LexItalia.it  

 Prima pagina | Legislazione | Giurisprudenza | Articoli e note | Forum on line | Weblog

 

Articoli e note

n. 4/2005 - © copyright

FRANCESCO VERGINE

Corte Costituzionale e patente a punti.

Considerazioni alla luce della sentenza n. 27/2005.

horizontal rule

1.  La pronuncia della Corte Costituzionale.

Con la sentenza n. 27 del 24 gennaio 2005 la Corte Costituzionale ha dichiarato parzialmente incostituzionale l’art. 126 bis comma 2 del nuovo codice della strada.

La pronuncia pone fine ad una questione che coinvolgeva i cittadini e gli organi di polizia stradale, chiamati ad irrogare la decurtazione di punti dalla patente del proprietario del veicolo in ogni caso di mancata identificazione certa del trasgressore di norme del cds.

La sentenza fa evidentemente giustizia di una norma del nuovo codice stradale che si poneva in rotta di collisione anche con il principio di personalità della responsabilità conseguente all’illecito amministrativo, principio mutuato dal sistema penale e reso applicabile al sistema sanzionatorio amministrativo.

La Corte ritiene infatti che il carattere afflittivo della decurtazione dei punti, in quanto incide sulla patente, titolo di abilitazione alla guida del trasgressore, ne evidenzia la natura di sanzione amministrativa di tipo “personale” ( non patrimoniale).

2.     I principi affermati dalla sentenza n.27/2005.

La pronuncia di incostituzionalità viene dalla Corte delle leggi fondata sul parametro della ragionevolezza delle norme di legge, posto dall’art. 3 Costituzione.

Nel caso di specie esso risulta violato dall’art. 126 bis cds nella parte che prevede la decurtazione dei punti a carico del proprietario, quando non sia stato identificato dall’agente accertatore il conducente trasgressore.

Si tratta infatti, secondo la Corte Costituzionale, di una fattispecie di responsabilità (e di una sanzione ) “sui generis”, per un fatto altrui, in quanto non riconducibile ad una volizione consapevole del proprietario del veicolo, destinatario della decurtazione.

Sembra quindi rilevante a tal fine la circostanza che il legislatore irragionevolmente ha posto a carico del proprietario una sanzione personale, prescindendo dalla violazione volontaria ( dolosa o colposa ) di regole della circolazione stradale da parte di questi, quindi da una sua condotta commissiva od omissiva.

E’ rilevante, secondo il giudice delle leggi, una netta differenza sistematica con la sanzione amministrativa di tipo pecuniario, posta a carico del proprietario del veicolo, che ha natura non personale, ma patrimoniale.

Essa è ritenuta assimilabile all’istituto generale della responsabilità amministrativa a titolo solidale del proprietario della cosa che “ servì o fu destinata a commettere la violazione”, prevista dalla fondamentale legge n. 24 novembre 1981 n. 689, art. 6.

La Corte quindi non accede alla tesi che fonda il principio della responsabilità personale in materia di illecito amministrativo sull’art. 27 Costituzione.

Anzi, sembrerebbe che la Corte non riconosca al principio un rango costituzionale, laddove essa fonda la pronuncia di incostituzionalità sul contrasto con il principio di ragionevolezza delle leggi ex art. 3 Costituzione.

La natura personale della responsabilità per illecito amministrativo sembra quindi recedere a principio generale della legislazione di settore, che trova nella legge n. 689/1981 il corpus normativo generale in materia di illecito amministrativo.

3.     Le questioni aperte.

Occorre anzitutto evidenziare che la pronuncia, resa su alcune ordinanze di rinvio dei giudici di pace, pone alcune questioni:

    bullet quale sia l’efficacia nel tempo della sentenza e se essa si applichi quindi, come affermato da taluni, anche retroattivamente;
    bullet l’ambito di applicazione dell’art. 180 c.8 cds, che sanziona la inottemperanza alle richieste degli organi di polizia stradale di dati necessari all’accertamento di violazioni del codice della strada;
    bullet la data di decorrenza del termine di trenta giorni, entro cui il proprietario è tenuto a rispondere all’organo di polizia stradale che chiede i dati del conducente, pena l’applicazione della sanzione prevista dal citato art. 180 c. 8 cds.

4.     L’efficacia temporale della sentenza.

Si è posta la questione della retroattività o meno della sentenza con specifico riguardo alle decurtazioni di punti al proprietario già effettuate alla data di efficacia della sentenza.

a- E’ stato subito affermato che la decurtazione di punti è atto che fa parte di un procedimento amministrativo; questo si chiuderebbe solo al momento della perdita totale del punteggio con conseguente obbligo di sottoporsi alla prova di verifica della persistenza dell’idoneità tecnica alla guida.

Ne deriverebbe pertanto che fino alla “revisione tecnica” disposta con provvedimento del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, si tratterebbe di questioni non definite e pendenti all’atto della citata pronuncia di incostituzionalità.

Sarebbe perciò applicabile in tali casi senz’altro la nuova norma, come derivante dalla sentenza, anche per ogni decurtazione già avutasi.

Ciò comporterebbe che rispetto al proprietario ogni decurtazione dovrebbe essere rimessa in discussione ed anzi cancellata.

La tesi non convince affatto.

b- Anzitutto, come noto, le pronunce di incostituzionalità di una norma di legge non hanno effetto retroattivo; esse operano in linea di principio solo per il futuro.

Ai sensi dell'art. 136 comma 1 Costituzione infatti la norma dichiarata incostituzionale, a seguito di sentenza della Corte, cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione.

Su questo principio si deve fondare la ricostruzione degli effetti temporali delle sentenze in questione, anche alla luce della costante interpretazione giurisprudenziale.

In sostanza:

bullet la sentenza che dichiara la incostituzionalità totale o parziale di una norma di legge non può concernere le questioni consumate, ovvero i rapporti giuridici definiti incontrovertibilmente, ad es. con sentenza passata in giudicato, o per cui sono spirati i termini di ricorso giurisdizionale; ricadono in tale principio ovviamente i casi di procedimenti amministrativi conclusi con atti non più controvertibili, perché non impugnati o non più impugnabili;
bullet possono invece essere interessate dalla pronuncia le questioni pendenti, atteso che la norma di legge, da applicare nel caso concreto, è stata espunta dall'ordinamento giuridico;
bullet in tal senso occorre evidenziare che la norma espunta non si applica più, neanche ai fatti anteriori alla pronuncia, qualora sia ad essa successivo l'atto conseguente dell'amministrazione o del giudice che la norma in questione dovrebbe applicare;
bullet la pronuncia ovviamente trova poi piena applicazione in ordine al caso concreto de quo ( la causa da cui origina la questione di legittimità costituzionale).

c- La tesi descritta inoltre collide coi seguenti principi:

bullet la certezza delle situazioni giuridiche su cui sia intervenuto un giudicato, ovvero rispetto a cui siano decorsi i termini di ricorso;
bullet la regola “tempus regit actum”: la norma applicata all’epoca dell’accertamento dell’illecito era quella legittimamente vigente al momento del fatto o della adozione dell’atto di decurtazione dei punti ;
bullet il principio dello “ius superveniens”: la norma sopravvenuta trova applicazione nel procedimento amministrativo solo se questo sia ancora aperto.

Riteniamo infatti che il procedimento amministrativo sia da ritenere chiuso già dopo ogni legittima decurtazione.

Quindi, l’atto relativo non è più controvertibile, decorsi i termini di ricorso o una volta che esso sia stato definitivamente rigettato.

Non occorre quindi attendere la decurtazione dei 20 punti totali e, per l’effetto, la “revisione tecnica” della patente di guida del malcapitato di turno.

Peraltro pare evidente il carattere di autonoma lesività della singola decurtazione di punti, come tale per sè autonomamente impugnabile nei casi congrui.

5.     Effetti della sentenza sui procedimenti relativi ad illeciti già accertati.

a- In sostanza, la nuova norma dovrà essere applicata agli illeciti amministrativi per i quali la comunicazione di decurtazione di punti non sia stata ancora effettuata all’anagrafe nazionale abilitati alla guida del Ministero infrastrutture e trasporti, a carico del proprietario-persona fisica.

In ordine alle decurtazioni già inserite nell’anagrafe nazionale o comunicate ai proprietari alla data di entrata in vigore della sentenza ( dal giorno successivo alla pubblicazione), atteso che a quella data sono esauriti i termini per il rimedio giurisdizionale, ovvero il ricorso è stato respinto, deve ritenersi che si tratti di questioni definite od esaurite.

Ne consegue la piena legittimità della decurtazione fatta in applicazione della norma dell’epoca, secondo la regola “tempus regit actum”.

b- Questione potrebbe sorgere invece per il conseguente provvedimento di revisione della patente a carico del proprietario che addirittura, per effetto di una o più di tali decurtazioni, corre il rischio di perdere la patente.

Se la revisione è successiva alla sentenza, potrebbe dunque profilarsi la situazione seguente: i singoli atti di decurtazione si sono verificati, anche in parte, sotto la vecchia norma, mentre la revisione, che è l’effetto della perdita di 20 punti, è successiva e disposta sotto il vigore della nuova norma.

Può ipotizzarsi dunque un ricorso al giudice per un vizio di legittimità della revisione in quanto derivante dall’atto di decurtazione emesso sulla base della vecchia norma espunta?

La questione appare di rilievo. Su tale profilo probabilmente si sta concentrando l’attenzione dei ministri competenti, che si sono riservati di inoltrare ulteriori disposizioni agli uffici periferici.

6.     Gli obblighi del proprietario del veicolo. L’ambito di applicazione dell’art. 180 c. 8 cds.

Occorre poi segnalare che la Corte ha ribadito chiaramente che permane l’obbligo del proprietario-persona fisica di comunicare i dati del conducente e della patente, su richiesta dell’organo di polizia stradale accertatore, pena l’applicazione della sanzione pecuniaria prevista dall’art. 180 c.8 cds, oltre la sanzione pecuniaria per cui si procede.

Ciò al pari della persona giuridica.

La risposta, completa e tale da consentire la identificazione del trasgressore, deve pervenire entro 30 giorni. La mancata od incompleta risposta del proprietario-persona fisica farà scattare a suo carico la sanzione pecuniaria citata, ma non la decurtazione dei punti previsti nella fattispecie dal codice.

Sotto questo profilo riteniamo che la indicazione parziale od insufficiente dei dati, tale da non consentire la identificazione compiuta del trasgressore, equivalga ad omissione della risposta dovuta nel termine di legge e quindi anche a tale ipotesi debba applicarsi la fattispecie dell’art.180 c.8 cds. Né vale sostenere che così si estende indebitamente la fattispecie, essendo entrambe in sostanza riconducibili alla fattispecie di omissione.

Autorevoli commentatori ritengono invece che solo la pura omissione sia sanzionabile, cioè l’assenza di ogni risposta e non la risposta priva dei dati.

Sul punto riteniamo che è sanzionabile anche la risposta priva dei dati, anche parzialmente, in mancanza di una giustificazione chiara di tale omissione.

D’altronde, l’inottemperanza deve essere colpevole, sia per dolo o per colpa. Inoltre, resta esclusa l’ipotesi in cui ricorra invece un giustificato motivo.

L’art.180 c. 8 cds infatti recita: “ chiunque senza giustificato motivo non ottempera all’invito di presentarsi, entro il termine stabilito …ad uffici di polizia per fornire informazioni od esibire documenti fini dell’accertamento di violazioni amministrative.. è soggetto alla sanzione amministrativa da euro 357 a euro 1.433,00”.

In definitiva, è evidente che l’omissione sanzionata ex art. 180 c. 8 sussiste anche in caso di:

§         risposta che non consente di identificare il trasgressore e quindi di completare l’accertamento dell’illecito;

§         assenza di una causa di giustificazione generale ex legge n. 689/1981art.4 ;

§         mancata prova dell’esistenza di un motivo giustificato, che scusi la omessa indicazione dei dati richiesti.

Occorre chiedersi inoltre, a nostro avviso, se l’esimente del “motivo giustificato” sussista ad esempio in caso di semplice ignoranza incolpevole, o di reale dimenticanza dei fatti.

7.     La decorrenza del termine di 30 giorni.

Altra questione riguarda la decorrenza del termine entro cui deve pervenire la risposta all’organo di polizia stradale accertatore.

La Corte ha affermato in effetti che la richiesta di informazioni non può essere inoltrata, ovvero non diventa efficace nei confronti del proprietario, prima che venga definito il procedimento relativo alla sanzione principale.

Quindi, il proprietario prima di rispondere potrà attendere la conclusione con sentenza passata in giudicato dell’eventuale giudizio sul verbale di accertamento, ovvero il decorso dei termini per proporre ricorso amministrativo o giurisdizionale.

I 30 giorni per rispondere quindi non corrono nel periodo di tempo in cui pende il termine di 60 gg. per ricorrere, ovvero finchè pende il relativo giudizio di opposizione al verbale dinanzi al giudice di pace.

8.     Osservazioni conclusive.

Infine, restano alcune considerazioni generali e qualche questione da approfondire.

a- Con riguardo alla mancata identificazione del vero trasgressore, occorre rilevare che la Corte Costituzionale non ha censurato in alcun modo la mancata contestazione immediata del fatto illecito all’atto dell’accertamento.

Essa peraltro non era oggetto diretto del giudizio di legittimità costituzionale in questione.

Restano quindi ferme le norme che autorizzano in certe ipotesi gli organi di polizia stradale a svolgere accertamenti di violazioni del cds senza contestare subito il fatto, ma procedendo in via successiva, ad accertamento compiuto, alla notifica al trasgressore del verbale relativo.

b- In ordine infine alla natura giuridica della decurtazione di punti dalla patente, pare che sia acclarata la sua natura di sanzione amministrativa accessoria.

Essa non è infatti una misura cautelare, né un provvedimento amministrativo non sanzionatorio, attesa la sua evidente natura afflittiva.

Qualche dubbio resta peraltro circa la attribuzione dei ricorsi alla giurisdizione ordinaria ex legge n. 689/1981 artt. 22ss, oppure alla giurisdizione amministrativa generale di legittimità ( TAR).

Si pensi ad esempio all’ipotesi della “revisione tecnica” della patente per decurtazione dei 20 punti.

In sostanza, occorre chiedersi se avverso tale atto si ricorra al TAR, ovvero al giudice di pace per attrazione della fattispecie in esame nella giurisdizione ordinaria , vertendosi in materia di sanzioni amministrative.

c- Un dubbio resta altresì in ordine al ruolo del proprietario nel procedimento di accertamento dell’illecito.

La sua dichiarazione non può dare certezza assoluta della identità del conducente, se egli non era presente al fatto. Egli potrà solo comunicare la identità di colui al quale ha affidato il veicolo.

Comunque l’accertamento della violazione viene in tal modo subordinato alla dichiarazione di un terzo, che entrerà nel verbale dell’organo di polizia stradale.

d- Infine, la sentenza della Corte sembra rivestire un carattere “additivo”, con ciò forse preludendo alla novellazione del codice della strada sulla intera questione ad opera del legislatore.

Sembra infatti utile una generale ed organica sistemazione dell’istituto, specie con riguardo ai profili di coordinamento con la tutela giurisdizionale del privato e con la fattispecie illecita dell’ inottemperanza alla richiesta di informazioni pervenute dall’organo di polizia stradale (cds art. 180 c.8).

 

horizontal rule

(*) Comandante Polizia Municipale di Venezia.


Stampa il documento Clicca qui per segnalare la pagina ad un amico