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Articoli e note

n. 9/2007 - © copyright

MASSIMO PERIN
(Consigliere della Corte dei conti)

Il danno erariale conseguente al
mancato introito dei proventi contravvenzionali

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SOMMARIO: 1. La vicenda. 2. Considerazioni sulle responsabilità finanziarie per il mancato introito di contravvenzioni 3. Le interpretazioni della giurisprudenza contabile in materia di mancato introito di contravvenzioni. 4. Conclusioni.

1. La vicenda.

In occasione di una recente sentenza della Sezione Sicilia della Corte dei conti (n. 1428 del 4 giugno 2007), sono stati indicati, in maniera chiara, i profili di responsabilità erariale per il mancato introito di proventi contravvenzionali a causa di condotte amministrative arbitrarie che avevano decurtato gli importi delle sanzioni, acquisendo l’amministrazione somme di gran lunga inferiori a quelle stabilite per legge.

La fattispecie che aveva dato origine all’intervento del giudice contabile riguardava il Comandante della polizia municipale di un Comune della Sicilia, il quale una volta che veniva contestata una violazione amministrativa o, che si emetteva un avviso di accertamento di violazione amministrativa, consentiva ai contravventori di estinguere la sanzione pecuniaria per un importo inferiore, di solito dimezzato, a quello indicato nel verbale.

Il medesimo comandante della Polizia municipale, veniva sollecitato dagli interessati, e dopo aver posto la propria sigla, disponeva l’incasso dell'importo scontato ed il verbale veniva in tal modo archiviato, senza iscrivere a ruolo il relativo credito erariale.

Come affermato nella sentenza, questa condotta violava la puntuale disciplina normativa prevista dagli artt. 200 e segg. del decreto legislativo n. 285/1992, riguardante le contravvenzioni in materia di violazione al codice della strada e dagli artt. 14 ss. della legge n. 689/1981, riguardante l'irrogazione di sanzioni amministrative.

Il Dirigente comunale si giustificava sostenendo che egli aveva applicato una prassi notoria e diffusa già operante con il suo predecessore, che il sistema delle c.d. oblazioni ridotte, rientrava nel potere di autotutela amministrativo e che le “contravvenzioni ridotte” altro non erano che “preavvisi di accertamento” lasciati dai vigili sui tergicristalli delle autovetture, con la conseguenza che avrebbero dovuto seguire, per assurgere al ruolo di vere contestazioni, fonte di illecito erariale, l'iter burocratico dell'identificazione del proprietario dell'autovettura, della contestazione nei termini di legge e della successiva iscrizione a ruolo, con esazione dell'importo non riscosso.

A questo punto, la Sezione siciliana della Corte dei conti - dinanzi a tali giustificazioni - ha affermato i seguenti principi:

- quando ad una violazione amministrava consegue una sanzione pecuniaria, i cui limiti edittali minimi e massimi sono tassativamente fissati dal legislatore; la violazione amministrativa, sia generica (art. 14 legge n. 689/81), sia al codice della strada (art. 200 decreto legislativo n. 285/1992), deve essere immediatamente contestata al trasgressore, redigendo contestuale verbale; se la contestazione della violazione non è immediata, essa deve essere notificata (art. 201 C.d.S. e 14 legge n. 689/81); a seguito della contestazione della violazione amministrativa, sia contestuale, sia notificata, il trasgressore può estinguere l'obbligazione pecuniaria di natura sanzionatoria con il pagamento in misura ridotta, entro i termini specificati dalla legge (art. 202 C.d.S. e art. 16 legge n. 689/81); se il trasgressore non fruisce del pagamento in misura ridotta e non propone, o lo fa con esito infruttuoso, i rimedi amministrativi (ricorso al prefetto ex art. 203 C.d.S. , deduzioni all'autorità competente a ricevere il rapporto ex art. 18 legge n. 689/1981) e giurisdizionali (opposizione all'ordinanza ingiunzione, ex art. 205 C.d.S. e art. 22 legge n. 689/81), il verbale di contestazione della violazione al codice della strada e l'ordinanza ingiunzione diventano titolo esecutivo (art. 203 comma 3° C.d.S. e art. 27 legge n. 689/81) in base al quale il creditore dell'obbligazione sanzionatoria forma i ruoli e li trasmette ai concessionari che ne curano la riscossione;

- tenuto conto della puntuale normativa in materia di riscossione delle contravvenzioni non è previsto alcun esercizio del potere di autotutela, consistente nell'annullamento o modifica del relativo verbale da parte dello stesso organo che lo ha emanato, qualora lo ritenga in tutto o in parte illegittimo, con conseguente riduzione della sanzione pecuniaria comminata in capo ai soggetti che hanno commesso la violazione: tale potere è espressamente conferito ad una diversa autorità amministrativa o all'autorità giudiziaria;

- qualsiasi decurtazione della sanzione pecuniaria conseguente alla riscontrata violazione, operata al di fuori dell'ambito normativo e da un'autorità ivi non contemplata, si palesa illegittima e, pertanto foriera di danno erariale.

2. Considerazioni sulle responsabilità finanziarie per il mancato introito di contravvenzioni.

Ebbene per la giurisprudenza contabile non vi è nessun dubbio sulla circostanza che l’evento dannoso consiste nel pregiudizio susseguente al mancato introito di proventi contravvenzionali.

In tali fattispecie, l’elemento psicologico della colpa di rilevante gravità, emerge quando non si tiene nella necessaria considerazione ed importanza il delicato settore della gestione del contenzioso amministrativo, vulnerando così il rispetto della legittimità dell’azione amministrativa, nell’interpretazione oramai acquisita con l’art. 1 della legge n. 241 del 1990, dove l’amministrazione opera con l’efficienza e l’economicità dei propri apparati, così come imposto dai principi costituzionali dell’art. 97, 1° e 2° comma, recepiti, appunto, nella disciplina dell’agire amministrativo (art. 1, 1° comma legge n. 241 del 1990).

Infatti, in presenza di insufficiente od anche assente attività istruttoria in materia di sanzioni amministrative accertate dai vari corpi di polizia, per la cui punizione la legge attribuisce un potere amministrativo - punitivo alla pubblica amministrazione, è necessario operare in conformità ai predetti principi, dal momento che un’amministrazione inefficiente non persegue i propri compiti che, tra l’altro, devono mirare anche ad un regolare andamento delle attività dei propri cittadini (ad esempio il corretto e prudente comportamento nel traffico e nell’uso delle automobili), perseguendo, appunto, tutte le azioni sconsiderate e trasgressive (esempio tipico in questi ultimi tempi sono le violazioni al codice della strada e i danni spesso irreversibili che vengono prodotti nella vita delle persone coinvolte nei sinistri stradali).

Ebbene, quando il settore amministrativo competente in materia di applicazione delle sanzioni non viene diligentemente e correttamente curato, oltre a prodursi il mancato introito di contravvenzioni (danno patrimoniale in senso stretto), si vanifica anche l’azione di contrasto alle violazioni amministrative operata dalle varie forze di polizia (dello Stato ma anche locali), perché non solo i contravventori non hanno subito le doverose sanzioni a fronte degli illeciti commessi, ma la spesa sostenuta dall’amministrazione per il servizio di polizia si rivela inutile, dal momento che viene vulnerata la credibilità di questa, per il fatto che attraverso l’arbitrio e l’illegalità si sfugge agevolmente alla sanzione stabilita dalla legge che rimane, nell’occasione, norma incapace di colpire i comportamenti riprensibili.

A questo proposito si rammenta che gli agenti di polizia (dello Stato, ma anche degli enti locali) operano sulla strada ed in prima linea per ottenere il rispetto dell'ordine stradale; pertanto, costituendo il primo contatto dei cittadini con il potere pubblico è necessario che sia garantita la loro credibilità e la loro imparzialità.

In questo contesto, oltre ad essere depotenziato il carattere di deterrenza stabilito dalla legge per colpire determinati comportamenti illeciti, si inducono gli stessi contravventori a proseguire, per il futuro, nei comportamenti riprensibili, giacché le conseguenze sanzionatorie (volute dal legislatore) vengono evitate, tanto per l’inefficienza dell’autorità amministrativa preposta all’esercizio dell’attività sanzionatoria, quanto per la gestione arbitraria e personalistica dell’apparato sanzionatorio da parte di amministratori e/o dirigenti dell’amministrazione.

Inoltre, si deve poi rilevare che nel momento in cui viene commesso ed anche scoperto un illecito amministrativo depenalizzato sorge un diritto di credito della p.a. verso il contravventore, diritto di credito che deve essere conseguito non solo per l’acquisizione delle somme, ma anche per sanzionare la trasgressione rilevata.

La legge sulla depenalizzazione (n. 689/1981), a tal proposito, prevede uno specifico procedimento che deve essere adottato dall’autorità amministrativa preposta all’irrogazione della sanzione pecuniaria sia a fronte della presentazione di istanza difensiva, sia in assenza di attività defensionale da parte del contravventore, in ragione della peculiarità del sistema sanzionatorio; i procedimenti amministrativi di cui trattasi devono essere attivati con regolarità per acquisire i crediti della pubblica amministrazione e per mantenere l’effetto deterrente dell’apparato sanzionatorio nei confronti dei comportamenti illeciti, apparato sanzionatorio che, giova ricordare, ha dei costi per il personale preposto alla vigilanza e per le strutture amministrative deputate alla gestione delle pratiche del contenzioso.

In questa materia le responsabilità da contestare in presenza di condotte inefficienti per la gestione dei contenziosi solitamente riguardano i dirigenti preposti al servizio competente, senza escludere anche la possibile partecipazione dei dipendenti subordinati quando questi, di fatto, seguono con autonomia il settore del contenzioso.

Non si esclude, ovviamente, anche la possibilità dell’intervento nelle fattispecie illecite anche degli amministratori elettivi, specialmente quando la gestione dei provvedimenti di archiviazione e/o di ingiunzione è rimessa a costoro (es. Sindaci), ovvero quando trascurano del tutto di verificare il regolare andamento del servizio (cfr. Corte dei conti, Sezione Emilia Romagna, n. 1251 del 19 dicembre 2006, dove la responsabilità delle omissioni viene riferita al Sindaco quando lo statuto del Comune a lui riservava il potere di archiviazione dei verbali di accertamento di violazioni che comportano irrogazione di una sanzione amministrativa o di emissione dell'ordinanza ingiunzione).

Non vi è dubbio che l’azione dei dirigenti evidenzia un comportamento gravemente colposo, quando gli stessi non organizzano efficacemente il servizio e non vigilano sullo stesso, consentendo (ed a volte anche tollerando) l’irregolarità della gestione del contenzioso che comporta il mancato introito di proventi contravvenzionali (Corte dei conti, Sezione Abruzzo, n. sentenza n. 432 del 23 aprile 2007).

 

Nondimeno, a proposito di un Comandante del servizio di polizia municipale (come avvenuto nella fattispecie scrutinata dai giudici della Regione Sicilia), nella qualità di dirigente, alla luce dell’art. 107 del TUEL, ha la responsabilità di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo, nonché della correttezza amministrativa, della efficienza e dei risultati della gestione, per cui con propria attività d’impulso e di verifica si deve preoccupare di riscontrare il regolare andamento del servizio e non limitarsi a dire che nessuno lo ha mai informato delle carenze gestorie dei servizi di propria competenza.

 

Vi è da dire che anche la Corte di cassazione (Sezione lavoro, sentenza n. 18442 del 24 agosto 2006) non esclude la responsabilità del funzionario che si attivi tardivamente per l’esercizio del potere amministrativo di emanare l'ordinanza-ingiunzione, ai sensi dell'art. 18 n. 689 del 1981, il quale deve essere legittimamente esercitato nel termine quinquennale di cui all'art. 28 della stessa legge.

3. Le interpretazioni della giurisprudenza contabile in materia di mancato introito di contravvenzioni.

La sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione Liguria, con la sentenza n. 1252 del 29 settembre 2005, ha affermato la responsabilità del Comandante della polizia municipale per aver impartito, in occasione della verifica della sosta di autovetture nei pressi di un parco pubblico, l’ordine ai propri agenti di togliere tutti i preavvisi di sanzione che erano stati già posizionati sulle auto in divieto di sosta, dimostrando, nell’occasione, non solo la grave scorrettezza commessa dal Comandante medesimo, con conseguente determinazione del danno erariale pari all'importo delle sanzioni non riscosse, ma anche un’indecorosa vicenda per l'immagine del Corpo di polizia municipale e dei suoi operatori, dal momento che l’episodio era avvenuto sotto lo sguardo di “persone incuriosite dall'inusuale episodio”.

Altra fattispecie d’interesse riguarda, come affermato dalla Corte dei conti per la Regione Marche, con la sentenza n. 203 del 3 marzo 2005, il danno prodotto al proprio Comune da un sottufficiale della polizia municipale, specialista di vigilanza che, in violazione degli obblighi di servizio, non aveva notificato i verbali ai contravventori determinando così, per decorrenza del termine utile per la notifica, l'estinzione, ex art. 201, quinto comma, del D.Lgs. 30 aprile 1992 n. 285, dell'obbligo di pagare in capo agli stessi, con conseguente danno per l'amministrazione comunale determinato dal mancato introito dei proventi delle sanzioni amministrative.

Nell’occasione i giudici contabili della Regione Marche hanno riconosciuto a carico del responsabile anche il “danno da disservizio”, in conseguenza della necessità di ricostruire la situazione contabile delle contravvenzioni al codice della strada per il periodo (circa due anni) in cui il sottufficiale non aveva notificato i verbali; questo danno era qualificabile come danno - conseguenza e discendeva direttamente dall'evento principale, rappresentato dalla perdita erariale per il mancato introito delle contravvenzioni.

In altra vicenda, la Sezione Sicilia di appello della Corte dei conti, con la sentenza n. 156 del 2 ottobre 2006 ha affermato la responsabilità amministrativa per il mancato introito di proventi contravvenzionali, di un dirigente coordinatore della ripartizione faunistico venatoria dell’assessorato regionale, che nella gestione del servizio contenzioso ha dimostrato di non possedere quel minimo di cognizioni necessarie per svolgere la sua attività, perché aveva archiviato i verbali di illecito senza effettuare, né richiedere all'ufficio competente alcun ulteriore approfondimento sulle motivazioni addotte negli atti di opposizione alle contravvenzioni proposti dall'avvocato dei contravventori, riproducendo, sostanzialmente, nei decreti di archiviazione quanto rappresentato dal difensore dei contravventori medesimi.

Similmente, la Corte dei conti, Sezione Abruzzo, con la sentenza n. 432 del 23 aprile 2007, ha affermato che sussiste la responsabilità amministrativa di un dirigente che, pur essendo edotto della inadeguatezza del modulo organizzatorio, non si è preoccupato delle inevitabili e pronosticabili ricadute negative per la mancata o superficiale trattazione dei procedimenti sanzionatori in materia ambientale che esponeva finanziariamente l’ente locale sotto il profilo dei mancati incassi.

In questo caso, i giudici contabili hanno evidenziato l’antidoverosità dei comportamenti omissivi dei soggetti preposti alla gestione del servizio del contenzioso, dal momento che i predetti comportamenti omissivi risultano improntati alla evidente inosservanza di regole e princìpi generali di buona organizzazione, essendo assolutamente pronosticabile che l’incuria organizzativa poteva provocare gravi disguidi produttivi di danno erariale sotto il profilo del mancato incameramento dei proventi delle contravvenzioni.

Ancora la giurisprudenza (Corte dei conti, Sezione Abruzzo, n. 176 del 23 marzo 2006), ha ravvisato la responsabilità amministrativa, sempre del Comandante della Polizia municipale di un Comune, che aveva gestito il contenzioso per gli illeciti riguardanti le infrazioni al codice della strada con una congerie di omissioni (di notifiche), di mancanza di idonee e risolutive iniziative, di approssimazione, di negligenza e di inerzia, le quali, tutte protratte nel tempo, non consentivano di definire tempestivamente, radicalmente ed efficacemente i gravi problemi concernenti il procedimento sanzionatorio, con conseguente mancato introito di proventi contravvenzionali a fronte degli illeciti rilevati nella circolazione stradale.

In presenza di una fattispecie di caotica gestione del servizio emerge una sostanziale e parziale abdicazione dei compiti della Polizia municipale, costituendo un sintomo di grave negligenza o di estrema, innegabile superficialità, in aperto contrasto con le regole di buon andamento dell'azione amministrativa, costituzionalmente garantite, ex art. 97 della Carta fondamentale.

Infine, altra giurisprudenza (Corte dei conti II Sezione giurisdizionale centrale d'appello, n. 378 del 2006), rilevava la responsabilità amministrativa di due impiegate, con la qualifica di Istruttore amministrativo e di Funzionario direttivo amministrativo in servizio presso il reparto “Esecuzioni” del “Servizio contravvenzioni” di un Comune, dopo il rinvenimento, in uno scantinato del Comune stesso di vari sacchi e scatole contenenti un considerevole numero di verbali di contravvenzioni che avrebbero dovuto essere digitati per poter poi essere inseriti nei ruoli allo scopo di evitare la prescrizione dei rispettivi crediti provenienti da contravvenzioni.

Nell’occasione, i giudici contabili hanno condannato le predette impiegate, con ampio uso del potere riduttivo, perché nella produzione del danno erariale per la perdita di rilevanti introiti, avevano rivestito un ruolo del minore rispetto a quello di chi aveva la responsabilità dell'intero Servizio e che lo aveva mal organizzato, lasciando improvvidamente decorrere tempo prezioso per la ordinata, tempestiva e tranquilla lavorazione dei verbali di contravvenzione.

Nel caso specifico, i giudici di appello hanno ritenuto che la responsabilità del danno doveva essere ripartita anche nei confronti dei dirigenti posti al vertici della burocrazia comunale e della stessa autorità politica di settore, solo che quest’ultimi erano stati esclusi dai risultati delle indagini della commissione d’inchiesta interna del Comune e, pertanto, non erano stati chiamati a rispondere del pregiudizio da parte della Procura regionale.

4. Conclusioni.

Conclusivamente, il danno da mancato introito al bilancio pubblico di proventi contravvenzionali segue quasi sempre alla imprevidenza e alla estrema leggerezza con cui le amministrazioni pubbliche (ovviamente non tutte) affrontano il delicato settore del contenzioso amministrativo.

Infatti, quando si lasciano trascorrere abbondantemente i termini dal momento della contestazione della contravvenzione all’autore dell’illecito, non solo si rischia la prescrizione del diritto di credito sorto a seguito della commissione dell’illecito stesso, ma si impedisce il dispiegamento della forza deterrente della sanzione amministrativa.

È necessario che le amministrazioni in possesso del potere punitivo abbiano una buona e fluida organizzazione, presidiata da regole e procedure adatte a garantirne il buon funzionamento, a cominciare dalla fase di ricezione dei verbali e dalla loro ordinata e sicura collocazione negli uffici prima della messa in lavorazione per le istruttorie previste (esame atti difensivi, richieste audizioni personali, etc…) e per la formazione dei ruoli esattoriali per procedere alla fase esecutiva, quando il contravventore non versa quanto dovuto per l’illecito commesso.

Di certo, anche in questo settore è necessario, per l’autorevolezza del potere punitivo esercitato all’amministrazione, che il settore contenzioso venga svolto con imparzialità ed efficienza, evitando quei comportamenti (come quelli richiamati dalle fattispecie riprese dalla giurisprudenza) dove gli operatori decidono se, quando e come intervenire, con la conseguenza che l’applicazione delle sanzioni stabilite per le violazioni delle regole sono rimesse alla volontà ed anche all’arbitrio di coloro che sono preposti alle funzioni repressive di controllo.

Il settore è certamente delicato, perché gli agenti pubblici che accertano violazioni impongono delle sanzioni che hanno dei costi per gli autori dell’illecito e non si può escludere che, in presenza di un’incerta applicazione delle norme e delle sanzioni, si può compromettere l’immagine e l’efficienza dell’amministrazione, ma anche vulnerare l’onestà di qualche funzionario disposto ad assecondare le possibili richieste di coloro che, dopo aver commesso un illecito, vogliono anche evitare la punizione.


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