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Articoli e note

n. 1/2006 - © copyright

GIUSEPPE PANASSIDI*

Ambito soggettivo ed oggettivo di applicazione del comma 173 della legge finanziaria 2006 sulla trasmissione alla Corte dei conti degli atti di spesa per consulenze, relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e rappresentanza.

Il comma 173 dell’articolo unico della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria 2006) prevede che gli atti di spesa, relativi a studi, incarichi di consulenza, relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e rappresentanza, di importo superiore a 5.000 euro, devono essere trasmessi alla competente sezione della Corte dei conti per l’esercizio del controllo successivo sulla gestione.

Questo comma, apparentemente chiaro nel suo breve contenuto, pone problemi interpretativi di non facile soluzione, relativi al suo ambito soggettivo ed oggetto di applicazione. In altri termini, non è agevole l’individuazione non solo dei soggetti che sono tenuti a questo adempimento procedurale, ma neppure  degli atti interessati alla trasmissione alla Corte.

Ambito soggettivo

In particolare, non è chiaro se anche le regioni, i comuni e le province devono provvedere a trasmettere alla Corte dei conti i propri provvedimenti di spesa che riguardano gli oggetti indicati dal comma 173 con rinvio ai commi 9, 10, 56 e 57, oppure se le autonomie locali sono escluse da tale adempimento.

Secondo una prima interpretazione, all’obbligo di trasmissione alla Corte dei conti sarebbero tenuti anche gli enti locali. Tale tesi si fonda essenzialmente sulla finalità della disposizione, che è individuata dalla stessa norma nell’esercizio del controllo successivo sulla gestione da parte della Corte dei conti.

Il controllo sulla gestione, che, come è noto, è l’unica forma di controllo esterno sull’attività dei comuni e delle province, è previsto dall’articolo 148 del testo unico degli enti locali, che rinvia alla legge 14 gennaio 1994, n. 20 (art. 3, c. 8), e dall’art. 7 della legge “La Loggia” n. 131 del 2003, che ne definisce i contenuti esaltandone la sua natura collaborativa. La stessa legge finanziaria 2006 (commi 166 e ss) ha rafforzato, ai fini della tutela dell’unità economica della Repubblica e del coordinamento della finanza pubblica, questa forma di controllo con la previsione dell’obbligo da parte del collegio dei revisori degli enti locali di trasmettere alla Corte una relazione sul bilancio di previsione e sul rendiconto e di penetranti e puntuali azioni di vigilanza della Corte sulla gestione finanziaria e sul rispetto del patto di stabilità, con ciò finendo con lo affievolire la stessa finalità collaborativa di questa tipologia di controllo.

Inserito nell’ambito del controllo sulla gestione, l’obbligo di trasmissione potrebbe sfuggire alle censure di incostituzionalità, tenuto conto che la Corte ha già ammesso la legittimità costituzionale di norme che disciplinano gli obblighi di trasmissione finalizzati a consentire il funzionamento del sistema dei controlli sulla finanza di regioni ed enti locali, riconducendoli ai principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica (da ultimo, Corte cost.  9 - 14 novembre 2005, n. 417, che per tali motivi ha ritenuto non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 198 – bis del t.u. n. 267/2000, aggiunto dall’art. 1, c. 5, del D.L. n. 168/2004,convertito nella L. 191/2005).

Lo stesso collocamento della disposizione a chiusura di una serie di commi dedicati al controllo della Corte dei conti sugli Enti Locali farebbe propendere per questa interpretazione, cui sembra accedano anche le associazioni degli enti locali nelle prime note di lettura della legge finanziaria 2006 inviate agli associati.

Tale tesi però non è del tutto convincente.

E’ da notare, innanzitutto, che la suddetta disposizione ricollega impropriamente l’obbligo di trasmissione degli atti di spesa all’esercizio da parte della Corte dei conti del controllo successivo sulla gestione. Il controllo sulla gestione, infatti,  investe, per la sua stessa natura, l’attività considerata nel suo complesso e non i singoli atti in cui l’attività stessa si esplica. Questa disposizione poi ripropone, unitamente a quelle dei commi 65 e ss della stessa legge finanziaria, il tema generale della legittimità del sistema dei controlli della Corte dei conti  - previsto dall’art. 7 della legge 5 giugno 2003, n. 131, in considerazione anche del fatto che ne risulta alquanto attenuata, con le disposizioni della legge finanziaria 2006, la natura collaborativa che l’istituto riveste, invece, nella previsione originaria della stessa legge n. 131.

Non si può trascurare di considerare, inoltre, che il comma 173 individua gli atti di spesa soggetti all’obbligo della trasmissione alla Corte dei conti in quelli di cui ai “commi 9, 10, 56 e 57”, disposizioni tutte che non trovano però applicazione, per espressa esclusione prevista dai commi 12 e 64, nei confronti delle regioni, delle province, degli enti locali e gli enti del servizio sanitario nazionale,.

La non applicazione delle limitazioni delle spese per studi, consulenze, ecc, non prevista originariamente nel testo del disegno di legge, è stata inserita nel testo definitivo dopo la pubblicazione della surrichiamata sentenza della Corte costituzionale n. 417 del 2005. La Consulta, infatti, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale delle disposizioni  del cosiddetto “taglia – spese” del 2004 (art. 1, commi 9, 10, 11 D.L. 12 luglio 2004 n. 168) nella parte in cui dette disposizioni non si limitano a fissare l’entità massima del disavanzo o del complesso della spesa corrente, ma introducono vincoli su singole voci di spesa (acquisto di beni e servizi, missioni all’estero, rappresentanza, relazioni pubbliche, consulenze, ecc), in quanto tali limitazioni non possono essere considerati un principio fondamentale in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica, ma si traducono nell’imposizione di un precetto specifico e puntuale sull’entità della spesa con invasione, quindi, da parte della legge statale dell’area di competenza riservata alle autonomie locali, “alle quali  la legge statale può prescrivere criteri .. ed obiettivi .., ma non imporre nel dettaglio gli strumenti concreti da utilizzare per raggiungere quegli obiettivi (Corte costituzionale n. 390 del 2004)”.

La mancata applicazione agli enti locali delle disposizioni sostanziali di limitazione sulle singole voci di spesa  (e cioè dei commi 9, 10, 56 e 57) priverebbe, quindi, la Corte dei conti dei parametri di riferimento per l’esercizio del controllo successivo sulla gestione.

Riassumendo, la norma procedurale contenuta nel comma 173 sull’obbligo di trasmissione degli atti di spesa alla Corte dei conti dovrebbe intendersi più correttamente riferita, in una interpretazione costituzionalmente orientata, alle sole pubbliche amministrazione che sono tenute al rispetto delle limitazioni di spesa richiamate dalla stessa disposizione con il rinvio ai commi 9, 10, 56 e 57. Diversamente la disposizione potrebbe essere sospettata di incostituzionalità, in quanto finirebbe per introdurre una puntuale disciplina di controllo su alcuni atti delle regioni e degli enti locali, non riconducibile all’azione di coordinamento finanziario, di competenza dello Stato, ma alla materia dei controlli, che è estranea, invece, alla sfera di competenza statale.

Non è ovviamente sufficiente a scongiurare un’eventuale incostituzionalità del comma 173 nella parte che eventualmente si intende riferita alle regioni e agli enti locali, l’auto qualificazione di tutte le disposizioni della legge finanziaria come “norme di coordinamento della finanza pubblica per gli enti territoriali”, inserita nel comma 611, nel sospetto tentativo di scongiurare un probabile giudizio negativo della Consulta su diverse disposizioni della legge n. 266 riferite al sistema delle autonomie locali.

E’ opportuno che la questione sia chiarita, anche al fine di evitare comportamenti difformi da parte dei singoli enti in una materia particolarmente delicata.

In ogni caso, qualunque interpretazione si voglia dare al comma 173 in commento, rimangono serie perplessità sull’effettiva  utilità di inondare gli uffici delle sezioni della Corte di conti di provvedimenti rilevanti per numero più che per quantità di spesa.

Ambito oggettivo

Nel caso si ritenesse di dovere aderire all’orientamento secondo cui il comma 173 è applicabile anche a comuni e province, è da chiarire che per “atti di spesa” devono intendersi per gli enti locali, in concreto, le determinazione dei responsabili dei servizi di assunzione degli impegni di spesa che diventano esecutive con l’apposizione del visto di regolarità contabile attestante la copertura finanziaria da parte della ragioneria (ossia i provvedimenti di cui agli artt. 151, c. 4, e 183, c. 9, del t.u. n. 267 del 2000 e s.m.). 

Gli atti di spesa soggetti all’obbligo di trasmissione devono avere a contenuto gli oggetti considerati dai commi 9, 10, 56 e 57 della stessa legge finanziaria e un importo superiore a 5.000 euro. Tale valore deve ovviamente intendersi al netto dell’IVA e degli oneri contributivi.

La prima categoria di provvedimenti  riguarda gli “studi e gli incarichi di consulenza” (comma 9) conferiti a soggetti estranei all’amministrazione, oggetto della disciplina specifica dettata dalla legge finanziaria 2005 (L. 30 dicembre 2004, n. 311) al comma 42 per gli enti locali e al comma 11 per le restanti amministrazioni pubbliche. Come è noto, l’affidamento da parte degli enti locali di tali incarichi, per consolidata giurisprudenza: a) deve rispondere agli obiettivi dell’amministrazione; b) deve essere motivato con specifico riferimento alla mancanza (quantitativa o qualitativa), all’interno dell’organizzazione, di figure professionali idonee allo svolgimento dello stesso incarico, da accertare per mezzo di una reale ricognizione; c) deve avere durata determinata. Il provvedimento di affidamento, inoltre, deve contenere l’indicazione specifica dei contenuti dell’incarico e dei criteri per il suo svolgimento, nonché la puntuale motivazione sul possesso da parte dell’incaricato della professionalità richiesta, da documentarsi attraverso il curriculum.  La misura del compenso pattuito con l’incaricato deve essere adeguatamente motivata e sempre collegata all’utilità conseguita dall’amministrazione. Per gli enti con popolazione superire ai 5000 abitanti, l’affidamento degli incarichi di studio e consulenza è soggetto, inoltre, alla particolare procedura prevista dal comma 42 della legge finanziaria 2005, che include la preventiva valutazione dell’organo di revisione economico – finanziaria e la trasmissione alla Corte dei conti, sotto comminatoria di illecito disciplinare e responsabilità erariale. Da tale procedura sono esclusi gli incarichi per servizi di ingegneria ed architettura della legge Merloni e quelli obbligatori per legge (esempio, medico competente, patrocinio legale, ecc). 

L’altra categoria di provvedimenti soggetti all’obbligo di informativa alla Corte dei conti riguarda gli “atti di spesa” per relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e rappresentanza (comma 10). Non dovrebbero sorgere problemi per l’individuazione di questi provvedimenti, con la sola precisazione che dalle spese relative alla pubblicità devono escludersi quelle per le pubblicità legali (spese di pubblicazione del bilancio di previsione, dei piani urbanistici, dei bandi di gara, degli avvisi di selezione, ecc).

Meno comprensibile è il richiamo della  disposizione in commento ai commi 56 e 57, che riguardano le spese per incarichi di consulenza (e non di studio) già compresi nel comma 9.

Il mancato coordinamento dei commi 56 e 57 con il comma 9 comporta insuperabili difficoltà interpretative. Non è sostenibile, infatti, che gli incarichi di consulenza del comma 56 siano diversi da quelli del comma 9. Si tratti, in realtà, degli stessi incarichi, ragione per cui questa tipologia di spesa, per le pubbliche amministrazioni diverse dalle regioni e dagli enti locali, è soggetta a due limiti difficilmente conciliabili fra loro, in quanto:

a)     ai sensi del comma 9,  a decorrere dal 2006, la spesa per tali incarichi, sommata a quella per l’affidamento di incarichi di studio, non può essere superiore al 50 % di quella sostenuta (pagata o impegnata ?) nel 2004;

b)     ai sensi del comma 57, per il triennio 2006 – 2008, ciascuna amministrazione non può stipulare contratti di consulenza che nel loro complesso siano d’importo superiore all’ammontare totale dei contratti in essere al 30 settembre 2005, come automaticamente ridotti del 10%, ai sensi del comma 56, rispetto all’importo risultante  al 30 settembre 2005.

 

(*) Segretario e direttore generale  della Provincia di Verona.


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