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PIETRO VIRGA

LA RIFORMA DEL COLLOCAMENTO OBBLIGATORIO

NEL PUBBLICO IMPIEGO

La disciplina del collocamento obbligatorio è stata interamente ridisegnata dalla legge 12 marzo 1999 n. 68, che, per la quasi totalità delle sue disposizioni, entra in vigore il 18 gennaio 2000, vale a dire 300 giorni dopo la sua pubblicazione nel supplemento ordinario n. 57/L della G.U. n. 68 del 23 marzo 1999.

La nuova disciplina è partita dal presupposto che la privatizzazione del pubblico impiego dovesse comportare come necessario corollario la unificazione della disciplina del collocamento obbligatorio, ma non si è tenuto conto del fatto che alcuni dei principi informatori della nuova disciplina (ad es., la richiesta nominativa per il 60%) non potevano, per ovvie ragioni, trovare applicazione per la pubblica amministrazione.

Il legislatore ha ritenuto di dovere abrogare, con norma espressa (art. 22), la precedente legge 2 aprile 1968, n. 482, sulle assunzioni obbligatorie degli "appartenenti alle categorie protette", per dettare una nuova disciplina per i "disabili", nella quale espressione sono comprese solo alcune delle precedenti categorie tutelate.

Più precisamente vengono prese in considerazione le seguenti quattro categorie (v. art. 1):

a) invalidi civili (con capacità lavorativa superiore al 45%);

b) invalidi del lavoro (con invalidità superiore al 33%);

c) non vedenti e sordomuti;

d) invalidi di guerra, invalidi civili di guerra, invalidi per servizio, con minorazioni ascritte dalla prima all'ottava categoria delle pensioni di guerra (d.p.r. 23 ottobre 1978 n. 915)

Nella legge si mantengono ferme le norme sui centralinisti ciechi e sui terapisti non vedenti, senza però assegnare ad essi una precisa percentuale (art. 1, 3° comma), mentre un "punto percentuale" è riservato agli orfani e alle vedove dei caduti, per i quali si fa riserva di una futura riforma organica sulla materia (art. 18 capv.).

Sono previste aliquote diverse secondo il numero dei lavoratori occupati.

La aliquota è del 7% dei lavoratori occupati, se l'ente pubblico impiega più di 50 dipendenti, di 2 lavoratori, se occupa da 36 a 50 dipendenti e di un lavoratore, se occupa da 15 a 35 dipendenti. Poiché quasi tutti gli enti locali, tenuto conto anche degli addetti all'area di vigilanza e degli addetti all'area educativa- scolastica, hanno più di 50 dipendenti, si può affermare che la aliquota da applicare sarà quella del 7%.

Rispetto alla precedente legge sugli appartenenti alle categorie protette, che prevedeva un aliquota globale del 15%, la percentuale del 7% risulta più che dimezzata ed è inferiore alla percentuale del 30% di riserva disposta a favore degli addetti ai l.s.u. (art. 12, 4° comma, d.lgs 468/97).

A questa drastica riduzione ha forse contribuito la circostanza che il Consiglio di Stato (V sez. 30 gennaio 1997 n. 105) ha sollevato la questione di costituzionalità della norma che riserva la precedenza ai disabili idonei rispetto ai vincitori nei concorsi. Questi ultimi infatti vengono assunti con il semplice conseguimento della idoneità (art. 16, 2° comma), sempre che l'ente non sia in regola con la percentuale di obbligo.

Secondo la nuova legge, l'assunzione dei disabili può avvenire "anche se non versino in stato di disoccupazione" (art. 10, 2°  comma).

La giurisprudenza amministrativa era fermissima nel richiedere il requisito della disoccupazione non solo nel momento della presentazione della domanda, ma anche in quello della assunzione (Cons. Stato, VI sez., 17 giugno 1998 n. 974).

La nuova legge consente invece al disabile di partecipare al concorso al solo scopo di migliorare la propria posizione o la propria sede, sottraendo il posto a colui che sia risultato vincitore per proprio merito, mentre quest'ultimo lascia vacante il posto precedentemente occupato. L'abolizione del requisito della disoccupazione forse risponde ad una esigenza del mercato del lavoro privato, ma si palesa ingiustificata per l'impiego pubblico, in un momento in cui è più acuta la richiesta di impieghi pubblici.

Manca nella nuova legge qualsiasi discriminazione di percentuale in relazione alla categoria dei disabili ed in relazione alle aree di appartenenza dei posti da coprire.

Precedentemente esistevano, nell'ambito della percentuale complessiva del 15%, diverse percentuali di riserva per le varie categorie (invalidi civili, invalidi di guerra, invalidi per lavoro etc.) e non si poteva passare alla chiamata di un invalido appartenente ad una categoria satura se prima non fossero state soddisfatte le categorie insature. Ora invece viene compilato un unico elenco dei disabili senza alcuna considerazione della categoria e quindi viene eliminato anche il meccanismo dello scorrimento da una categoria all'altra.

Precedentemente la percentuale variava secondo che i posti riguardassero il personale direttivo, di concetto, esecutivo ed operaio (art. 12 L. 482/1968).

Invece ora la percentuale è unica, qualunque sia l'area e qualunque sia la posizione economica ed indipendentemente dalla circostanza se l'assunzione avviene per concorso ovvero per avviamento mediante selezione. Poiché i posti più numerosi sono quelli delle aree più basse, si rischia di escludere dal beneficio della precedenza nei concorsi i concorrenti per i posti delle più alte qualifiche.

Una garanzia per i candidati che hanno titolo per avvalersi della precedenza nel concorso pubblico potrebbe forse ravvisarsi nella sibillina disposizione secondo cui i disabili possono essere assunti "oltre il limite dei posti ad essi riservati nel concorso" (art. 16, 2° comma, ult. parte).

Tale disposizione è stata interpretata da taluno nel senso che sarebbe consentita a favore dei disabili l'assunzione in soprannumero, ma tale interpretazione è da respingere per la sussistenza di un divieto di assunzioni fuori dell'organico determinato in base alla revisione triennale (art. 28 D.L.vo 80/1998).

E' invece da ritenere che la clausola del bando sulla percentuale di riserva (art. 3 reg. concorsi) possa essere derogata solo allorché sì verifichino due condizioni:

a) che l'ente abbia altri posti vacanti nella stessa qualifica oltre a quelli messi a concorso;

b) che l'ente non sia in regola con la prescritta percentuale globale.

Una singolare innovazione della nuova legge è quella della introduzione del "collocamento mirato" (art. 2). Gli organi regionali - che subentreranno nella competenza delle attuali direzioni provinciali dell'impiego - avranno la facoltà di avviare al lavoro quegli invalidi che siano più adatti, in relazione alle loro capacità lavorative, ad espletare le mansioni inerenti al posto da coprire. Ma il nuovo sistema di collocamento mirato non potrà prescindere da quei criteri che finora sono stati applicati per la graduatoria dei lavoratori inabili da avviare al lavoro (anzianità di disoccupazione, carico familiare, situazione economica).


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