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n. 10/2007 - ©
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LUIGI OLIVERI
Il diritto "per tentativi"
La sconcertante vicenda del blocco dei pagamenti
Il decreto legge collegato alla finanziaria per il 2008 contiene una quanto mai opportuna norma che chiude l’ingloriosa vicenda del blocco dei pagamenti.
Il decreto legge interviene nuovamente sull’articolo 48-bis del D.P.R. 602/1973 come modificato dal decreto legge 262/2006, convertito in legge 286/2006, per modificarne il testo e chiarire una volta e per sempre che il blocco dei pagamenti partirà quando sarà in vigore il decreto attuativo.
Il vigente (ancora per poco tempo) testo della norma stabilisce: "Le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e le società a prevalente partecipazione pubblica, prima di effettuare, a qualunque titolo, il pagamento di un importo superiore a diecimila euro, verificano, anche in via telematica, se il beneficiario è inadempiente all’obbligo di versamento derivante dalla notifica di una o più cartelle di pagamento per un ammontare complessivo pari almeno a tale importo e, in caso affermativo, non procedono al pagamento e segnalano la circostanza all’agente della riscossione competente per territorio, ai fini dell’esercizio dell’attività di riscossione delle somme iscritte a ruolo.
Con regolamento del Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono stabilite le modalità di attuazione delle disposizioni di cui al comma 1".
Il testo che risulterà per effetto del decreto legge collegato alla finanziaria è il seguente: "A decorrere dalla data di entrata in vigore del regolamento di cui al comma 2, le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e le società a totale partecipazione pubblica, prima di effettuare, a qualunque titolo, il pagamento di un importo superiore a diecimila euro, verificano, anche in via telematica, se il beneficiario è inadempiente all’obbligo di versamento derivante dalla notifica di una o più cartelle di pagamento per un ammontare complessivo pari almeno a tale importo e, in caso affermativo, non procedono al pagamento e segnalano la circostanza all’agente della riscossione competente per territorio, ai fini dell’esercizio dell’attività di riscossione delle somme iscritte a ruolo.
Con regolamento del Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono stabilite le modalità di attuazione delle disposizioni di cui al comma 1".
Non vi sarà, dunque, più dubbio alcuno sulla circostanza che la disciplina del blocco dei pagamenti è costituita da un precetto incompleto, perché mancante della norma di dettaglio attuativa.
La vicenda dell’articolo 48-bis rappresenta l’archetipo di un modo di legiferare eccessivamente approssimativo, fonte di complicazione e di incertezze infinite.
Da diverso tempo il legislatore italiano pone regole generali, affinché gli organismi amministrativi provvedano, poi, a fissare le regole specifiche per il rispetto e l’attuazione delle regole.
Il rischio che si annida dietro questo modo di procedere, quando si trasforma in prassi ordinaria è produrre una serie di disposizioni generali, tutte condizionate all’emanazione di provvedimenti esecutivi successivi, senza che essi vengano mai alla luce. Sicchè, il precetto resta in aria, né si sa esattamente se la norma di legge sia immediatamente o meno applicabile, in mancanza della disposizione di esecuzione.
La questione della concreta attuabilità dell’articolo 48-bis novellato dal d.l. 262/2006 convertito in legge 286/2006 è emersa, in particolare, per effetto della deliberazione 18 maggio 2007, n. 10 della Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per la Basilicata, in risposta ad un quesito rivolto da un comune.
La Sezione si è così espressa: "si ritiene che la norma sia precettiva. […] la disposizione di cui all’art. 48 bis del D.P.R. n. 602/1973 […] è entrata in vigore, ed è divenuta obbligatoria, a partire dal giorno successivo alla sua pubblicazione (avvenuta il 28 novembre 2006).
Né, d’altronde, il primo comma del citato articolo, sembra aver condizionato l’imperatività delle disposizioni dallo stesso introdotte all’emanazione del regolamento del Ministero dell’economia e delle finanze […], che non incide sull’an dell’applicazione, ma è deputato solo a specificarne il quomodo (le modalità di attuazione).
Si noti, peraltro, che il primo comma in esame individua precisamente i soggetti obbligati (le amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, comma 2, del D.lgs. n. 165/2001 e le società a prevalente partecipazione pubblica), il presupposto (l’inadempienza all’obbligo di versamento derivante dalla notifica di una cartella di pagamento per un importo pari almeno a € 10.000) e le conseguenze previste (blocco del pagamento e segnalazione della circostanza all’agente della riscossione competente per territorio, ai fini dell’esercizio dell’attività di riscossione delle somme iscritte a ruolo), limitandosi però a prevedere una non meglio individuata attività di verifica, anche telematica, dell’esistenza del predetto presupposto.
L’emanando regolamento, quindi, secondo i principi sulla gerarchia delle fonti, potrà e dovrà specificare le modalità di attuazione del precetto, ma giammai potrà incidere sul contenuto dell’obbligo normativamente imposto in presenza di una fattispecie già sufficientemente delineata".
L’opinione espressa dalla Sezione non appare di per sé convincente, ed il legislatore, col nuovo intervento, dimostra non condividerla affatto. Appare, sì, ispirata ad una rigorosa impostazione interpretativa. Tuttavia, in qualche misura la tesi della Sezione appare tautologica: sembra dire, infatti, che la disposizione "si applica perché si applica", e se non si può attuare il decreto ministeriale, occorre comunque applicare cautele informative per verificare se l’interessato abbia a suo carico cartelle di pagamento.
In quale modo? Mediante il rimedio magico a qualsiasi problema operativo: l’autocertificazione. Infatti, spiega la delibera della Sezione, "potrebbe, poi, risultare opportuno acquisire, all’atto del pagamento, apposita dichiarazione sostitutiva da parte del percipiente che attesti l’insussistenza delle condizioni ostative previste dalla norma in esame".
Ma, quest’affermazione della Sezione rivela una contraddizione intrinseca al suo ragionamento che lo indebolisce in modo rilevante. Perché una norma risulti efficace, non appare sufficiente che il precetto si limiti individuare i soggetti obbligati, il presupposto e la sanzione, se le modalità di attuazione non sono definite. Le modalità di attuazione di una disposizione sono corpo unico col precetto. Mancando il sistema attuativo, la norma resta inapplicabile. Non a caso, la Corte suggerisce di imporre ai percettori di pagamenti la produzione della dichiarazione sostitutiva. Trascurando però, che occorre la verifica almeno a campione della veridicità stessa. Però, in mancanza del decreto tale verifica non è possibile.
L’autorevolezza, però, dell’interprete ha indotto la Ragioneria generale dello Stato a seguire sulla china tracciata con la circolare 6 agosto 2007, n. 28 del Ministero dell'economia e delle finanze (pubblicata in questa Rivista, pag. http://www.lexitalia.it/leggi/circ_2007-28.htm), che accettando totalmente la teoria della Sezione Basilicata introduce una disciplina attuativa, ispirata alle indicazioni contenute nel parere della magistratura contabile. La circolare ha descritto la soluzione al problema in "opportune e preliminari verifiche presso Equitalia S.p.A. nella sua qualità di agente della riscossione, giusta previsione dell'art. 3 del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248". Precisando, però, "In alternativa alle esposte modalità di verifica, si può ritenere sufficiente l'acquisizione, da parte dell'Amministrazione che dispone il pagamento, di una dichiarazione, da accludere al mandato di pagamento, resa dal beneficiario dalla quale risulti l'assenza di qualsiasi inadempimento derivante dalla notifica di una o più cartelle di pagamento ovvero lo stato e la misura delle somme eventualmente dovute".
La circolare, ancora, chiarisce che "È appena il caso di soggiungere che le singole amministrazioni, anche per scongiurare l'insorgenza di possibili ipotesi di responsabilità amministrativa nello svolgimento delle proprie attività istituzionali, assolveranno all'obbligo di provvedere al controllo delle dichiarazioni ricevute in ossequio alle prescrizioni contenute nell'art. 71 del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000".
Insomma, la circolare contemporaneamente afferma e nega, esprime certezze e dubbi e comunque considera il cerchio chiuso dalla solita autocertificazione.
Tanta prudenza era, però, giustificata. Infatti a pochi giorni dalla sua emanazione alla soluzione proposta, si è opposta Equitalia spa, come ha la stampa specializzata ha specificato. la circolare ha trovato una secca smentita, proprio nella soluzione che aveva individuato. Equitalia spa, infatti, ha informato il Ministero di non poter svolgere la funzione di controllo immaginata, diramando una direttiva rivolta agli uffici della società, nella quale si precisa che in assenza del regolamento attuativo della norma, la sua operatività deve ritenersi congelata. In assenza del decreto, infatti, mancano garanzie necessarie su privacy e sicurezza informatica, sicchè i dati di Equitalia spa sarebbero rimasti off limits.
Sicchè, l’unica modalità operativa per applicare la norma, in assenza del decreto – che si rivela, dunque, imprescindibile, contrariamente a quanto sostenuto – sarebbe rimasta l’autocertificazione.
Ma, come rileva la circolare, "le singole amministrazioni, anche per scongiurare l'insorgenza di possibili ipotesi di responsabilità amministrativa nello svolgimento delle proprie attività istituzionali, assolveranno all'obbligo di provvedere al controllo delle dichiarazioni ricevute in ossequio alle prescrizioni contenute nell'art. 71 del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000."
E’ stato, così, necessario adottare da parte della Ragioneria generale dello Stato, una seconda circolare "attuativa-interpretativa" della norma, in data 4 settembre 2007, n. 29 (pubblicata in questa Rivista, pag. http://www.lexitalia.it/leggi/circ2007-29.htm), nella quale si è preso sostanzialmente atto dell’impraticabilità delle verifiche tramite Equitalia spa, e si magnifica nuovamente il sistema delle dichiarazioni sostitutive.
Di conseguenza, si è dato l’abbrivio ad un’esaltazione della "burocrazia", intesa nel suo significato deteriore di sommatoria di adempimenti e carte, sostanzialmente inutili, finalizzati solo a salvaguardare la forma, senza alcuna utilità nella sostanza.
La Ragioneria ha sfornato ben due diversi moduli di autocertificazione e presto tutte le amministrazioni, per provvedere ai pagamenti, hanno chiesto ai beneficiari di compilarle e sottoscriverle. Un ulteriore passaggio di carte, posto in essere nell’assoluta consapevolezza dell’impossibilità di controllare il contenuto delle dichiarazioni.
Il massimo della burocrazia si è avuto quando ogni amministrazione pubblica tenuta ad effettuare pagamenti in favore di altre amministrazione pubblica a titolo di trasferimento finanziario o contributo derivante da legge, accordo di programma o convenzione, ha cominciato a chiedere al destinatario la dichiarazione sostitutiva. Come se i pagamenti dovuti dalle amministrazioni (ovviamente anch’esse tenute ad adempiere correttamente agli obblighi di pagare imposte e tasse) all’Erario, non fossero comunque un giro contabile pubblicistico.
Allo scopo di rimediare parzialmente alla corsa all’adempimento burocratico, allora, l’11 settembre il Dipartimento della ragioneria generale dello Stato con una nota interpretativa, ha chiarito che la dichiarazione sostitutiva non era necessaria per i trasferimenti da un’amministrazione all’altra.
In ogni caso, la scintilla accesa dalla Sezione Basilicata della Corte dei conti ha attivato un vortice burocratico vastissimo, criticabile nei presupposti ermeneutici, ma soprattutto per i risultati ottenuti ed ottenibili.
Infatti, lo scopo del "blocco dei pagamenti" non è sicuramente acquisire dichiarazioni sostitutive in tema di regolarità della posizione del suo beneficiario in merito alla posizione fiscale. Altrimenti, sarebbe una mera e vuota ripetizione di quanto già prevede – almeno per quanto riguarda i pagamenti connessi ad appalti – l’articolo 38, comma 1, lettera g), del codice dei contratti.
Insomma, la dichiarazione sostitutiva salva la forma; ma l’efficacia, costituire una sanzione-deterrente nei confronti di chi non risulta in regola col versamento delle imposte, appare inconsistente.
La realtà era ed è che in assenza del regolamento che disciplina il sistema di accesso alle banche dati dei concessionari delle imposte, i quali chiedono salvaguardia delle proprie responsabilità operative, l’autocertificazione resta una mera formalità. Non vi sarebbe, infatti, la possibilità concreta di verificare il contenuto della dichiarazione.
Nel caso del blocco dei pagamenti, fortunatamente il legislatore, sia pure con ritardo, si è reso conto dell’innesco di una spirale burocratica paradossale e vi ha posto rimedio.
Tuttavia, una maggiore capacità di prevedere gli effetti delle norme, nel momento stesso in cui si elaborano, salvaguarderebbe dalle conseguenze di un legiferare per tentativi, del quale non si sente oggettivamente bisogno.