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Articoli e note

n. 11/2003  - © copyright

CIRO SILVESTRO (*)

I meccanismi di soppressione degli organi collegiali:
legge 1997/449, testo unico degli enti locali e legge 448/2001 a confronto

 

1. La riduzione degli organismi collegiali tra semplificazione e delegificazione.

L’articolo 41, comma 1, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 (“Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica”) ha introdotto una disposizione di notevole portata per il disegno organizzativo e l’attività dell’insieme delle pubbliche amministrazioni. Essa prevede, in termini generali, una peculiare ipotesi di soppressione degli organi collegiali, come risultato di una valutazione degli organi di direzione politica. Ad essi è attribuito, infatti, il compito di scegliere annualmente gli organismi collegiali con funzioni amministrative ritenuti indispensabili per la realizzazione dei fini istituzionali dei singoli enti e, come tali, sottratti alla soppressione, che investe, invece, ope legis, gli altri collegi.

Sulla compatibilità della norma con i poteri decisionali delle regioni si è, altresì, pronunciata la Corte costituzionale, con la sentenza 13-18 novembre 2000, n. 507.

La disposizione in questione è stata sostanzialmente riprodotta dall’articolo 96 del Tuel, il Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali recato dal D.Lgs 18 agosto 2000, n. 267. Esso dispone che i consigli e le giunte debbano individuare, secondo le rispettive competenze e con provvedimento da emanare entro sei mesi dall'inizio di ogni esercizio finanziario, i comitati, le commissioni, i consigli ed ogni altro organo collegiale con funzioni amministrative ritenuti indispensabili per la realizzazione dei fini istituzionali dell'amministrazione. Gli organismi non identificati come indispensabili sono, dal canto loro, soppressi a decorrere dal mese successivo all'emanazione del citato provvedimento (la norma indica il momento dell’emanazione e non quello dell’esecutività), mentre le relative funzioni sono attribuite all'ufficio che riveste preminente competenza nella materia.

L’unica modifica testuale rispetto al citato articolo 41, comma 1, della legge n. 449/1997, riguarda gli organi competenti all’individuazione degli organismi collegiali ritenuti indispensabili. L’art. 96 del Tuel li individua nei consigli e nelle giunte degli enti locali, che provvedono “secondo le rispettive competenze”, mentre l’art. 41, comma 1, fa, invece, generico riferimento al “organo di direzione politica responsabile”.

Il meccanismo di soppressione in commento è apparso ulteriore rispetto all’ordinaria possibilità di cancellare gli organismi collegiali facoltativamente istituiti dall’ente [1]. In sostanza, si trasferisce la decisione sulla concreta necessarietà degli organi collegiali, anche quelli previsti dalla legislazione statale, alla competenza delle amministrazioni attive. Ciò pone una remora alla proliferazione di organismi quantomeno inadeguati allo specifico contesto, sovente divenuti inutili e/o obsoleti.

La finalità espressa è quella di conseguire risparmi di spesa (cfr. anche la legge 23 dicembre 1998 n. 448, art. 28, comma 2 bis, lett. B, in tema di patto di stabilità interno), nonché recuperi di efficienza nei tempi dei procedimenti amministrativi, semplificati operando una delegificazione a vasto raggio. Giova ricordare che il passaggio da un organo collegiale ad uno monocratico implica fondamentalmente la soppressione di un subprocedimento, ossia quello della formazione della volontà dell’organo collegiale (in quanto composto da una pluralità di persone fisiche) e consente un indubbio risparmio di tempo, di risorse umane e finanziarie [2].

L’istituto della soppressione degli organismi collegiali non indispensabili si salda, peraltro, ad una linea evolutiva di graduale declino degli organi collegiali [3]. Fondamentale indicazione “di sistema” è quella fornita dall’art. 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, che indica criteri e principi cui debbono conformarsi i regolamenti di delegificazione autorizzati dalla legge annuale di semplificazione.

La lettera a) del comma 8 enuncia, infatti, espressamente, tra le linee guida, quella del trasferimento a organi monocratici o ai dirigenti amministrativi di funzioni anche decisionali che non richiedano, in ragione della loro specificità, l’esercizio in forma collegiale e la sostituzione degli organi collegiali con conferenze di servizi o con interventi, nei relativi procedimenti, dei soggetti portatori di interessi diffusi. La lett. a) del comma 4 prevede, inoltre, fra i principi cardine della semplificazione dei procedimenti amministrativi, la soppressione degli “organi che risultino superflui”.

Da ultimo, l’art 18 della legge 28 dicembre 2001 n. 448 ha disposto ulteriori disposizioni in tema di riordino degli organismi collegiali, prevedendo che, ai fini del contenimento della spesa e di maggiore funzionalità dei servizi e delle procedure, è fatto divieto alle pubbliche amministrazioni – ma escludendo espressamente regioni, province, comuni e comunità montane - di istituire comitati, commissioni, consigli ed altri organismi collegiali, ad eccezione di quelli di carattere tecnico e ad elevata specializzazione indispensabili per la realizzazione di obiettivi istituzionali non perseguibili attraverso l'utilizzazione del proprio personale. Il comma 2 prosegue sancendo che entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge, sono individuati gli organismi tecnici e ad elevata specializzazione già operanti nelle pubbliche amministrazioni ritenuti indispensabili ai sensi del comma 1.

Per le amministrazioni statali si provvede con decreto di natura non regolamentare del Ministro competente, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica e con il Ministro dell'economia e delle finanze; per le restanti amministrazioni pubbliche, si provvede con atto dell'organo di direzione politica responsabile, da sottoporre all'approvazione dell'amministrazione vigilante e alla verifica degli organi interni di controllo. Gli organismi collegiali non individuati come indispensabili dai predetti provvedimenti sono conseguentemente soppressi [4]. Una ipotesi sanzionatoria è contemplata nel caso che sia scaduto il termine di cui al comma 2 senza che si sia provveduto agli adempimenti ivi previsti: il divieto di corrispondere alcun compenso ai componenti degli organismi collegiali.

Tornando alla formulazione dell’art. 96 Tuel - la cui area di operatività, è bene chiarirlo, non corrisponde a quella del citato art. 18 l. 448/2001, essendo molto più vasta, e comunque il Tuel rappresenta lex specialis [5] - il legislatore ha qui voluto escludere, in linea generale, limiti alla discrezionalità degli organi di direzione politica nella scelta di commissioni e comitati, con funzioni amministrative, da sopprimere. L’unico carattere prestabilito dalla legge in ordine agli organi che possono essere soppressi è esclusivamente quello della collegialità, salvo poi a verificare ulteriori profili di compatibilità di sistema.

Vari gli aspetti di interesse della norma in commento: essa richiede agli organi di direzione politica di identificare non le commissioni o i comitati superflui, bensì quelli indispensabili. Inoltre, il nuovo meccanismo ha natura permanente. Infine, viene accentuata la responsabilità che incombe sugli organi di direzione politica, che dovrebbero rispondere di eventuali carenze e ritardi.

La norma rafforza l’autonomia degli enti sottolineando il carattere annuale della scelta (da operare entro il 30 giugno), riconoscendo, così, nell'amplissima discrezionalità dell'organo di direzione politica, anche la possibilità di mutare legittimamente l'originaria valutazione. Ciò apre le porte ad ipotesi di reviviscenza di un organo collegiale, già escluso dal novero di quelli indispensabili e successivamente "riammesso" a seguito di una rinnovata valutazione. La diretta influenza sul bilancio degli enti pubblici rende, poi, naturale il collegamento delle determinazioni in oggetto con le previsioni programmatiche e di bilancio.

D’altro canto, il meccanismo di soppressione ex art. 96 del Tuel risulta quanto mai coerente con il nuovo quadro dei rapporti tra direzione politica e funzioni gestionali.

L’attività amministrativa dei collegi interessati a questa ipotesi di soppressione si esplica propriamente in funzione di procedimenti latamente accessori, a carattere, di volta in volta, istruttorio, certificatorio, ricognitivo, propositivo, consultivo, ecc. La devoluzione all’ufficio che riveste preminente competenza nella materia può, allora, essere interpretata come una scelta volta a responsabilizzare maggiormente la struttura tecnico-burocratica degli enti, limitando fortemente, anche per questa via, canali e forme di influenza e di pressione da parte di soggetti esterni all’amministrazione locale, ovvero di gruppi politici, pur presenti nei consessi elettivi, che riversano sui vari organi amministrativi di natura consultiva la loro attività politica.

L’impianto dell’art. 96 Tuel sembra, del resto, privilegiare la soppressione degli organi collegiali, consentendo, quasi in via di eccezione alla regola, di mantenere in vita gli organi identificati come indispensabili alla realizzazione dei fini istituzionali. Non è un caso che la rubrica dell’articolo rechi la significativa intitolazione “riduzione degli organismi collegiali”.

Nel caso in cui l'istituzione di particolari commissioni o comitati sia prescritta da leggi regionali, la cancellazione degli organi collegiali potrà, però, realizzarsi soltanto laddove nulla è stato stabilito dalla legislazione regionale stessa circa la loro necessarietà e le loro competenze, stante l’inidoneità della norma in commento ad incidere sulle materie attribuite alle regioni. L’art. 96 Tuel non sembra, inoltre, applicarsi neppure ad un particolare collegio: quello dei revisori, previsto direttamente dall’art 234 Tuel.

Al riguardo è stato osservato che il comma 4 dell’art. 152 Tuel, individuando le disposizioni del testo unico in tema di ordinamento finanziario e contabile derogabili in sede di regolamento comunale o provinciale di contabilità (in quanto non configuranti principi generali), non vi ha incluso l’art. 234, che al contrario ha valore di limite inderogabile. Ciò avvalora una ricostruzione in termini di dichiarazione implicita, ex lege, di indispensabilità dell’organo in questione. Da segnalare anche la previsione, sempre da parte dell’art. 234 Tuel, della sostituzione, per gli enti più piccoli, del collegio dei revisori con un revisore unico. Tale ultima disposizione sembra risolvere, legislativamente e una volta per tutte, l’alternativa organo monocratico – organo collegiale per la funzione in questione, senza che residuino spazi per le determinazioni degli organi di direzione politica responsabili.

Intervenendo sulla interpretazione della disposizione di cui all’art. 41, comma 1, della legge n. 449/1997, la circolare del Dipartimento della Funzione Pubblica 11 gennaio 2000, n. 1, ha voluto stigmatizzare non solo il carattere ope legis della soppressione degli organi collegiali non individuati come indispensabili, ma anche che “l’ambito di applicazione della norma riguarda tutti gli organi collegiali, anche se previsti da norme primarie e secondarie, e anche se istituiti successivamente all’entrata in vigore della legge n. 449/1997”.

La circolare si sofferma, altresì, sulla esigenza di una approfondita istruttoria circa la necessità di conservare presso l’amministrazione organi collegiali strumentali all’esercizio di funzioni pubbliche e circa la indispensabilità degli stessi per il raggiungimento delle finalità istituzionali dell’ente (pregando, al contempo, di trasmettere, a fini meramente conoscitivi, copia del relativo provvedimento al Dipartimento della funzione pubblica, insieme all’elenco degli organismi conseguentemente soppressi). L’elencazione dei collegi soppressi è, in ogni caso, certamente opportuna, anche per indicare il subentrante ufficio “che riveste preminente competenza nella materia” ed assicurare la continuità dell’azione amministrativa. Non appare, comunque, da escludere che tale elencazione possa essere successiva al provvedimento positivo di individuazione degli organi collegiali indispensabili.

2. Ipotesi applicative: commissioni edilizie e commissioni elettorali.

È giusto un’ipotesi di soppressione ex art. 41 legge n. 449/1997 della commissione edilizia ad aver fornito l’oggetto della prima pronuncia giurisprudenziale in materia: TAR Calabria, Reggio Calabria, 28 gennaio 1999, n. 48 [6].

Il giudice amministrativo ha affermato che “la soppressione della commissione edilizia comunale non contrasta con il fine pubblico, legislativamente preordinato, di conseguire risparmi di spesa e recupero di efficienza nei tempi dei procedimenti amministrativi; essendo tale commissione un organo tecnico comunale, essa ben può essere rimpiazzata dall’ufficio tecnico che riveste preminente competenza nella materia, consentendo in tal modo il raggiungimento della finalità predetta”.

La sentenza in oggetto ha rilevato che non occorre una puntuale motivazione circa la non indispensabilità di un organo collegiale da sopprimere, in quanto gli organi di direzione politica sono tenuti a specificare, puntualmente, nella motivazione soltanto le ragioni in base alle quali sono stati individuati gli organi ritenuti indispensabili, senza che siano gravati dell’onere di vagliare organismo per organismo le ragioni che inducono a ritenerli non indispensabili. Per questi ultimi la soppressione si configura come atto dovuto, quale conseguenza che discende direttamente dalla legge. Trova, quindi, applicazione il principio secondo il quale gli atti vincolati, adottati sulla base di schemi rigidamente definiti dalla legge, non necessitano di puntuale motivazione, essendo sufficiente l'indicazione dei presupposti di fatto e di diritto richiesti dalla legge per la loro adozione.

Anche TAR Veneto, sez. II, 19 marzo 2003, n. 1935 [7], ha avallato un ipotesi si soppressione della commissione edilizia (tranne i casi di suo funzionamento, non avvenuto nel caso di specie, quale commissione edilizia integrata), con conseguente devoluzione delle relative funzioni al Settore Sportello Unico –Attività edilizia. Di segno opposto, invece, TAR Campania, Napoli, sez. I, ordinanza 21 febbraio 2001, n. 742 [8], che ha ritenuto il carattere indispensabile della commissione ai fini del procedimento concessorio.

Nella risposta ad un quesito, il Ministero dell’Interno ha, altresì, sottolineato che mancando l’individuazione, da parte dell’ente, degli organi collegiali ritenuti indispensabili, l’attività della commissione edilizia non può considerarsi sospesa[9].

Passando alla (potenziale) soppressione della commissione elettorale comunale, esiste, invero, un orientamento contrario espresso dalla circolare telegrafica 15 luglio 1999 del Ministero dell’Interno, nella quale si evidenzia il carattere speciale della legislazione in materia elettorale, nonché la considerazione che la stessa rientra fra le materie di competenza esclusiva dello Stato (ai sensi dell’articolo 1, comma 3, lett. g, della legge n. 59/1997), ove il Sindaco agisce nella propria qualità di rappresentante del Governo, di modo che la decisione in merito al mantenimento o alla soppressione della commissione in oggetto non spetterebbe ai comuni ma all’amministrazione statale.

Sulla materia della tenuta e revisione delle liste elettorali è intervenuto anche l’art. 26 della legge 24 novembre 2000, n. 340 (legge di semplificazione 1999), che dispone l’istituzione dell’ufficiale elettorale, con effetto a decorrere dal 1 gennaio 2002. La nuova disciplina prevede che nei comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti ufficiale elettorale è il sindaco, quale ufficiale del governo; nei comuni oltre questa soglia l’ufficiale elettorale è, invece, la commissione elettorale.

Tale norma sembrerebbe rimarcare il carattere speciale della materia elettorale. La disposizione in esame, fra l’altro, condivide con l’art. 234 del Tuel (relativo al collegio dei revisori dei conti, organo che appare escluso dall’operatività del generale meccanismo di soppressione delineato dall’art. 96; v. supra) un particolare aspetto: l’individuazione per l’esercizio della stessa funzione di un organo monocratico o di un modulo collegiale a seconda della dimensione dell’ente. Ciò sembrerebbe suggerire una implicita valutazione di indispensabilità, ex lege, degli organi collegiali in questione negli enti più grandi.

La persistente indicazione di commissioni elettorali e collegi dei revisori dei conti rispetto a funzioni che nei comuni di minori dimensioni sono, invece, contestualmente fatte oggetto di una soluzione monocratica potrebbe apparire una definizione, in termini assoluti, di quella dialettica organo collegiale-organo monocratico cui è strumentale l’art. 96 Tuel.

 

(*) Viceprefetto aggiunto.

[1] Cfr. C. Silvestro, Il declino delle commissioni edilizie: organi indispensabili o da sopprimere?, in questa Rivista Internet ed in Urbanistica e appalti, n. 4/2000, 354.

Limitare, invece, come fa parte della dottrina, la legittimazione del singolo ente alla soppressione dei soli organi collegiali facoltativi, ovvero degli organismi che lo stesso ente ha deciso di istituire, svuoterebbe sostanzialmente di significato la norma. Essa risulterebbe, paradossalmente, sovradimensionata rispetto alla mera, ordinaria possibilità di soppressione degli organi collegiali facoltativi. A che pro, ad es., prevedere in via generale la valutazione della indispensabilità (e non dell’utilità o della opportunità di conservare l’organo), nonché il passaggio delle relative funzioni agli uffici che rivestono preminente competenza nella materia, se non in relazione agli organi collegiali necessari?

Contra cfr. E. Barusso, Commento all’art. 96, in AA.VV., Testo unico degli enti locali, Milano, 2000, I, II, 929, nonché T. Romei, Delegificazione e legalità, in Nuova rassegna, n. 6/2000, che negano alla norma in commento la natura di disposizione di delegificazione della materia.

A tali critiche si può obiettare che la previsione della soppressione degli organi collegiali ritenuti non indispensabili “non è frutto di un’autonoma iniziativa dell’ente locale, ma dello Stato, che facoltizza gli enti locali a verificare l’opportunità della soppressione degli organismi che non sono [in concreto] essenziali al normale funzionamento degli uffici” (E. Maggiora, Sull’opportunità della soppressione della commissione elettorale comunale, in Nuova rassegna, n. 2/2000, 162).

[2] Amplius L. Monteferrante, Interessi pubblici e semplificazione dell’attività amministrativa, Milano, 2000, 45.

[3] A partire dal D.P.R. n. 608/1994 (“Regolamento sul riordino degli organi collegiali dello Stato”), che ha soppresso numerosi comitati ed organi plurisoggettivi fra i quali molti aventi funzioni consultive.

[4] Cfr. TAR Lazio, sez III ter, 6 marzo 2002, n. 1778, che ha escluso l’applicabilità della norma ai Consigli scientifici nazionali e all’Assemblea della scienza e della tecnica, in quanto gli stessi non sono organismi di carattere tecnico e ad elevata specializzazione ma organi rappresentativi della comunità scientifica nazionale, universitaria e degli Enti di ricerca (in www.giurisprudenza.it).

[5] Cfr. anche T. Romei, Il riordino degli organismi collegiali, in Nuova rassegna, n. 5/2002, 546.

[6] In Guida agli enti locali de Il Sole-24 Ore, n. 7/1999, 90.

[7] In www.giustizia-amministrativa.it.

[8] In I T.A.R., n. 1/2002, 61, con nota di S. Grillo.

[9] In Guida agli enti locali de Il Sole-24 Ore, n. 3/2003, 55.


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