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n. 3/2007 - ©
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PAOLA PINNA*
Tipologie di lavoro flessibile nella P.A.
SOMMARIO: 1. Lavoro a tempo determinato; 2. Collaborazioni coordinate; 3 Rapporti convenzionali; 4. Somministrazione; 5. Stabilizzazione; 6 Quanti sono i precari nella p.a. E che fine faranno.
1. Nel rapporto di lavoro a tempo determinato nella P.A., disciplinato dal decreto legislativo 368/2001, l’apposizione del termine deve essere accompagnata dalla espressa indicazione delle “ragioni” specifiche di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo che ne giustificano il ricorso.
In altre parole, non essendovi più una tipizzazione puntuale, effettuata dalla contrattazione collettiva, delle situazioni che giustificano l’apposizione della clausola, queste saranno esplicitate di volta in volta in relazione alle specifiche esigenze.
Alla contrattazione collettiva resta il compito di individuare i limiti quantitativi del ricorso ai contratti a termine.
Le ragioni che giustificano l’apposizione del termine si riflettono anche sulla durata dei contratti che sostanzialmente viene ancorata al permanere delle stesse. L’unica limitazione riguarda la durata della proroga che non può superare, sommata alla durata originaria, i 36 mesi.
Come avviene l’assunzione dei lavoratori a termine?
Anche dopo l’entrata in vigore della nuova disciplina del D.lgs n. 368/2001, si deve escludere per il datore di lavoro pubblico la possibilità, prevista invece per il datore di lavoro privato, di provvedere all’assunzione diretta e nominativa dei soggetti interessati, data la permanente vigenza nel settore di lavoro pubblico del principio generale, imposto dall’art. 97 della Costituzione, dell’accesso ai pubblici impieghi sulla base di procedure concorsuali o selettive pubbliche.
Poiché la materia dell’accesso agli impieghi esula dalla competenza dei contratti collettivi, essendo oggetto di riserva di legge o di atto unilaterale delle pubbliche amministrazioni, queste ultime, ai sensi dell’art. 70, co. 13, del Dlgs n. 165/2001, disciplinano autonomamente, nell’esercizio della loro potestà regolamentare, le procedure selettive per l’assunzione di personale a tempo determinato, nel rispetto dei principi contenuti nell’art. 35 dello stesso D.lgs n. 165/2001.
A tale proposito, l’art. 4, comma 1, del D.L. 10.1.2006, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 marzo 2006, n. 80, ha introdotto il comma 4 bis dell’art. 35 del D.lgs 165/2001, che estende anche alle procedure di reclutamento a tempo determinato, per contingenti superiori alle 5 unità, la necessità di emanazione di apposito decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze per l’avvio delle procedure concorsuali.
Inoltre il medesimo art. 4, comma 2, ha introdotto i commi 1-bis; 1-bis 1 e 1-ter all’art. 36 del d.lgs 165 del 2001 prevedendo che l’attivazione delle forme contrattuali flessibili debba avvenire solo per esigenze temporanee ed eccezionali e previo esperimento di procedure inerenti all’assegnazione di personale, anche temporanea, nonché previa valutazione circa l’opportunità di attivazione di contratti con le agenzie di cui all’art. 4, comma 1, lettera a) del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, per la somministrazione a tempo determinato di personale, ovvero di esternalizzazione e appalto di servizi. Tali disposizioni inoltre costituiscono norme di principio per l’utilizzo delle forme contrattuali flessibili negli enti locali.
Infine, il comma 1-ter prevede che le amministrazioni pubbliche trasmettano alla Presidenza del Consiglio dei Ministri- Dipartimento della Funzione Pubblica e al Ministero dell’Economia e delle Finanze- Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato, le convenzioni concernenti l’utilizzo dei lavoratori socialmente utili.
Per quanto riguarda i limiti di spesa imposti dalla legge 27 dicembre 2006,n. 296 ( legge finanziaria 2007), deve farsi riferimento al comma 538 per il quale, con effetto dall’anno 2007, all’art. 1, comma 187, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, le parole “ 60 per cento” sono sostituite dalle seguenti “ 40 per cento” rispetto alla spesa sostenuta nell’anno 2003.
Il comma citato va però coordinato con il precedente comma 519 che prevede, per le amministrazioni interessate al processo di stabilizzazione del personale a tempo determinato, che le stesse continuino ad avvalersi dello stesso personale, nelle more della conclusione delle procedure di inquadramento.
Ciò consente alle medesime amministrazioni di derogare temporaneamente ai limiti fissati nel comma 538, fermo restando che, le stesse, potranno effettuare nuove assunzioni in forma flessibile solo quando, per effetto della stabilizzazione del personale interessato, la relativa spesa sarà ricondotta all’interno dei limiti consentiti.
Di rilievo appare inoltre il comma 529, per il quale, per il triennio 2007-2009, le pubbliche amministrazioni indicate al comma 523, che procedono all’assunzione di personale a tempo determinato, nei limiti ed alle condizioni previsti dal comma 1-bis dell’art. 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nonché dal comma 538 dello stesso articolo 1, nel bandire le relative prove selettive riservano una quota del 60% del totale dei posti programmati ai soggetti con i quali hanno stipulato uno o più contratti di collaborazione coordinata e continuativa, per la durata complessiva di almeno un anno, raggiunta alla data del 29 settembre 2006, attraverso i quali le medesime abbiano fronteggiato esigenze attinenti alle ordinarie attività di servizio.
2. Le collaborazioni coordinate e continuative sono di rapporti che si concretano in prestazione d’opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato (art. 409 c.pc.)
Tale forma di assunzione, non più prevista per il settore privato in quanto sostituita, ad opera della legge 14 febbraio 2003, n. 30 (cosiddetta legge Biagi), dal lavoro a progetto, permane nel settore pubblico al quale il decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, emanato in attuazione delle deleghe contenute nella predetta legge, non è direttamente applicabile.
Il ricorso alle collaborazioni esterne non è affatto secondario nella vita delle pubbliche amministrazioni; ad esse si fa ricorso, molte volte, in funzione di aggiramento di rigidità che invece non sussistono in uguale misura nella disciplina prettamente lavoristica.
E’ importante allora rimuovere queste prassi improprie senza criminalizzare un istituto che ha una sua valenza specie in situazioni di cambiamento in cui le amministrazioni si trovano a fronteggiare situazioni nuove, spesso altamente complesse, senza poter contare su risorse interne adeguate. In realtà, l’utilizzo di questa forma di reperimento di risorse umane può avvenire solo in alcuni casi e con le dovute cautele. Infatti, si deve sottolineare che su questo versante il datore di lavoro pubblico, a differenza di quello privato, può fare ricorso a forme di lavoro non subordinato solo in limiti ben precisi: quelli indicati in linea generale dall’articolo 7, comma 6 del decreto legislativo 165/2001, così come modificato dall’art. 32 del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito in legge 248 del 4/8/2006, il quale prevede che “ Per le esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio, le amministrazioni pubbliche possono conferire incarichi individuali, con contratti di lavoro autonomo, di natura occasionale o coordinata e continuativa, ad esperti di provata competenza, in presenza dei seguenti presupposti:
a) l’oggetto delle prestazioni deve corrispondere alle competenze attribuite dall’ordinamento all’amministrazione conferente e ad obiettivi e progetti specifici e determinati; b) l’amministrazione deve avere preliminarmente accertato l’impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse umane disponibili al suo interno; c) la prestazione deve essere di natura temporanea e altamente qualificata; d) devono essere preventivamente determinati durata, luogo, oggetto e compenso delle collaborazioni. Vengono infine introdotti i commi 6-bis e 6-ter, secondo i quali “ le amministrazioni pubbliche disciplinano e rendono pubbliche, secondo i propri ordinamenti, procedure comparative per il conferimento degli incarichi di collaborazione”; e “ i regolamenti di cui all’articolo 110, comma 6, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, si adeguano ai principi di cui al comma 6”.
Si può quindi affermare che nel pubblico, a differenza che nel privato, il lavoro autonomo viene a configurasi come un’eccezione.
Gli incarichi di collaborazione coordinata e continuativa hanno per oggetto prestazioni assai differenziate, sia a contenuto intellettuale sia a contenuto esecutivo o manuale. Tra i soggetti destinatari di detti incarichi figurano, quindi, sia esercenti professioni intellettuali tradizionali ( quali architetti, ingegneri, legali, revisori contabili ecc. sia nuove professionalità quali operatori web, web designer ecc): Nel settore pubblico tipiche figure di collaboratori esterni sono i medici convenzionati al S.S.N. e i dottorandi di ricerca.
Sebbene non sia consentito il ricorso alle collaborazioni coordinate e continuative nell’espletamento di attività routinarie, nella prassi varie amministrazioni pubbliche vi hanno fatto ricorso per ottemperare al lavoro di ufficio in carenza di personale in organico.
A tale proposito la crescita del fenomeno e l’utilizzo improprio delle collaborazioni coordinate e continuative hanno portato il Dipartimento della funzione pubblica ad intervenire con proprie circolari –circolare n. 4 del 15 luglio 2004, e circolare n. 5 del 21 dicembre 2006 - che hanno ribadito la necessità di ricorrere a tali tipologie solo per prestazioni di elevata professionalità, contraddistinte da una elevata autonomia e per assolvere a particolari e temporanee esigenze di servizio non fronteggiabili con le risorse professionali reperibili all’interno dell’amministrazione. La mancanza di reperibilità deve intendersi non in senso quantitativo bensì qualitativo.
Al riguardo, soccorre la consolidata giurisprudenza della Corte dei Conti, la quale ha ribadito l’impossibilità di affidare, mediante rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, i medesimi compiti che sono svolti dai dipendenti dell’amministrazione, proprio al fine di evitare una duplicazione delle funzioni ed un aggravio dei costi.
Per quanto attiene ai limiti di spesa imposti dalle varie leggi finanziarie, è da sottolineare che il legislatore ha operato una distinzione tra incarichi occasionali - classificandoli quali incarichi di studio, consulenza o ricerca- e collaborazioni coordinate e continuative, sottoponendoli a differenti limiti finanziari.
Tale circostanza non deve portare a qualificare diversamente le due tipologie contrattuali per quanto riguarda i presupposti necessari per l’affidamento dei relativi incarichi. Infatti, il legislatore, intervenendo nella materia con l’art. 32 del predetto D.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito con modificazioni, dalla legge 4 agosto, n. 248, ha unificato le due tipologie sotto l’unica denominazione di “ contratti di collaborazione”, riferendosi a quelle prestazioni che richiedono delle competenze altamente qualificate da svolgere in maniera autonoma, tanto di natura occasionale che di carattere coordinato e continuativo, ma solo gli incarichi di collaborazione per prestazioni occasionali possono essere conferiti al personale delle pubbliche amministrazioni, purchè non dipendente dall’amministrazione conferente.
La distinzione, presente nelle diverse leggi finanziarie, è dunque operante solo ed elusivamente ai fini di individuare i limiti di spesa pertinenti.
La legge finanziaria per il 2007 –legge 27 dicembre 2006, n. 296 – pone il relativo limite di spesa al comma 538, modificando il precedente limite espresso dal comma 187 della legge 23 dicembre 2005, n. 266 del 60 per cento della spesa del 2003 portandolo al 40 per cento.
3. Il termine generico indica il contratto di diritto privato stipulato tra due parti in cui vengono incluse tutte le clausole che regolano i rapporti tra i soggetti.
Nel diritto del lavoro, per convenzione si intende un rapporto di lavoro caratterizzato dalla più ampia autonomia nello svolgimento della prestazione. Si tratta di contratto d’opera regolato dall’art. 2222 e seguenti del codice civile, che così recita : “ Quando una persona si obbliga a compiere verso un corrispettivo un’opera o un servizio con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente…” Si configura quindi come la tipologia di lavoro autonomo inteso in senso stretto.
Normativa di riferimento nel pubblico impiego: Art. 7, comma 6 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 così come modificato dall’art. 32 del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223 convertito in legge 248 del 4/8/2006.
Tale tipologia contrattuale è utilizzata per il reperimento di esperti di provata competenza, in assenza di analoghe professionalità all’interno dell’amministrazione richiedente ed in presenza dei presupposti indicati nell’articolo di legge di cui sopra.
Si tratta di incarichi temporanei ed occasionali a cui l’amministrazione ricorre qualora necessiti di un supporto esterno per risolvere determinate problematiche o effettuare particolari studi. In tali casi, l’esperto svolgerà l’incarico conferitogli in totale autonomia, essendo tenuto unicamente ad apportare un risultato finale la cui controprestazione consisterà in un compenso globale onnicomprensivo.
Diversamente, l’amministrazione si avvarrà della tipologia contrattuale della collaborazione coordinata e continuativa quando sarà richiesta all’esperto una presenza continuativa, coordinata e prevalentemente personale all’interno dell’amministrazione, a fronte della quale riceverà non un compenso forfetario bensì una retribuzione periodica di tipo stipendiale.
Per l’anno 2007, l’art. 27 del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223 convertito in legge n. 248 del 4 agosto 2006, modificando il comma 9 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, pone, quale limite di spesa, il 40% di quella sostenuta allo stesso titolo nell’anno 2004.
Inoltre, il comma 173 della legge 23 dicembre 2005, n. 266 stabilisce che gli atti di spesa relativi agli incarichi di studi e consulenza conferiti a soggetti estranei alla pubblica amministrazione, di importo superiore a 5000 euro, devono essere trasmessi alla competente sezione della Corte dei conti per l’esercizio del controllo successivo sulla gestione.
4. Le Pubbliche amministrazioni possono ricorrere alla somministrazione di lavoro a tempo determinato per espressa previsione dell’art. 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, che ne stabilisce i limiti ed i presupposti.
A tale proposito, con l’art. 4, comma 2, del decreto legge 10 gennaio 2006, n. 4 convertito, con modificazioni, dalla legge 9 marzo 2006, n. 80, il legislatore ha introdotto nel predetto articolo il comma 1 bis, che obbliga le pubbliche amministrazioni ad anteporre tale forma di reperimento di personale, nonché l’esternalizzazione e l’appalto di servizi, alle altre forme contrattuali flessibili, previa opportuna valutazione.
La materia trova disciplina negli articoli 20 e seguenti del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, emanato in attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30 (cosiddetta Legge Biagi).
Tale disciplina è applicabile anche al pubblico impiego pur se il comma 2 dell’art. 1 del predetto decreto legislativo espressamente ne esclude l’applicabilità alle pubbliche amministrazioni ed al loro personale.
Infatti, il successivo comma 9 dell’art. 86 così recita: “ la previsione della trasformazione del rapporto di lavoro di cui all’art. 27, comma 1, non trova applicazione nei confronti delle pubbliche amministrazioni cui la disciplina della somministrazione trova applicazione solo per quanto attiene alla somministrazione di lavoro a tempo determinato.
Prima dell’entrata in vigore della nuova normativa, la materia, nel pubblico impiego, trovava disciplina nel Contratto collettivo nazionale quadro per la disciplina del rapporto di lavoro del personale assunto con contratto di fornitura di lavoro temporaneo, sottoscritto il 9 agosto 2000.
Attualmente, le norme contenute nel predetto decreto legislativo stabiliscono le causali che consentono ai datori di lavoro di ricorrere alla somministrazione, mentre l’individuazione dei limiti quantitativi per il ricorso a tali contratti rimane materia contrattuale.
Il contratto di somministrazione di lavoro può essere concluso da ogni soggetto, denominato utilizzatore, che si rivolga ad altro soggetto, denominato somministratore, a ciò autorizzato dalla legge e per tutta la durata della somministrazione, i lavoratori svolgono la propria attività nell’interesse nonché sotto la direzione ed il controllo dell’utilizzatore.
Nel pubblico impiego, tale tipologia contrattuale è ammissibile solo per il lavoro a tempo determinato ed in tale caso il rapporto di lavoro tra somministratore e prestatore di lavoro è soggetto alla disciplina di cui al decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, ai sensi dell’art. 22 del D. Lgs n. 276/2003. Da ciò risulta chiaro che il rapporto di lavoro è instaurato tra il somministratore ed il prestatore di lavoro e non già tra quest’ultimo e l’utilizzatore.
Ciò spiega perché le varie leggi finanziarie, nel fissare tetti massimi di spesa per l’utilizzazione di forme flessibili di assunzione di personale, non annoverano tra queste la somministrazione.
Tale spesa è invece contabilizzata nell’ambito delle forniture di beni e servizi, dando la prevalenza all’aspetto di fornitura di un servizio.
Ciò nonostante, tale forma di reperimento di personale non potrà utilizzarsi al fine di eludere le disposizioni in materia di divieto di assumere.
Pertanto, le pubbliche amministrazioni dovranno ricorrere alla somministrazione esclusivamente all’interno delle regole dettate dagli artt. 20 e 21, comma 1, lettera a),b),c),d) ed e) del predetto decreto legislativo. Diversamente l’amministratore incorrerà in responsabilità contabile nonché in responsabilità dirigenziale.
L’allarme sui costi della somministrazione viene lanciato anche dalla Funzione pubblica con circolare del 12 febbraio 2007 rivolta ad autonomie locali, Asl e amministrazioni centrali che sottolinea la necessità di porre un freno alla relativa spesa a prescindere dalla formale imputazione delle voci nei rispettivi bilanci. Il controllo dei costi passa per una corretta stima dei lavoratori da utilizzare prendendo in considerazione il documento di programmazione dei fabbisogni ed il riscontro della sussistenza delle ragioni previste dalla legge che permettono l’utilizzo della somministrazione.
Inoltre, le pubbliche amministrazioni, ancorché l’obbligazione economica verso il lavoratore gravi sull’Agenzia di somministrazione e non sull’utilizzatore, sono responsabili in solido, dovendo considerare che il lavoratore somministrato ha diritto ad un trattamento economico complessivamente non inferiore a quello degli altri dipendenti che svolgono le medesime mansioni all’interno dell’amministrazione, compresi gli emolumenti previsti dalla contrattazione integrativa, dai rinnovi contrattuali ecc. Pertanto dovranno porre attenzione, nel valutare le varie offerte, alla congruità dell’importo richiesto, in considerazione delle tariffe stracciate praticate a volte dalle Agenzie.
In conclusione, in nessun caso la P.A. potrà ricorrere alla somministrazione quale forma surrettizia di assunzione, al fine di aggirare il divieto di assumere.
Tuttavia, in presenza di esigenze temporanee ed eccezionali, previa opportuna valutazione, dovrà preferire tale tipologia contrattuale alle altre forme flessibili in quanto, non costituendo, per l’appunto, una forma di assunzione, non ingenererà eventuali aspettative di futura stabilizzazione.
5. Si intende quel processo volto alla progressiva conversione dei rapporti di lavoro flessibile in rapporti a tempo indeterminato.
Tuttavia, l’unica forma contrattuale flessibile interessata alla stabilizzazione è il tempo determinato.
Infatti, le altre forme di precariato, quali i contratti di collaborazione coordinata e continuativa, le convenzioni e la somministrazione costituiscono tipologie di lavoro autonomo di tipo privatistico e non instaurano, di conseguenza, un rapporto di lavoro pubblico la cui disciplina è improntata al principio fondamentale, totalmente estraneo al rapporto di lavoro privato, dell’accesso mediante concorso, enunciato dall’art. 97, comma 3, della Costituzione.
Diversamente, il rapporto di lavoro a tempo determinato, che costituisce l’unica forma flessibile di lavoro subordinato, rientra a tutti gli effetti nel pubblico impiego a cui sono applicabili tutti gli istituti contrattuali del personale a tempo indeterminato. Pertanto l’accesso nelle amministrazioni è subordinato al rispetto delle disposizioni sul reclutamento del personale che richiedono procedure selettive pubbliche, seppure semplificate.
Il processo è stato avviato con la legge finanziaria 2006, legge 23 dicembre 2005, n. 266, che prevede, al comma 247, a progressiva stabilizzazione, mediante procedure concorsuali per titoli ed esami, del cosiddetto “precariato storico” (7000 Unità) – personale a tempo determinato dei Ministeri per i beni e le attività culturali, della giustizia, della salute e l’Agenzia del Territorio, del Ministero dell’Economia e delle Finanze, del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, degli organi della magistratura amministrativa, dell’INPS, dell’INPDAP, dell’INAIL, dell’APAT, del CNIPA, dell’ENPALS e del Corpo forestale dello Stato.
A tale scopo è stato istituito presso Il Ministero dell’Economia e delle Finanze, per l’anno 2007, un apposito fondo di 180 milioni di euro.
Dette procedure sono state poi inserite nel più ampio processo di stabilizzazione del personale precario disposto dall’attuale legge finanziaria – legge 27 dicembre 2006, n. 296 -.
Il comma 519 di quest’ultima legge, riguarda le sole amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, incluse le agenzie fiscali di cui agli articoli 62, 63, e 64 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 e successive modificazioni, gli enti pubblici non economici, gli enti di ricerca e gli enti di cui all’art. 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazione e riserva una quota pari al 20% del fondo di cui all’art.1, comma 96 della legge n. 311/2004 alla stabilizzazione, a domanda, del personale non dirigenziale assunto a tempo determinato in possesso alternativamente dei seguenti requisiti:
1) aver prestato servizio per almeno un triennio anche non continuativo alla data del 1° gennaio 2007;
2) aver conseguito il precedente requisito in virtù di contratti stipulati anteriormente alla data del 29 settembre 2006, eventualmente prorogati ai sensi di disposizioni legislative speciali. Non possono essere considerate le eventuali proroghe, ai sensi del d.lvo 368/2001, successive alla data di entrata in vigore della legge 296/2006;
3) aver prestato servizio per almeno tre anni, anche non continuativi, nel quinquennio anteriore alla data del 1° gennaio 2007.
Il predetto personale deve essere stato assunto mediante procedure selettive di natura concorsuale o previste da norme di legge – ad esempio tramite le liste di collocamento, per le categorie per le quali è previsto il solo requisito della scuola dell’obbligo- ovvero sulla base di leggi speciali o ordinanze di protezione civile.
Per il personale non in possesso di quest’ultimo requisito si provvede alla stabilizzazione previo espletamento di prove selettive. Tutto il personale destinatario della norma è comunque mantenuto in servizio fino alla conclusione delle procedure di stabilizzazione.
Le assunzioni in argomento sono autorizzate secondo le modalità di cui all’art. 39 della legge 27/12/1997, n. 449.
Il comma 521 estende le modalità di assunzione di cui al comma 519 al cosiddetto “ precariato storico” già destinatario del comma 247 della legge finanziaria 2006, purchè in possesso dei prescritti requisiti, fermo restando il relativo onere a carico del fondo di cui comma 251 della stessa legge.
E’di recentissima emanazione il D.P.C.M. di ripartizione, tra le diverse amministrazioni, del contingente di personale precario da stabilizzare, ai sensi del sopraccitato comma 521.
Il Dipartimento della Funzione Pubblica, con propria recente circolare chiarisce che i posti in organico vacanti da destinare alla stabilizzazione debbono necessariamente corrispondere alla categoria/area o profilo assegnato con il contratto a termine. A tal fine ritiene che possa essere fatta valere la categoria/area di inquadramento relativa all’ultimo contratto a tempo determinato stipulato dall’interessato, ferma restando l’apposita regolamentazione o adozione di criteri che le singole amministrazioni intendano prevedere nell’ambito della propria autonomia organizzativa e gestionale.
Il comma 417 e segg. prevede l’istituzione di un apposito fondo destinato a finanziare piani straordinari per l’assunzione a tempo indeterminato di personale già assunto o utilizzato attraverso tipologie contrattuali non a tempo indeterminato. Destinatarie sono tutte le pubbliche amministrazioni indicate all’art. 1, comma 2, della legge 30 marzo 2001, n. 165. Il successivo comma subordina l’utilizzazione del predetto fondo, all’emanazione, entro il 30 aprile 2007, di un DPCM, adottato su proposta del Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze e con il Ministro del lavoro e della Previdenza Sociale, previo confronto con le organizzazioni sindacali, che fissi i criteri e le procedure per l’assegnazione delle risorse disponibili ed i requisiti dei soggetti destinatari della stabilizzazione.
Il fondo, per il cui finanziamento, a decorrere dall’anno 2007, è autorizzata la spesa di 5 milioni di euro, viene altresì alimentato da quote di risparmi di interessi sul debito pubblico conseguenti a determinate operazioni finanziarie.
Il comma 419, sancisce il divieto, per le amministrazioni che usufruiscono del fondo, di ricorrere a nuovi rapporti di lavoro precario, pena la responsabilità patrimoniale dell’autore della violazione.
Varie norme, poi, disciplinano il processo di stabilizzazione in particolari settori, quali:
Comma 526 – Stabilizzazione personale precario anni 2008- 2009;
Comma 528 – Conversione contratti di formazione lavoro;
Comma 520 - Stabilizzazione personale ricerca anno 2007;
Comma 558 – Stabilizzazione del personale precario nel comparto enti locali;
Comma 1156, lett.f ) – Stabilizzazione di soggetti impegnati in attività socialmente utili nei comuni con meno di 5.000 abitanti;
Comma 565 – Servizio Sanitario Nazionale - Riduzione spesa per il personale per il triennio 2007-2009 e stabilizzazione personale precario;
Comma 566 - Istituti Zooprofilattici sperimentali -autorizzazione ad assumere entro determinati limiti prioritariamente attraverso la stabilizzazione del personale precario;
Comma 519- Stabilizzazione Corpo Nazionale dei Vigili del fuoco;
Comma 940 – Stabilizzazione personale di taluni enti parco.
6. Il lavoro precario o “ atipico” sta assumendo dimensioni preoccupanti nella P.A.
Rispetto a dieci anni fa quando il fenomeno nel settore pubblico era pressoché inesistente, ora raggiunge livelli allarmanti. Risulta, addirittura che rispetto ad altri settori privatistici, la P.A. presenta un livello di flessibilità ben superiore alla media (19,5%) comprendendo il personale volontario delle Forze armate e dei corpi di polizia militare, il personale scolastico ed i docenti a contratto nelle università.
Questo dato, nonostante le varie leggi finanziarie succedutesi nel tempo tentino di limitare il fenomeno, è, nei fatti, destinato a crescere calcolando l’ormai permanente blocco delle assunzioni del personale a tempo indeterminato nonché la prossima, prevista, armonizzazione della legge 30 (cosiddetta legge Biagi) alle pubbliche amministrazioni.
Da uno studio effettuato dalla Ragioneria Generale dello Stato, illustrato dall’Ispettore Generale Capo dell’I.G.O.P. Dott. Giuseppe Lucibello davanti alla commissione Lavoro della Camera, nell’ambito della indagine conoscitiva sulle cause e le dimensioni del lavoro precario nel pubblico e nel privato, risulta che i precari nella pubblica amministrazioni sono oltre 500 mila, e di questi oltre la metà, lavorano nella scuola, con un deciso trend di crescita nel periodo 2001-2005.
Viene evidenziato che, nell’anno 2005, le unità dei contratti a tempo determinato ammontano a 103.349, formazione e lavoro 4.786, somministrazione di manodopera 9.067 e lavori socialmente utili 34.457. A questi vanni aggiunti i 225.716 precari del comparto scuola, 93.239 collaborazioni coordinate e continuative e 35.354 consulenze di studio e ricerca.
Il numero più rilevante di lavoratori precari è rappresentato dai contratti a tempo determinato per effetto, soprattutto, della progressiva conversione dei lavoratori socialmente utili. Difatti, in controtendenza, il numero di questi ultimi si riduce quasi della metà nel periodo 2001-2005 e vengono ormai utilizzati quasi esclusivamente nelle autonomie locali.
Il processo di evoluzione del precariato nasce nel corso degli anni 90 con la riforma Bassanini di riorganizzazione del pubblico impiego che contiene in sé i germi di tutte le future esternalizzazioni nel settore pubblico.
Vengono introdotte nel D.Lvo n. 29/1993 le varie forme di assunzione di personale in forma flessibile e la contrattazione collettiva ha provveduto a disciplinare talune tipologie di prestazione lavorativa (contratti di formazione e lavoro ed interinali).
Successivamente la Legge Biagi, pur se non direttamente applicabile alla P.A. struttura contratti lavorativi individuali brevi configurando un mercato del lavoro estremamente flessibile.
A ciò aggiungasi che la flessibilità offre la possibilità di superare vincoli normativi, permette di eludere le norme costituzionali in tema di accesso ai pubblici impieghi, di aggirare il blocco delle assunzioni.
Ciò non deve portare a demonizzare ogni forma di assunzione diversa dal tempo indeterminato nel pubblico impiego in quanto la flessibilità contribuisce al contenimento, alla razionalizzazione ed al controllo della spesa per il settore del pubblico impiego, purchè correttamente utilizzata.
E’ quanto mai opportuno, infatti, che le pubbliche amministrazioni non rimangano imbrigliate nei propri organici gonfiati a dismisura, ma adattino alle proprie esigenze, - soprattutto se occasionali e particolari, per le quali sia più confacente l’apporto temporaneo di personale esterno -, le modalità assunzionali.
Ciò non deve portare, come nei fatti è successo, ad avvalersi di lavoratori precari per sopperire a carenze di organico utilizzando surrettiziamente tipologie contrattuali deputate ad altri scopi ingenerando, nel contempo, aspettative in migliaia di lavoratori utilizzati al di là dei limiti temporali consentiti e magari in attività identiche a quelle del personale assunto a tempo indeterminato.
La progressiva stabilizzazione mira quindi a sanare questa situazione di fatto anche se nella Finanziaria 2007 compare una norma che sembra bloccare tutto. Il comma 410 prescrive, infatti, il divieto di assumere, per gli anni 2007 e 2008, a qualunque titolo e con qualsiasi tipo di contratto, per tutte quelle amministrazioni che non rispettino l’obbligo di presentare entro il 28 febbraio il proprio piano di riorganizzazione.
Seppure la prevista stabilizzazione libera da una condizione di instabilità molti lavoratori, non serve a bloccare il fenomeno dell’espansione della precarietà nel pubblico impiego se non saranno adottati controlli pregnanti circa il rispetto dei vincoli normativi e l’introduzione di ulteriori limiti numerici nella contrattazione collettiva.
* Vice Dirigente in servizio presso Ispettorato Generale per gli Ordinamenti del Personale e l’Analisi dei Costi del Lavoro Pubblico della Ragioneria Generale dello Stato.