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Articoli e note

n. 12/2003  - © copyright

LUIGI OLIVERI

Un caso di regressione del diritto: la questione dei diritti di segreteria per la funzione rogante espletata dai vice segretari degli enti locali – la configurazione del ruolo del vice segretario.

 

Parte I - La remunerazione del vice segretario.

Non è certo una scoperta che spesso la rincorsa alla modernizzazione, all’utilizzo spinto di “slogan” quali “privatizzazione” o “contrattualizzazione” del rapporto di lavoro, conduca a storture applicative, delle quali è oggettivamente difficile reperire un barlume di logica.

Il caso della disciplina dei vice segretari comunali appare emblematico. A seguito della legge 127/1997 e dell’entrata in vigore dei successivi contratti collettivi del comparto regioni ed enti locali, si assiste ad un costante depotenziamento della figura professionale. Che è, certo, per un verso conseguenza diretta anche della minore protezione della figura del segretario comunale. Ma la situazione che si configura per i vice segretari è un chiaro passo indietro, rispetto ad un regime consolidato e chiaro da anni ed anni.

I temi del contendere sono i seguenti. Prima della vigenza dei contratti del quadriennio 1998-2001, era pacifico che al vicario del segretario comunale spettasse sia un’indennità per il periodo di effettiva sostituzione del titolare, computata in modo analogo alla fissazione dell’indennità di reggenza per i segretari a scavalco, sia la ripartizione della quota dei diritti di segreteria, limitatamente ai contratti direttamente stipulati con l’intervento del vicario, come ufficiale rogante.

Dopo la vigenza di tali contratti, tali incontrovertiti compensi per i vicari sono semplicemente spariti.

L’Aran, l’Anci e l’Agenzia per la gestione dei segretari comunali e provinciali si sono pronunciati svariate volte, di recente, per sottolineare che l’attuale contrattazione non consente di remunerare i vicari né a titolo di indennità di reggenza, né a titolo di compartecipazione ai diritti di segreteria. Si tratta di posizioni per alcuni aspetti da considerare corrette e ineccepibili.

C’è, invece, da eccepire, eccome, sull’andamento di una contrattazione collettiva capace, lungi dal garantire il prosieguo di un regime di trattamento economico per una specifica (per quanto marginale, e forse, proprio in quanto marginale) categoria di dipendenti degli enti locali, di determinare un vero e proprio arretramento nel trattamento economico.

Il quadro ineccepibilmente tracciato in particolare dall’Aran è il seguente.

In primo luogo, la previsione secondo la quale il trattamento economico fondamentale ed accessorio dei dipendenti pubblici è fissato esclusivamente dai contratti collettivi. Tale principio è fissato dall’articolo 45 del d.lgs 165/2001 ed è una delle colonne portanti della “contrattualizzazione” del rapporto di lavoro. Il quale, dunque, trae dal contratto (collettivo, aziendale ed individuale) le fonti della propria disciplina, sia sul piano giuridico (assunzione, assenze, permessi, mansioni, profili, incarichi …), sia sul piano retributivo.

In secondo luogo, la previsione di cui all’articolo 69, comma 1, del medesimo d.lgs 165/2001, dal quale deriva l’inapplicabilità delle norme generali e speciali del pubblico impiego non fatte proprie dai contratti collettivi di lavoro.

In effetti, prima della vigenza, in particolare del Ccnl per i segretari comunali, per la determinazione della remunerazione delle reggenze si applicavano le disposizioni di cui ai decreti del Ministero dell’interno, che disciplinavano tanto la remunerazione dei segretari comunali, quanto quella dei vice segretari.

Ciò non a caso. La funzione rogatoria del segretario comunale attiene, in particolare, al ruolo di funzionario una volta dello Stato, che traeva dalla posizione di promanazione statale nell’ente locale la legittimazione a svolgere la funzione di pubblico ufficiale rogante. Nel precedente sistema il vice segretario sostituiva il titolare in base ad una medesima legittimazione, derivante, per un verso, dalla previsione statutaria della figura vicaria, per altro verso da un decreto prefettizio, che autorizzava il vicario a svolgere tutte le funzioni proprie del segretario, nel rispetto di un tipico rapporto di sostituzione, nel quale il vicario si insedia temporaneamente nell’ufficio il cui titolare sia assente o impedito, per svolgerne le medesime funzioni. Di conseguenza, la logica attribuzione al vicario di una retribuzione in tutto analoga a quella del titolare, connessa allo svolgimento delle medesime funzioni (indennità di reggenza) e, in particolare, al rogito dei contratti.

In realtà, le disposizioni ministeriali, relativamente all’indennità di reggenza, si fondavano sull’articolo 39 della legge 604/1962, il cui secondo comma prevedeva espressamente che al vice segretario reggente spettasse un compenso assegnato in misura non superiore ad un terzo dello stipendio in godimento.

Con specifico riferimento al personale di qualifica dirigenziale al quesito DB22. “Qualora sia attivato l'incarico di vice segretario generale al dirigente incaricato deve essere corrisposta l'indennità di cui alla legge 604/1962?” l’Aran ha fornito la seguente risposta: “Se, in base alle previsioni del Regolamento sull'Ordinamento degli Uffici e dei Servizi del Comune è espressamente previsto uno specifico incarico per lo svolgimento delle funzioni di vice segretario generale (per i casi di supplenza o reggenza), e a tale incarico è espressamente connesso il riconoscimento di una specifica retribuzione di posizione e di risultato, riteniamo che al vicesegretario spettino solo tali emolumenti. Diversamente ritenendo, invece, per l'esercizio delle medesime funzioni, e quindi per il medesimo titolo, sarebbero corrisposti due diversi compensi: la retribuzione di posizione e di risultato connessa all'incarico di vice segretario e l'indennità di cui alla legge n.604/1962.

A tale aspetto, si deve aggiungere, poi, che la citata legge n. 604/1962, comunque, non può più essere invocata in quanto disapplicata per effetto della stipulazione del CCNL del 23/12/1999”.

In effetti, della legge 604/1962 non restano in vigore che gli articoli da 40 a 42, per effetto dell’abrogazione stabilita dall’articolo 35, comma 1, lettera g), del Dpr 465/1997.

Al quadro sin qui visto, occorre aggiungere che, a conferma delle interpretazioni elaborate in particolare da Aran e Anci, i contratti collettivi per i segretari comunali stabiliscono in maniera esplicita la remunerazione per i casi di reggenza e per l’attività di ufficiale rogante[1].

Tale visione trova, di recente, anche risonanza a livello prefettizio, come si evince dalla nota della Prefettura di Cagliari 13.11.2003, n. Prot. n. 426/R.E.L., nella quale, tra l’altro, si legge: “Per il vice segretario, ad avviso di questa Direzione, L’onnicomprensività degli emolumenti percepiti esclude la possibilità di usufruire di specifici compensi per attività realizzate in favore e nell’interesse dell’amministrazione di appartenenza, stante il limite imposto anche dall’art. 69, I comma del d. legs. n. 165 /2001 che rende inapplicabili le norme generali e speciali del pubblico impiego non fatte proprie dai contratti collettivi di lavoro.

Infatti, l’art. 32 del vigente C.C.N.L. dei dirigenti del comparto .Regioni Autonomie locali. prevede che le somme acquisite dagli enti a seguito dell’adeguamento dei rispettivi ordinamenti al principio di onnicomprensività del trattamento economico dei dirigenti, integrano le risorse destinate al finanziamento della retribuzione di posizione e di risultato secondo la disciplina dell’art. 26.

Il predetto art. 26, peraltro, al comma 1, lett. e) indica tra le risorse che vanno a formare il predetto fondo, anche le risorse che specifiche disposizioni di legge finalizzano alla incentivazione della dirigenza, quali quelle di cui all.art. 37 del medesimo CCNL (compensi professionali dovuti a seguito di sentenze favorevoli in quegli enti provvisti di Avvocature) e i compensi di cui all’art. 18 della legge n. 109/1994. (incentivo per gli uffici tecnici), nulla disponendo in merito ai diritti di rogito.

Di contro, il C.C.N.L. dei segretari comunali e provinciali […], all’art. 41 disciplina la retribuzione di posizione collegandola .alla rilevanza delle funzioni attribuite ed alle connesse responsabilità., riferendola anche .ai compensi prima denominati indennità di direzione di cui all’art. 40 comma 3 del comparto Ministeri, e prevedendo, al comma 6 che tale retribuzione .assorbe ogni altra forma di compenso connessa alle prestazioni di lavoro, compreso quello per lavoro straordinario, con eccezione di quelli indicati nell’art 37, comma 1, lett. g) (diritti di segreteria) fino a diversa disciplina del C.C.N.L. dell’area della dirigenza del comparto Regioni-Autonomie locali. […]

Premesso, dunque, che al vice segretario non competono i diritti di rogito, occorre, peraltro precisare, che questa Direzione Centrale, rilevando che le risorse costituenti l’indennità di supplenza dei vice segretari non sono espressamente indicate tra quelle che vanno ad incrementare il fondo per l’indennità di risultato dirigenziale, ha sollevato la questione circa la possibilità di trovare tale specifica destinazione nel caso in cui provengano da attività del vice segretario che procurino in favore dell’Amministrazione l’acquisizione di risorse aggiuntive certe ed evidenti.

Infatti, l’art. 32 del CCNL comparto Regioni ed autonomie locali area dirigenza - parte normativa 1998/2001 e parte economica 1998/1999 del 23.12.1999, in particolare, stabilisce che ‘le somme acquisite dagli enti a seguito dell.adeguamento dei rispettivi ordinamenti al principio di onnicomprensività del trattamento economico dei dirigenti previsto dall’art. 24, comma 3, del d.lgs n. 29 del 1993, integrano le risorse destinate al finanziamento della retribuzione di posizione e di risultato secondo la disciplina dell’art. 26’ e prevede al comma 2, tra l’altro, che ‘le risorse di cui al comma 1, correlate agli incarichi previsti dal citato art 24 del d. lgs n 29/93, sono utilizzate per:

b) incrementare, ai sensi dell.art. 29, la retribuzione di risultato dei dirigenti che abbiano contribuito alla loro acquisizione, quando si tratti di compensi aventi carattere episodico’.

Tale principio è confermato anche dall’art. 24 del d. legs. n. 165/2001 (applicabile all’ente locale previo adeguamento al proprio ordinamento ex art. 27 del medesimo d. legs. n. 165/2001), che al comma 3, II parte, stabilisce che ‘i compensi dovuti dai terzi sono corrisposti direttamente alla medesima amministrazione e confluiscono nelle risorse destinate al trattamento economico accessorio della dirigenza’.

Tuttavia, occorre precisare che con pareri in data 24.10.2002 e in data 12.6.2003, l’A.Ra.N., in virtù proprio del principio di onnicomprensività del trattamento economico ha ritenuto che il diritto di percepire l’indennità in parola non sia estensibile ai vice segretari comunali per i quali, pertanto, l’attività connessa al rogito rientra tra i compiti d’ufficio compensabile con gli emolumenti previsti dalla normativa contrattuale, fatta salva la revisione di tale specifica problematica, ove condivisa, in occasione del prossimo rinnovo contrattuale”.

Ogni tentativo di rinvenire nei contratti collettivi, sia quello della dirigenza, sia quello del personale non dirigente, riferimenti alla possibilità di remunerare per un verso la funzione di reggenza, per altro verso l’attività rogante risulta, a ben vedere, improduttivo.

L’articolo 26, comma 1, lettera e), del Ccnl dell’area dirigenza in data 23.12.1999, infatti, riferisce la possibilità di finanziare il fondo per la retribuzione di posizione dei dirigenti solo le risorse che specifiche disposizioni di legge finalizzano all’incentivazione della dirigenza.

La medesima norma, in sostanza, si ritrova nell’articolo 15, comma 1, lettera k), del Ccnl dell’area dei livelli, in data 1.4.1999. E’ acclarato il dato che, quanto meno i diritti di rogito, non hanno in nessun modo lo scopo di incentivare né la dirigenza, né, in generale il personale non dirigente. Su questo si ritornerà dopo.

Mancando, allora, qualunque chiaro riferimento, nei contratti, alla possibilità di compensare i vicari con un’indennità di reggenza alla stregua del precedente regime, la soluzione che si prospetta è la seguente.

La funzione del vice segretario è connaturata ad un preciso incarico dirigenziale conferito ad un dirigente o funzionario apicale dell’ente. Pertanto, rientra tra le ordinarie prestazioni lavorative richieste a tale soggetto.

Dunque, è con la valutazione dell’indennità di posizione che si dovrà tenere conto delle funzioni vicarie, per attribuire una remunerazione accessoria nella quale siano inclusi, dunque, i compensi per la sostituzione del segretario assente o impedito.

Si tratta di un ragionamento che persuade solo in parte, ovvero solo finchè le indennità di posizione non sono attribuite al massimo livello consentito dai contratti. Quando, invece, alle figure di vertice dell’ente, tra le quali dovrebbe, secondo logica, rientrare quella del vicario, siano attribuiti già le indennità nel loro massimo, il ragionamento seguito, pur fondato ed accettabile in astratto, semplicemente non funziona, perché, comunque, oltre l’importo massimo previsto non è possibile andare. Dunque, al vice segretario la funzione vicaria non assicurerebbe alcun trattamento “particolare”, in relazione a quello degli altri funzionari o dirigenti di pari livello per collocazione nella struttura. Con la strana situazione per la quale al funzionario o dirigente di vertice dell’area tecnica spettano gli incentivi previsti dalla legge 109/1994, ed al funzionario o dirigente preposto all’area finanziaria (tradizionalmente le figure di vertice degli enti, proprio accanto al vice segretario) possono spettare gli incentivi per l’attività di recupero di elusione o evasione Ici.

Al vicario, invece, non toccherebbe alcunché dall’espletamento di un’attività che, come quelle indicate prima, costituisce sì elemento indispensabile della propria prestazione lavorativa, ma comunque componente specifica di arricchimento ed espressione della professionalità ed anche di misurazione delle capacità prestazionali.

Appare incongruo –nei confronti dei vice segretari – che l’ipotesi di contratto integrativo dei segretari comunali tra le condizioni oggettive per l’incremento della remunerazione alla lettera h preveda la “sostituzione in caso di assenza o impedimento dei responsabili dei servizi, dei titolari di P.O. e dei dirigenti”; mentre tra le condizioni soggettive, nella specifica tabella, alla lettera c si commisuri l’incremento della retribuzione alla “complessità e rilevanza dell’attività rogatoria”.

Il sistema contrattuale rasenta il massimo possibile della contraddizione. Al vice segretario che sostituisce il segretario – lo si ribadisce, insediandosi nell’ufficio del segretario – non spetta alcun compenso (se non artificiosamente ricercato, ma all’interno di un fondo non incrementabile), mentre, una volta in vigore il contratto integrativo dei segretari, al segretario che eventualmente sostituisse il vice segretario nell’espletamento delle funzioni da questo espletate per la direzione della struttura amministrativa cui è preposto, spetterebbe un incremento retributivo. Altrettanto incongruo appare che il segretario, già legittimamente e doverosamente compensato per l’attività rogante con i diritti connessi, spetti un ulteriore elemento compensativo riferito sempre alla medesima attività, che, dunque, concorrerebbe due volte alla remunerazione, mentre per il vicario, rispetto al quale la funzione rogante avrebbe una natura più evidentemente eccezionale, non si prevederebbe alcun incentivo.

Non si può non sottolineare che nel precedente regime saggezza, buon senso, completezza delle norme e coerenza del sistema, garantiti da una visione unica, non negoziale, ma “esperta”, da parte del Ministero dell’interno nella veste di legislatore e di regolatore, connaturassero l’assetto dei compensi per i segretari e per i vicari.

Nell’attuale sistema, nel quale la contrattazione segue le regole della forza e del peso contrattuale delle parti, i segretari sono riusciti, grazie alla creazione di una specifica area contrattuale, almeno a non perdere, rispetto al precedente sistema, remunerazioni connesse al rilievo e peculiarità delle loro funzioni.

L’inesistenza, invece, di un’area dei vice segretari (e ci mancherebbe altro) ha lasciato, evidentemente, del tutto priva di interesse una questione quale quella della remunerazione dei vicari che sostituiscono i segretari titolari.

Questione, che, però, per quanto di “piccolo cabotaggio” non è così trascurabile come sembra. I vicari, è vero, sono pochi e in tempi in cui la stessa posizione dei titolari non appare saldissima, è evidente che quella dei sostituti sia non solo altrettanto, ma ancora più instabile e poco considerata.

Detto questo, parecchi comuni potrebbero trovarsi in non trascurabili difficoltà di scelta ed organizzative.

Alcuni vicari si stanno chiedendo – inevitabilmente – quale motivo, o talvolta, quale riconoscimento economico, vi sia per lo svolgimento della loro prestazione vicaria e rinunciando o proponendosi di rinunciare all’incarico.

Il che, per un verso, recherebbe un certo vantaggio all’Agenzia, che avrebbe maggiori spazi per inviare in reggenza o supplenza i segretari a disposizione, trasferendo i costi a carico degli enti, invece che delle proprie risorse.

Ma ciò si rivelerebbe un indiscutibile elemento di cattiva organizzazione per gli enti, oltre che, per quanto detto prima, un maggiore onere.

Infatti, se al vicario non spettano indennità di reggenza e diritti di segreteria, è evidente che ciascun comune proprio per questo dovrebbe puntare ad avere un vice segretario per supplire il titolare assente a costi zero, anzi, avvantaggiandosi dell’intero incameramento dei diritti di rogito. Il che non avverrebbe nel caso di segretario supplente. Sarebbe interessante sapere quale sia l’avviso della Corte dei conti, in merito alla situazione francamente confusa che la carenza di una previsione contrattuale di disciplina della remunerazione dei vice segretari, tutto sommato semplice e coerente col precedente sistema, sta causando.

E’, allora, fortemente da auspicare che Aran e sindacati prendano in seria considerazione la stipulazione di una clausola che riguardi la funzione vicaria esercitata dai vice segretari, specie in relazione agli effetti involontariamente ironici che la vigenza del contratto decentrato dei segretari determinerebbe, per quanto visto sopra.

In mancanza dell’auspicata e necessaria revisione dei contratti, la situazione difficilmente potrebbe sbloccarsi.

A ben vedere, in particolare le funzioni di “reggente” del vicario non possono non considerarsi già remunerate con l’indennità di posizione, nel caso di vice segretario con qualifica dirigenziale o privo di tale qualifica, ma titolare di posizione organizzativa[2].

Infatti, il vice segretario, in quanto tale, deve assicurare la continuità delle funzioni dell’ufficio del segretario, quando il titolare dello stesso manchi. Per tale ragione l’articolo 97, comma 5, del d.lgs 267/2000 prevede che il vicario deve non solo sostituire, ma anche coadiuvare il titolare, al fine specifico di garantire la continuità che è lo scopo fondamentale della sostituzione vicaria.

Diversa, invece, appare la questione della remunerazione dell’attività rigante.

A ben vedere, mentre per il vicario la sostituzione e la coadiuvazione del titolare sono connaturate al suo ruolo, lo svolgimento dell’attività di ufficiale rogante è, invece, esclusivamente connesso all’effettiva sostituzione del segretario a qualunque titolo assente.

Ora, tornando a quanto detto prima, il vicario che sostituisce il segretario titolare pone in essere una funzione sostitutiva.

Quando il segretario è assente, la sostituzione consente che l’ufficio del segretario continui a funzionare, perché al posto della persona fisica titolare di quell’ufficio, se ne insedia un’altra. Non si tratta né di delega, né di mansioni superiori, ma di titolarità mediata e a tempo determinato a svolgere le funzioni di quell’ufficio, finchè non si insedi nuovamente il titolare[3].

Pertanto, il vicario che sostituisce il segretario a ben vedere nell’esercitare le funzioni del titolare dell’ufficio non agisce quale dipendente dell’ente locale, ma come temporaneo vero e proprio segretario comunale reggente.

Una parte, allora, della funzione è già remunerata a monte, in quanto si tratta di sostituzione vicaria, che prevede, dunque, la titolarità del potere sostitutivo in base a regole predeterminate.

Un’altra parte della funzione, pare necessariamente da remunerare a parte: si tratta proprio della funzione rogante. Che il vicario esercita quale “segretario” non quale funzionario investito della funzione vicaria. Il vice segretario può rogare il contratto in quanto l’ufficio del titolare risulti vacante per assenza temporanea e in nessun altro caso.

Se così stanno le cose, allora il comune o la provincia non avrebbero comunque alcuna titolarità ad acquisire l’intera percentuale delle entrate da diritti di rogito, perché questi sono acquisiti dall’ente come remunerazione prevista dalla legge di un’attività che il funzionario pone in essere in quanto ricopra la veste di “segretario”. Altrimenti, si tratterebbe di somme indebitamente acquisite dall’ente e causative di danni nei confronti dei privati contraenti.

Insomma, si potrebbe giungere alla conclusione, del resto alla base delle vecchie, sagge disposizioni ministeriali di una volta, che al vicario i diritti di segreteria competono in quanto segretario, non come dipendente. E allora, si risolverebbe il problema della previsione contrattuale, perché vi sarebbe un’applicazione, temporanea, delle disposizioni contrattuali dei segretari al vicario-reggente, che in quanto titolare temporaneo dell’ufficio consegue una voce di introito propria del segretario.

Si tratta di un’interpretazione che, alla luce della vigente normativa contrattuale, non si nasconde abbia elementi di problematicità.

Si ribadisce la necessità, invece, dell’intervento della contrattazione, che non può trascurare di disciplinare elementi comunque connessi alla vita amministrativa dell’ente, per impedire che alla “modernissazione” di facciata, corrisponda solo un regresso del diritto.

Oppure, si abbia il coraggio di eliminare una volta e per sempre la figura vicaria. Il timore che ciò, però, possa essere un’altra ulteriore erosione del piedistallo che regge la posizione del titolare, sarebbe comunque forte.

Parte II - La configurazione del ruolo del vice segretario.

Altro elemento, per la verità da sempre in discussione, concerne la posizione del vicario. Si tratta di un incarico dirigenziale, liberamente conferibile a qualsiasi dipendente, purchè abbia i requisiti per accedere alla carriera del segretario? [4] Oppure, è uno specifica figura, peculiare all’interno dell’ente, che oltre ad essere il vicario del segretario – come elemento caratterizzante della professionalità richiesta – sia anche preposto ad una struttura di vertice dell’ente?

Nel precedente sistema giuridico occorreva accedere a questa seconda posizione, in quanto l’articolo 70 del Dpr 268/1987 configurava il vicario come figura professionale peculiare, di norma, cioè normalmente, posta a capo di una struttura amministrativa, ma non necessariamente, dunque, chiamato a tale ultima funzione.

La disapplicazione del citato Dpr ha cambiato, evidentemente, la situazione. La tesi prevalente, ora, è quella secondo la quale la funzione vicaria è da considerare connessa ad un incarico, assegnato ai sensi dell’articolo 50, comma 10, del d.lgs 267/2000, al pari di ogni altro incarico.

Non sono pochi i regolamenti locali che prevedano, in ragione di ciò, la rotazione tra dirigenti o funzionari nell’esercizio della funzione vicaria.

Questa tesi porta con sé una serie di perplessità. Data la peculiare professionalità che si richiede al segretario comunale, appare indubbiamente contraddittorio considerare come fungibile la funzione vicaria. Soprattutto se si ponga la dovuta e necessaria attenzione al compito di coadiuvare il segretario, che appare, tra quelli in capo al vicario, come quello fondamentale, in quanto presupposto per una completa e corretta attività di sostituzione, nei casi di assenza del titolare, al fine di assicurare con professionalità una continuità di funzioni senza infingere il buon andamento dell’ente.

La continua rotazione dell’incarico, invece, esclude la continuità che alla base della stessa esistenza di una sostituzione vicaria, che, in realtà, risulterebbe non più tale, per trasfigurarsi in una sostituzione per investitura.

Alla tesi, comunque, della funzione vicaria come incarico dirigenziale accede la già citata circolare prefettizia della Prefettura di Cagliari 13.11.2003, n. Prot. n. 426/R.E.L, quando afferma: “In merito al quesito relativo al conferimento della supplenza, ossia se sia necessario uno specifico provvedimento in ogni caso di sostituzione, occorre specificare - così come peraltro è stato affermato dal TAR Sicilia, sez. III Catania, con decisione 5 aprile 1994, n 490 - che la carica di vice segretario generale non costituisce una autonoma posizione di inquadramento ma rileva quale funzione esplicata di norma dal dirigente di una delle strutture di massima dimensione. Il predetto assunto si pone in coerenza anche con la massima di cui alla decisione TAR. Lazio, sez. II, 3 luglio 1992, n. 1566 la quale stabilisce che’.è ammissibile la nomina di più figure di vice segretario comunale, senza necessità di alcun preventivo intervento del legislatore, essendo la materia interamente devoluta all’autonomia dell’ente locale’".

Ed ancora, secondo il TAR Lombardia, Milano, 19 febbraio 1996, n. 214, ‘legittimamente lo statuto comunale omette di specificare i requisiti di accesso al posto di vice segretario comunale in quanto il titolare di tale posizione è individuato - ratione officii -, in ragione, cioè, della qualifica ricoperta in via ordinaria, identificando una funzione vicaria di supplenza di carattere provvisorio e non stabile’, fermo restando, alla luce anche della decisione 19 febbraio 1997, n. 338, emessa dal TAR Lazio, sez. II, che è necessario il possesso titolo di studio prescritto per i segretari comunali anche in capo al dipendente chiamato a funzioni vicarie del segretario comunale, non potendo il comune derogare a tale generale principio”.

A complicare, ora, il quadro, interviene il Consiglio di stato, Sez. IV con la sentenza 25 novembre 2003 n. 7779.

Secondo tale sentenza, bene ha fatto l’Agenzia a non iscrivere nell’albo dei segretari comunali un vicario che risultasse semplicemente “incaricato” delle funzioni e non titolare della posizione di vice segretario nell’ordinamento dell’ente.

Il Consiglio di stato motiva le sue conclusioni osservando che “per il "vice segretario", la sola posizione presa in considerazione per conseguire detta iscrizione sia quella di essere titolare del posto ricoperto, mentre l’esercizio delle funzioni per un determinato periodo di tempo non rappresenta che la previsione di una condizione aggiuntiva”.

Non varrebbe a dimostrare il contrario, secondo i giudici di Palazzo Spada, quanto espresso nel “parere n. 150 del 4 aprile 2001 della Prima Sezione del Consiglio di Stato, espresso in merito a un ricorso straordinario al Capo dello Stato, in cui – ritenuto che non esiste una qualifica di "vice segretario" ma solo una "figura" o "funzione" (art. 70 D.P.R. 13 maggio 1987, n. 268; art. 52, quarto comma, legge 8 giugno 1990, n. 142; art. 97, comma 5 D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267), assimilabile al massimo a un profilo professionale, del quale il funzionario che riveste una certa qualifica può essere o no titolare – è stato affermato che "la disposizione può fare riferimento solo a coloro che al momento dell’entrata in vigore della legge potevano qualificarsi come tali", con la conclusione di ritenere legittimati all’iscrizione all’Albo in questione, nella fase di prima attuazione della legge 15 maggio 1997, n. 127, anche gli "incaricati della funzione" di vicesegretari”.

Infatti, “le disposizioni citate nel predetto parere, anche se non fanno menzione della qualifica di "vice segretario", stabiliscono che lo statuto e il regolamento dell’ente comunale o provinciale possono prevedere una specifica posizione di "vicesegretario", cui affidare lo svolgimento delle funzioni vicarie del segretario, e per coadiuvarlo o sostituirlo nei casi di vacanza, assenza o impedimento. Trattasi di una posizione la quale – anche se spesso è connessa alla direzione di una delle strutture di massima dimensione esistente nell'ente – non manca, in considerazione delle indicazioni contenute nelle stesse disposizioni che la prevedono, di una propria autonoma configurazione giuridica e della possibilità di previsione, nella pianta organica del personale, di uno specifico posto. Il che induce a ritenere che il legislatore, nel prevedere la possibilità d’iscrizione dei "vicesegretari" all’Albo in questione, abbia voluto riferirsi, in ragione della formulazione della norma, appunto alla titolarità di una tale posizione. Ciò conferisce validità alla soluzione che il Consiglio d’Amministrazione dell’Agenzia ha inteso dare alla questione in argomento, secondo una interpretazione che, per le ragioni già esposte, viene condivisa dal Collegio”.

Anche in questo caso, occorre decidersi, per non lasciare dipendenti realmente in situazioni kafkiane, inestricabili.

Per un verso, infatti, si decanta la modernità della flessibilizzazione e della fungibilità degli incarichi dirigenziali. Per altro verso, però, in presenza di un ente che in effetti non disciplinava nel proprio sistema organizzativo il “posto” (come lo qualifica il Consiglio di stato) di vice segretario, ma prevedeva un “incarico”, si priva il vicario della possibilità di iscriversi all’albo dei segretari.

Occorre, allora, concludere che, come una volta, quello del vice segretario non è un semplice incarico fungibile, ma un profilo peculiare, connesso ad una posizione da prevedere nella dotazione organica e che dà vita ad un incardinamento nell’ufficio?

Tale soluzione, in particolare per gli enti privi di dirigenza, appare ancora la più corretta e condivisibile, proprio perché a rigor di logica la funzione vicaria in argomento non è soltanto episodica, ma “professionale”, tendente ad assicurare continuità.

Non è possibile, però, accettare un regime che, invece, propugna la configurazione della funzione come incarico, e che, proprio in virtù di tale configurazione, denega una possibilità professionale, quale quella dell’iscrizione ad un albo.

Troppe incongruenze nella nuova regolamentazione dei segretari e dei vicari emergono ad una lettura attenta della riforma. Un ripensamento, tendente al riordino della materia, appare imprescindibile e non rinviabile.


 

[1] Si veda l’art. 37 del CCNL dei segretari comunali e provinciali, che menziona i diritti di segreteria (rispetto ai quali i dei quali i diritti di rogito sono una parte), prevedendo al terzo comma cheper il calcolo del compenso per diritti di segreteria previsti dalla lettera g) del comma 1 si prendono a base le voci di cui allo stesso comma 1, con esclusione della lettera f (retribuzione di risultato).

[2] Difficile, invece, risulta immaginare la situazione di un vicario, non titolare di p.o. Il principio dell’esclusività della contrattazione come fonte della remunerazione dei dipendenti impedirebbe, comunque, l’attribuzione di un’indennità di reggenza. Questa riflessione, riferita ad un caso-limite, fa capire come la contrattazione sia causa di un vuoto normativo, come tale inaccettabile.

[3] Per una ricostruzione del fenomeno, si veda L. Oliveri, Sostituzione, delega e mansioni superiori, in questa rivista.

[4] In tal senso, Tar Lazio, sez. II 19 febbraio 1997, n. 338 e le condivisibili posizioni espresse dall’Agenzia per la gestione dei segretari comunali e provinciali.


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