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n. 11/2003 - ©
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PIETRO VIRGA (*)
Le Sezioni riunite pongono i paletti per il danno alla immagine
1. La nuova figura del danno all’immagine. – Nel giudizio di responsabilità contabile, costituisce danno risarcibile anche il danno alla immagine per il pregiudizio che dal comportamento lesivo del funzionario è derivato al prestigio e alla credibilità dell’ente (1).
Si tratta di una fattispecie di danno non patrimoniale (art. 2059 cod. civ.), per il quale sono state emesse dalla giurisdizione contabile condanne, soprattutto in seguito agli scandali che si sono verificati in occasione dei processi per mani pulite (2).
Su questa nuova figura di danno erariale sono sorte in dottrina notevoli perplessità, sia in relazione alla individuazione dei requisiti, sia in relazione alla determinazione dei parametri per la sua quantificazione. La giurisprudenza più recente della Corte dei Conti ha risolto alcuni dei quesiti che erano sorti intorno a tale tipo di danno (3).
2. Natura giuridica. – E’ stato precisato che il danno alla immagine non va qualificato come danno-evento, ma va considerato come danno-conseguenza e si qualifica per le conseguenze finanziarie da esso derivanti in termini di compromissione della efficienza dell’apparato amministrativo e di negativa impressione suscitata nell’opinione pubblica.
3. Illecito penale come presupposto per l’azionabilità. – Il danno alla immagine è azionabile, in sede di giurisdizione contabile, allorché il fatto costituente illecito integri gli estremi di reato, come di desume dall’art. 185, secondo cui l’obbligazione al risarcimento del danno è collegato alla commissione di un reato.
E’ sufficiente che sussistano tutti gli elementi costitutivi del reato, in tutti i suoi elementi soggettivi ed oggettivi, anche se non è intervenuta una formale condanna al risarcimento, anche perché può essersi verificata una causa estintiva del processo penale (prescrizione patteggiamento).
La sussistenza degli estremi di reato tuttavia costituisce condizione necessaria, ma non sufficiente. E’ necessario che il p.m. fornisca la dimostrazione che la lesione abbia prodotto un pregiudizio di tipo analogo a quello indicato nell’art. 1223 cod. civ., costituito dalla diminuzione o privazione di un valore come conseguenza indiretta dell’illecito.
4. Il danno alla immagine deve essere sempre provato. – Il danno alla immagine non può derivare automaticamente dal riconoscimento della illiceità penale del comportamento, ma deve essere sempre provato. E’ necessario quindi che il pubblico ministero, in sede di richiesta di condanna per danno all’immagine, alleghi la prova ex art. 2697 cod. civ., per dimostrare il danno materiale che è conseguito alla perdita di prestigio della P.A. interessata (4).
5. Parametri per la quantificazione del danno. – Ai fini della quantificazione del danno alla immagine bisogna tenere conto che si tratta di danno-evento e quindi la perdita non è limitata alle sole spese di ripristino sostenute, ovvero all’importo della tangente accertata o delle minori entrate acquisite, ma bisogna tenere conto delle spese che l’amministrazione dovrà sostenere per restituire la credibilità dell’azione amministrativa.
Ai fini della quantificazione del danno costituiscono parametri di riferimento il maggiore o minore clamore che il fatto ha determinato nell’ambito dell’amministrazione e nella opinione pubblica, la durata della condotta illecita e la rilevanza della qualifica del dipendente o dell’amministratore (5).
(*) Professore emerito di diritto amministrativo.
(1) Sul danno alla immagine da ult. IMPECIATI, Danno morale configurabilità e risarcimento nei confronti della P.A. in T.A.R. 1994, II, 102; ARRIGONI, Moralità pubblica e danno non patrimoniale in Riv. Amm. 1994, II, 102.
(2) Per gli amministratori del pio albergo Trivulzio, la condanna al pagamento del danno alla immagine è stata così giustificata: “l’assistenza socio-sanitaria agli anziani è sempre stata a cuore della comunità meneghina, che, con lasciti e donazioni ha sempre sorretto la sua azione amministrativa e che ha appreso con stupore ed indignazione le vicende di malaffare e di illecito profitto”, C. Conti, sez. giurisdiz. Lombardia, 6 ottobre 1999, n. 986 in Sett. Giur. 2000, IV, 167.
(3) C. Conti, sez. riun. 23 aprile 2003, n. 10 con note di POTO, Il danno alla immagine della pubblica amministrazione al vaglio delle sezioni riunite della Corte dei Conti in Giur. it. 2003, IV, 1710 e di PERIN, Definito dalle sezioni riunite il danno alla immagine dell’amministrazione pubblica in www.lexitalia.it, n. 4/2003; C. conti la sez. centrale di appello 3 ottobre 2003 n. 340/A.
(4) C. Conti sez. giurisd. Basilicata 7 agosto 2000, n. 196; C. conti sez. giurisd. Sicilia 5 ottobre 2003, n. 1004.
(5) In relazione al danno alla immagine arrecato dall’assenteismo del pubblico dipendente, si tiene conto della qualifica rivestita dal dipendente stesso, poiché il discredito dell’amministrazione è tanto maggiore quanto più alta è la qualifica del dipendente, C. Conti sez. giurisdiz. Lazio 20 ottobre 2003, n. 205.