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n. 3/2007 - ©
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MASSIMO PERIN
I difficili rapporti tra la giurisdizione amministrativa
e quella di responsabilità amministrativa
(A
lcune osservazioni sulla sentenza della Corte dei conti della Sezione Friuli Venezia Giulia n. 885 del 27.12.2006 che ha interferito sulla decisione definitiva del T.A.R. Friuli Venezia Giulia n. 410 del 2004)Premessa
.Nel corso dell’apertura dell’anno giudiziario 2007 il Presidente del T.A.R. Friuli Venezia Giulia ha criticato una sentenza della Sezione regionale giurisdizionale della Corte dei conti (cfr. Il Messaggero Veneto del 18.2.2007) che aveva, di fatto, contestato le conclusioni del giudice amministrativo il quale, con propria sentenza definitiva, aveva condannato un ente locale al risarcimento del danno subito da un’impresa, in ragione di acclarate illegittimità prodottesi durante una pubblica gara. In particolare, è stato contestato alla locale Sezione giurisdizionale della Corte dei conti di travestirsi da giudice di appello, riformando una sentenza del Tar e sconfessando, così, la decisione dei giudici amministrativi (entrambe le sentenze sono riportate in calce al presente documento).
Il tutto era avvenuto nel giudizio di responsabilità amministrativa avviato dalla Procura regionale nei confronti dei funzionari e degli amministratori chiamati a rispondere del danno indiretto causato all’amministrazione per l’annullamento di un’aggiudicazione e per il conseguente risarcimento del danno all’impresa alla quale non era stato aggiudicato l’appalto per l’accertata illegittimità della gara.
La decisione del TAR Friuli Venezia Giulia.
Il TAR Friuli Venezia Giulia, con la sentenza n. 410 del 2004, aveva condannato un ente locale per il danno conseguente all’illegittima mancata aggiudicazione di un appalto riguardante i lavori di ristrutturazione di un teatro comunale ad un raggruppamento di imprese che aveva – diversamente dall’impresa aggiudicataria, osservato la regola del bando di gara che imponeva di allegare alla domanda di ammissione il piano di sicurezza fisica dei lavoratori, con la dichiarazione che l’offerta teneva conto degli oneri connessi a tale piano.
La questione affrontata dal G.A. atteneva, appunto, all’illegittima aggiudicazione dei lavori ad un’impresa che, contrariamente a quanto stabilito dal bando di gara, non aveva adempiuto agli oneri in materia di sicurezza dei lavoratori (non allegando il piano di sicurezza), violando così le regole di partecipazione alla pubblica gara.
In particolare, nella fattispecie era emerso che il presidente della commissione di gara aveva dichiarato che non intendeva tenere conto dell’osservanza della disposizione in materia di sicurezza della lex specialis della gara, consentendo così a tutte le imprese partecipanti di venire ammesse alla gara, anche se solo alcune, fra le quali la ricorrente – danneggiata (dalla mancata acquisizione), avevano ottemperato alla regola del bando che imponeva di allegare il piano sulla sicurezza dei lavoratori.
Così, nonostante un tormentato iter di gara, per errori ed illegittimità varie, l’appalto veniva aggiudicato ad un impresa che non aveva, appunto, allegato il piano di sicurezza fisica dei lavoratori essendosi solo limitata a dichiarare che l’offerta teneva conto degli oneri conseguenti a tale piano.
Nel corso del giudizio sull’impugnazione del provvedimento di aggiudicazione il TAR F.V.G., con la prima sentenza (del 1 febbraio 1999 n. 45), annullava il provvedimento di aggiudicazione, stabilendo che la norma del bando sulla presentazione del piano sulla sicurezza fisica dei lavoratori andava osservata, con l’obbligo per le ditte accorrenti di allegare, a pena di esclusione, all’offerta il medesimo piano di sicurezza, senza limitarsi alla sola dichiarazione di aver tenuto conto dei relativi oneri.
Questa decisione trovava conferma anche innanzi al Consiglio di Stato per la tardività dell’appello proposto da parte dell’impresa aggiudicataria.
Dopo la sequenza giurisdizionale diretta ad acclarare l’illegittimità dell’aggiudicazione, l’impresa ricorrente che, fino a quel momento aveva ottenuto la sola soddisfazione di vedere riconosciute le proprie ragioni, non avendo conseguito nulla dal punto di vista sostanziale, presentava l’ulteriore ricorso per il risarcimento dei danni da mancata aggiudicazione.
L’impresa ricorrente lamentava la colpa dell’amministrazione, per non aver garantito, disattendendo il bando e il capitolato, la par condicio fra i concorrenti; inoltre, sussisteva il nesso causale fra la predetta colpa e il pregiudizio arrecato alla medesima che, con il corretto svolgimento della procedura, si sarebbe aggiudicata la gara.
Infine, la consistenza del danno doveva tenere conto sia della somma spesa per l’inutile redazione del piano di sicurezza (danno emergente), sia del lucro cessante, calcolato in base ad un’analitica perizia di parte (con riferimento all’art. 20 del D.M. 29.5.1895, all’art. 345 della L. 20.3.1865 n. 2248 Allegato F, al D.L.C.P.S. 15.7.1947 n. 763 e all’art. 14 della L. 10.12.1981 n. 741).
Introitato il ricorso per la decisione, il Tribunale amministrativo dopo avere accertato che i lavori erano rimasti affidati all’impresa aggiudicataria, nonostante la constatata illegittimità di detta aggiudicazione, doveva valutare la sussistenza dei profili risarcitori per equivalente in favore della ricorrente.
Conseguentemente, il giudice amministrativo ha affermato che il danno prodotto all’impresa ricorrente era da riferire a colpa dell’amministrazione aggiudicatrice, perché la commissione giudicatrice aveva disapplicato la lex specialis della gara che, con la prima sentenza del TAR, imponeva chiaramente la presentazione, assieme all’offerta, del piano di sicurezza, a pena di esclusione dalla procedura di gara.
Il mancato rispetto delle regole di gara violava il dovere di imparzialità dell’amministrazione, perché si trattava in modo eguale le imprese che avevano prodotto il piano di sicurezza (e sopportato gli oneri economici di redazione) e quelle che, invece, non l’avevano fatto, come l’impresa aggiudicataria, alterando con ciò tanto le medie, quanto la soglia di anomalia.
A tal punto, non essendovi contestazioni sul fatto che, quando si fossero osservate le norme di bando e capitolato, escludendo le imprese inadempienti, l’appalto sarebbe stato aggiudicato all’impresa ricorrente, la quale era risultata, fra le imprese in regola, quella che aveva presentato la migliore offerta, era sussistente il nesso causale fra la colpa della p.a. e il danno prodotto che consisteva non in una semplice perdita di chance, ma nella mancata aggiudicazione della gara, oltre le spese affrontate per la redazione del piano di sicurezza.
In definitiva, il ricorso veniva accolto e l’amministrazione andava condannata a ristorare l’impresa illegittimamente non aggiudicataria la somma di € 60.728,28, aggiungendovi gli accessori di legge dal momento dell’illegittima approvazione degli atti di gara al soddisfo, oltre le spese per la soccombenza in giudizio.
La decisione della Sezione giurisdizionale della Corte dei conti del Friuli Venezia Giulia.
Ebbene, di fronte a un pregiudizio per la finanza pubblica conseguente al danno oggettivamente acclarato dal giudice amministrativo, la Procura regionale, una volta ricevuta notizia dell’avvenuto riconoscimento del debito fuori bilancio, avviava doverosamente l’iniziativa risarcitoria nei confronti di coloro che, con il proprio comportamento, erano pervenuti alla decisione illegittima che disapplicava le regole del bando di gara in materia di presentazione del piano di sicurezza dei lavoratori.
La Procura attrice individuava i responsabili in coloro che avevano avuto un ruolo nel procedimento di gara e negli amministratori che avevano deliberato il provvedimento di aggiudicazione.
La Procura regionale condivideva la sentenza del TAR che, ammettendo alla gara tutte le imprese offerenti, comprese quelle che non avevano incluso nel plico il piano per la sicurezza fisica dei lavoratori, affermava la colpa dell’amministrazione, per aver disatteso le norme del bando che comminavano l’esclusione dalla gara delle imprese che avessero prodotto documenti incompleti o irregolari.
L’Ufficio di Procura sosteneva che il comportamento dei convenuti doveva essere considerato gravemente colposo, in quanto le norme del bando erano chiarissime nel richiedere alle imprese l’inclusione nel plico di un piano per la sicurezza dei lavoratori già predisposto e nel comminare, in caso di mancanza od irregolarità dei documenti richiesti, l’esclusione dalla gara.
Una volta operata tale scelta l’amministrazione doveva attenersi alla stessa, non potendo discostarsi dalle norme che si era discrezionalmente data, se non ricorrendo ad un atto formale di rettifica, previa sospensione, se del caso, della procedura di gara in corso.
Inoltre, ammettendo alla gara anche imprese che andavano escluse, i convenuti avevano violato anche il dovere di imparzialità discendente dall’art. 97 della Costituzione, di particolare rilievo nel settore dei pubblici contratti.
I convenuti appartenenti alla struttura amministrativa nelle proprie difese sostenevano che la commissione di gara aveva correttamente interpretato la prescrizione del bando; infatti, la redazione del piano di sicurezza era necessaria solo prima dell’inizio dei lavori, con la conseguenza che si doveva favorire, nel dubbio, la più ampia partecipazione delle imprese al procedimento di evidenza pubblica.
Costoro ritenevano non condivisibile sentenza la prima decisione del T.A.R. del Friuli Venezia Giulia, il cui mancato appello era da ascriversi solo ad errore del difensore del Comune, nei cui confronti era stata promossa azione risarcitoria avanti al giudice ordinario.
La difesa degli amministratori convenuti, già componenti della giunta comunale che aveva adottato la deliberazione di aggiudicazione della gara cassata dal TAR, affermava, invece, l’insussistenza della responsabilità per non aver disposto l’annullamento in via di autotutela dell’aggiudicazione provvisoria, da un lato per la ripartizione di compiti e ruoli tra la parte politica e la parte amministrativa, e dall’altro perché non emergeva nella fattispecie una di quelle gravi ipotesi nelle quali la giurisprudenza ammette l’annullamento dell’aggiudicazione.
A questo punto, i giudici friulani della responsabilità amministrativa per valutare se il comportamento tenuto nella fattispecie dai convenuti fosse stato foriero di responsabilità ha ritenuto di esaminare la disposizione del bando di gara all’origine della tormentata vicenda amministrativa; il tutto, al fine di verificare se la stessa conteneva una prescrizione chiara ed univoca o non presentava, invece, un contenuto di incerta lettura, suscettibile anche dell’interpretazione prescelta dalla commissione di gara.
Nella sua valutazione il Collegio contabile (contrariamente a quanto affermato dal TAR) ha ritenuto che la prescrizione del bando di gara in materia di sicurezza non poteva assolutamente definirsi univoca, nel senso di imporre alle imprese di anticipare, al momento della domanda di ammissione alla procedura per l’aggiudicazione dell’appalto, la materiale redazione del piano per la sicurezza fisica dei lavoratori, affinché questo venisse allegato alla domanda a pena d’esclusione dalla gara, ma che si prestava anche alla alternativa lettura che lo stesso andava materialmente redatto, per essere messo a disposizione delle autorità competenti preposte alle verifiche ispettive di controllo dei cantieri, solo prima dell’inizio dei lavori.
La sezione regionale della Corte dei conti osservava che l’onere di redazione del piano di sicurezza comportava, per le tutte le imprese partecipanti alla gara, i costi della redazione medesima, da parte di un professionista, di un piano di sicurezza destinato per tutte, tranne che per l’impresa aggiudicataria, all’assoluta inutilità.
In questo modo, secondo la Sezione Friuli Venezia Giulia della Corte dei conti, l’interpretazione dell’amministrazione appariva, senz’altro, correttamente orientata, in quanto diretta a privilegiare l’ammissione alla procedura concorsuale del maggior numero possibile di imprese, perché conforme all’interesse pubblico alla più larga partecipazione alle gare, per una scelta tra il maggior numero possibile di offerte.
Alla luce di questa impostazione il Collegio friulano della Corte dei conti ha escluso la giustificazione dell’addebito di responsabilità rivolto ai convenuti, i quali non sono stati ritenuti responsabili di aver posto in essere un comportamento amministrativo suscettibile di censura, conseguentemente, con il proscioglimento degli incolpati, seguiva ex art. 91 c.p.c. la liquidazione delle spese di difesa dei convenuti.
Osservazioni sul rapporto conflittuale tra le decisioni di diverse giurisdizioni.
Ebbene, dai fatti sopra riassunti non vi è dubbio che i giudizi sopra riportati entrino in evidente conflitto, dal momento che la Sezione regionale della Corte dei conti non si è limitata alla valutazione dei comportamenti, ma, di fatto, ha censurato la decisione del TAR, attraverso l’affermazione di ambiguità di una clausola che il giudice amministrativo aveva dichiarato, invece, chiarissima nei suoi effetti, perché stante la regola predeterminata nel bando di gara dalla stazione appaltante andavano escluse dalla gara le imprese che non avevano presentato il piano di sicurezza dei lavoratori.
Con la propria decisione, la Sezione regionale F.V.G. della Corte dei conti ha ritenuto che l’interpretazione della regola del bando riguardante l’allegazione del piano di sicurezza fisica dei lavoratori, poteva anche essere interpretata nel senso che il piano medesimo non andava allegato, perché la sua redazione sarebbe stata onerosa ed inutile per coloro che non si sarebbero aggiudicati la gara, anche se si deve notare che il costo sostenuto dall’impresa danneggiata dalla decisione amministrativa era stato di € 1.342,79, importo contenuto e certamente sostenibile da parte di imprese che intendono partecipare ai pubblici appalti.
A questo si deve aggiungere l’osservazione che quando si dichiara che il ribasso offerto è stato effettuato tenendo conto anche degli oneri previsti per il piano di sicurezza fisica dei lavoratori, in assenza dell’allegazione di questo, non è chiaro in quale maniera si può tener conto dei predetti oneri.
In effetti, la Procura regionale aveva evidenziato che l’inserimento nel bando di una prescrizione più rigorosa rispetto alla normativa vigente, che vuole il piano redatto e messo a disposizione delle autorità preposte alle ispezioni dei cantieri solo prima dell’inizio dei lavori, probabilmente rispondeva alla necessità di accertare, attraverso la visione del piano, che l’offerta complessiva avesse tenuto conto degli oneri economici del piano medesimo e per avere ulteriori garanzie sulla sicurezza dei cantieri (e sull’incolumità dei lavoratori) (1).
Comunque, nell’ambito dei rapporti tra le due giurisdizioni, non vi dubbio che, una volta corrisposto il risarcimento del danno per la mancata aggiudicazione di una gara e, quindi, per la lesione di posizione d'interesse legittimo (in questo caso sostanziale), si realizza un fatto dannoso per la finanza pubblica con conseguente obbligo di denunzia alla competente Procura Regionale della Corte dei Conti (art. 20 d.P.R. n. 3 del 1957; art. 32 legge n. 335/1976) essendo devoluto a questa e non all’amministrazione ogni valutazione sulle componenti dell’illecito amministrativo causativo di danno finanziario per l’erario pubblico.
In queste vicende è importante è ricordare la differenza tra illegittimità (già scrutinata dal giudice amministrativo) e illiceità del provvedimento amministrativo; infatti, secondo la consolidata dottrina e giurisprudenza della Corte dei conti, l’illiceità evoca il pericolo del danno erariale, da cui consegue l’obbligo di investire della vicenda la Procura della Corte dei conti, che dovrà procedere agli accertamenti del caso, mentre, l’illegittimità dell’atto amministrativo, derivante dalla presenza di vizi, prescinde dal danno erariale, ma rimane, comunque, censurabile e sanzionabile da parte degli organi di controllo (Corte dei conti, Sez. controllo Stato, I e II collegio, n. 17 del 30.12.2003).
Ebbene, quando un provvedimento amministrativo viene dichiarato illegittimo e da questa dichiarazione conseguono anche pregiudizi economici per l’amministrazione, emerge, in ogni caso, la violazione del principio del buon andamento della p.a. (art. 97 Costituzione, art. 1 e 4 della legge n. 241 del 1990), che vuole che le competenze siano individuate e rispettate; le funzioni assegnate vengano esercitate con professionalità e le responsabilità proprie dei funzionari vengano attivate, con la conseguenza che ogni azione del pubblico dipendente che leda gli interessi patrimoniali dell’amministrazione, se esente da qualsivoglia responsabilità, dimostra solo l’esistenza di una struttura organizzata confusamente, gestita in maniera inefficiente, non responsabile né responsabilizzata e distante dagli interessi della collettività.
Il tutto deve essere riportato all’interno dell’impostazione scelta dal legislatore che, all’art. 1, primo comma, della legge n. 241/1990, stabilisce che l’esercizio dell’attività amministrativa deve ispirarsi a criteri di economicità e di efficacia e dove l’amministrazione risponde a criteri di funzionalità, professionalità e responsabilità.
A questo punto, una volta che siano corrisposti i risarcimenti per questa tipologia di danno (da lesione di interesse legittimo), si è in presenza di un’ingiusta lesione di un interesse economicamente valutabile di pertinenza dello Stato (così Cass. S.U. 4 gennaio 1980, n. 2) e, di conseguenza, dovranno essere effettuate dall’organo giurisdizionale contabile (attivato dall’Ufficio del P.M.) le necessarie verifiche in ordine alle responsabilità personali di chi, con la sua azione od omissione, ha causato il danno ingiusto, altrimenti a pagare sarà solo la fiscalità generale e non coloro che hanno tenuto una cattiva e colpevole gestione della cosa pubblica.
L’accertamento della responsabilità finanziaria degli agenti pubblici è rimessa, dunque, al giudice della responsabilità amministrativa, dovendosi limitare le altre giurisdizioni (sia quella civile, sia quella amministrativa) a scrutinare il comportamento dell’apparato amministrativo e non dei singoli dipendenti (cfr. Cass. S.U. n. 500 del 1999), ma questo non vuol dire che quanto accertato dagli altri giudici, pur potendo essere valutato autonomamente in sede contabile, possa essere, di fatto, cassato, realizzando così un improprio riesame delle fattispecie dove era emerso un pregiudizio pubblico.
La sentenza della Corte dei conti friulana, proprio per questo motivo, non convince, in quanto essa avrebbe dovuto limitarsi a valutare il comportamento dei convenuti all’interno di un’azione amministrativa illegittima, dove la stazione appaltante prima aveva stabilito una regola che imponeva la presentazione, a pena di esclusione, del piano di sicurezza dei lavoratori, poi, nel corso della gara interpretava la stessa nel senso che l’allegazione di questo documento non era più necessaria, rivelando, così, un comportamento almeno ondivago.
Invece, come evidenziato dall’Ufficio di Procura, non potendo l’amministrazione discostarsi dalle norme che si era discrezionalmente data, avrebbe dovuto operare un atto formale di rettifica del bando, previa sospensione, se del caso, della procedura di gara in corso.
Questa circostanza era anche stata posta all’attenzione della stazione appaltante nel corso della gara, dal momento che due dei rappresentanti delle imprese (così come riportato nella parte in fatto della sentenza della Corte friulana) avevano invitato il presidente della commissione a non aprire le buste d’offerta delle concorrenti che non avevano materialmente presentato anche il piano di sicurezza, con la conseguenza che i convenuti erano a conoscenza della possibilità di incorrere in un’azione amministrativa illegittima.
Comunque, è anche possibile che la sentenza, nel suo percorso argomentativo, abbia seguito l’impostazione della difesa dei convenuti, i quali hanno colto l’occasione del giudizio di responsabilità amministrativa per contestare le conclusioni (definitive) del giudice amministrativo, affermando che la condanna dell’amministrazione era da riferire anche a una condotta disattenta del difensore del Comune che si era fatto sfuggire, per proposizione tardiva, l’appello.
Inoltre, sosteneva la difesa dei convenuti che, diversamente da quanto ritenuto dal T.A.R. e fatto proprio dalla Procura regionale, non può affatto affermarsi che quanto prescritto, in materia di piano per la sicurezza dei lavoratori da parte del bando di gara, fosse una norma chiara e di univoca lettura, argomento questo certamente diretto a censurare la decisione del giudice amministrativo.
Proprio su questo aspetto occorre, però, evidenziare che altra giurisprudenza (Corte dei conti, sezione giurisdizionale regionale per la Lombardia - n. 447 del 14.7.2006) ha escluso che nel giudizio di responsabilità amministrativa - avviato per le ipotesi di danno indiretto - il convenuto possa far leva, per esimersi dalle proprie responsabilità, su presunti errores in iudicando in cui sarebbe incorsa la sentenza emessa da altra giurisdizione, nonché sull’esercizio carente dello ius postulandi da parte dell'Avvocatura dello Stato o dell’attività dell'Ufficio contenzioso dell’amministrazione, perché si impone, in ogni caso, nei confronti di detti referenti processuali un atteggiamento di doverosa collaborazione a tutela delle ragioni erariali - quale la stesura di memorie che servano alla difesa dell'amministrazione stessa - e non certo un commodus discessus, diretto a contestare genericamente una carente attività difensiva.
Tra l’altro, quest’ultima giurisprudenza evidenziava anche che, per aversi un perfetto funzionamento dei meccanismi di mercato, è necessaria non solo una situazione di "concorrenza effettiva", ma anche una "condizione di legalità" (esclusa nella presente fattispecie dal giudice amministrativo), intesa questa come diffuso e comune rispetto delle regole, garanzia di crescita economica, nonché sociale, sicché, il vulnus inferto al funzionamento di detti meccanismi non può non rilevare sul piano della responsabilità amministrativo-contabile, per il costo sociale che esso comporta (che, nel caso specifico, sono gli oneri di risarcimento per il bilancio pubblico).
In definitiva, la sentenza della Sezione friulana della Corte dei conti non convince per il conflitto che crea con la giurisdizione amministrativa, tenuto conto che altre Sezioni regionali della Corte dei conti tengono in diversa considerazione la giurisprudenza di legittimità, come, ad esempio, nelle ipotesi dove era stata contestata la responsabilità per il mancato adeguamento alle disposizioni provenienti dalle decisioni del giudice amministrativo.
Infatti, è stato affermato che sussiste la responsabilità amministrativa del funzionario responsabile del procedimento per il danno patito da un Comune per la condanna alle spese legali a seguito di una sentenza del Tribunale amministrativo regionale, quando comportamento del medesimo funzionario risulta ingiustificato e non rispondente ai compiti e ai doveri a lui spettanti, considerato che il predetto comportamento è risultato connotato da colpa grave per avere del tutto trascurato il chiaro suggerimento formulato dal Tar che, fin dall’ordinanza di sospensione del provvedimento dell’amministrazione, indicava gli eventuali corretti provvedimenti da adottare, compresi quelli correttivi o, addirittura, repressivi (così Corte dei Conti – Sezione Abruzzo – sentenza n. 730 del 24.10.2005).
Riguardo i rapporti tra la giurisdizione di legittimità e quella di responsabilità, oltre a questa giurisprudenza, si deve ricordare anche la fattispecie di responsabilità finanziaria susseguente agli interventi del commissario ad acta, dove la giurisprudenza di legittimità (Cons. Stato n. 1128 dell’1 marzo 2001) ha affermato che il commissario ad acta, nominato in sostituzione dell’amministrazione che non ha dato esecuzione al giudicato, deve provvedere a denunciare alla competente Procura presso la Corte dei conti gli specifici comportamenti omissivi che ne abbiano reso necessario l’intervento, con consequenziale danno erariale corrispondente alle spese per l’intervento e quant’altro collegato all’inesecuzione della sentenza.
In merito all’intervento del commissario ad acta, la giurisprudenza (Corte dei conti, sezione Abruzzo sentenza n. 580 del 31.10.2003) ha affermato che sussiste la responsabilità amministrativa del dirigente responsabile per aver ritardato, con comportamento contrassegnato da colpa grave, l’esecuzione del giudizio di ottemperanza, provocando con la sua inerzia l’intervento del commissario medesimo, atteso che gli oneri consequenziali che ne derivano costituiscono un pregiudizio finanziario per l’amministrazione.
Infatti, sia la giurisprudenza, sia la dottrina amministrativa hanno avuto modo di affermare che l’intervento del commissario ad acta nasce sempre dalla "latitanza" delle amministrazioni ad esercitare le proprie funzioni o per incapacità o per l’ostinazione delle stesse a uniformarsi alla decisione giudiziale.
L’inottemperanza è stata, altresì, vista come "un fatto di ribellione al giudicato", con la conseguenza che colui che ricorre al giudizio d’ottemperanza chiede al giudice di disporre, tramite il commissario ad acta, gli atti che l’amministrazione non vuol fare o, perlomeno, ritarda di adottare.
Ebbene, anche se esistono punti di significativa differenza tra il giudice amministrativo e quello contabile, dove il primo si muove nell’ambito della dicotomia "diritto soggettivo – interesse legittimo", mentre il secondo non si muove nell’ambito di una dicotomia tra situazione soggettive, ma guarda alla protezione degli interessi generali connessi alle materie di contabilità pubblica (cfr. A. PAJNO, Il rapporto con le altre giurisdizioni, in Responsabilità amministrativa e giurisdizione contabile, pag. 151, in Atti del LI Convegno di VARENNA del 2005, ed GIUFFRÈ, Milano 2006), questo non vuol dire che ambedue le giurisdizioni non possano muoversi, anche in senso complementare, nell’ambito dell’unità funzionale della giurisdizione, dove non sono escluse le attuali diverse organizzazioni.
La complementarità delle due funzioni giurisdizionali comporta che, innanzi ad un accertamento definitivo di illegittimità dell’agire amministrativo, non si può, per pervenire ad una pronuncia assolutoria dalla responsabilità amministrativa, fornire una nuova legittimità a condotte amministrative sicuramente caratterizzate se non da colpa o colpa grave, perlomeno da opacità gestoria.
Quando il giudice contabile, nella sua ricostruzione dei fatti, perviene ad un giudizio diametralmente opposto a quello del giudice amministrativo, modifica nella sostanza le decisioni di quest’ultimo che, innanzi agli occhi dell’amministrazione, rischia di essere ritenuto di minore attendibilità, nonostante la presenza di azioni illegittime che hanno prodotto per il pubblico bilancio danni oggettivamente acclarati.
Questo non vuol significare che il giudice contabile (in presenza di danno indiretto) perda la sua autonomia decisionale appiattendosi sulla pronuncia di altra giurisdizione, perché nel giudizio di responsabilità amministrativa diretto a valutare il comportamento degli agenti pubblici occorre apprezzare, nell’ambito di quanto già accertato dal giudice amministrativo e che costituisce il presupposto dell’iniziativa risarcitoria, se il comportamento dei convenuti abbia raggiunto la soglia della gravità della colpa, tenuto conto che, anche in presenza di atti amministrativi illegittimi, può non raggiungersi la prova dell’illiceità della condotta come quando non si rinviene una chiara inosservanza dei doveri d’ufficio (prima fra tutti il dovere di diligenza) da parte del dipendente come persona fisica e non come organo (cfr. F. GARRI, I giudizi innanzi alla Corte dei conti, pag. 176 e segg. e le note ivi richiamate, Milano, 2000).
Ebbene, dagli atti richiamati nella sentenza della Corte dei conti friulana, emergono sicuramente profili di azione amministrativa incerta e confusa che, anche se non la si voleva colorare di colpa grave, certamente rilevava indici di opacità procedurali e comportamentali ben ravvisabili nel corso dell'intera vicenda amministrativa.
Quest’ultima circostanza avrebbe dovuto indurre il Collegio contabile a dichiarare, almeno, i giusti motivi per la declaratoria di compensazione integrale delle spese legali tra le parti, tenuto conto che altra giurisprudenza ha affermato che il rimborso delle spese legali da parte dell’amministrazione può trovare applicazione solo in caso di esclusione del danno ingiusto, ossia quando sono assenti sia sotto l’aspetto oggettivo (il danno patrimoniale), sia sotto quello soggettivo (la gravità della colpa) gli elemento generatori della responsabilità amministrativa, non consentendosi l’accollo di questa ulteriore spesa in presenza di un danno ingiusto, come quello affermato dal giudice amministrativo con il risarcimento per la mancata aggiudicazione dell’appalto (cfr. Corte dei conti, sezione Toscana, n. 431 del 19.7.2006 e sezione Piemonte, n. 138 del 12.6.2006) (2).
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(1) Il Piano di Sicurezza fisica dei lavoratori è previsto dal comma 8 dell’art. 18 Legge 55/90, esso prevede che le stazioni committenti stabiliscano a carico delle imprese esecutrici l’obbligo di predisporre, prima dell’inizio dei lavori, il piano delle misure per la sicurezza fisica dei lavoratori.
(2) L’art. 10 bis, comma 10, del D.L. 30 settembre 2005, n. 203, convertito con modificazioni dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248 dispone che il giudice contabile deve liquidare le spese legali e di difesa in favore del convenuto assolto nel merito, il giudice deve poi provvedere alla liquidazione anche in assenza di presentazione della nota spese.
SENTENZA DELLA CORTE DEI CONTI
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE REGIONALE
PER IL FRIULI VENEZIA GIULIA
composta dai seguenti Magistrati:
Dott. Maurizio BELLI Presidente
Dott. Paolo SIMEON Consigliere relatore
Dott. Cesare CROSTA Consigliere
VISTO l'atto di citazione dd. 24.3.2006 del Procuratore Regionale Dott. Giovanni DE LUCA;
UDITI nella pubblica udienza del giorno 23 novembre 2006, con l'assistenza del Segretario Dott.ssa Anna DE ANGELIS, il relatore Consigliere Paolo SIMEON, l’Avv. Luca DE PAULI per i convenuti FILIPPI e TESTA, l’Avv.to Francesca SPADETTO, in sostituzione dell'Avv. Luca Ponti, per i convenuti DUZ, DEVESCOVI, TESSARIN e SEGATTO, l’Avv. Riccardo CATTARINI per il convenuto CAUTERO ed il Procuratore Regionale Dott. Giovanni DE LUCA;
ESAMINATI gli atti ed i documenti tutti di causa;
ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
nel giudizio di responsabilità iscritto al n. 11338 del registro di Segreteria, promosso nei confronti dei Sigg.:
- DUZ Roberto, residente a Torviscosa (UD), rappresentato e difeso dagli Avv.ti Luca PONTI del Foro di Udine e Raffaele ESTI del Foro di Trieste, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Trieste, Via Cicerone n. 4;
- DEVESCOVI Mario, residente a Torviscosa (UD), rappresentato e difeso dagli Avv.ti Luca PONTI del Foro di Udine e Raffaele ESTI del Foro di Trieste, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Trieste, Via Cicerone n. 4;
- TESSARIN Aldo, residente a Torviscosa (UD), rappresentato e difeso dagli Avv.ti Luca PONTI del Foro di Udine e Raffaele ESTI del Foro di Trieste, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Trieste, Via Cicerone n. 4;
- SEGATTO Sergio, residente a Torviscosa (UD), rappresentato e difeso dagli Avv.ti Luca PONTI del Foro di Udine e Raffaele ESTI del Foro di Trieste, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Trieste, Via Cicerone n. 4;
- FILIPPI Flavio, residente a Torviscosa (UD), rappresentato e difeso dagli Avv.ti Luca DE PAULI del Foro di Udine e Raffaele ESTI del Foro di Trieste, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Trieste, Via Cicerone n. 4;
- CAUTERO Alberto, residente a Ronchi dei Legionari (GO), rappresentato e difeso dagli Avv.ti Riccardo CATTARINI del Foro di Gorizia e Stefano PETRONIO del Foro di Trieste, con domicilio eletto presso il loro studio in Trieste, Via Fabio Severo n. 38;
- TESTA Candido, residente a Cervignano del Friuli (UD), rappresentato e difeso dagli Avv.ti Luca DE PAULI del Foro di Udine e Raffaele ESTI del Foro di Trieste, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Trieste, Via Cicerone n. 4;
F A T T O
Con atto di citazione dd. 24.03.2006, la Procura Regionale ha convenuto in giudizio i Sigg. DUZ Roberto, DEVESCOVI Mario, TESSARIN Aldo, SEGATTO Sergio, FILIPPI Flavio, CAUTERO Alberto e TESTA Candido, per sentirli condannare al pagamento, a favore del Comune di Torviscosa (UD), della complessiva somma di € 77.129,31 oltre a rivalutazione monetaria, interessi e spese di giudizio, sostenendo che tale somma corrisponde a danno erariale causato dai nominati all’ente comunale.
Ha in tal senso riferito che con nota del 28.12.2004 il Comune di Torviscosa ha comunicato l’avvenuto riconoscimento, con delibera del Consiglio Comunale n. 44 del 9.12.2004, del debito fuori bilancio di € 77.129,31 (soddisfatto con mandato di pagamento n. 30 del 12.01.2005) a favore dell’Associazione temporanea di imprese (d’ora in avanti sinteticamente A.T.I.) costituita tra la Guerra S.p.A. di Spilimbergo (capogruppo) e la Friulcos – Friulana Costruzioni S.p.A. di Spilimbergo.
Il provvedimento, come è chiarito nella predetta nota, risulta adottato in conseguenza della sfavorevole sentenza del T.A.R. del Friuli Venezia Giulia n. 410 del 16.6.2004, con la quale l’Amministrazione comunale è stata condannata al risarcimento dei danni a favore dell’A.T.I. per la mancata aggiudicazione alla stessa delle opere edili, per un importo a base d’asta di lire 1.400.000.000 più I.V.A., volte al riuso del Teatro comunale di Torviscosa.
Con tale sentenza il Giudice amministrativo si è pronunciato sulla vicenda per la seconda volta, disponendo il risarcimento dei danni a favore dell’A.T.I. dopo aver già disposto con sentenza n. 45 del 4.12.1998 – 1.02.1999, su ricorso della medesima, l’annullamento della deliberazione giuntale n. 234 del 5.5.1998 di aggiudicazione dell’appalto ad altra ditta concorrente.
Le ragioni che hanno portato prima all’annullamento dell’aggiudicazione e poi, essendo i lavori rimasti affidati all’aggiudicataria impresa Riccesi S.p.A., al risarcimento dei danni a favore della predetta A.T.I., sono in sintesi, in narrativa della Procura, le seguenti.
Il bando di gara per l’aggiudicazione dell’appalto conteneva, al comma 7 della lettera L (indicante la documentazione da includere nel plico dell’offerta), la prescrizione che l’offerta avrebbe dovuto essere corredata da quanto previsto al punto 9 dell’art. 18 del Capitolato Speciale d’Appalto e che avrebbe dovuto contenere la specificazione che nell’offerta si era tenuto conto degli oneri previsti per il piano per la sicurezza fisica dei lavoratori; peraltro alla lettera M (esclusioni – avvertenze) il bando indicava, tra le cause di esclusione dalla gara, la mancanza o l’irregolarità, nell’offerta, di alcuno dei documenti richiesti.
A sua volta il richiamato punto 9 dell’art. 18 del Capitolato Speciale d’Appalto, prescriveva che il piano delle misure per la sicurezza fisica dei lavoratori, redatto a cura dell’appaltatore così come previsto al comma 8 dell’art. 18 della L. 55/90, doveva essere messo a disposizione delle Autorità competenti, quelle preposte alle verifiche ispettive dei cantieri, prima dell’inizio dei lavori.
Prima della gara – ha soggiunto la Procura – alcune delle imprese partecipanti chiedevano all’Ufficio Tecnico Comunale chiarimenti in merito alla necessità o meno della materiale presentazione, già al momento dell’offerta, del piano per la sicurezza fisica dei lavoratori.
L’Ufficio rispondeva che sarebbe stata sufficiente una dichiarazione che attestasse che l’offerta teneva conto degli oneri per la predisposizione del piano medesimo, poiché lo stesso, come previsto dal Capitolato Speciale d’Appalto, si rendeva materialmente necessario, per essere messo a disposizione delle Autorità competenti, solo prima dell’inizio dei lavori, mentre la sua mancanza, in sede di gara, non pregiudicava in alcun modo l’appalto.
Peraltro l’Ufficio si premurava di verificare in merito la giurisprudenza corrente, coinvolgendo in ciò anche il Direttore dei Lavori, il quale, tramite un suo collaboratore (geom. Padovan) faceva pervenire ai funzionari comunali alcune sentenze nelle quali si metteva in evidenza come in generale, in presenza di eventuali difficili interpretazioni del bando di gara, l’orientamento fosse quello di favorire, assicurando la "par condicio", l’ammissione alla gara del maggior numero possibile di imprese.
Quindi il 22.4.1998 la Commissione di gara (presidente il convenuto Geom. Flavio FILIPPI, membri i convenuti Sig. Alberto CAUTERO e Dott. Candido TESTA, Segretario Comunale) si riuniva una prima volta per l’esame delle offerte ed in tale occasione veniva preliminarmente puntualizzato che la prescrizione in questione si riferiva alla sola dichiarazione che l’offerta teneva conto degli oneri legati alla redazione del piano per la sicurezza fisica dei lavoratori.
Venivano pertanto ammesse alla gara tutte le imprese che, indifferentemente, avevano presentato anche il piano ovvero la sola predetta dichiarazione.
In dissenso, due dei rappresentanti delle imprese invitavano il Presidente della Commissione a non aprire le buste d’offerta delle concorrenti che non avevano materialmente presentato anche il piano di sicurezza.
Non ritenuta accoglibile la richiesta, la Commissione procedeva all’apertura delle buste, aggiudicando provvisoriamente l’appalto alla ditta VRC S.r.l. di Venezia.
Successivamente, poiché, in una verifica della documentazione, si riscontrava l’erronea esclusione di un’impresa per una questione diversa da quella in discussione, la Commissione si riuniva una seconda volta il giorno 22.4.1998 (nella stessa composizione della prima seduta) e disponeva la riapertura della gara, con un nuovo invito alle ditte per il giorno 4.5.1998; il tutto con il conforto di un parere chiesto al legale di fiducia del Comune, Avv. Roberto Tonazzi del Foro di Udine.
Quindi il 4.5.1998 si svolgeva l’ultima fase della gara (presidente della Commissione il Geom. Flavio FILIPPI, membri il Segretario Comunale Dott. Candido TESTA e la Dott.ssa Giovanna Schirra), con la partecipazione di tutte le ditte sin dall’inizio concorrenti; risultava ora provvisoria aggiudicataria la ditta Riccesi S.p.A. di Trieste.
Con deliberazione n. 234 del 5.5.1998 la Giunta Comunale (Sindaco il convenuto Sig. DUZ Roberto, Assessori i convenuti Sigg. DEVESCOVI Mario, TESSARIN Aldo e SEGATTO Sergio), formalizzava l’aggiudicazione definitiva alla ditta sopra nominata, previa approvazione dei tre verbali di gara, ed i lavori venivano quindi consegnati all’impresa il 15.5.1998.
A questo punto si innestava una vicenda giudiziaria avanti alla Giustizia amministrativa.
Infatti l’impresa "Costruzioni Guerra S.p.A.", capogruppo e mandataria dell’Associazione temporanea di imprese costituita con la Friulcos S.p.A. di Spilimbergo, impugnava avanti al T.A.R. del Friuli Venezia Giulia l’aggiudicazione dell’appalto per la mancata esclusione dalla gara di tutte quelle imprese che, pur avendo depositato la dichiarazione che l’offerta teneva conto degli oneri legati alla redazione del piano per la sicurezza fisica dei lavoratori, non avevano altresì materialmente incluso nel plico tale piano.
Il T.A.R. accoglieva il ricorso con sentenza n. 45 dell’1.2.1999, annullando la deliberazione giuntale di aggiudicazione n. 234 del 5.5.1998.
L’Amministrazione comunale decideva di appellare tale sentenza, in adesione ad impugnazione promossa dalla cointeressata aggiudicataria Riccesi S.p.A., e l’adito Consiglio di Stato accoglieva, in data 28.7.1999, l’istanza di sospensiva della sentenza di primo grado.
Tuttavia – ha rilevato la Procura – la possibilità di ottenere in secondo grado un esito diverso da quello avanti al T.A.R. veniva definitivamente meno quando l’appello avanti al Consiglio di Stato veniva dichiarato irricevibile per tardiva notifica e deposito del relativo ricorso (sent. Sez. V^ n. 2222 dep. 13.4.2000).
Quindi il T.A.R. del Friuli Venezia Giulia, con sentenza n. 410 del 16.6.2004, accoglieva il nuovo ricorso proposto contro il Comune di Torviscosa dalla "Costruzioni Guerra S.p.A" ed avente ad oggetto il risarcimento dei danni derivanti dalla mancata aggiudicazione dei lavori, condannando il Comune a corrispondere all’A.T.I., della quale l’impresa medesima era capogruppo, somme definitivamente esitate nell’onere erariale di complessivi € 77.129,31 di cui al riconoscimento di debito fuori bilancio dal quale muove l’odierno giudizio di responsabilità amministrativa.
La Procura attrice ha promosso giudizio di responsabilità in quanto ritiene che nella riferita vicenda emergano, per l’onere finanziario così sopportato dal Comune di Torviscosa, profili di responsabilità amministrativa a carico dei convenuti Sigg. DUZ Roberto, DEVESCOVI Mario, TESSARIN Aldo e SEGATTO Sergio, componenti della Giunta comunale che adottò la deliberazione n. 234 del 5.5.1998 cassata dal T.A.R. con la sentenza n. 45 del 1999, e FILIPPI Flavio, CAUTERO Alberto e TESTA Candido, membri della Commissione di gara.
Ha sostenuto infatti, affermando di condividere quanto ritenuto del T.A.R., che ammettendo alla gara tutte le imprese offerenti, comprese quelle che non avevano incluso nel plico il piano per la sicurezza fisica dei lavoratori, i convenuti avevano colpevolmente disatteso due norme del bando, "lex specialis" della gara, quella di cui al comma 7 della lett. L che prevedeva detta allegazione e quella della lett. M che comminava l’esclusione dalla gara delle imprese che avessero prodotto documenti incompleti o irregolari.
L’attrice ha peraltro sostenuto che il comportamento dei convenuti è da considerarsi gravemente colposo in quanto - a suo avviso - le predette norme del bando erano chiarissime nel richiedere alle imprese l’inclusione nel plico di un piano per la sicurezza dei lavoratori già predisposto e nel comminare, in caso di mancanza od irregolarità dei documenti richiesti, l’esclusione dalla gara.
Peraltro – ha affermato la Procura – l’Amministrazione comunale aveva inserito nel bando la prescrizione di cui al comma 7 della lett. L, più rigorosa rispetto alla normativa vigente, che vuole il piano redatto e messo a disposizione delle Autorità preposte alle ispezioni dei cantieri solo prima dell’inizio dei lavori, probabilmente per accertarsi, attraverso la visione del piano, che l’offerta complessiva avesse tenuto conto degli oneri economici del piano medesimo e per avere ulteriori garanzie sulla sicurezza dei cantieri.
Una volta operata tale scelta – ha soggiunto - l’Amministrazione doveva alla stessa attenersi, non potendo discostarsi dalle norme che si era discrezionalmente data se non ricorrendo ad un atto formale di rettifica, previa sospensione, se del caso, della procedura in corso.
Peraltro con l’ammettere alla gara anche imprese che andavano escluse, i convenuti avrebbero violato – secondo l’attrice – anche il dovere di imparzialità discendente dall’art. 97 della Costituzione, di particolare rilievo nel settore dei pubblici contratti.
La Procura ha quindi respinto le tesi avanzate dai convenuti in risposta all’invito a dedurre e volte in particolare a sostenere l’ambiguità e quindi la non univoca possibile interpretazione della prescrizione in argomento ed ha altresì escluso che la concessione della sospensiva della sentenza di primo grado da parte del Consiglio di Stato possa costituire indicazione di una ritenuta equivocità della prescrizione in argomento.
Infine ha precisato di non avere azionato la pretesa risarcitoria nei confronti dell’Avv. Tonazzi, legale del Comune, in quanto non è risultato provato che questi, durante lo svolgimento della procedura d’appalto, fosse stato interessato della specifica questione.
Ha inoltre affermato di ritenere che non incida sull’azione proposta nei confronti dei convenuti il fatto che il legale del Comune abbia colposamente proposto fuori termine l’appello alla sentenza n. 45 del 1999 del T.A.R. del Friuli Venezia Giulia, divenuta pertanto definitiva senza un riesame da parte del Consiglio di Stato.
Quanto alla Dott.ssa Schirra, membro della Commissione di gara nella terza seduta, l’attrice ha precisato che l’azione risarcitoria non è stata estesa alla nominata in quanto l’illegittimità in questione si era già realizzata e non venne più discussa in tale seduta.
In tali premesse ha concluso con la richiesta di condanna sopra riferita, con ripartizione dell’addebito in parti uguali fra tutti convenuti.
I Sigg. DUZ Roberto, DEVESCOVI Mario, TESSARIN Aldo e SEGATTO Sergio si sono costituiti in giudizio rappresentati e difesi dagli Avv.ti Luca Ponti del Foro di Udine e Raffaele Esti del Foro di Trieste.
Il patrocinio dei nominati ha preliminarmente precisato, in punto di fatto, che l’Avv. Tonazzi, legale di fiducia del Comune, venne contattato nelle vie brevi dal Segretario Comunale Dott. TESTA e dalla Dott.ssa Schirra, dirigente del Comune, già prima dell’apertura delle buste, anche sulla questione della necessità o meno che il piano per la sicurezza fosse materialmente già allegato all’offerta dalle imprese concorrenti e che questi confermò che era da ritenersi corretto l’orientamento interpretativo volto a richiedere, in questa fase, solo la dichiarazione che l’offerta teneva conto degli oneri per la predisposizione del piano.
Ha ancora precisato che l’irricevibilità dell’appello proposto avanti al Consiglio di Stato nei confronti della non condivisibile sentenza del T.A.R. del Friuli Venezia Giulia n. 45 del 1999, è da ascriversi solo ad errore del nominato legale, nei confronti del quale il Comune di Torviscosa ha promosso azione risarcitoria avanti al Tribunale di Udine esitata, allo stato, in una pronuncia di primo grado – la n. 841 del 29.6.2006 – che, in parziale accoglimento della domanda, ha escluso che il Comune debba alcunché al legale per l’attività da questi svolta in sede impugnazione della predetta sentenza del T.A.R.
I difensori hanno quindi esaminato il merito della responsabilità ascritta ai convenuti, osservando in primo luogo che, diversamente da quanto ritenuto dal T.A.R. e fatto proprio dalla Procura attrice, non può affatto affermarsi che quanto prescritto, in materia di piano per la sicurezza dei lavoratori, al comma 7 della lettera L del bando di gara con richiamo a quanto previsto al punto 9 dell’art. 18 del Capitolato Speciale d’Appalto, fosse una norma chiara e di univoca lettura.
Hanno quindi chiesto una riconsiderazione della questione, richiamando l’autonomia valutativa di cui dispone la Sezione anche rispetto alla pronuncia del T.A.R, pronuncia che del resto – hanno rilevato - ha acquisito autorità di cosa giudicata solamente per un estemporaneo errore di chi patrocinava le parti soccombenti in primo grado.
I difensori hanno così sostenuto che quella data dalla Commissione di gara era in effetti la corretta lettura della prescrizione del bando; infatti, emersa la problematica interpretativa, tale lettura poneva la prescrizione, secondo corretti canoni di analisi, in linea con la normativa vigente, che prevede la redazione del piano solo prima dell’inizio dei lavori, e con la giurisprudenza che evidenzia doversi favorire, nel dubbio, la più ampia partecipazione delle imprese al procedimento di evidenza pubblica.
Hanno peraltro sottolineato che gli Uffici comunali avevano data la stessa risposta, nel senso ora indicato, a tutte le imprese che avevano avanzato richieste di chiarimento su tale punto e che poi la Commissione di gara precisò tale lettura della prescrizione in questione nella prima seduta, prima di procedere all’apertura delle buste.
I difensori hanno quindi respinto l’addebito, rivolto dall’attrice ai convenuti componenti della Giunta Comunale che adottarono la deliberazione di aggiudicazione n. 234 del 5.5.1998 cassata dal T.A.R., di non aver disposto l’annullamento in via di autotutela dell’aggiudicazione provvisoria.
Hanno infatti preliminarmente osservato come, vigente una normativa statutaria e regolamentare che ripartiva separatamente compiti e ruoli tra parte politica e parte amministrativa, la Giunta Comunale, dopo la contestata delibera, aveva ben pochi margini di intervento nel prosieguo della vicenda.
In ogni caso - hanno soggiunto – non sussisteva in fattispecie una di quelle gravi ipotesi nelle quali la giurisprudenza ammette l’annullamento dell’aggiudicazione.
I difensori hanno quindi osservato come in fattispecie quanto meno non possa assumersi sussistenza di una colpa grave dei convenuti, che tennero – hanno rilevato - un comportamento limpido e lineare a fronte dell’ambiguità della clausola in questione.
Diedero infatti le medesime indicazioni a tutte le imprese che chiesero chiarimenti in punto, consultarono il legale del Comune (peraltro autorevole amministrativista), acquisirono giurisprudenza in materia e formalizzarono a buste chiuse la regola di condotta che avrebbero seguito nell’esaminare le offerte.
Quanto a revocare l’appalto ed assegnarlo alla ricorrente A.T.I. dopo la sentenza di primo grado del T.A.R., i difensori hanno rilevato che l’A.T.I. stessa non chiese mai l’esecuzione di tale sentenza, rinunciando anche all’istanza di sospensiva originariamente proposta, e che il Consiglio di Stato accordò la sospensiva della sentenza di primo grado.
Del resto – hanno osservato – la scelta sarebbe risultata illogica: l’impresa Riccesi S.p.A. si era aggiudicato l’appalto con una offerta meno onerosa per il Comune rispetto a quella dell’A.T.I. ricorrente e certamente avrebbe avanzato a sua volta azione risarcitoria nei confronti dell’ente comunale.
Infine hanno rilevato – per la denegata ipotesi di una condanna – che in sede di addebito non potrebbe non tenersi conto, a favore dei convenuti, del minor onere (€ 20.583,67) sostenuto dal Comune con l’aggiudicazione all’impresa Riccesi S.p.A. piuttosto che all’A.T.I. ricorrente avanti alla Giustizia amministrativa.
I difensori dei convenuti DUZ, DEVESCOVI, TESSARIN e SEGATTO hanno pertanto concluso in via istruttoria con richiesta di acquisizione di prova testimoniale su indicate circostanze di fatto ritenute di rilievo per la difesa (testi Dott.ssa Schirra e Avv. Tonazzi).
Nel merito hanno chiesto reiezione della domanda perché infondata in fatto e diritto ed in ogni caso per totale assenza di profili di colpa grave in capo ai convenuti; con rifusione delle spese del giudizio a carico dell’Amministrazione di appartenenza.
In via del tutto subordinata, per la denegata ipotesi di un accoglimento della domanda, hanno chiesto applicazione del potere riduttivo, detratto altresì il riferito minor onere di € 20.583,67 sostenuto dal Comune di Torviscosa.
I convenuti Sigg. FILIPPI Flavio e TESTA Candido si sono costituiti in giudizio rappresentati e difesi dagli Avv.ti Luca De Pauli del Foro di Udine e Raffaele Esti del Foro di Trieste.
I difensori hanno formulato per i convenuti FILIPPI e TESTA le medesime identiche difese e conclusioni avanzate per i convenuti DUZ, DEVESCOVI, TESSARIN e SEGATTO e già riportate in narrativa, con la sola esclusione di quelle riguardanti la qualità di componenti della Giunta Comunale, trattandosi in questo caso di membri della Commissione di gara.
Il convenuto Sig. CAUTERO Alberto, citato in giudizio quale membro della Commissione di gara nella prima e seconda seduta, si è costituito in giudizio rappresentato e difeso dagli Avv.ti Riccardo CATTARINI del Foro di Gorizia e Stefano PETRONIO del Foro di Trieste.
Anche il patrocinio del convenuto CAUTERO ha sostenuto che la prescrizione del bando in discussione, diversamente da quanto ritenuto dal T.A.R. e dall’attrice, non si presta ad univoca lettura.
Ha in particolare rilevato che da una parte tale prescrizione rinvia al punto 9 dell’art. 18 del Capitolato Speciale d’Appalto, ove si richiama espressamente l’art. 8, comma 18, della legge 55/90, che prevede che le stazioni committenti stabiliscano a carico dell’impresa esecutrice l’obbligo di predisporre il piano di sicurezza in questione prima dell’inizio dei lavori e non al momento dell’offerta, e che dall’altra non risulta espressa in modo chiaro dall’Amministrazione comunale un’intenzione di derogare a tale disposizione di legge.
I difensori hanno quindi sostenuto che, in assenza di certezze interpretative, il convenuto si comportò correttamente nell’aderire, a buste chiuse, ad una lettura della prescrizione assolutamente legittima, che avrebbe assicurata la massima partecipazione alla gara d’appalto; hanno osservato che l’alternativa lettura della prescrizione avrebbe portato all’esclusione di 17 imprese su 22.
Inoltre – hanno soggiunto – la materiale produzione del piano di sicurezza nella fase delle offerte era ininfluente ai fini dell’individuazione dell’impresa migliore offerente e comunque tale documento non poteva essere ricompreso tra quelli che lett. M del bando richiede da presentarsi a pena di esclusione dalla gara.
Hanno quindi affermato che nella condotta del convenuto non può ravvisarsi né colpa, né tanto meno colpa grave.
Inoltre – hanno osservato – il CAUTERO non partecipò né alla stesura del bando di gara, né (in quanto nel frattempo passato alle dipendenze di altra Amministrazione comunale) alla seduta della Commissione di gara del 4.5.1998 nella quale venne aggiudicato l’appalto alla Riccesi S.p.A.; l’aggiudicazione peraltro – hanno soggiunto - è da ritenersi causalmente determinante dell’asserito danno, in quanto prima poteva ancora procedersi, secondo la Procura attrice, ad una formale rettifica del bando ed eventualmente ad un nuovo procedimento amministrativo.
Non vi è quindi possibilità di censurare il comportamento del CAUTERO – hanno concluso - in quanto è la condotta di altri ad aver cagionato il lamentato danno; in ogni caso – hanno soggiunto – se responsabilità dovesse denegatamente venir affermata, questa non potrebbe essere, per il CAUTERO, paritaria rispetto agli altri soggetti coinvolti, bensì, in ragione della minore partecipazione alla vicenda, congruamente minore.
I difensori hanno peraltro richiamato gli errori commessi dal legale del Comune, Avv. Tonazzi, nel proporre l’appello alla prima sentenza del T.A.R. del Friuli Venezia Giulia, sostenendo doversi assumere in questa sede anche un giudizio ipotetico sui possibili esiti dell’appello dichiarato irricevibile, per giungere così ad affermare che in fattispecie, se decisione del Consiglio di Stato vi fosse stata, questa non avrebbe che potuto essere di accoglimento della impugnazione del Comune, con conseguente esclusione di un danno imputabile al CAUTERO.
Per le ragioni soprariferite hanno quindi concluso chiedendo in via principale il rigetto della domanda proposta dall’attrice, in particolare nei confronti del CAUTERO; in via subordinata hanno chiesto che, con esclusione di ogni solidarietà passiva, sia determinata la frazione di danno ascrivibile al CAUTERO nei soli limiti del suo contributo causale.
All’udienza del 21 settembre 2006 è stato disposto un mero rinvio, in quanto i difensori dei convenuti hanno comunicato di aderire ad un’astensione dalle udienze proclamata dalla categoria a livello nazionale.
Alla successiva udienza del 23 novembre 2006 sono stati sentiti l’Avv. Luca De Pauli per i convenuti FILIPPI e TESTA, l’Avv.to Francesca Spadetto, in sostituzione dell'Avv. Luca Ponti, per i convenuti DUZ, DEVESCOVI, TESSARIN e SEGATTO, l’Avv. Riccardo Cattarini per il convenuto CAUTERO ed il Procuratore Regionale Dott. Giovanni De Luca, i quali hanno ribadito rispettive tesi e conclusioni in atti.
D I R I T T O
La valutazione del comportamento tenuto in fattispecie dai convenuti non può che muovere dall’esame della disposizione del bando di gara all’origine della tormentata vicenda amministrativa riferita in narrativa, al fine di verificare se la stessa contenga una prescrizione chiara ed univoca o non presenti invece un contenuto di incerta lettura, suscettibile anche dell’interpretazione prescelta dalla Commissione di gara.
Il n. 7 del punto L del bando di gara, che il T.A.R. del Friuli Venezia Giulia nella sentenza n. 45/99 e quindi la Procura di questa Corte affermano di disposto "chiaro", stabilisce letteralmente che: "L’offerta dovrà essere corredata da quanto previsto al punto 09 dell’art. 18 del Capitolato Speciale d’Appalto e dovrà contenere la specificazione che l’offerta stessa tiene conto degli oneri previsti per i piani di sicurezza fisica dei lavoratori, non essendo nel caso applicabili le norme di cui al D.L. 18 agosto 1996 n. 494, gli obblighi relativi alla sicurezza saranno regolamentati dalla previgente normativa di cui all’art. 18, comma 8, della Legge 55/90".
A sua volta l’ivi richiamato punto 09 dell’art. 18 del Capitolato Speciale d’Appalto, dispone testualmente quanto segue: "Art. 9, commi 3, 4, 5, e 6, D.P.C.M. 55/91. Il piano delle misure per la sicurezza fisica dei lavoratori, redatto a cura dell’appaltatore così come previsto al comma 8 dell’art. 18 della L. 55/90, deve essere messo a disposizione delle Autorità competenti preposte alle verifiche ispettive di controllo dei cantieri prima dell’inizio dei lavori".
Ciò premesso, ritiene il Collegio che il combinato disposto delle riportate prescrizioni del bando di gara non possa assolutamente definirsi univoco nel senso di imporre alle imprese di anticipare, al momento della domanda di ammissione alla procedura per l’aggiudicazione dell’appalto, la materiale redazione del piano per la sicurezza fisica dei lavoratori, affinché questo sia allegato alla domanda a pena d’esclusione dalla gara, ma che si presti anche - e persino preferibilmente - alla alternativa lettura che la necessità del piano di sicurezza andava attentamente considerata in sede di domanda di partecipazione alla gara (dei relativi oneri ogni impresa doveva espressamente dichiarare di aver tenuto conto nella formulazione dell’offerta), ma che lo stesso andava materialmente redatto, per essere messo a disposizione delle Autorità competenti preposte alle verifiche ispettive di controllo dei cantieri, solo prima dell’inizio dei lavori.
Infatti il n. 7 del punto L del bando di gara, che secondo l’attrice dovrebbe costituire l’inequivoca fonte dell’obbligo di anticipare al momento dell’offerta la materiale redazione del piano, prevede solo che "l’offerta dovrà essere corredata da quanto previsto al punto 09 dell’art. 18 del Capitolato Speciale d’Appalto".
Ed il suddetto punto 09, con l’espresso rimando ad un piano di sicurezza "redatto a cura dell’appaltatore così come previsto al comma 8 dell’art. 18 della L. 55/90", non fa affatto riferimento ad un piano già redatto al momento della domanda di partecipazione alla gara, ma ad un piano predisposto solo prima dell’inizio dei lavori, in quanto il comma 8 del richiamato art. 18 della L. 55/90, stabilisce testualmente: "Le stazioni committenti stabiliscono a carico delle imprese esecutrici l'obbligo di predisporre, prima dell'inizio dei lavori, il piano delle misure per la sicurezza fisica dei lavoratori. Tale piano è messo a disposizione delle autorità competenti preposte alle verifiche ispettive di controllo dei cantieri" (peraltro la giurisprudenza ha avuto modo di confermare che il piano di sicurezza richiesto dall'art. 18, comma 8, della legge 19 marzo 1990 n. 55, deve essere predisposto solo "prima dell'inizio dei lavori" e non già nella fase che addirittura precede l'aggiudicazione; v. esplicitamente Cons. Stato, Sez. V^, n. 812 del 6.12.1999).
Del resto anche l’ulteriore testuale precisazione, contenuta al punto 09 dell’art. 18 del Capitolato Speciale d’Appalto, che il piano "deve essere messo a disposizione delle Autorità competenti preposte alle verifiche ispettive di controllo dei cantieri prima dell’inizio dei lavori", sarebbe precisazione quanto meno ridondante se la materiale redazione del piano di sicurezza fosse da anticiparsi da parte dall’impresa – come vuole l’opposta interpretazione - già al momento della domanda di partecipazione alla gara.
Quindi, ad avviso del Collegio, la disposizione di cui al n. 7 del punto L del bando di gara era di redazione imprecisa, suscettibile di interpretazione anche - persino preferibilmente - nel senso prescelto dai convenuti e comunque, quanto meno, era disposizione non priva di elementi fuorvianti e quindi non chiara.
Pertanto non senza fondamento i convenuti FILIPPI CAUTERO e TESTA, membri della Commissione nella prima riunione del 22 aprile 1998, precisavano alle imprese – a buste chiuse e quindi senza sospetti di orientato favoritismo - che "l’art. 7 dice che l’offerta dovrà essere corredata da quanto previsto al punto 09 dell’art. 18 del Capitolato Speciale d’Appalto. La richiesta è stata mal formulata, fa comunque riferimento al punto 09 dell’art. 18 del Capitolato Speciale d’Appalto dove risulta evidente che i piani di sicurezza devono essere presentati dall’Appaltatore (aggiudicatario) prima dell’inizio dei lavori, pertanto si riferisce a sola dichiarazione come peraltro comunicato a coloro che ne hanno fatto richiesta. Saranno pertanto ammesse alla gara tutte le imprese che hanno presentato la dichiarazione o il piano di sicurezza" (così il verbale dd. 22.4.1998, pag. 1; emerge del resto che anche la maggioranza delle imprese, consultata o meno l’Amministrazione Comunale, si era orientata a tale interpretazione del bando, in quanto solo 5 ditte su 22 risultavano aver presentato il piano già con la domanda di partecipazione alla gara d’appalto).
A conferma di quanto sin qui rilevato, si osserva altresì quanto segue.
L’attrice ipotizza che l’Amministrazione comunale avesse inserito nel bando una prescrizione più rigorosa rispetto alla normativa vigente (che voleva il piano redatto e messo a disposizione delle Autorità preposte alle ispezioni dei cantieri solo prima dell’inizio dei lavori) presumibilmente per accertarsi, attraverso la visione del piano, che l’offerta complessiva tenesse effettivamente conto degli oneri economici del piano medesimo ed altresì per avere ulteriori garanzie sulla sicurezza dei cantieri (cfr. citazione, pag. 27).
Va tuttavia osservato che di tali supposte motivazioni non vi è traccia alcuna negli atti preordinati alla gara d’appalto e che depone contro l’attendibilità di tale ipotesi il fatto che una così sensibile deroga alla normativa legale in materia, asseritamente assunta in esercizio di discrezionalità amministrativa, non trovi un benché minimo riscontro di motivazione negli atti dell’Amministrazione comunale (si trattava peraltro di una scelta discrezionale non bagatellare, in quanto comportava, per le tutte le imprese partecipanti alla gara, i costi della redazione, da parte di un professionista, di un piano di sicurezza destinato per tutte, tranne che per l’impresa aggiudicataria, all’assoluta inutilità).
Del resto, se da parte dell’Amministrazione comunale vi fosse stata tale consapevole deroga alla normativa legale, non si comprenderebbero i dubbi interpretativi sorti poi all’interno dell’Amministrazione già prima della prima seduta della Commissione di gara.
Non mancano infatti elementi per dare buon credito alle affermazioni dei convenuti in ordine al fatto che alcune delle imprese che intendevano partecipare alla procedura concorsuale chiedevano all’Ufficio Tecnico Comunale, prima della gara, chiarimenti in merito alla necessità o meno della materiale presentazione, già al momento della domanda di partecipazione, del piano per la sicurezza dei lavoratori e che l’Ufficio, consultato anche il Direttore dei Lavori (non vi è invece prova della affermata consultazione nelle vie brevi anche l’Avv. Tonazzi, legale di fiducia del Comune), rispondeva che sarebbe stata sufficiente una dichiarazione che attestasse che l’offerta teneva conto degli oneri del piano medesimo, poiché lo stesso, come previsto dal Capitolato Speciale d’Appalto, si rendeva materialmente necessario, per essere messo a disposizione delle Autorità competenti, solo prima dell’inizio dei lavori (cfr. il già citato verbale della riunione del 22.4.1998 della Commissione di gara, ove si precisa che l’interpretazione è stata comunicata a "coloro che ne hanno fatto richiesta", nonché il fax del geom. Padovan, Direttore dei Lavori, dd. 21.4.1998, doc. 5 dimesso dal convenuto DUZ ed altri).
Peraltro va altresì considerato che l’interpretazione fatta propria prima dall’Ufficio Tecnico Comunale e poi dai Commissari di gara appariva senz’altro correttamente orientata, in quanto volta a privilegiare l’ammissione alla procedura concorsuale - assicurando la "par condicio" - del maggior numero possibile di imprese, come da nota regola operativa, validata da costante giurisprudenza, in ipotesi di clausole di bando di gara d’appalto dal contenuto prescrittivo dubbio (cfr., tra le molte, Cons. Stato, Sez. IV^ n. 6332 del 21.12.2001; Sez. IV^ n. 1822 del 30.3.2000 e Sez. V^ n. 160 dell’1.2.1995; trattasi di regola conforme all’interesse pubblico alla più larga partecipazione alle gare, per una scelta tra il maggior numero possibile di offerte).
Quanto osservato appare al Collegio del tutto sufficiente ad escludere che abbia giustificazione l’addebito di responsabilità rivolto ai convenuti, i quali non risultano aver posto in essere un comportamento amministrativo suscettibile di censura.
E’ assorbita in tale considerazione ogni altra questione sollevata in causa, sia essa riferita alla gravità o meno di una presunta colpa oppure al differenziato ruolo attivo avuto in fattispecie dai singoli convenuti.
Dal proscioglimento deriva ex art. 91 c.p.c. la liquidazione delle spese di difesa dei convenuti.
Quindi la Sezione, preso atto che nessuna notula è stata prodotta dai difensori, liquida in misura forfettaria i diritti, gli onorari e le spese di difesa nell’importo di € 3.000 (di cui € 2.800 per diritti ed onorari), più 12,5% su diritti ed onorari per spese generali, I.V.A. e C.P.A., per la difesa – unitariamente considerata, stante l’identità delle posizioni processuali - dei convenuti DUZ Roberto, DEVESCOVI Mario, TESSARIN Aldo e SEGATTO Sergio; nel complessivo importo di € 3.000 (di cui € 2.800 per diritti ed onorari) più 12,5% su diritti ed onorari per spese generali, I.V.A. e C.P.A., per la difesa – unitariamente considerata, stante l’identità delle posizioni processuali - dei convenuti FILIPPI Flavio e TESTA Candido; in € 3.000 (di cui € 2.800 per diritti ed onorari) più 12,5% su diritti ed onorari per spese generali, I.V.A. e C.P.A., per la difesa del convenuto CAUTERO Alberto.
L’onere della rifusione di tali spese è a carico del Comune di Torviscosa, nel cui interesse è stata promossa l’azione dal Procuratore Regionale ed altresì Amministrazione di appartenenza di tutti i convenuti all’epoca dei fatti (art. 3, c. 2 bis, D.L. 23.10.1996 n. 543, conv. L. 20.12.1996 n. 639).
P.Q.M.
la Corte dei Conti - Sezione Giurisdizionale Regionale per il Friuli Venezia Giulia, definitivamente pronunciando, respinta ogni contraria istanza, eccezione o deduzione,
A S S O L V E
i convenuti dall'addebito di cui ad atto di citazione dd. 24.3.2006 del Procuratore Regionale presso questa Sezione.
Liquida in misura forfettaria i diritti, gli onorari e le spese di difesa nell’importo di € 3.000 (di cui € 2.800 per diritti ed onorari), più 12,5% su diritti ed onorari per spese generali, I.V.A. e C.P.A., per la difesa – unitariamente considerata, stante l’identità delle posizioni processuali - dei convenuti DUZ Roberto, DEVESCOVI Mario, TESSARIN Aldo e SEGATTO Sergio; nel complessivo importo di € 3.000 (di cui € 2.800 per diritti ed onorari) più 12,5% su diritti ed onorari per spese generali, I.V.A. e C.P.A., per la difesa – unitariamente considerata, stante l’identità delle posizioni processuali - dei convenuti FILIPPI Flavio e TESTA Candido; in € 3.000 (di cui € 2.800 per diritti ed onorari) più 12,5% su diritti ed onorari per spese generali, I.V.A. e C.P.A., per la difesa del convenuto CAUTERO Alberto.
Pone l’onere della rifusione di tali spese a carico del Comune di Torviscosa.
Ordina alla Segreteria di provvedere alle comunicazioni di rito.
Così deciso in Trieste, nella Camera di Consiglio del giorno 23 novembre 2006.
L'ESTENSORE
f.to Paolo SIMEON
IL PRESIDENTE
f.to Maurizio BELLI
Depositata in Segreteria il 27/12/2006.
SENTENZA DEL TAR FRIULI
Ric. n. 31/04 R.G.R.
N.410/2004 Reg. Sent.
Repubblica italiana
In nome del popolo italiano
Il Tribunale amministrativo regionale del Friuli Venezia Giulia, nelle persone dei magistrati:
Vincenzo Sammarco – Presidente
Enzo Di Sciascio – Consigliere, relatore
Vincenzo Farina - Consigliere
ha pronunciato la seguente
s e n t e n z a
sul ricorso n. 31/04 proposto dall’Impresa Costruzioni Guerra s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale capogruppo mandataria dell’A.T.I. costituita con la FRIULCOS – Friulana Costruzioni s.p.a., rappresentata e difesa dall’avv. Giuseppe Sbisà, con domicilio eletto presso di lui in Trieste, via S. Francesco 11, come da mandato a margine del ricorso;
c o n t r o
il Comune di Torviscosa, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avv. Bruno Garlatti, con domicilio eletto presso l’avv. Andrea Scorsolini in Trieste, via del Coroneo 33, come da deliberazione giuntale n. 32 del 24.2.2004 e da mandato a margine dell’atto di costituzione;
per il risarcimento
del danno conseguente all’illegittima mancata aggiudicazione al raggruppamento, di cui è capogruppo la ricorrente, dell’appalto relativo ai lavori di ristrutturazione del teatro di Torviscosa.
Visto il ricorso, ritualmente notificato e depositato presso la Segreteria generale con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’amministrazione intimata;
Visti gli atti tutti di causa;
Data per letta alla pubblica udienza del 16 giugno 2004 la relazione del consigliere Enzo Di Sciascio ed uditi altresì i difensori delle parti costituite;
Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue:
f a t t o e d i r i t t o
La ricorrente premette di aver impugnato la deliberazione giuntale n. 234 del 5.5.1998, con cui era stato aggiudicato alla Riccesi s.p.a., in luogo dell’A.T.I. da essa rappresentata, l’appalto relativo ai lavori di ristrutturazione del teatro di Torviscosa – II lotto e delle opere di riuso del teatro medesimo, da aggiudicarsi con offerte in ribasso rispetto all’importo a base d’asta di £ 1.400.000.000.
Invero l’art. 7 del bando prevedeva l’esclusione dalla gara delle imprese che, come la controinteressata in quella sede, non avevano incluso tra la documentazione allegata alla domanda di ammissione il piano di sicurezza fisica dei lavoratori e che non avevano dichiarato che l’offerta tiene conto degli oneri connessi a tale piano, come previsto dall’art. 18 del capitolato d’appalto.
Peraltro il Presidente della Commissione di gara avrebbe dichiarato che non intendeva tenere conto dell’osservanza di dette disposizioni della lex specialis della gara, dimodoché tutte le imprese partecipanti sono state ammesse alla gara, anche se solo cinque, fra cui il raggruppamento, per cui agisce la ricorrente, aveva ottemperato ad esse.
Dopo un iter tormentato, a causa di errori, l’appalto è stato aggiudicato alla Riccesi s.p.a. in data 4.5.1998 e il giorno successivo la Giunta municipale faceva propria detta aggiudicazione.
Essa è stata impugnata dalla ricorrente dinanzi a questo TAR che, con sentenza 1 febbraio 1999 n. 45, ha annullato il provvedimento di aggiudicazione, stabilendo che la norma di bando andava osservata ed intesa come obbligante le ditte partecipanti ad allegare, a pena di esclusione, all’offerta il piano di sicurezza e non solo di dichiarare di aver tenuto conto dei relativi oneri.
Detta sentenza è stata confermata, per tardività dell’appello, dal Consiglio di Stato.
L’istante agisce ora per il risarcimento del danno nel presupposto:
- della colpa dell’amministrazione, per non aver garantito, con il disattendere il bando e il capitolato, la par condicio fra i concorrenti;
- del nesso causale fra detta colpa e il danno arrecato al raggruppamento concorrente che, con il corretto svolgimento della procedura, si sarebbe aggiudicato la gara;
- della consistenza del pregiudizio predetto in € 1342,79 di danno emergente, consistente nella somma spesa per l’inutile redazione del piano di sicurezza, ed in € 59.385,49 di lucro cessante, calcolata sia in base ad un’analitica perizia di parte, sia in base alla ricostruzione dell’utile d’impresa in applicazione dell’art. 20 del D.M. 29.5.1895, come moltiplicato dal D.L.C.P.S. 15.7.1947 n. 763, e dell’art. 14 della L. 10.12.1981 n. 741.
Si è costituita in giudizio l’amministrazione intimata, controdeducendo con comparsa di pura forma, integrata poi, in sede di discussione orale, da una contestazione del quantum richiesto.
Dopo la replica della ricorrente la causa è stata introitata per la decisione.
Il ricorso è fondato.
Si deve prendere innanzitutto atto che i lavori, anche dopo la sentenza di questo Tribunale amministrativo, sono rimasti affidati e sono stati ultimati dall’aggiudicataria Riccesi s.p.a., nonostante la constatata illegittimità di detta aggiudicazione.
Non rimane perciò alla ricorrente che chiedere il risarcimento del danno per equivalente.
Ad avviso del Collegio il danno in questione è ascrivibile a colpa dell’amministrazione.
E’ stata invero la Commissione giudicatrice, suo organo, a disapplicare la lex specialis della gara che, secondo la sentenza di questo TAR, imponeva chiaramente la presentazione, assieme all’offerta, del piano di sicurezza, a pena di esclusione. In tal senso esattamente osserva la ricorrente che si è violato il dovere di imparzialità, trattando in modo eguale le imprese che, come essa, hanno prodotto detto piano, fra cui la stessa Riccesi s.p.a., e quelle che non l’hanno fatto, come l’aggiudicataria, con ciò alterando le medie e la soglia di anomalia.
Non vi è contestazione, osserva il Collegio, sul fatto che, ove si fossero osservate le norme di bando e capitolato, escludendo le imprese inadempienti, l’appalto sarebbe stato aggiudicato alla ricorrente, come risulta dal calcolo di cui al documento 6) da essa prodotto, dal quale risulta che, fra le cinque imprese in regola, esclusa per anomalia l’offerta della Riccesi s.p.a., la migliore offerta è quella proposta dall’istante. In tal modo risulta anche il nesso causale fra colpa e danno prodotto, che consiste non in una semplice perdita di chance, ma nel non aver potuto, a causa del comportamento colposo del Comune, aggiudicarsi una gara, nella quale essa era la migliore offerente fra le imprese che hanno rispettato le norme della lex specialis.
Deve essere perciò liquidato alla ricorrente, anche per conto del raggruppamento di cui è mandataria, in base al danno emergente e al lucro cessante accertati.
Il Collegio ritiene pienamente provato il quantum del danno, considerando anche che la difesa dell’amministrazione ha sviluppato in merito controdeduzioni soltanto generiche.
Invero il danno emergente, consistente nelle spese sostenute per l’inutile redazione del piano di sicurezza, va riconosciuto alla ricorrente per intero (cfr. TAR Veneto I Sez. 15.4.2003 n.2401), e la somma di € 1.342,79 da essa esposta per questa voce può essere ritenuta corrispondente al danno subito, essendo documentata con fattura di un professionista, ancorché legale rappresentante della ricorrente medesima e non onde andrà raffrontata con le spese esposte al riguardo dalle altre imprese, che lo hanno presentato.
Il lucro cessante, titolo per cui si chiedono € 59.385,49, corrispondenti ad utili non conseguiti, non solo è documentato sulla base di un’analitica perizia, peraltro di parte, ma corrisponde anche alla cifra che andrebbe considerata utile d’impresa, applicando l’art. 345 della L. 20.3.1865 n. 2248 Allegato F.
Il ricorso va pertanto accolto e l’amministrazione va condannata a risarcire l’ATI illegittimamente non aggiudicataria, corrispondendo anche per conto della mandante, alla capogruppo ricorrente - che provvederà secondo il regolamento dei reciproci rapporti allegato agli atti del giudizio - la somma di € 60.728,28, aggiungendovi gli accessori di legge dal momento dell’illegittima approvazione degli atti di gara al soddisfo.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
p. q. m.
il Tribunale amministrativo regionale del Friuli Venezia Giulia, definitivamente pronunziando sul ricorso in premessa, respinta ogni contraria istanza ed eccezione, lo accoglie e, di conseguenza, condanna il Comune di Torviscosa a corrispondere alla ricorrente la somma di cui in motivazione, a titolo di risarcimento del danno.
Condanna l’amministrazione intimata al rimborso delle spese e competenze giudiziali a favore della ricorrente, che liquida in € 2582 (duemila cinquecentoottantadue).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Trieste, in camera di consiglio, il 16 giugno 2004.
f.to Vincenzo Sammarco - Presidente
f.to Enzo Di Sciascio - Estensore
f.to Eliana Nardon - Segretario
Depositata nella segreteria del Tribunale il 17 luglio 2004.