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Articoli e note

n. 9/2006

STEFANIA VALERI

Brevi considerazioni sul provvedimento
di v.i.a. secondo il nuovo Codice dell’ambiente

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SOMMARIO: I. Premessa II. La competenza all’adozione della v.i.a. III. La natura dell’atto. IV. Il suo sindacato giurisdizionale. V. La motivazione della v.i.a.

I. La prossima entrata in vigore del D.Lgs. 3 aprile 2006 n. 152 che, in attuazione della L. 15 dicembre 2004 n. 308, reca norme in materia ambientale offre lo spunto all’interprete per qualche breve riflessione in merito all’atto conclusivo della procedura di valutazione di impatto ambientale, consentendo di affrontare una tematica invero raramente affrontata in dottrina e in giurisprudenza, pur a fronte di un quadro normativo, nazionale e regionale, estremamente intricato, variegato ed affatto certo.

II. In particolare, per i profili che qui interessano, il Codice dell’ambiente, dopo aver individuato il soggetto competente all’adozione della v.i.a. nel Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali, per i progetti di opere ed interventi sottoposti ad autorizzazione statale e per quelli aventi impatto ambientale interregionale o internazionale” (art. 25 lett. a) e, “negli altri casi, nell’autorità individuata dalla Regione o dalla Provincia autonoma con propria legge, tenuto conto delle attribuzioni della competenza al rilascio dell’autorizzazione alla realizzazione delle varie opere ed interventi (…)” (art.25 lett.b), sancisce l’obbligo di concludere con “un giudizio motivato” la procedura di v.i.a. entro il termine di 90 giorni dalla pubblicazione del progetto dell’opera, dello studio di impatto ambientale e della sintesi non tecnica prevista dall’art.28, comma2, lett.b) (art.31, comma 1).

Non sembrano pertanto fugarsi i dubbi e le incertezze che da sempre gravano sia sulla natura giuridica della valutazione di impatto ambientale, sia sul riparto di competenza tra organi politici ed organi dirigenziali in materia di v.i.a., aspetti, questi, che, proprio in quanto scarsamente indagati, rappresentano il punctum dolens delle ricostruzioni sinora effettuate da dottrina e giurisprudenza e che sembrano legittimare una diversa configurazione dell’atto conclusivo del procedimento di v.i.a. a seconda che la valutazione de qua ricada nella sfera di competenza dello Stato oppure delle Regioni.

Nel primo caso la VIA viene, infatti, considerata come una valutazione ampiamente discrezionale che sfuma in vero e proprio giudizio politico, in quanto l’esercizio di poteri che danno luogo a pronunce di concerto tra due Ministeri appartiene all’indirizzo politico-amministrativo (da qui la perdurante competenza del vertice ministeriale): si tratta, infatti, di pronunce che, ponderando e mediando interessi pubblici diversi ed incidendo reciprocamente sui poteri dell’altro Ministero, eccedono la semplice attività gestionale e sono, invece, espressione di valutazioni anche politiche, proprie dei poteri governativi [1].

Sotto un ulteriore profilo, si è configurata [2] la VIA nazionale anche come uno strumento di politica ambientale allorché con essa, al di là dell’aspetto tecnico, si effettua la valutazione, a fini ambientali, della localizzazione di progetti di importanti opere pubbliche, cooperandosi, così, in sostanza, ad un’attività di pianificazione e programmazione che, coinvolgendo profili di vera e propria opportunità, ben possono farsi rientare nell’ambito dei poteri di indirizzo politico-amministrativo.

In tale prospettiva se ne è così dedotto che, avendo il D.Lgs.n.29 del 1993 (ora trasfuso nel D.Lgs.30.03.2001 n.165 e segnatamente art. 4) ed il D.Lgs.18.08.2000 n.267 (T.U.E.L.) (art.107) dato attuazione al principio della separazione tra sfera politica e amministrativa, individuando gli atti di competenza dei dirigenti e riservando agli organi politici solo gli atti politici, di indirizzo politico-amministrativo e di alta amministrazione, “quando il provvedimento rientra nelle competenze di organi politici, tale competenza si applica anche agli atti di autotutela provvedimentale, per il principio del contrarius actus, mentre rientrano nella competenza dirigenziale le attività di vigilanza sul rispetto della VIA e di irrogazione delle eventuali sanzioni, trattandosi di attività amministrativo-gestionale.” [3].

Nella VIA regionale, relativa ad opere di minore importanza [4], invece, il giudizio di compatibilità perde i connotati di politicità che lo caratterizzano nell’ambito della procedura di rilievo nazionale, si estranea dall’esercizio di funzioni programmatorie e di indirizzo e si tecnicizza, con l’effetto di venire concordemente qualificato in dottrina e giurisprudenza come un atto di gestione (donde la competenza dirigenziale), in virtù della nota distinzione a suo tempo introdotta dall’art.3 D.Lgs.n.29/93, oggi trasfuso nell’art.4 D.Lgs.n.165/2001 [5].

III. Efficacia dirimente del dibattito in atto assume pertanto la possibile qualificazione della determinazione conclusiva della procedura di v.i.a. come atto avente natura tecnico-discrezionale (manifestazione di giudizio) ovvero discrezionale puro (ponderazione comparativa tra interessi pubblici e privati [6] attinente alle scelte di fondo dell’attività amministrativa discrezionale). Argomenti a favore dell’una e dell’altra tesi sono stati rinvenuti, nella normativa sinora vigente e in giurisprudenza, non solo sulla base del discrimine, in sé estrinseco, della disciplina applicata (il decreto interministeriale ha contenuto discrezionale proprio in quanto atto di composizione di interessi pubblici eterogenei, mentre la VIA regionale sarebbe invece pura espressione di discrezionalità tecnica) [7], ma persino in seno al medesimo procedimento statale, articolato in una istruttoria “tecnica”, svolta da apposito organo “tecnico” (la Commissione per la valutazione d’impatto ambientale) e in una decisione “politica”, attribuita al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio [8].

Il D.Lgs.152/2006 non sembra offrire indicazioni sicure al riguardo: da un lato, infatti, connota la pronuncia di compatibilità ambientale come manifestazione di giudizio (art. 31, comma 1) e dunque come espressione di un potere caratterizzato da discrezionalità tecnica [9] o, al più, da discrezionalità mista (tecnica e amministrativa) [10]; dall’altro, pare risentire inequivocabilmente delle non poche resistenze opposte, a livello applicativo, all’ascrizione alla competenza dell’organo dirigenziale della valutazione di impatto ambientale allorché assegna l’adozione della VIA nazionale alla competenza del Ministero dell’ambiente e del territorio, di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali (art.25 lett.a), riproponendo così all’attenzione dell’interprete l’eterno dilemma: la determinazione assunta in seno al procedimento di VIA è il risultato di un’attività di natura tecnico-discrezionale o, piuttosto, il frutto di apprezzamenti caratterizzati da discrezionalità pura, di valenza politica?

Invero, ad avviso di autorevole dottrina [11], tali apparenti antinomie sembrano superabili ponendo mente alle indicazioni fornite dalla direttiva 85/337/Cee, cui la normativa interna ha dovuto conformarsi, ed alla ratio complessiva dell’istituto, per le quali lo spettro valutativo della procedura di v.i.a. deve delimitarsi intorno alla considerazione di dati progettuali che vengono apprezzati da un organo particolarmente qualificato sotto il profilo tecnico (Commissione V.I.A. e Ministero) nella loro incidenza su fattori esclusivamente ambientali.

Da tale impianto ricostruttivo e a corollario di questa impostazione, è da ritenere così che il potere esercitato nell’ambito del procedimento di valutazione di impatto ambientale sia caratterizzato da discrezionalità tecnica e, in quanto tale, debba essere ascritto alla competenza dirigenziale, dovendosi avere riguardo al criterio della latitudine della discrezionalità per la soluzione del nodo delle competenze per quegli atti, pur a carattere puntuale e concreto, che involgano l’esercizio di poteri discrezionali.

Manifestazione di discrezionalità pura risulterà, invece, il provvedimento di autorizzazione alla realizzazione dell’opera: nell’ambito del procedimento principale verrà, infatti, effettuato quel giudizio di bilanciamento tra interessi connessi allo sviluppo economico-produttivo ed alla tutela dell’ecosistema, caratterizzato da valutazioni ampiamente discrezionali, anche in ordine all’”incidenza sociale degli interventi” ed alla “rilevanza degli interessi coinvolti” tradizionalmente visti come indici sintomatici della “politicità” dell’atto amministrativo [12].

La recente tendenza legislativa ad attribuire espressamente, in deroga al criterio generale di cui all’art.4 D.Lgs.165/01, al Ministro dell’Ambiente la competenza ad adottare la valutazione sulla compatibilità ambientale dell’opera [13] può trovare allora fondamento già nelle stesse linee interpretative delineate nella circolare del ministro Ronchi dell’8 ottobre 1996 n.GAB/96/15326, in cui si è affermato che la valutazione di impatto ambientale deve “avere ad oggetto non solo i contenuti tecnici, ma altresì, quelli economici del progetto esaminato, (…) attraverso comunque un’analisi dei costi e dei benefici sociali in rapporto ai costi ambientali”. Ne discenderebbe, dunque, attraverso l’inserimento nel procedimento di v.i.a. di interessi “spuri” rispetto a quello prettamente ambientale, l’anticipazione (e la conseguente duplicazione) di quel giudizio di bilanciamento/ponderazione/mediazione) di cui il Ministro dell’Ambiente condividerebbe la titolarità con il Ministro competente in relazione all’autorizzazione dell’opera [14].

IV. In sintonia con una ricostruzione della v.i.a. volta ad accentuarne la natura tecnica ed in linea con l’orientamento della Corte Costituzionale che ha elevato il bene ambientale a valore assoluto e primario da presidiare in via unitaria e contestuale [15], è comunque l’orientamento pretorio che sottrae la determinazione in esame ad un sindacato del giudice amministrativo “di tipo forte” e a carattere intrinseco [16], al fine di soddisfare, in via prioritaria, l’interesse pubblico alla tutela dell’ambiente.

 In realtà, come già sottolineato [17], alla luce di un recente orientamento giurisprudenziale, si dovrebbe ritenere che il giudice amministrativo abbia sempre la possibilità di accedere alla verifica dei fatti posti a fondamento del giudizio di compatibilità ambientale, visto che “la questione di fatto, che attiene ad un presupposto di legittimità del provvedimento amministrativo, non si trasforma –soltanto perché opinabile- in una questione di opportunità, anche se è antecedente o successiva ad una scelta di merito” [18]. Tuttavia, il sindacato giurisdizionale sull’attività discrezionale di natura tecnica esercitata dall’autorità competente per la VIA è di tipo “debole”, poiché “non consente un potere sostitutivo del giudice tale da sovrapporre la propria valutazione tecnica opinabile o il proprio modello logico di attuazione del “concetto indeterminato””alla scelta dell’amministrazione [19], “potendo però il giudice censurare le valutazioni tecniche, compreso il giudizio tecnico finale, che attraverso un controllo di ragionevolezza, logicità e coerenza tecnica, appaiono inattendibili” [20].

La giurisprudenza in tema di valutazione di impatto ambientale ha, infatti, affermato che, poiché nella pronuncia di compatibilità ambientale il potere dell’amministrazione appare caratterizzato da una discrezionalità tecnica, la VIA non può essere soggetta al sindacato del giudice amministrativo se non nel caso in cui emergano ictu oculi vizi di eccesso di potere nelle particolari figure sintomatiche dell’inadeguatezza del procedimento, illogicità, contraddittorietà, dell’ingiustizia manifesta, dell’arbitrarietà ovvero dell’irragionevolezza della scelta adottata [21].

Più in generale, va evidenziato che il giudice amministrativo ammette un sindacato limitato sulle valutazioni tecniche delle autorità preposte alla tutela dell’ambiente, in quanto valutazioni riservate “da apposite norme all’Amministrazione, quantomeno nei casi in cui essa risulti titolare di una particolare competenza legata alla tutela di valori costituzionali speciali. In tal senso appare particolarmente significativa l’indicazione ricavabile dall’art.17, comma 2, della L.241/90 il quale statuisce il principio di non surrogabilità delle valutazioni tecniche spettanti alle amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale e della salute dei cittadini” [22].

Per le considerazioni esposte, il sindacato “debole” sulla valutazione di impatto ambientale è poi normalmente estrinseco, in quanto il giudice amministrativo raramente ammette il mezzo istruttorio della consulenza tecnica d’ufficio, implicando, questo, un sindacato più penetrante che deve essere tuttavia escluso, secondo la giurisprudenza, in quanto “i quesiti risolutivi da sottoporre al perito(…) non potrebbero non implicare nella risposta –da parte del medesimo- apprezzamenti di merito rimessi in via esclusiva all’Amministrazione” [23].

Del pari si esclude che la v.i.a. sia suscettibile di verificazione sulla base di oggettivi criteri di misurazione, in quanto lo stessa non costituisce mero giudizio tecnico, ma presenta profili particolarmente intensi di discrezionalità amministrativa sul piano dell’apprezzamento degli interessi pubblici in rilievo, apprezzamento che è sindacabile dal giudice amministrativo soltanto nelle ipotesi in cui risulti evidente lo sconfinamento dal potere discrezionale riconosciuto all’Amministrazione [24].

Il giudice amministrativo generalmente provvede, quindi, a controllare la “ragionevolezza, logicità e coerenza tecnica” della pronuncia di VIA facendo riferimento a indizi dai quali evince la legittimità del provvedimento, riconducendo invece le valutazioni tecniche compiute dall’autorità competente al merito amministrativo[25].

In particolare, in materia di valutazione di impatto ambientale sono individuati come indici di legittimità della scelta discrezionale dell’amministrazione, inter alios, la circostanza che i pareri delle autorità competenti nell’ambito del procedimento siano positivi [26], l’adeguata motivazione in caso di contrasto tra tali pareri,[27], la circostanza che siano state valutate dall’amministrazione le alternative progettuali e gli impatti cumulativi e sinergici di più progetti [28], il fatto che siano state richieste le necessarie integrazioni, la previsioni di prescrizioni che condizionano il giudizio positivo di compatibilità ambientale [29].

V. Il giudizio di compatibilità ambientale deve, poi, essere motivato: a tale proposito, è da condividere un orientamento giurisprudenziale per il quale, nella pronuncia di VIA l’adeguatezza della relativa motivazione non debba essere valutata in astratto, ma con diretto ed immediato riferimento alla natura dell’atto ed alla corrispondenza tra la determinazione adottata e le acquisizioni istruttorie compiute.

Può anche ammettersi una motivazione per relationem, allorché le ragioni della scelta operata possono ricavarsi dagli atti della serie procedimentale che hanno preceduto il provvedimento finale e che sono dallo stesso richiamati (ad esempio, l’organo che decide fa proprio il parere espresso da organi consultivi). La Corte di Giustizia ha, del resto, ritenuto ammissibile tale tipologia di motivazione semprechè venga soddisfatta una duplice condizione: in primo luogo, che la decisione di fare proprio il parere di altri venga –a sua volta-debitamente motivata, in secondo luogo, che tale parere provenga da organi o soggetti incaricati di illustrare, consigliare o informare l’autorità competente a decidere e che rendano a quest’ultima più agevole l’adozione della decisione. Solo in tal modo vengono, infatti, assicurati l’obiettività ed il rispetto degli interessi generali nell’adozione del provvedimento, non essendo a tal fine sufficiente il rinvio ad un parere non qualificato, e cioè “ad un parere qualsiasi, emesso da un soggetto qualsiasi, in circostanze imprecisate” [30].

In ogni caso, in considerazione della natura tecnico-discrezionale degli atti adottati e degli approdi della giurisprudenza amministrativa innanzi illustrati, non deve richiedersi una motivazione che convinga dell’opportunità della scelta operata, ma l’esternazione di ragioni da cui risulti un’adeguata completezza del procedimento, la non illogicità, arbitrarietà, contraddittorietà o iniquità della soluzione prescelta.

Proprio a motivo del carattere complesso delle valutazioni di impatto ambientale, nelle quali si riscontra spesso “una linea di demarcazione molto sfuggente tra il momento della valutazione tecnica opinabile e quello della ponderazione dell’interesse pubblico” [31], si era del resto esclusa, in passato, la possibilità per il giudice amministrativo di pretendere che l’Amministrazione desse contezza delle ragioni che, nel suo apprezzamento di merito, l’avevano indotta a preferire l’una o l’altra delle diverse ed opposte soluzioni valutate e nelle competenti sede confrontate, ma, in conformità con le prescrizioni dettate dal diritto comunitario [32] e dall’art.24 lett.c) del Codice, oggi l’Amministrazione è tenuta ad esplicitare, nella parte motiva del provvedimento VIA, anche le principali ragioni della scelta fra le alternative proposte dal committente.

Parimenti, essa dovrà dare conto, nel giudizio conclusivo della procedura di VIA, anche delle osservazioni presentate nel corso del procedimento dai soggetti interessati e dal pubblico, nonché dei pareri forniti dalle altre pubbliche amministrazioni. A tale riguardo appare condivisibile un recente orientamento giurisprudenziale [33] per il quale il provvedimento di VIA che dichiara la compatibilità ambientale di un’ opera debba esplicitare nella motivazione soprattutto quelle valutazioni dirette a superare le critiche e le osservazioni poste avverso la realizzazione del progetto, giungendosi così a considerare illegittima la pronuncia di VIA che sia carente di motivazione non tanto in astratto, vale a dire con riguardo all’obbligo generale di motivazione sancito dall’art.3 L.n.241/90, quanto in concreto, alla luce delle osservazioni critiche mosse al progetto dall’autorità competente e dalle popolazioni interessate, sommariamente e sbrigativamente confutate: “Deve, del resto, riconoscersi che, trattandosi di scegliere fra due orientamenti nettamente contrapposti (espressivi di interessi orientati l’uno alla realizzazione dell’opera, l’altro di senso contrario per la sua inopportunità e invasività del contesto ambientale in cui l’opera andrebbe ad inserirsi), non sembra sufficiente la mera affermazione della prevalenza dell’uno sull’altro, sembrando al contrario necessario sostenere la scelta per la prevalenza del primo con argomentazioni quanto meno esplicative delle ragioni che militerebbero per la costruzione del tronco autostradale(…). In tal modo, invece, l’affermata prevalenza della necessità di realizzare l’opera si pone come un’asserzione pressoché arbitraria che non dà conto del perché della affermata prevalenza dell’interesse a realizzare il tronco stradale su quello, di senso contrario, a tenere indenne da offese ingiustificate il territorio, il paesaggio e l’ambiente” [34].

Il contenuto del giudizio può inoltre essere arricchito dalla previsione di prescrizioni per la mitigazione degli impatti, dal monitoraggio delle opere e degli impianti e dalle misure previste per evitare, ridurre o eventualmente compensare rilevanti effetti negativi [35].

E’ evidente, infatti, che il riconoscimento del potere degli organi amministrativi preposti al procedimento di v.i.a. di dettare ulteriori prescrizioni e condizioni per meglio garantire la compatibilità ambientale dell’opera progettata trova fondamento proprio nella considerazione che, implicando, la relativa procedura, che le opere da valutare abbiano comunque una incidenza sugli elementi naturalistici del territorio, modificandolo in misura più o meno penetrante, occorre stabilire, di volta in volta, se le alterazioni conseguenti alla loro realizzazione possano ritenersi “accettabili” alla stregua di un giudizio comparativo che tenga conto, da un lato, della necessità di salvaguardare preminenti valori ambientali e, dall’altro, dell’interesse generale sotteso all’esecuzione dell’opera pubblica [36].

                                                                   

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[1] In termini, TAR Veneto, Sez.I, 14.07.2000 n. 1350, in Riv. giur. amb., 2001, 105, con nota di S. AMOROSINO, La rivincita del diritto sulla cattiva amministrazione: il TAR Veneto annulla la bocciatura delle dighe mobili contro l’”acqua alta”a Venezia. Conformi Cons. Stato, Sez.VI, 11.02.2004 in Riv. giur. edilizia, 2004, 1034 e ss. secondo cui spetta all’organo politico l’adozione della VIA relativa ad una centrale termoelettrica, in quanto il giudizio sui presupposti ambientali e sulle politiche energetiche nazionali impone una ponderazione complessa che coinvolge profili tecnici e profili di vera e propria opportunità che ben possono farsi rientrare nell’ambito dei poteri di indirizzo politico-amministrativo, eccedendo la mera attività gestionale; TAR Veneto, Sez.I, 26.06.2004 n. 2480 in Riv. giur. edilizia, 2005, 209 e ss. con nota di A. MILONE, Il TAR Veneto si pronuncia sul progetto Mose di Venezia, cui si rimanda anche per l’interessante disamina dell’ipotesi di conflitto tra Ministri nel procedimento di VIA.

[2] Cons.Stato, Sez.VI, 30.01.2004 n.316 in www.ambientediritto.it

[3] Cons. Stato, Sez.VI, 24.0.2005 n.127 in www.ambientediritto.it

[4] La rilevanza nazionale o regionale dell’opera agli effetti della individuazione di competenza alla verifica di impatto ambientale va stabilita unicamente in ragione della dimensione geografica e dell’incidenza dell’intervento sulle componenti del territorio: così Cons.Stato, Sez.IV, 16.12.2003 n.8234; Id., Sez.VI, 13.05.2002 n.2572

[5] V. ex ceteris TAR Lombardia, Sez. I, 25.06.2003 n. 3511 in Riv. giur. amb., 2004, 104 con nota di G. LANDI.

Critico nei confronti di tale prospettazione è A. GANDINO, L’adozione dell’atto conclusivo della procedura di valutazione di impatto ambientale: un “problema” del dirigente o del ministro?, in Il Foro It., 2006, III, 276 e ss. cui si rimanda per gli opportuni approfondimenti.

[6] In tema, per tutti, F. GIAMPIETRO, Criteri tecnici o discrezionali nel c.d. giudizio di compatibilità ambientali? – Proposte di coordinamento della VIA con gli altri procedimenti autorizzatori, in Riv.giur.amb., 1995, 395 e ss.

[7] Così, in particolare, Cons. Stato, Sez.VI, 18.01.2006 n.129 in www.ambientediritto.it : “Correttamente sono stati qualificati dai giudici di prima istanza come atti di alta amministrazione ….i provvedimenti con i quali le massime autorità dello Stato avevano provveduto…a rendere amministrativamente operativa la volontà politica di realizzare il programmato intervento autostradale. La natura indicata di alta amministrazione dei provvedimenti impugnati –trattandosi pur sempre di atti amministrativi, sia pure altamente discrezionali – non ne escludeva…la sindacabilità in sede giurisdizionale con riferimento ad eventuali vizi di legittimità per eccesso di potere”. 

[8] In termini, F.FONDERICO, Il riordino cit. 433 e ss.,

[9] Cfr. ex plurimis Cons.Stato, Sez.VI, 30.01.2004 n.316; id., 11.02.2004 n.548 in www.ambientediritto.it

[10] V. TAR Lazio, Sez.II bis, 10.10.2001 n.8416 che sottolinea come “la determinazione conclusiva da esprimere deve essere basata sulle scelte progettuali di minore impatto sul territorio,ma anche su una valutazione comparativa finale, in ordine al grado di compromissione del territorio stesso che può essere considerata accettabile, in rapporto all’interesse per la realizzazione dell’opera”.

[11] A.GANDINO, op.cit., 278

[12] In termini A.GANDINO, op.cit., 280 secondo cui è ragionevole ritenere che la scelta politica non possa incidere immediatamente sulla valutazione (tecnica) ambientale, ma si collochi piuttosto esternamente ad essa, seppur entro l’ambito del procedimento principale. Secondo tale A., il giudizio di compatibilità (o incompatibilità) ambientale, proprio in ragione della sua connotazione specificamente tecnica, rimarrebbe, dunque, formalmente intangibile ad opera del decisore politico, ma potrebbe pur sempre essere sostanzialmente vanificato, restando “lettera morta”, qualora l’interesse ambientale fosse destinato ad essere sacrificato nell’ambito del giudizio di bilanciamento con altri interessi pubblici primari; scelta, quest’ultima, di cui l’organo politico si assumerebbe comunque la responsabilità di fronte alla collettività.

[13] Prima del D.Lgs. 152/2006 già la c.d. “legge obiettivo” (L.21.12.2001 n.443) ed il relativo decreto attuativo (D.Lgs.20.08.2002 n.190) hanno previsto una specifica disciplina di v.i.a. derogatoria rispetto a quella ordinaria, assegnando al Ministro dell’Ambiente la competenza all’emanazione della valutazione di impatto ambientale e al CIPE l’adozione del provvedimento di compatibilità.

[14] Le considerazioni sono di A.GANDINO, op.cit., 279

[15] Corte Cost. 30.12.1987 n.617; Corte Cost., 28.05.1987, n.210.

[16] Su questo tema si rinvia, per i necessari approfondimenti, a F.CINTIOLI, Giudice amministrativo, tecnica e mercato. Profili tecnici e “giurisdizionalizzazione”, Milano, 2005; F.CARINGELLA, Corso di diritto amministrativo, cit., 1272; in materia di VIA cfr. F.FONDERICO, La tutela dell’ambiente, voce del Trattato di diritto amministrativo, a cura di S.CASSESE, Milano, 2003, vol. II, 2098.   

[17] A.MILONE, Il sindacato giurisdizionale sulla valutazione di impatto ambientale, in Riv.giur.Amb., 2004, 985 e ss.

[18] Così Cons. Stato, Sez. IV, 9.04.1999 n. 601 in Foro it., 2001, III, 13-14 con nota di A. TRAVI. Con tale pronuncia la IV Sezione ha chiarito che “il sindacato giurisdizionale sugli apprezzamenti tecnici può svolgersi…in base non al mero controllo formale ed estrinseco dell’iter logico seguito dall’autorità amministrativa, bensì invece alla verifica diretta dell’attendibilità delle operazioni tecniche sotto il profilo della loro correttezza quanto a criterio tecnico ed al procedimento applicativo. Non è quindi l’opinabilità degli apprezzamenti tecnici dell’amministrazione che ne determina la sostituzione con quelli del giudice, ma la loro inattendibilità per l’insufficienza del criterio o per il vizio del procedimento applicativo”. Nello stesso senso Cons.Stato, Sez.VI, 10.03.2004 n.1213 in www.giurisprudenza-amministrativa.it.

[19] Contra TAR Calabria, Catanzaro, Sez.I, 6.04.2005 n.548 in Urb.e App., 2005, 1211 e ss: nella logica del “sindacato forte” ed accedendo direttamente al fatto, tale pronuncia sostituisce in due passaggi topici l’amministrazione regionale che non aveva provveduto ad assoggettare alla procedura di VIA le opere di ampliamento di un porto turistico: nell’ affermare la sussistenza di un significativo impatto e nel ritenere che in concreto si ricadesse nell’area della necessaria sottoposizione alla procedura di VIA (“Le rilevanti dimensioni e la complessità strutturale dell’opera, che necessariamente amplificano gli effetti sull’equilibrio ambientale di strutture del genere, rende ragione del notevole impatto sull’ambiente che ha la stessa e della necessità di acquisire una valutazione degli effetti sull’ambiente che, a breve ed a lungo termine, potrebbe avere la realizzazione dell’opera progettata. Tale notevole impatto , in aderenza allo spirito ed alle finalità proprie della richiamata normativa comunitaria, fa sì che la valutazione di impatto ambientale assuma, nel caso di specie, carattere di indefettibilità, nonostante il fatto che, alla stregua delle richiamate norme interne, si siano verificati i presupposti per l’esclusione del progetto alla valutazione.In considerazione di ciò, si impone la disapplicazione delle norme di cui al D.P.R.12.04.1996, che consentono, decorsi i termini indicati, di prescindere dall’acquisizione della VIA, in quanto, in base alle caratteristiche della fattispecie, la disciplina comunitaria avrebbe imposto l’effettuazione della valutazione. Ne discende l’illegittimità del provvedimento impugnato, contemplante, fra l’altro, l’approvazione del progetto esecutivo dei lavori(…) e l’aggiudicazione della licitazione privata(…) in quanto adottato in mancanza di valutazione di impatto ambientale). Per un interessante commento della pronuncia si rinvia a E.BOSCOLO, La VIA silenziosa cit, 1214 e ss.

[20] Cons.Stato, Sez.VI, 2.03.2004 n.926, con riferimento al sindacato sulle valutazioni tecniche dell’Autorità Antitrust, che al pari degli apprezzamenti tecnici delle autorità preposte alla tutela dell’ambiente, sono riservate all’amministrazione in quanto relative ad interessi di rango primario.

In tema di sindacato sugli apprezzamenti tecnici delle amministrazioni deputate alla tutela dell’ambiente, v. A. MILONE, Il sindacato del giudice amministrativo sulle valutazioni tecniche delle amministrazioni preposte alla tutela dell’ambiente, nota a TAR Sicilia, Catania, Sez.I, 25.11.2002 n. 2225, in Riv. giur. edilizia, 2003, I, 1335 e ss. Nel senso che in tema di VIA il giudice “non può naturalmente sostituire la propria valutazione tecnica alla valutazione tecnica dell’amministrazione, dovendo il proprio sindacato sulle regole tecniche esercitarsi soprattutto in relazione a macroscopiche illegittimità ed incongruenze manifeste” anche Cons.Stato, Sez.VI, 30.01.2004 n.316, in www.giurisprudenza-amministrativa.it

[21] Cons. Stato, sent. n. 314 del 2004, cit; Cons.Stato, Sez.VI, 18.01.2006 n. 129, in www.ambientediritto.it

[22] In termini, Cons.Stato, Sez.V, 5.03.2001 n. 1247 pubblicata in Urb.e app., 2001, 866 e ss, con commento di M. PROTTO, La discrezionalità tecnica sotto la lente del g.a.. Conformi, ex plurimis, TAR Lazio,Sez.II bis, 5.07.2005 n.5481; Cons.Stato, Sez.VI, 30.01.2004 n.316; Id., Sez.V, 5.03.2001 n.1207.

Cfr. altresì in proposito A. MILONE, Il sindacato del giudice amministrativo sulle valutazioni tecniche delle amministrazioni preposte alla tutela dell’ambiente, in Riv. giur. edilizia, 2003, 1342 ss. e giurisprudenza ivi richiamata.

[23] Così A. MILONE, Il sindacato giurisdizionale sulla VIA, in Riv.giur.edilizia, 2004, 992. Conformi TAR Lazio, Sez.II bis, 10.10.2001 n.8416 e TAR Sardegna, 12.03.2003 n.296, in www.giustizia-amministrativa.it.

Ha invece ammesso la c.t.u. TAR Lombardia, Sez.Brescia, 7.08.2001 n.689, in www.giustizia-amministrativa.it al fine di verificare se l’autorizzazione regionale per la realizzazione e gestione di un impianto di smaltimento di rifiuti speciali non pericolosi, rilasciata a seguito della valutazione di impatto ambientale, fosse inficiata da difetto di istruttoria. Nella specie, il Tribunale ha disposto la consulenza tecnica “volta ad accertare, previo studio idrogeologico del sito con particolare riferimento all’analisi delle acque presenti nel sottosuolo della zona della discarica, la natura ed il peso specifico del fluff, nonché l’adeguatezza del fondo della discarica in relazione allo spessore delle geomembrane, alla massa complessiva del fluff e al sistema di drenaggio del percolato”.

[24] Così Cons.Stato, Sez.VI, sent.17.05.2006 n.2851 in www.ambientediritto.it; Id., sent. 11.02.2004 n.548.

[25] V. TAR Molise, 10.11.2003 n.874 in giurisprudenza-amministrativa.it secondo cui “le acquisizioni e le valutazioni tecniche compiute dall’amministrazione procedente, a meno che siano palesemente erronee o illogiche, non possono essere messe tra parentesi, né poste in dubbio dal giudice amministrativo, stanti i noti limiti del sindacato giurisdizionali in materia di discrezionalità tecnica (cfr.Cons.Stato, sez.VI, 3.07.2002 n.3637; Sez.VI, 7.02.2003 n.648; Sez.V, 5.03.2001 n.1247)”.

Sul punto si rinvia a A. MILONE, Il sindacato giurisdizionale cit. per i necessari approfondimenti.

[26] V. Cons.Stato, Sez.VI, 5.01.2004 n.1 cit.

[27] cfr. per tutti TAR Veneto, Sez.I, 30.05.2005 n. 2234 in Riv.giur. Amb., 2006, 112 e ss.

[29] Così A.MILONE, Il sindacato giurisdizionale cit., 986; F. FONDERICO, La tutela dell’ambiente, voce del Trattato di diritto amministrativo a cura di S.CASSESE, Milano, 2003, vol.II, 2098.

[30] Così Corte Giust., sent.10.06.2004, C-87/02 cit.

[31] Cons.Stato, Sez.IV, 6.10.2001 n.5287 in Foro It., 2002, III, 414 con nota di E. GIARDINO.

[32] Si ricordi, infatti, che in base al quadro normativo vigente in ambito comunitario gli Stati membri hanno l’obbligo, in sede decisionale, di valutare anche le principali alternative che, a tal fine, il proponente/committente deve individuare e motivare in sede di domanda.

[33] TAR Veneto, Sez.I, 30.05.2005 n.2234, in Riv.giur.Amb., 2006, 112 e ss. con nota di G.LANDI la quale sottolinea l’interesse e l’importanza di tale sentenza soprattutto per l’indicazione di alcuni principi di carattere generale che devono ispirare l’attività pubblica ogniqualvolta la VIA concerne progetti che coinvolgono interessi di diversa natura ed hanno una incidenza rilevante sul territorio. I giudici richiamano infatti più volte l’attenzione sulla necessità di scelte strategiche e che le azioni  mirate alla pianificazione del territorio tengano conto di tutti gli attori coinvolti, mirando ad un reale e corretto bilanciamento dei vantaggi e degli svantaggi legati alla realizzazione del progetto proposto, consentendo una ponderata valutazione dei cambiamenti resi necessari dal progetto stesso. All’interno di tale quadro, le norme che regolano le procedure da seguire ed i competenti soggetti istituzionali da coinvolgere stabiliscono diversi obblighi, tra cui, ad esempio, quello di tenere in considerazione le osservazioni del pubblico e degli altri soggetti terzi, ovvero quello di motivare compiutamente gli atti adottati. Tali obblighi rappresentano le garanzie minime che devono essere rispettate all’interno di procedure decisionali che impattano sull’assetto del territorio e sulla qualità della vita locale, come nel caso deciso. Le stesse norme, però, continua l’A., devono essere adattate al caso di specie e rese concrete mediante i contenuti e le valutazioni effettuate all’interno di tali procedure. In altri termini, la non contraddittorietà degli atti e la motivazione delle decisioni assunte non possono essere considerati come meri adempimenti formali ai sensi di legge, ma devono essere sostanziati all’interno di ciascuna procedura con adeguati ed opportuni contenuti. Solo così è possibile dimostrare che la strategia di sviluppo del territorio si basa su un’effettiva analisi dei bisogni e delle peculiarità locali, e non su scelte di parte. Il TAR Veneto, conclude l’A., invoca, all’interno del testo della sentenza, la necessità di una democrazia sostanziale che deve essere rispettata in ogni atto parte di un procedimento volto ad autorizzare la modifica dell’attuale assetto sociale, economico o ambientale e che deve essere garantita attraverso un’attenta analisi delle condizioni e degli interessi in gioco e con il pieno rispetto degli obblighi e principi previsti dalla normativa.

Per completezza di esposizione è tuttavia da segnalare che la sentenza del TAR Veneto n.2234/2005 in commento è stata riformata dal Consiglio di Stato, Sez.VI, con la decisione n.129/2006 cit. che, ritenuta la pronuncia appellata come “scaturita da una aprioristica opzione (di merito) di dichiarata contrarietà all’esecuzione dell’opera pubblica”, ha giudicato fondata, tra le altre, la censura dedotta dalle parti appellanti “di sconfinamento, da parte dei giudici di prima istanza, dai limiti del sindacato a loro consentito, avendo gli stessi inteso censurare non già la conformità alla legge delle adottate determinazioni di alta amministrazione, ma il merito amministrativo delle stesse, quasi, poi, rivendicando il ruolo di tutore oggettivo del merito amministrativo cui competeva stabilire quali delle opere programmate dal Governo potessero (per la loro ritenuta indispensabilità o utilità) essere realizzate e quali, invece, non dovessero essere eseguite, perché prive di detti requisiti”.

[34] V. anche Cons.Stato, Sez.VI, 18.01.2006 cit., secondo cui il concetto di valutazione d’impatto ambientale implica necessariamente che le opere da valutare abbiano un’incidenza negativa sugli elementi naturalistici del territorio, modificandolo in misura più o meno invasiva e penetrante. Di modo che il procedimento medesimo tende a stabilire – a dare contezza del- se le alterazioni conseguenti alla sua realizzazione possano ritenersi accettabili alla stregua di un giudizio comparativo che tenga conto, da un lato, dell’interesse pubblico all’esecuzione dell’opera.

[35] La previsione di prescrizioni che condizionano il giudizio positivo di compatibilità ambientale è stata già ritenuta dalla giurisprudenza amministrativa, in presenza di altri elementi, un indice della legittimità della VIA. Così ex plurimis Cons.Stato. Sez.VI, 5.01.2004 n.1 e TAR Lazio, Sez.I, 31.05.2004 n.5118, secondo cui la previsione di molteplici, analitiche e dettagliate prescrizioni, lungi dal costituire ex se indizio di una valutazione espressa a seguito di una istruttoria carente, va considerata come una garanzia di salvaguardia dei preminenti valori ambientali. Sul punto v. funditus A.MILONE, Ponte sullo Stretto di Messina: la sentenza del TAR Lazio, in Riv.giur.edilizia, 2004, 2155

[36] Così TAR Lazio, Sez.III, sent.8.08.2006 n.7098 in LexItalia.it; Cons.Stato, Sez.IV, sent.3.05.2005 n.2136 in LexItalia.it


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