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Articoli e note

n. 10/2007

LUIGI OLIVERI

L'oggettiva incostituzionalità dello spoils system
e gli errori della legge costituzionale 3/2001

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La legge regionale del Lazio 13 giugno 2007 n. 8, oggetto dell'ordinanza del Consiglio di Stato, Sezione V, 16 ottobre 2007, n. 5388 (in questa Rivista, pag. http://www.lexitalia.it/p/72/cds5_2007-10-16o.htm), con la quale solleva la relativa questione di costituzionalità, impone di trarre due conclusioni: lo spoils system è oggettivamente incostituzionale, mentre la legge costituzionale 3/2001 pare debba essere seriamente messa in discussione.

Partendo dal primo elemento, si nota un fattore ormai evidente: gli incarichi dirigenziali a contratto, quelli attribuiti direttamente dagli organi di governo sono divenuti tutt'altro che un fattore solo gestionale. Sono elementi propri dell'esercizio del potere politico. In altre parole, sono a tutti gli effetti strumento dell'esercizio del potere.

Secondo i fautori dello spoils system all'italiana, l'assunzione di dirigenti extra dotazione organica, per via fiduciaria e con contratti a tempo determinato avrebbe dovuto garantire una flessibilizzazione delle dotazioni di dirigenti pubblici di ruolo, allo scopo di permettere agli organi di governo il reperimento di professionalità molto spiccate e di comprovata condivisione degli orientamenti politici, da preporre alla direzione di strutture di vertice strategiche. In modo da assicurare una forte compartecipazione degli obiettivi politici, pur nel rispetto del principio di distinzione delle competenze degli organi di governo, rispetto a quelle della dirigenza.

 Sembra, dopo alcuni anni, assolutamente chiaro che si sia trattato solo di una teoria interessante, risoltasi, però, in un miraggio. L'obiettivo degli incarichi a contratto è consistito quasi esclusivamente nella preposizione ala guida delle strutture amministrativa di dirigenti del tutto uniformati ad esigenze politiche e di partito. Esattamente all'opposto delle finalità desumibili dall'articolo 97 della Costituzione ed esplicitate dalla sentenza 104/2007 della Corte costituzionale, presa a riferimento da Palazzo Spada nella propria ordinanza.

 La prova indiretta è data dalla vicenda molto particolare della legge regionale del Lazio 8/2007, il cui unico, evidente scopo è quello di eludere proprio la sentenza della Consulta 104/2007, che aveva rilevato l'illegittimità costituzionale delle leggi regionali laziali 9/2005 (articolo 71, commi 1, 3 e 4, lettera a) e della legge regionale 1/204 (articolo 55, comma 4). Entrambe le leggi avevano introdotto la decadenza automatica dei dirigenti pubblici, come conseguenza del rinnovo del mandato elettorale degli organi di governo, introducendo l'applicazione del principio simul stabunt simul cadent nel rapporto tra soggetti politici e dirigenza, che sovverte del tutto non solo il principio di separazione delle competenze, ma tradisce anche il dettato dell'articolo 97 della Costituzione. Infatti, come ha rilevato la Consulta, le citate disposizioni legislative regionali, laddove attribuiscono alla regione il potere di rimuovere a proprio piacimento tutti i dirigenti degli organi istituzionali, violano i principi di imparzialità e di buon andamento, chiarendo che la dipendenza funzionale del dirigente non può diventare dipendenza politica.

 Il fatto che un consiglio regionale si riunisca nell'esercizio della funzione legiferante, al solo scopo di:

- adottare una legge che aggiri il dettato di una sentenza della Corte costituzionale;

- impedire la reintegrazione nel proprio posto di un direttore generale di un'Asl, esautorato per effetto delle leggi regionali dichiarate incostituzionali

fornisce la conferma che l'ordinamento debba seriamente essere rivisto e ripensato.

 Ciascun organo detentore del potere legislativo, quale rappresentante del corpo elettorale che lo ha costituito, dovrebbe esercitare il proprio potere, con l'obiettivo di perseguire, mediante leggi, gli interessi generali della popolazione amministrata, nell'ambito, ovviamente, di un indirizzo politico liberamente prefissato.

 Una legge come quella che Palazzo Spada individua come nuovamente viziata da violazione della Costituzione, appare, invece, finalizzata ad obiettivi completamente diversi: violando o, comunque, operando ai confini della Costituzione, curare interessi particolari dell'organo attualmente al governo, allo scopo di ottenere il risultato non colto con le leggi precedentemente censurate dalla Consulta, e cioè esautorare un direttore generale di un'Asl, per sostituirlo con un altro di proprio gradimento. Insomma una vera e propria legge ad personam, di quelle vere, finalizzate all'ostracismo di una persona determinata.

 In mancanza di un giudizio negativo, conseguente ad una valutazione sui risultati ottenuti, non si vede quale utilità collettiva e generale abbia la rimozione di un dirigente pubblico e, soprattutto, la sua sostituzione con altro dirigente "di fiducia", se non quella di assicurare una totale e piena dipendenza della dirigenza dalla politica. Ciò, in particolare, risulta particolarmente e maggiormente vero, alla luce di queste ulteriori considerazioni, frutto dell'evoluzione sempre più disinvolta dello spoil system:

a. negli enti territoriali di maggiori dimensioni sempre più di frequente gli incarichi dirigenziali di fiducia sono assegnati a persone candidate ma non elette negli organi di governo, oppure a persone chiaramente e dichiaratamente appartenenti ad apparati politici;

b. i compensi che remunerano questi incarichi sono molto spesso di importo sensibilmente più alto ai massimi previsti dalla contrattazione collettiva, per la dirigenza di ruolo;

c. il numero dei dirigenti a contratto ormai supera le percentuali massime, pur previste dalle norme;

d. si utilizzano nella maniera più disinvolta possibile le norme contrattuali sulla risoluzione consensuale o la messa in disponibilità.

 Insomma, sono indici della chiara volontà di sostituire, a marce forzate, una dirigenza di stock, costituitasi negli anni attraverso l'ingresso nei ruolo dirigenziali con l'ordinario strumento dei cdoncorsi, con una dirigenza cooptata direttamente dalla politica.

 Sicchè, laddove il meccanismo della sostituzione forzata di dirigenti non "consoni" sia fermato dalla magistratura, l'esercizio dell'ostracismo mediante leggi è posto in essere senza alcuna esitazione, con aperta sfida alla magistratura stessa, pieno affidamento al "diritto vivente" come fonte superiore a quella del diritto positivo e, comunque, chiara volontà di prendere tempo, prolungare la presenza in servizio di dirigenti di fiducia, nonostante i loro incarichi risultino frutto di leggi e provvedimenti dichiarati incostituzionali.

 Non è certo la prima volta che un legislatore sia andato in rotta di collisione con la Corte costituzionale. Basti ricordare l'esempio di quanto avvenuto tra il 1999 ed il 2002, in merito alle tante leggine speciali, con le quali si era tentato di attivare concorsi interamente riservati a personale interno o, comunque, riservati con percentuali talmente elevate, da vanificare del tutto la disposizione di cui al terzo comma dell'articolo 97 della Costituzione, tutte oggetto di censura da parte della Consulta(1).

 Appare, però, particolarmente grave che un legislatore regionale si scontri frontalmente con la Consulta e la Costituzione, al solo scopo di ottenere ragione di un dirigente evidentemente scomodo, ma non rimuovibile in base a valutazioni negative sui risultati. I livelli di governo maggiormente vicini al territorio, se per un verso riescono ad interpretarne meglio i i bisogni, per altro verso risultano meno attrezzati a resistere alle lobby ed ai poteri locali. I quali, se debbono confrontarsi con lo Stato, possono dimostrarsi deboli e marginali: ma, un potentato locale, quasi insignificante al livello statale o comunitario, può rivelarsi estremamente solido ed influente al livello locale, tale da imporre decisioni particolaristiche. Così da indurre gli organi politici a riunirsi, allo scopo di esitare provvedimenti normativi sfrontatamente posti a tutelare interessi di parte o, comunque, non generali.

 La combinazione, allora, tra uno spoils system assolutamente fuori da qualsiasi intento di modernizzazione e flessibilizzazione della compagine amministrativa e l'esercizio di potestà normative regionali che non esitano, sotto il vessillo della fiduciarietà degli incarichi dirigenziali, ad agire ripetutamente contro la Costituzione e contro chi è chiamata a tutelarlal, la Consulta, dovrebbe indurre a riflettere. Può lo spoils system così interpretato continuare a trovare collocazione nell'ordinamento giuridico? La legge costituzionale 3/2001 ha consentito un più ordinato riparto delle competenze e delle responsabilità, rendendo più efficiente il sistema e maggiormente tutelata la Costituzione?  Le risposte a queste domande sono certamente negative. Il sistema delle spoglie mostra da ogni punto di vista i suoi limiti, che sono fattuali ed applicativi, ma anche teorici, in un ordinamento costituzionale nel quale siano presenti gli articoli 97 e 98 della Costituzione. I due elementi non si tengono insieme: allora, che si abroghi lo spoils system, oppure che si modifichino gli articoli 97 e 98. Ma questa ipocrita convivenza non può continuare ad inficiare la legittimità dell'operato delle amministrazioni pubbliche ancora al lungo.

 Nello stesso tempo, il completamento della riforma costituzionale dovrebbe considerare con attenzione quali sono le materie normative effettivamente utili ad una competenza esclusiva o concorrente delle regioni, che non crei ulteriore caos e spazio a conflittualità, delle quali il sistema non ha ulteriore necessità.

 

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(1) Corte costituzionale sentenze: 21 gennaio 1999 n. 1; 16 maggio 2002, n. 194; 29 maggio 2002 n. 218; 23 luglio 2002, n. 373.


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