particolare, a fini di chiarezza, si è più correttamente specificato che la concessione può essere rilasciata a colui che sia proprietario "dell’immobile" e non "dell’area", come previsto dalla norma coordinata. In tal modo, il legittimato a richiedere la concessione non è solo il proprietario dell’area ancora inedificata, ma anche il proprietario di un edificio o di parte di esso. E’ stato, poi, ulteriormente chiarito quali siano gli altri soggetti che possano "(avere) titolo per richiederla". La legittimazione a richiedere il rilascio della concessione spetta, pertanto, in base ai principi civilistici, a colui che rappresenti il proprietario dell’immobile, o sia titolare di un diritto reale di godimento dell’immobile o comunque "ne abbia titolo in base ad atti di disposizione del proprietario del bene".

Al comma 2 è stata meglio formulata la disposizione, invero tautologica, prevista dal secondo comma dell’articolo 4, legge n. 10 del 1977, ai sensi della quale per gli immobili di proprietà dello Stato (ora, con maggior precisione, anche di proprietà "di enti pubblici") la concessione "è data a coloro che siano muniti di titolo, rilasciato dai competenti organi dell’amministrazione, al godimento del bene" (corsivo aggiunto).

L’articolo 13 (Competenza al rilascio della concessione) riproduce, al comma 1, la disposizione sulla competenza a rilasciare la concessione edilizia contenuta nel primo comma dell’articolo 4, legge n. 10 del 1977, sostituendo alla competenza del sindaco quella del dirigente o responsabile del competente ufficio comunale secondo quanto previsto dagli articoli 107 e 109 del decreto legislativo n. 267 del 2000. Il comma 2 richiama la disposizione sull’esercizio da parte della regione dei poteri sostitutivi in caso di mancato rilascio della concessione nei termini prevista dal comma 6 dell’articolo 4 del decreto legge n. 393 del 1998, convertito in legge n. 493 del 1993.

L’articolo 14 (Concessione in deroga agli strumenti urbanistici) riproduce l’articolo 41-quater della legge 17 agosto 1942, n. 1150, introdotto dall’articolo 16 della legge 6 agosto 1967, n. 765, che consente il rilascio di concessioni edificatorie in deroga a disposizioni di piano regolatore o di regolamento edilizio (qui indicati come "strumenti urbanistici generali") esclusivamente per edifici e impianti pubblici o di interesse pubblico, dietro deliberazione del Consiglio comunale (come già previsto dall’articolo 16 della legge n. 765 del 1967, e ribadito dall’articolo 42, comma 2, lett. b), della decreto legislativo n. 267 del 2000).

Il comma 2, richiamando i limiti di densità edilizia, di altezza e di distanza tra fabbricati stabiliti dal D.M. n. 1444 del 1968, precisa i margini entro i quali è consentito il rilascio della deroga.

L’articolo 15 (Efficacia temporale e decadenza della concessione), di rango regolamentare, riproduce, delegificandoli, i commi terzo, quarto e quinto dell’articolo 4, legge 28 gennaio 1977, n. 10, nonché l’articolo 31, undicesimo comma, della legge 17 agosto 1942 n. 1150. Si è provveduto a chiarire, al comma 3, che nel caso l’intervento edilizio sottoposto a concessione non sia ultimato entro il termine stabilito, per la parte non ultimata si potrà ricorrere direttamente a denuncia di inizio attività laddove le opere ancora da realizzare rientrino tra quelle realizzabili mediante denuncia di inizio attività di cui all’articolo 22.

La Sezione II (Contributo concessorio) si compone di quattro articoli.

L’articolo 16 (Contributo per il rilascio della concessione) riproduce, al comma 1, l’articolo 3 della legge n. 10 del 1977, coordinando il principio ivi previsto dell’onerosità della concessione edilizia con il rinvio alle ipotesi di concessione gratuita richiamate dall’articolo 17, comma 3.

Il comma 2 riproduce il primo comma dell’articolo 11 della legge n. 10 del 1977, coordinandolo con l’articolo 47 della legge 5 agosto 1978, n. 457, che ammette la rateizzazione degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria.

Il comma 3 coordina l’articolo 5 della legge n. 10 del 1977, con l’articolo 7, comma 1, della legge 24 dicembre 1993, n. 537.

Il comma 4 riproduce il primo comma dell’articolo 4 della legge 29 settembre 1964, n. 847, e successive modificazioni, provvedendo a chiarire che gli oneri di urbanizzazione non comportano un versamento di somme di denaro, bensì la cessione di parti di suolo al fine di realizzare le opere di urbanizzazione primaria e secondaria. Il comma 5 riproduce il secondo comma dell’articolo 4 della legge 29 settembre 1964, n. 847, e successive modificazioni, con la specificazione che l’elencazione delle opere da considerare ai fini della determinazione degli oneri di urbanizzazione secondaria è solo esemplificativa.

Il comma 6 riproduce i commi primo, quarto e quinto dell’articolo 6 della legge n. 10 del 1977, coordinandoli con l’articolo 7, comma 1, della legge 24 dicembre 1993, n. 537.

Il comma 7 riproduce il comma 2 dell’articolo 61, della legge 23 dicembre 1998, n. 448.

Il comma 8 riproduce il quinto comma dell’articolo 6 della legge n. 10 del 1977.

Il comma 9 riproduce il secondo comma dell’articolo 11 della legge n. 10 del 1977.

L’articolo 17 (Riduzione o esonero dal contributo concessorio), al comma 1, riproduce il primo comma dell’articolo 7 della legge n. 10 del 1977.

Il comma 2 riproduce il comma 1 dell’articolo 9 del decreto legge 23 gennaio 1982, n. 9, convertito in legge 25 marzo 1982, n. 94.

Il comma 3 richiama le ipotesi di concessione gratuita. La lettera a) del presente comma richiama la lettera a) del primo comma dell’articolo 9 della legge n. 10 del 1977. La lettera b) richiama la lettera d) del primo comma, dell’articolo 9 legge n. 10 del 1977. Le lettere c), d) ed e) richiamano, rispettivamente, le lettera e), f) e g) del primo comma, dell’articolo 9, legge n. 10 del 1977. La lettera f) riproduce il primo periodo del comma 1 dell’articolo 26, legge n. 10 del 1991.

Occorre precisare che le lettera b) e c) del primo comma dell’articolo 9 della legge n. 10 del 1977 non sono state richiamate, restando pertanto abrogate, perché gli interventi previsti alla lettera b) ("interventi di restauro, risanamento conservativo e ristrutturazione che non comportino aumento delle superfici utili di calpestio e mutamento della destinazione d’uso") nonché alla lettera c) ("interventi di manutenzione straordinaria") sono stati ricompresi, dall’articolo 2, comma 60, legge 662 del 1996, nell’ambito degli interventi realizzabili mediante denuncia di inizio attività. Il comma 4 del presente articolo riproduce il secondo comma dell’articolo 9 della legge n. 10 del 1977.

L’articolo 18 (Convenzione-tipo) riproduce l’articolo 8 della legge n. 10 del 1977. Va sottolineato che, al comma 3, l’originario termine di 10 anni previsto per la richiesta del concessionario, decorrente dall’entrata in vigore della legge n. 10 del 1977, era stato prorogato di cinque anni, dall'articolo 14, comma 1, del decreto legge 28 dicembre 1987, n. 534, convertito in legge 29 febbraio 1988, n. 47, ma è stato infine soppresso dall'articolo 23, comma 6, della legge 17 febbraio 1992, n. 179.

L’articolo 19 (Contributo concessorio per opere o impianti non destinati alla residenza) riproduce l’articolo 10 della legge n. 10 del 1977.

La Sezione III (Procedimento) si compone di due articoli.

L’articolo 20 (Procedimento per il rilascio della concessione edilizia), di rango regolamentare, delegifica e contestualmente semplifica il procedimento per il rilascio della concessione edilizia definito dall’articolo 4, commi da 1 a 6, del decreto legge 5 ottobre 1993, n. 398, convertito con modificazioni in legge n. 493 del 1993, ora abrogato.

L’articolo 21 (Procedimento per il rilascio della concessione in deroga agli strumenti urbanistici), di rango regolamentare, estende il procedimento semplificato di rilascio della concessione anche al rilascio della concessione edilizia in deroga agli strumenti urbanistici.

Il Capo III disciplina la Denuncia di inizio attività in materia edilizia. Tale capo si compone di due articoli.

All’articolo 22 (Interventi subordinati a denuncia di inizio attività), individua gli interventi realizzabili mediante denuncia di inizio attività in via residuale rispetto all’elenco puntuale di interventi sottoposti a concessione edilizia (si veda, sul punto, la relazione illustrativa, par. 4 e 4.b). Il comma 2, estendendo un principio introdotto dall’articolo 36 del d. lgv. 29 ottobre 1999, n. 490, consente il ricorso alla denuncia anche ad interventi che riguardino immobili vincolati, una volta rilasciato il parere o il nulla-osta richiesto dalla normativa di settore (si veda, sul punto, la relazione illustrativa, par. 5. c).

Il comma 3 riproduce il comma 10, del medesimo articolo, specificando che, in assenza di specifica deliberazione assunta dai competenti organi comunali, l’intervento deve intendersi gratuito.

Il comma 4 consente di chiedere il rilascio di concessione edilizia anche per la realizzazione sottoposti a mera denuncia, con esplicita esclusione di conseguenze di rilievo penale in caso di violazione della disciplina urbanistico-edilizia.

L’articolo 23 (Disciplina della denuncia di inizio attività in materia edilizia), di rango regolamentare, delegifica la disciplina procedimentale della denuncia di inzio attività in materia edilizia. In particolare, il comma 1, riproduce i commi 8-bis e 9 dell’articolo 4 del decreto legge 5 ottobre 1993, n. 398, conv. con modificazioni in legge n. 493 del 1993. Il comma 2 riproduce il primo periodo del comma 11 dell’articolo 4 citato. Il comma 3 stabilisce che, ove l’immobile oggetto di intervento sia sottoposto ad un vincolo la cui tutela spetti all’amministrazione comunale, gli effetti della denuncia sono sospesi fino all’emanazione del provvedimento favorevole (si veda, sul punto, la relazione illustrativa, par. 5. c).

Il comma 4 riproduce il comma 14 del dell’articolo 4 citato. Il comma 5 richiama la disciplina della denuncia di inizio attività di cui all’articolo 19 della legge n. 241 del 1990, e successive modificazioni. Il comma 6 riproduce il comma 15 del citato articolo 4 del decreto legge n. 398 del 1993. Il comma 7 riproduce il secondo periodo del comma 11 dell’articolo 4 del decreto legge citato

Il TITOLO III (Agibilità degli edifici) è composto da un unico capo.

Nel Capo I (Certificato di agibilità), all’articolo 24 (Certificato di agibilità), il comma 1 individua le condizioni rilevanti per l’attestazione dell’agibilità, collegando l’agibilità al concetto di sicurezza in senso ampio (si veda, sul punto, la relazione illustrativa, par. 5. d). Il comma 2, riproduce l’articolo 220 del R.D. 27 luglio 1934, n. 1265.

Il comma 3 riproduce il secondo comma dell’articolo 221 del R.D. 27 luglio 1934, n. 1265, e successive modificazioni. Il comma 4 riproduce il primo comma dell’articolo 52 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 ed il comma 5 riproduce il secondo dell’articolo 52 della medesima legge.

L’articolo 25 (Dichiarazione di inagibilità) rinvia, per la dichiarazione di inagibilità, all’articolo 222 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265.

L’articolo 26 (Procedimento per il rilascio del certificato di agibilità), di rango regolamentare, semplifica il procedimento per il rilascio del certificato di agibilità di cui al D.P.R. 22 aprile 1994, n. 425, e in particolare la disciplina di cui agli articoli 1, 2, 3 e 4 del citato D.P.R, provvedendo a semplificare i collegati procedimenti di collaudo statico (oggetto di specifica semplificazione all’articolo 55) e di iscrizione al catasto. (si veda, sul punto, la relazione illustrativa, par. 5. c).

 

Il Titolo IV (Vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia, responsabilità e sanzioni) è articolato in 3 capi.

Nel Capo I (Vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia e responsabilità) l’articolo 27 (Vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia) riproduce l’articolo 4 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, aggiornando la competenza in capo al dirigente o responsabile del competente ufficio comunale, così come previsto dagli articoli 107 e 109 del decreto legislativo n. 267 del 2000.

L’articolo 28 (Vigilanza su opere di amministrazioni statali) riproduce l’articolo 5 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, aggiornando la competenza all’adozione delle determinazioni ivi previste in capo al dirigente o responsabile del competente ufficio comunale, così come previsto dagli articoli 107 e 109 del decreto legislativo 267del2000.

L’articolo 29 (Responsabilità del titolare della concessione, del committente, del costruttore e del direttore dei lavori, nonché anche del progettista per le opere subordinate a denuncia di inizio attività) riproduce, ai commi 1 e 2, l’articolo 6 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, come modificato dall’articolo 5-bis del decreto legge 23 aprile 1985, n. 146, convertito, con modificazioni, in legge 21 giugno 1985, n. 298, aggiornando la competenza in capo al dirigente o responsabile del competente ufficio comunale, ai sensi degli articoli 107 e 109 del decreto legislativo 267del2000.

Il comma 3, afferente alle opere realizzate dietro presentazione di denuncia di inizio attività, riproduce il comma 12 dell’articolo 4 del decreto legge 5 ottobre 1993, n. 398, convertito con modificazioni dalla legge 4 dicembre 1993, n. 493.

Il Capo II reca le Sanzioni previste, in particolare, dalla legge 28 febbraio 1985, n. 47, in caso di interventi edilizi abusivi.

L’articolo 30 (Interventi eseguiti in assenza di concessione, in totale difformità o con variazioni essenziali) riproduce l’articolo 7 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, come modificato dall’articolo 2 del decreto legge 23 aprile 1985, n. 146, convertito, con modificazioni, in legge 21 giugno 1985, n. 298, aggiornando la competenza in capo al dirigente o responsabile del competente ufficio comunale, ai sensi degli articoli 107 e 109 del decreto legislativo n. 267 del 2000.

L’articolo 31 (Determinazione delle variazioni essenziali) riproduce l’articolo 8 della legge 28 febbraio 1985, n. 47.

L’articolo 32 (Interventi di ristrutturazione edilizia in assenza di concessione o in totale difformità) riproduce l’articolo 9 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, aggiornando la competenza in capo al dirigente o responsabile del competente ufficio comunale, ai sensi degli articoli 107 e 109 del decreto legislativo n. 267 del 2000.

L’articolo 33 (Interventi eseguiti in parziale difformità dalla concessione) riproduce l’articolo 12 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, aggiornando la competenza in capo al dirigente o responsabile del competente ufficio comunale, ai sensi degli articoli 107 e 109 del decreto legislativo n. 267 del 2000.

L’articolo 34 (Interventi abusivi realizzati su suoli di proprietà dello Stato o di enti pubblici) riproduce, ai commi 1 e 2, l’articolo 14 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, aggiornando la competenza in capo al dirigente o responsabile del competente ufficio comunale, ai sensi degli articoli 107 e 109 del decreto legislativo n. 267del 2000.

Il comma 3 fa salve le norme vigenti che riconoscono un potere di autotutela dello stato e degli enti pubblici (ad esempio, l’articolo17-bis del decreto legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito in legge 12 luglio 1991, n. 203) che, data la specificità, rimangono escluse dal testo unico.

L’articolo 35 (Accertamento di conformità) riproduce l’articolo 13 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, aggiornando la competenza in capo al dirigente o responsabile del competente ufficio comunale,

L’articolo 36 (Interventi eseguiti in assenza o in difformità dalla denuncia di inizio attività) riproduce il comma 13 dell’articolo 4 del decreto legge 5 ottobre 1993, n. 398, convertito con modificazioni dalla legge 4 dicembre 1993, n. 493.

L’articolo 37 (Interventi eseguiti in base a concessione annullata) riproduce l’articolo 11 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, aggiornando la competenza in capo al dirigente o responsabile del competente ufficio comunale, ai sensi degli articoli 107 e 109 del decreto legislativo n. 267del 2000.

L’articolo 38 (Annullamento della concessione da parte della Regione) riproduce l’articolo 27 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, come sostituito dall'articolo 7, legge 6 agosto 1967, n. 765. Tale norma è stata coordinata con l’ articolo 1 del D.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8.

All’articolo 39 (Demolizione di opere abusive) i commi 1, 2 e 3 riproducono l’articolo 27 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, aggiornando la competenza in capo al dirigente o responsabile del competente ufficio comunale, ai sensi degli articoli 107 e 109 del decreto legislativo n. 267 del 2000. Il comma 4 riproduce il comma 56 dell’articolo 2 della legge 23 dicembre 1996, n. 662.

L’articolo 40 (Ritardato od omesso versamento del contributo afferente alla concessione) riproduce l’articolo 3 della legge 28 febbraio 1985, n. 47.

L’articolo 41 (Riscossione) riproduce l’articolo 16 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, aggiornando la competenza in capo al dirigente o responsabile del competente ufficio comunale, ai sensi degli articoli 107 e 109 del decreto legislativo n. 267del 2000.

L’articolo 42 (Sanzioni penali) riproduce l’articolo 20 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, come modificato dall’ articolo 3 del decreto legge 23 aprile 1985, n. 146, convertito, con modificazioni, in legge 21 giugno 1985, n. 298.

L’articolo 43 (Lottizzazione abusiva) riproduce l’articolo 18 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, come modificato dagli articolo 1, comma 3-bis, e 7-bis del decreto legge 23 aprile 1985, n. 146, convertito, con modificazioni, in legge 21 giugno 1985, n. 298, aggiornando la competenza in capo al dirigente o responsabile del competente ufficio comunale, ai sensi degli articoli 107 e 109 del decreto legislativo n. 267 del 2000.

L’articolo 44 (Confisca dei terreni) riproduce l’articolo 19 della legge 28 febbraio 1985, n. 47.

L’articolo 45 (Norme relative all'azione penale) riproduce l’articolo 22 della legge 28 febbraio 1985, n. 47.

L’articolo 46 (Nullità degli atti giuridici relativi ad edifici la cui costruzione abusiva sia iniziata dopo il 17 marzo 1985) riproduce l’articolo 17 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, come modificato dall’articolo 8 del decreto legge 23 aprile 1985, n. 146, convertito, con modificazioni, in legge 21 giugno 1985, n. 298.

L’articolo 47 (Sanzioni a carico dei notai) riproduce l’articolo 21 della legge 28 febbraio 1985, n. 47.

L’articolo 48 (Aziende erogatrici di servizi pubblici) riproduce l’articolo 45 della legge 28 febbraio 1985, n. 47.

Il Capo III (Disposizioni fiscali) si compone di 3 articoli.

L’articolo 49 (Disposizioni fiscali) riproduce l’articolo 41-ter della legge 17 agosto 1942, n. 1150.

L’articolo 50 (Agevolazioni tributarie in caso di sanatoria) riproduce l’articolo 46 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e successive modificazioni.

L’articolo 51 (Finanziamenti pubblici e sanatoria) riproduce il comma 50 dell’articolo 2 della legge 23 dicembre 1996, n. 662.

La Parte II (Normativa tecnica per l’edilizia) è articolata in 5 capi.

Il Capo I (Disciplina delle opere di conglomerato cementizio armato, normale e precompresso ed a struttura metallica), che riproduce la legge 5 novembre 1971, n. 1086, si suddivide in quattro sezioni.

La Sezione I disciplina gli adempimenti.

All’articolo 52 (Progettazione, direzione, esecuzione, responsabilità), il comma 1, riproduce i commi primo, secondo e terzo dell’articolo 1 della legge n. 1086 del 1971. Il comma 2, riproduce riproduce il quarto comma dell’articolo 1 della legge medesima. I commi 3, 4 e 5 riproducono l’articolo 2 della legge citata e i commi 6 e 7 riproducono l’articolo 3 della legge citata.

L’articolo 53 (Denuncia dei lavori di realizzazione e relazione a struttura ultimata di opere di conglomerato cementizio armato, normale e precompresso ed a struttura metallica), di rango regolamentare, delegifica gli articoli 4 e 6 della legge 5 novembre 1971, n. 1086, provvedendo a semplificare le procedure per la denuncia dei lavori di realizzazione e relazione a struttura ultimata di opere di conglomerato cementizio armato, normale e precompresso ed a struttura metallica (commi 1, 2, 3, 4 e 5), nonché per la redazione della relazione a struttura ultimata (commi 6, 7, 8 e 9), prevedendo lo sportello unico quale unica interfaccia tra tutte le amministrazioni coinvolte (oltre all’amministrazione comunale, anche il competente ufficio tecnico della regione) e il direttore dei lavori.

L’articolo 54 (Documenti in cantiere) riproduce l’articolo 5 della legge n. 1086 del 1971.

L’articolo 55 (Collaudo statico), al comma 1, riproduce il primo comma dell’articolo 7 della legge n. 1086 del 1971, coordinandolo con l’articolo 3 della legge n. 64 del 1974, sì da chiarire che il collaudo statico, anziché essere collegato al tipo di materiale utilizzato per la costruzione dell’edificio (conglomerato cementizio armato, normale, precompresso e a struttura metallica) deve essere effettuato su "tutte le costruzioni la cui sicurezza possa comunque interessare la pubblica incolumità". Il comma 2 riproduce il secondo comma dell’articolo 7 della legge n. 1086 del 1971.

Il comma 3, di rango regolamentare, intende ridurre i termini per gli adempimenti preliminari al collaudo, ossia la nomina del collaudatore. Tale comma prevede, infatti, che contestualmente alla denuncia di inizio attività, il direttore dei lavori (e non il committente, come previsto dall’articolo 2 del D.P.R. n. 425 del 1994) presenti presso lo sportello unico direttamente l’atto di nomina del collaudatore già operata dal committente, nonché la contestuale accettazione dell’incarico da parte del collaudatore. Il comma 4 riproduce il quarto comma dell’articolo 7 della legge n. 1086 del 1971. Il comma 5, di rango regolamentare, semplifica quanto previsto dal comma 2 dell’articolo 2 del D.P.R. n. 425 del 1994, prevedendo lo sportello unico quale interfaccia per le comunicazioni del direttore dei lavori.

Il comma 6 permette la realizzazione di collaudi parziali in corso d’opera.

Il comma 7, di rango regolamentare, delegifica e semplifica quanto previsto dal quinto comma dell’articolo 7 della legge n. 1086 del 1971, tramite la previsione dello sportello unico.

Il comma 8 riproduce il sesto comma dell’articolo 7 della legge n. 1086 del 1971.

Il comma 9 riproduce l’articolo 8 della legge n. 1086 del 1971.

L’articolo 56 (Produzione in serie in stabilimenti di manufatti in conglomerato normale e precompresso e di manufatti complessi in metallo) riproduce l’articolo 9 della legge n. 1086 del 1971.

La Sezione II (Vigilanza) si compone di tre articoli.

L’articolo 57 (Controlli) riproduce l’articolo 10 della legge 5 novembre 1971, n. 1086.

L’articolo 58 (Accertamenti delle violazioni) riproduce l’articolo 11 della legge 5 novembre 1971, n. 1086.

L’articolo 59 (Sospensione dei lavori) riproduce l’articolo 12 della legge 5 novembre 1971, n. 1086.

La Sezione III (Norme penali) si compone di sei articoli.

L’articolo 60 (Lavori abusivi) riproduce l’articolo 13 della legge 5 novembre 1971, n. 1086.

L’articolo 61 (Omessa denuncia dei lavori) riproduce l’articolo 14 della legge 5 novembre 1971, n. 1086.

L’articolo 62 (Responsabilità del direttore dei lavori) riproduce l’articolo 15 della legge 5 novembre 1971, n. 1086.

L’articolo 63 (Responsabilità del collaudatore) riproduce l’articolo 16 della legge 5 novembre 1971, n. 1086, provvedendo ad aggiornare l’entità della sanzione in caso di trasgressione, da parte del collaudatore, degli obblighi previsti dall’articolo 32.

L’articolo 64 (Mancanza del certificato di collaudo) riproduce l’articolo 17 della legge 5 novembre 1971, n. 1086.

L’articolo 65 (Comunicazione della sentenza) riproduce l’articolo 18 della legge 5 novembre 1971, n. 1086.

La Sezione IV (Disposizioni finali) si compone di due articoli.

L’articolo 66 (Laboratori) riproduce l’articolo 20 della legge 5 novembre 1971, n. 1086, sopprimendo, dall’elenco dei laboratori ufficiali, i seguenti laboratori in quanto non più attivi: laboratorio dell’istituto sperimentale delle ferrovie dello Stato; laboratorio dell’istituto sperimentale stradale del Touring Club italiano; Centro sperimentale dell’Anas.

Sono state, pertanto, soppresse le lettere b), c) ed e) del primo comma dell’articolo 20 della legge n. 1086 del 1971.

L’articolo 67 (Emanazione di norme tecniche) riproduce l’articolo 21 della legge 5 novembre 1971, n. 1086, sopprimendo la cadenza biennale prevista per l’adozione delle norme tecniche, in quanto finora mai rispettata.

Il Capo II (Disposizioni per favorire il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati, pubblici e privati aperti al pubblico) riproduce, coordinandole, le disposizioni afferenti alla materia contenute nella legge n. 13 del 1989 (riguardante gli edifici privati) e nella legge n. 104 del 1992 (relativa agli edifici pubblici e privati aperti al pubblico).

Il presente capo si articola in due sezioni.

La Sezione I (Eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati) si compone di 8 articoli, che riproducono e coordinano le disposizioni di cui alla legge 9 gennaio 1989, n. 13, come modificata dalla legge 27 aprile 1989, n. 62.

L’articolo 68 (Progettazione di nuovi edifici e ristrutturazione di interi edifici) riproduce l’articolo 1 della legge 9 gennaio 1989, n. 13.

L’articolo 69 (Deliberazioni sull’eliminazione delle barriere architettoniche) riproduce l’articolo 2 della legge 9 gennaio 1989, n. 13.

L’articolo 70 (Opere finalizzate all’eliminazione delle barriere architettoniche realizzate in deroga ai regolamenti edilizi) riproduce l’articolo 3 della legge 9 gennaio 1989, n. 13.

L’articolo 71 (Rispetto delle norme antisismiche, antincendio e di prevenzione degli infortuni) riproduce l’articolo 6 della legge 9 gennaio 1989, n. 13.

L’articolo 72 (Certificazioni) riproduce l’articolo 8 della legge 9 gennaio 1989, n. 13, con l’aggiornamento del riferimento normativo di cui all’articolo 4 della legge n. 15 del 1968, ora articolo 47 del D.P.R……(Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa approvato in via definitiva dal Consiglio dei Ministri il 15 dicembre 2000 e firmato dal Capo dello stato il 28 dicembre 2000).

L’articolo 73 (Contributi per la realizzazione di opere finalizzate all’eliminazione delle barriere architettoniche) riproduce l’articolo 9 della legge 9 gennaio 1989, n. 13.

L’articolo 74 (Fondo speciale per l’eliminazione e il superamento delle barriere architettoniche negli edifici privati) riproduce l’articolo 10 della legge 9 gennaio 1989, n. 13, aggiornando la competenza in capo al dirigente o responsabile del competente ufficio comunale, ai sensi degli articoli 107 e 109 del decreto legislativo n. 267 del 2000.

L’articolo 75 (Domande dei privati) riproduce il comma 1 dell’articolo 11 della legge 9 gennaio 1989, n. 13.

La Sezione II (Eliminazione o superamento delle barriere architettoniche negli edifici pubblici e privati aperti al pubblico) si compone di un unico articolo.

L’articolo 76 (Eliminazione o superamento delle barriere architettoniche negli edifici pubblici e privati aperti al pubblico) riproduce l’articolo 24 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, coordinandolo con l’articolo 62, comma 2, del decreto legislativo 112 del 1998 che ha soppresso il Comitato per l’edilizia residenziale (CER). Non è stato, pertanto, riprodotto il comma 8 dell’articolo 24 della legge n. 104 del 1992.

Il Capo III (Provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni in zone sismiche) coordina la disciplina prevista dalla legge n. 64 del 1974. Tale capo si articola in 5 sezioni.

Nella Sezione I (Disposizioni generali), l’articolo 77 (Tipo di strutture e norme tecniche) riproduce, ai commi 1 e 2, l’articolo 1 della legge 3 febbraio 1974, n. 64. Al comma 3, è riprodotto il primo comma dell’articolo 32 della legge n. 64 del 1974.

L’articolo 78 (Abitati da consolidare) riproduce l’articolo 2 della legge 3 febbraio 1974, n. 64.

Nella Sezione II (Norme per le costruzioni in zone sismiche), l’articolo 79 (Opere disciplinate e gradi di sismicità) riproduce l’articolo 3 della legge 3 febbraio 1974, n. 64. E’ stata soppressa la lettera c) del secondo comma del predetto articolo, in quanto già ricavabile dal contenuto normativo della lettera a) del medesimo articolo, già riprodotta (l’aggiornamento successivo degli elenchi delle zone sismiche già adottato con decreto del Ministro per i lavori pubblici, sulla base dei principi generali per la successione delle norme nel tempo, deve necessariamente essere disposto con identica fonte normativa). Il terzo comma dell’articolo 3 della legge in questione non è stato riprodotto in quanto norma transitoria.

L’articolo 80 (Contenuto delle norme tecniche) riproduce l’articolo 4 della legge 3 febbraio 1974, n. 64.

L’articolo 81 (Sistemi costruttivi) riproduce l’articolo 5, nonché l’articolo 6, primo comma, articolo 7, primo comma e il primo periodo del primo comma dell’articolo 8 della legge 3 febbraio 1974, n. 64.

L’articolo 82 (Edifici in muratura) riproduce il secondo comma dell’articolo 6 della legge 3 febbraio 1974, n. 64.

L’articolo 83 (Edifici con struttura a pannelli portanti) riproduce i commi secondo, terzo, quarto e quinto dell’articolo 7 della legge 3 febbraio 1974, n. 64.

L’articolo 84 (Edifici con strutture intelaiate) riproduce il secondo periodo del primo comma dell’articolo 8 e i commi secondo, terzo e quarto del medesimo articolo della legge 3 febbraio 1974, n. 64.

L’articolo 85 (Azioni sismiche) riproduce l’articolo 9 della legge 3 febbraio 1974, n. 64.

L’articolo 86 (Verifica delle strutture) riproduce l’articolo 10 della legge 3 febbraio 1974, n. 64.

L’articolo 87 (Verifica delle fondazioni) riproduce l’articolo 11 della legge 3 febbraio 1974, n. 64.

L’articolo 88 (Deroghe) riproduce l’articolo 12 della legge 3 febbraio 1974, n. 64.

L’articolo 89 (Parere sugli strumenti urbanistici) riproduce l’articolo 13 della legge 3 febbraio 1974, n. 64.

L’articolo 90 (Sopraelevazioni) riproduce l’articolo 14 della legge 3 febbraio 1974, n. 64.

L’articolo 91 (Riparazioni) riproduce l’articolo 15 della legge 3 febbraio 1974, n. 64.

L’articolo 92 (Edifici di speciale importanza artistica) riproduce l’articolo 16 della legge 3 febbraio 1974, n. 64, aggiornando il riferimento normativo ivi previsto al decreto legislativo n. 490 del 1999.

Nella Sezione III (Vigilanza sulle costruzioni in zone sismiche), l’articolo 93 (Denuncia dei lavori e presentazione dei progetti di costruzioni in zone sismiche), di rango regolamentare, semplifica le procedure richieste, per la denuncia dei lavori e presentazione dei progetti di costruzioni in zone sismiche, dagli articoli 17 e 19 della legge 2 febbraio 1974, n. 64, prevedendo lo sportello unico quale unica interfaccia tra tutte le amministrazioni coinvolte (oltre all’amministrazione comunale, anche il competente ufficio tecnico della regione) e il direttore dei lavori.

L’articolo 94 (Autorizzazione per l’inizio dei lavori) riproduce l’articolo 18 della legge 3 febbraio 1974, n. 64.

Nella Sezione IV (Repressione delle violazioni), l’articolo 95 (Sanzioni penali) riproduce l’articolo 20 della legge 3 febbraio 1974, n. 64.

L’articolo 96 (Accertamento delle violazioni) riproduce l’articolo 21 della legge 3 febbraio 1974, n. 64.

L’articolo 97 (Sospensione dei lavori) riproduce l’articolo 22 della legge 3 febbraio 1974, n. 64.

L’articolo 98 (Procedimento penale) riproduce l’articolo 23 della legge 3 febbraio 1974, n. 64.

L’articolo 99 (Esecuzione d'ufficio) riproduce l’articolo 24 della legge 3 febbraio 1974, n. 64.

L’articolo 100 (Competenza del presidente della giunta regionale) riproduce l’articolo 25 della legge 3 febbraio 1974, n. 64.

L’articolo 101 (Comunicazione del provvedimento all'ufficio tecnico della regione) riproduce l’articolo 26 della legge 3 febbraio 1974, n. 64.

L’articolo 102 (Modalità per l'esecuzione d'ufficio) riproduce l’articolo 27 della legge 3 febbraio 1974, n. 64.

L’articolo 103 (Utilizzazione di edifici) riproduce l’articolo 28 della legge 3 febbraio 1974, n. 64.

L’articolo 104 (Vigilanza per l'osservanza delle norme tecniche) riproduce l’articolo 29 della legge 3 febbraio 1974, n. 64.

Nella Sezione V (Disposizioni finali), l’articolo 105 (Costruzioni in corso in zone sismiche di nuova classificazione) riproduce l’articolo 30 della legge 3 febbraio 1974, n. 64.

L’articolo 106 (Provvedimenti sostitutivi del prefetto) riproduce l’articolo 31 della legge 3 febbraio 1974, n. 64.

L’articolo 107 (Costruzioni eseguite col sussidio dello Stato) riproduce l’articolo 33 della legge 3 febbraio 1974, n. 64.

L’articolo 108 (Esenzione per le opere eseguite dal genio militare) riproduce l’articolo 33 della legge 3 febbraio 1974, n. 64.

Nel Capo IV (Norme per la sicurezza degli impianti) sono riprodotte le disposizioni di cui alla legge 18 maggio 1990, n. 46, e successive modificazioni, semplificate negli aspetti procedimentali ed organizzativi.

L’articolo 109 (Ambito di applicazione) riproduce l’articolo 1 della legge 18 maggio 1990, n. 46.

L’articolo 110 (Soggetti abilitati) riproduce, ai commi 1 e 2, l’articolo 2 della legge 18 maggio 1990, n. 46. Il comma 3 riproduce l’articolo 22 della legge 30 aprile 1999, n. 136.

L’articolo 111 (Requisiti tecnico-professionali) riproduce l’articolo 3 della legge 18 maggio 1990, n. 46.

L’articolo 112 (Progettazione degli impianti) riproduce l’articolo 6 della legge 18 maggio 1990, n. 46, delegificando e semplificando il contenuto normativo del comma 3 del predetto articolo, mediante la previsione del deposito del progetto presso lo sportello unico.

L’articolo 113 (Misure di semplificazione per la certificazione di impianti installati), di rango regolamentare, introduce la possibilità di semplificare gli adempimenti legati ad installazione di impianti che necessitano di certificato di collaudo, a vantaggio sia del committente che dell’amministrazione. Nel caso, infatti, il committente dichiari prima dell’inizio dei lavori che gli impianti da installare saranno collaudati da tecnici terzi che non abbiano partecipato a progettazioni e realizzazione, il committente è esonerato dall’obbligo di presentazione del progetto degli impianti.

L’articolo 114 (Installazione degli impianti) riproduce l’articolo 7 della legge 18 maggio 1990, n. 46.

L’articolo 115 (Finanziamento dell'attività di normazione tecnica) riproduce l’articolo 8 della legge 18 maggio 1990, n. 46.

L’articolo 116 (Dichiarazione di conformità) riproduce l’articolo 9 della legge 18 maggio 1990, n. 46.

L’articolo 117 (Responsabilità del committente o del proprietario) riproduce l’articolo 10 della legge 18 maggio 1990, n. 46.

L’articolo 118 (Certificato di agibilità) riproduce l’articolo 11 della legge 18 maggio 1990, n. 46, aggiornando la competenza al rilascio del certificato di agibilità in capo al dirigente o responsabile del competente ufficio comunale, ai sensi degli articoli 107 e 109 del decreto legislativo n. 267 del 2000.

L’articolo 119 (Ordinaria manutenzione degli impianti e cantieri) riproduce l’articolo 12 della legge 18 maggio 1990, n. 46.

L’articolo 120 (Deposito presso lo sportello unico, della dichiarazione di conformità o del certificato di collaudo), di rango regolamentare, riproduce, delegificandolo, l’articolo 13 della legge 18 maggio 1990, n. 46, semplificando la procedura ivi prevista mediante la previsione del deposito degli atti indicati presso lo sportello unico e prevedendo, quale ulteriore misura semplificatrice, la presentazione della certificazione di conformità dei lavori, di cui all’articolo 113, in alternativa al deposito del progetto presso il comune.

L’articolo 121 (Verifiche) riproduce l’articolo 14 della legge 18 maggio 1990, n. 46.

L’articolo 122 (Regolamento di attuazione) riproduce l’articolo 15 della legge 18 maggio 1990, n. 46.

L’articolo 123 (Sanzioni) riproduce l’articolo 16 della legge 18 maggio 1990, n. 46.

L’articolo 124 (Abrogazione e adeguamento dei regolamenti comunali e regionali) riproduce l’articolo 17 della legge 18 maggio 1990, n. 46.

Il Capo V (Norme per il contenimento del consumo di energia negli edifici) riproduce, coordinandolo, il titolo II della legge 9 gennaio 1991, n. 10. Il titolo I della predetta legge, rubricato "Norme in materia di uso razionale dell'energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia", non è stato riprodotto nel presente testo unico dal momento che presenta caratteri pianificatori e programmatori in materia di risparmio energetico, esorbitanti dalla materia prettamente edilizia.

L’articolo 125 (Ambito di applicazione) riproduce l’articolo 25 della legge 9 gennaio 1991, n. 10.

L’articolo 126 (Progettazione, messa in opera ed esercizio di edifici e di impianti) riproduce l’articolo 26 della legge 9 gennaio 1991, n. 10.

L’articolo 127 (Limiti ai consumi di energia) riproduce l’articolo 27 della legge 9 gennaio 1991, n. 10.

L’articolo 128 (Denuncia dei lavori, relazione tecnica e progettazione degli impianti e delle opere relativi alle fonti rinnovabili di energia, al risparmio e all’uso razionale dell’energia) riproduce l’articolo 28 della legge 9 gennaio 1991, n. 10, delegificando e semplificando i commi 1 e 3 del predetto articolo mediante la previsione del deposito della documentazione prevista presso lo sportello unico.

L’articolo 129 (Certificazione di impianti) di rango regolamentare, estende alla certificazioni degli impianti di cui al presente capo le misure di semplificazione previste dall’articolo 113.

L’articolo 130 (Certificazione delle opere e collaudo), di rango regolamentare, riproduce l’articolo 29 della legge 9 gennaio 1991, n. 10, delegificandolo.

L’articolo 131 (Certificazione energetica degli edifici) riproduce l’articolo 30 della legge 9 gennaio 1991, n. 10.

L’articolo 132 (Esercizio e manutenzione degli impianti) riproduce l’articolo 31 della legge 9 gennaio 1991, n. 10.

L’articolo 133 (Certificazioni e informazioni ai consumatori) riproduce l’articolo 32 della legge 9 gennaio 1991, n. 10.

L’articolo 134 (Controlli e verifiche) riproduce l’articolo 33 della legge 9 gennaio 1991, n. 10, aggiornando la competenza all’adozione delle determinazioni ivi previste in capo al dirigente o responsabile del competente ufficio comunale, ai sensi degli articoli 107 e 109 del decreto legislativo n. 267 del 2000.

L’articolo 135 (Sanzioni) riproduce l’articolo 34 della legge 9 gennaio 1991, n. 10.

L’articolo 136 (Provvedimenti di sospensione dei lavori) riproduce l’articolo 35 della legge 9 gennaio 1991, n. 10, aggiornando la competenza all’adozione delle determinazioni ivi previste in capo al dirigente o responsabile del competente ufficio comunale, ai sensi degli articoli 107 e 109 del decreto legislativo n. 267 del 2000.

L’articolo 137 (Irregolarità rilevate dall'acquirente o dal conduttore) riproduce l’articolo 36 della legge 9 gennaio 1991, n. 10.

L’articolo 138 (Applicazione) riproduce l’articolo 37 della legge 9 gennaio 1991, n. 10.

Nella Parte III (Disposizioni finali), l’articolo 139 (Abrogazioni) dispone, al comma 1, le abrogazioni conseguenti alle delegificazioni operate ai sensi dell’articolo 20 della legge n. 59 del 1997. Il comma 2 dispone le abrogazioni di leggi e atti aventi forza di legge confluiti nel testo unico, ai sensi dell’articolo 7 della legge n. 50 del 1999.

L’articolo 140 (Norme che rimangono in vigore) individua le norme espressamente non inserite, ma comunque vigenti ancorché contenute in fonte diversa dal Testo unico. In particolare, il comma 1, lettera e) individua come vigente la legge 24 marzo 1989, n. 122, ma contemporaneamente, il comma 2, adatta il contenuto normativo di cui al comma 2 dell’articolo 9 della stessa legge all’avvenuta soppressione dell’autorizzazione edilizia, chiarendo che la realizzazione delle opere previste dal comma 1 dell’articolo 9 è sottoposta a denuncia di inizio attività.

 

RELAZIONE TECNICO-NORMATIVA

Il presente Testo unico è adottato ai sensi dell’articolo 7 della legge 8 marzo 1999, n. 50, come modificato dall’articolo 1, comma 6, lettere d) ed e), della legge 24 novembre 2000, n. 340, nonché ai sensi del punto 2 dell’allegato n. 3 della legge 8 marzo 1999, n. 50.

1. Aspetti tecnico-normativi in senso stretto

A) Analisi del quadro normativo e dell’impatto delle norme proposte sulla legislazione vigente.

Il profilo più innovativo del presente testo unico in materia edilizia riguarda la riduzione dei titoli abilitativi a due soltanto: la concessione edilizia e la denuncia di inizio attività, con conseguente soppressione dell’autorizzazione.

Quest’opera di riordino e di semplificazione tiene conto del punto di arrivo dell’evoluzione legislativa: il sistema vigente, alla luce delle tante modifiche succedutesi nel tempo, opera infatti una summa divisio tra gli interventi rilevanti sotto il profilo urbanistico ed edilizio, per i quali è necessario mantenere un controllo preventivo da parte dell’amministrazione comunale, e gli interventi edilizi minori che per i quali dunque un tale controllo non è necessario.

Il precedente e frammentario sistema si era caratterizzato per il progressivo abbandono dell’originariamente esclusiva concessione edilizia, prevista dall’art. 1 della legge n. 10 del 1977, per ogni attività comportante trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio. Già a partire dall’anno successivo alcune ipotesi di interventi edilizi sono state subordinate ad autorizzazione, cioè a un titolo più leggero perché gratuito, privo di sostegno penale e a formazione anche implicita (v. art. 48 della legge n. 457 del 1978; art. 7 del decreto legge 23 gennaio 1982, n. 9, conv. in legge 23 marzo 1982, n. 84). Qualche anno dopo il legislatore ha fatto passi ulteriori nella direzione della liberalizzazione, prevedendo che una serie di opere edilizie minori potesse essere realizzata senza il previo rilascio di un provvedimento: con l’articolo 26 della legge n. 47 del 1985 ha sottoposto a semplice asseverazione di conformità la realizzazione di opere interne agli edifici e, più recentemente (con l’art. 2, comma 60, della legge 23 dicembre 1996, n. 662), ha esteso l’ambito della liberalizzazione prevedendo che una ulteriore serie di interventi edilizi minori possa essere realizzato mediante denuncia di inizio attività.

Il quadro di risulta, ad oggi, è dunque quello di una varietà di atti legittimanti, ciascuno dei quali costituente titolo per una o più tipologie specifiche di intervento edilizio.

La riconduzione a sistema imposta dal riordino sostanziale ha condotto così a circoscrivere a due i titoli legittimanti, in ragione del tipo di intervento e ad assorbire in essi ciò che rimaneva degli altri: la concessione edilizia e la denuncia di inizio attività. A tal fine sono stati anzitutto individuati gli interventi che realizzano una trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio, da sottoporre perciò al previo rilascio della concessione edilizia; per gli interventi edilizi minori, che una tale trasformazione non comportano, il titolo legittimante è stato invece individuato nella denuncia di inizio attività. Il passaggio dall’una all’altra categoria giuridica di titolo è dunque dettato dal passaggio dall’una all’altra categoria fattuale di intervento.

Per quanto riguarda l’agibilità degli edifici, si è, preliminarmente, operato per ridurre ad unità i termini "agibilità-abitabilità", fonte di ambiguità in quanto promiscuamente impiegati dal legislatore nel corso degli anni. Nel linguaggio normativo, il termine licenza di "abitabilità" è stato inizialmente utilizzato in relazione ad immobili ad uso abitativo, mentre il termine licenza di "agibilità" è stato riferito ad immobili non residenziali. In un secondo tempo, il legislatore ha operato una diversa distinzione, considerando riconducibile all’"agibilità" la disciplina generale relativa alla stabilità e alla sicurezza dell’immobile, e all’ "abitabilità" la disciplina speciale dei requisiti dell’immobile rispetto a specifiche destinazioni d’uso. Nel presente schema di testo unico si è, pertanto, provveduto ad eliminare il duplice riferimento terminologico attualmente presente nella legislazione di settore, optando per il più ampio termine "agibilità".

Inoltre, il concetto di agibilità è stato aggiornato per ricomprendere tutti i controlli e le verifiche, attinenti alla sicurezza dell’immobile, introdotte negli anni dal legislatore. Si è, pertanto, fatto ricorso al concetto di sicurezza in senso ampio (in quanto attinente non solo all’igiene e alla salubrità dell’edificio e degli impianti in esso installati, ma anche alle condizioni qualitative dell’edificio, nonché alla statica dello stesso valutata alla luce di indagini anche a carattere geognostico), similmente a quanto già previsto nei regolamenti edilizi delle maggiori città, recentemente approvati.

Nel presente schema di testo unico sono state riprodotte, dopo averle coordinate, le seguenti fonti normative: R.D. 27 luglio 1934, n. 1265, artt. 220 ss.; legge 5 novembre 1971, n. 1086; legge 3 febbraio 1974, n. 64; legge 9 gennaio 1989, n. 13; legge 18 maggio 1990, n. 46; legge 9 gennaio 1991, n. 10.

Per quanto riguarda la semplificazione procedimentale e organizzativa, gli aspetti innovativi di maggiore rilievo sono i seguenti:

Ø istituzione dello sportello unico dell’edilizia, modellato su quello per le attività produttive previsto dal d.P.R. 20 ottobre 1998, n. 447. A questo sportello il cittadino fa capo per le iniziative e le informazioni in materia edilizia; esso costituisce la struttura di raccordo operativo tra le amministrazioni e gli organi chiamati ad esprimersi nel corso del procedimento, con conseguente notevole semplificazione per l’interessato, che sarà sollevato dall’onere di presentare domande distinte e di "rincorrere" gli uffici interessati (v. supra, par. 4.a);

snellimento della procedura per il rilascio della concessione edilizia, attraverso l’eliminazione dell’obbligatorietà del parere della commissione edilizia (la cui sopravvivenza è peraltro rimessa all’autonoma scelta dei Comunie l’introduzione, seppure con alcuni limiti, della autocertificazione in sostituzione del parere dell’azienda sanitaria locale (v. supra par. 4. b)

potenziamento del ruolo della conferenza di servizi, momento fisiologico e non più tappa eventuale ai fini dell’acquisizione degli assensi necessari per la definizione del procedimento (v. supra par. 4.b);

previsione di forme di collaborazione e consultazione tra amministrazione ed istante allo scopo di evitare pronunciamenti negativi laddove il progetto sia assentibile subordinatamente all’accettazione di modifiche di modesta entità;

razionalizzazione della tempistica procedimentale con riguardo all’azione comunale ed all’intervento sostitutivo della Regione;

eliminazione di aggravi procedimentali in caso di immobili sottoposti a tutela;

snellimento della procedura per il rilascio del certificato di agibilità.

B) Necessità dell’intervento normativo.

La predisposizione del presente testo unico risponde alla necessità di dare organicità alla materia edilizia, e in particolare alla normativa riguardante i titoli abilitativi, l’agibilità e la normativa tecnica edilizia, nonché alla necessità di semplificarne contestualmente gli aspetti organizzativi e procedimentali.

La materia è oggi, disciplinata da un grande numero di fonti diverse.

Per quanto riguarda, in particolare, i titoli legittimanti l’attività edilizia, va ricordato infatti come alla disciplina fondamentale, rappresentata dalla legge 17 agosto 1942 n. 1150 e successive modificazioni (e in particolare dall’articolo 31), tuttora in vigore, - abbiano fatto seguito, dapprima, una riforma radicale (la legge 28 gennaio 1977, n. 10, che ha sottoposto l’attività edilizia a concessione onerosa) e, in un secondo tempo, una serie di disposizioni che, spesso in modo incoerente, sono andate via via sovrapponendosi, dettate dalle esigenze di volta in volta avvertite come più urgenti o più meritevoli, non di rado inserite in testi legislativi eterogenei (si pensi ad esempio che il D.L. 5 ottobre 1983, n. 398, convertito in legge 4 dicembre 1993, n. 493 -il cui art. 4 disciplina contestualmente il procedimento per il rilascio della concessione edilizia, e quello perla denuncia di inizio attività- reca disposizione per l’accelerazione degli investimenti a sostegno dell’occupazione). Ne è risultata una tale frammentazione del quadro normativo complessivo da rendere difficile la ricostruzione del sistema e l’individuazione della disciplina applicabile alle singole fattispecie.

Le stesse considerazioni valgono a proposito sia della normativa riguardante l’abitabilità e l’agibilità degli edifici, sia della normativa tecnica per l’attività edilizia, la cui disciplina complessiva deve tener conto di una serie di disposizioni contenute in numerosi testi normativi, spesso di rango diverso (si pensi, in particolare, al R.D. 27 luglio 1934, n. 1265, artt. 220 ss.; legge 5 novembre 1971, n. 1086; legge 3 febbraio 1974, n. 64; legge 9 gennaio 1989, n. 13; legge 18 maggio 1990, n. 46; legge 9 gennaio 1991, n. 10; D.P.R. 22 aprile 1994, n. 425).

C) Analisi della compatibilità dell’intervento con l’ordinamento comunitario.

Non sussistono problemi di compatibilità dell’intervento con l’ordinamento comunitario, non rientrando la materia edilizia nelle competenze esclusive o concorrenti dell’Unione europea.

D) Analisi della compatibilità con le competenze costituzionali delle regioni ordinarie e a statuto speciale e della coerenza con fonti legislative primarie che dispongono il trasferimento di funzioni alle regioni e agli enti locali.

Resta invariato il valore della normativa contenuta nel testo unico rispetto alla potestà normativa regionale. Per quanto concerne le norme regolamentari presenti nel testo unico, queste hanno carattere cedevole come previsto dall’art. 1, comma 4, lett. a), della legge 24 novembre 2000, n. 340, modificativo dell’art. 20, comma 2, della legge 15 marzo 1997, n. 59, ai sensi del quale "nelle materie di cui all’articolo 117, primo comma, della Costituzione, i regolamenti di delegificazione trovano applicazione solo fino a quando la regione non provveda a disciplinare autonomamente la materia medesima (…)". Resta comunque ferma l’autonomia normativa comunale, come espressamente affermato dall’art. 1, comma 2, del testo unico.

2. Elementi di drafting normativo

A) Individuazione di nuove definizioni normative introdotte nel testo

Nel Testo unico sono ripresi termini e concetti già usualmente impiegati dalla normativa in materia, oggetto di coordinamento nel presente atto normativo.

B) Verifica della correttezza dei riferimenti normativi citati con particolare riguardo alle successive modificazioni ed integrazioni subite dai medesimi

Nei riferimenti normativi citati sono state indicate le eventuali successive modifiche e integrazioni.

C) Ricorso alla tecnica della novella legislativa per introdurre modificazioni ed integrazioni a disposizioni vigenti

Si è evitato il ricorso alla tecnica novellistica predisponendo un testo organico, nel quale è riprodotta l’attuale normativa afferente alla materia dei titoli abilitativi in materia edilizia, nonché in materia di normativa tecnica per l’edilizia. Nel solo caso dell’articolo 140, si è inserita al comma 2 una novella al comma 2 dell’articolo 9 della legge 24 marzo 1989, n. 122 ("Disposizioni in materia di parcheggi, programma triennale per le aree urbane maggiormente popolate nonché modificazioni di alcune norme del testo unico sulla disciplina della circolazione stradale"), al fine di poter contemporaneamente escludere dal testo unico la legge in questione, data la sua specificità, adeguandone, tuttavia, il contenuto normativo all’avvenuta soppressione dell’autorizzazione edilizia.

D) Individuazione di eventuali effetti abrogativi impliciti di disposizioni e loro traduzione in norme abrogative espresse nel testo normativo

E’ stata operata una organica ricognizione degli effetti abrogativi, che investono una serie considerevole di disposizioni. Gli effetti abrogativi individuati sono espliciti.

E) Verifica dell’esistenza di progetti di legge vertenti su materia analoga all’esame del Parlamento; verifica delle linee prevalenti di giurisprudenza costituzionale in materia o di eventuali giudizi di costituzionalità in corso.

Il testo unico è stato predisposto tenendo conto di recenti innovazioni intervenute nella materia: disciplina della conferenza di servizi (come prevista dalla legge n. 340 del 2000), testo unico dei beni culturali e ambientali (decreto legislativo n. 490 del 1999), testo unico degli enti locali (decreto legislativo n. 267 del 2000), decreto legislativo n. 112 del 1998.

Sono, invece, ancora all’esame del Parlamento i seguenti disegni di legge, vertenti sulla materia coordinata nel presente testo unico: A.S. 4337-A recante "Disposizioni per la repressione dell’abusivismo edilizio nelle aree soggette a vincoli di tutela e modifiche alla legge n. 47/1985"; A.C. 677, testo coordinato, recante "Legge quadro in materia urbanistica".

3. Valutazione dell’impatto amministrativo

Con la riduzione dei titoli abilitativi alla concessione e denuncia di inizio attività, operata dal presente testo unico, si riducono le procedure e dunque si alleggerisce l’attività delle amministrazioni.

Dal punto di vista organizzativo, l’istituzione dello sportello unico per l’edilizia intende realizzare una più efficiente e coordinata struttura volta a raccordare le amministrazioni e gli organi chiamati ad esprimersi nel corso del procedimento per il rilascio dei titoli abilitativi, nonché del certificato di agibilità.

All’ulteriore alleggerimento dell’attività amministrativa sono espressamente volte le seguenti misure:

- snellimento della procedura per il rilascio della concessione edilizia, attraverso l’eliminazione dell’obbligatorietà del parere della commissione edilizia (la cui sopravvivenza è peraltro rimessa all’autonoma scelta dei Comuni e l’introduzione, seppure con alcuni limiti, della autocertificazione in sostituzione del parere dell’azienda sanitaria locale;

- potenziamento del ruolo della conferenza di servizi, momento fisiologico e non più tappa eventuale ai fini dell’acquisizione degli assensi necessari per la definizione del procedimento;

- previsione di forme di collaborazione e consultazione tra amministrazione ed istante allo scopo di evitare pronunciamenti negativi laddove il progetto sia assentibile subordinatamente all’accettazione di modifiche di modesta entità;

- eliminazione di aggravi procedimentali in caso di immobili sottoposti a tutela.


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