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ALESSANDRO PAGANO
Meditando sul condono edilizio: sanatoria e vincoli
Profili plurimi di attenzione meritano le disposizioni in tema di sanatoria delle "aree" o "opere" o "immobili" vincolati.
E ciò sia per la storica e risalente attenzione delle legislazioni italiane alla materia, sia per il rilievo che assume la attuale entrata in vigore del Codice dei Beni Culturali (in data 1° maggio 2004), sia, infine, ma non di ultimo rilievo, perché non è difficile ipotizzare che la pronuncia della Consulta sull’argomento "condono" terrà conto di quanto il legislatore ha complessivamente disposto nella L. 326/2003 in tema di sanatoria degli abusi e, parimenti, di tutela del territorio e delle zone vincolate.
Nei relativi ricorsi alla Corte Costituzionale, le Regioni hanno, infatti, tutte svilito, etichettandole come di "facciata", le norme di riqualificazione territoriale inserire nella L. 329/2003, ritenendo che il solo cuore normativo del provvedimento fosse la disciplina della sanatoria, per fini di finanza pubblica.
Stabilire quanto sia strumentale alla riqualificazione del territorio anche la sanatoria degli abusi, costituisce quindi dibattito ineludubile per saggiare la "ragionevolezza" dell’intervento legislativo sanante.
Il richiamo è, all’evidenza, alla vincolante asserzione del Giudice delle Leggi ove, con la sentenza 12 settembre 1995, ebbe ad avvertire il legislatore che ulteriori reiterazioni di norme di sanatoria edilizia, con riferimento allo slittamento dei termini correlati all’epoca dell’abuso sanabile, non avrebbe trovato giustificazione sul piano della ragionevolezza, in quanto [avrebbe finito] per vanificare del tutto le norme repressive di quei comportamenti che il legislatore ha considerato illegali perché contrastanti con la tutela del territorio (sent. n. 416/1995).
Passiamo dunque all’analisi specifica della normativa condonistica, con riferimento alle zone vincolate.
La tesi qui elaborata è che la normativa vigente ha una sua peculiarità distintiva rispetto alla precedente di sanatoria, proprio perché incentrata sul costante rapporto fra abuso sanabile e operatività dei vincoli.
A tanto provvede, innanzitutto, il comma 26 lettere a) e b) dell’art. 32 della L. 326/2003.
L’intero territorio nazionale, tollera la sanatoria di abusi solo per i numeri da 1 a 3 della tabella allegata alla legge n. 326 cit., comunque esclusi gli illeciti su immobili dichiarati monumenti nazionali di cui alla lettera e) dello stesso comma 26 che richiama gli immobili dichiarati tali con provvedimenti aventi forza di legge o dichiarati di interesse particolarmente rilevante ai sensi degli articoli 6 e 7 del decreto legislativo 29 ottobre 1999 n.490.
I numeri da 1 a 3 della tabella allegata, attengono, in via gradata, alle opere realizzate in assenza o in difformità del titolo abilitativo e edilizio e non conformi alle prescrizioni urbanistiche (n. 1); alle opere prive di titolo abilitativo ma conformi alle disposizioni urbanistiche (n. 2); alle opere di ristrutturazione edilizia (n. 3).
Secondo poi la fondamentale lettera b) dello stesso articolo 26, "nell’ambito degli immobili soggetti a vincolo di cui all’articolo 32 della legge 28 febbraio 1985, n. 47" sono sanabili solo gli interventi tipologici di cui ai numeri 4, 5, e 6 della predetta tabella: interventi, cioè, di restauro, risanamento conservativo, manutenzione straordinaria.
Ne consegue che, per la delimitazione dell’ambito degli abusi sanabili diviene centrale il riferimento all’art. 32 della L. n. 47/1985, non a caso riscritto nella presente legge n. 326/2004, perché il discrimine primo per la operatività del condono edilizio è proprio in ragione della collocazione dell’intervento in area vincolata o meno.
In altri termini, l’abuso tipico di costruzione senza titolo abilitante (conforme o non alla disciplina urbanistica) è ammesso solo in area non vincolata.
Ne scaturisce, va ribadito, la centralità della disciplina vincolativa per calibrare nella sua giusta ottica l’intervento sanante che la legge n. 326 cit. ha inteso rendere possibile.
Di rincalzo si pone il comma 27 dello stesso articolo 32.
"Fermo restando quanto previsto dagli articoli 32 e 33 della legge 28 febbraio 1985 n. 47" si individuano altre, autonome (dalle norme appena citate) condizioni ostative alla sanabilità di una opera.
Ne consegue che, non solo come già rilevato, l’art. 32 L. 47/1985 si pone quale referente primario per stabilire le tipologie di abuso sanabili, ma tale norma, unitamente all’art. 33 della stessa legge 47/1985 e quanto disposto dall’art. 32, comma 27 della legge 326/2003, costituisce un fitto reticolo normativo limitante la condonabilità in relazione -non tanto alla tipologia, come sopra sancito dal comma 26 lett. a) e b)- ma in relazione ad una serie di parametri per così dire anche estrinseci (precedenti penali specifici del proprietario), ovvero intriseci alla morfologia dell’area (sismicità); soprattutto, ai fini che qui interessano, per la interferenza con la apposizione di vincoli.
Il punto è particolarmente da attenzionare perché sembra evidente che il legislatore non abbia inteso sovrapporre l’art. 33 L. 47/1985 alla disposizione in esame.
Tutt’altro.
Mentre l’art. 33 L. 47/1985 declara quali non condonabili le opere in contrasto con vincoli comportanti l’inedificabilità imposti "da" leggi statali e regionali nonché dagli strumenti urbanistici, la lettera d) estende la portata del rilievo vincolistico in quanto ritiene "comunque non suscettibili di sanatoria" le opere (dunque qualsiasi tipologia di opera, in relazione alla tabella allegata alla legge) realizzate su immobili soggetti a vincoli (dunque, si badi, qualsiasi tipologia di vincoli, non solo quelli di inedificabilità) imposti "sulla base" di leggi statali e regionali a tutela (ex pluris) dei beni ambientali e paesistici.
Le due proposizioni virgolettate ("da" – "sulla base") rimarcano nelle norme che le contengono (art. 33 L. 47/1985; art. 32, c. 26 lett. d) L. 326/2003) una diversa prospettiva del rilievo della disposizione vincolistica: mentre l’art. 33 L. 47/85 contempla (almeno nella lettera a), si veda tuttavia anche la lett. d) della stessa norma) un vincolo discendente direttamente da un atto di legislazione, l'art. 32, comma 26, lett. d) si riferisce ad un vincolo (non, ripetesi, necessariamente di immodificabilità) edito sulla base di un atto sublegislativo, allo stesso raccordato.
Tale vincolo, tuttavia, escluderà la operatività del condono solo in presenza delle altre condizioni previste dal corpo normativo della lettera d) comma 26 citato.
Il composito quadro normativo sembra, in sintesi, così compattarsi: