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Giurisprudenza
n. 5/2005 - © copyright

LUIGI OLIVERI

Lo spoil system e la cooptazione dei funzionari
in ruoli dirigenziali come "disvalore"?

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"Dobbiamo evitare che un malinteso concetto di spoil system nelle amministrazioni pubbliche generi dirigenti legati più ai politici che li hanno nominati che al servizio dei cittadini che di fatto li remunerano. Dobbiamo mettere con convinzione meritocrazia e produttività al centro delle carriere del servizio pubblico".

Così si è espresso Luca Cordero di Montezemolo nel suo intervento all'Assemblea annuale della Confindustria, in riferimento alle riforme che è necessario apportare alla pubblica amministrazione, per rendere più efficiente e competitivo il Paese.

Appare estremamente importante che il massimo esponente di Confindustria abbia espresso un giudizio tanto severo sull’applicazione dello spoil system nella pubblica amministrazione.

Dopo quasi un quindicennio di insistenza ossessionante sulla necessità di collegare i dirigenti tecnici agli obiettivi della politica, per via di cooptazione fiduciaria, insistenza per altro derivante anche da una fortissima campagna anche della Confindustria che qualche tempo fa non vedeva di cattivo occhio la possibilità di piazzare dirigenti privati nei gangli pubblici, avanza l’ondata di riflusso.

E’ un segnale importante. Un monito, nei confronti di un Parlamento, invece, ancora intento, indefesso, ad introdurre ancora ulteriori elementi di legame surrettizio della dirigenza all’appartenenza politica. L’esempio è stato dato dalle proposte di emendamenti, apportate praticamente ad ogni disegno di legge di conversione di decreti legge disponibili, finalizzate da un lato ad accorciare la durata degli incarichi dirigenziali di vertice, allo scopo di "insediare" a titolo definitivo nei ruoli di dirigente generale, dirigenti incaricati proprio grazie allo spil system; dall’altro, a consentire l’attribuzione per mera cooptazione di incarichi dirigenziali non solo a personale esterno, ma anche a funzionari interni, privi della qualifica dirigenziale. Con una contraddizione in termini ed una palese violazione dei principi costituzionali di accesso ai posti pubblici evidentissima.

L’articolo 97 della Costituzione, infatti, postula che si acceda ai posti pubblici per concorso. L’articolo 19, comma 6, oggetto del desiderio di riforma e flessibilizzazione della dirigenza, consente, come eccezione alla regola, l’attribuzione di incarichi dirigenziali a soggetti esterni all’amministrazione in virtù delle accertate rilevantissimi competenze professionali, tali da ritenere di fatto acquisiti quei requisiti che, altrimenti, sarebbero da accertare con concorso, allo scopo di arricchire le competenze professionali degli enti. Se tali competenze fossero già presenti nell’ente, in un colpo solo, violando il principio concorsuale, si spenderebbero inutilmente più soldi, precostituendo incarichi dirigenziale provvisori, destinati (essendo in Iatalia) a divenire col tempo molto più stabili degli incarichi dei dirigenti di ruolo.

E’, ancora, importante che l’analisi sulle disfunzioni dello spoil system (sulle quali si è prodotto di recente, e per l’ennesima volta, Sabino Cassese) siano affrontate dal massimo esponente di Confindustria non sul piano giuridico, quanto su quello degli effetti socio-economici che una dirigenza attenta non al servizio ai cittadini, ma ai legami con la politica, può comportare.

Emerge, per la prima volta con tanta autorevolezza e nettezza, una tesi "meta-giuridica", che fa il paio con le tesi tendenzialmente molto improntate sul "diritto che si vorrebbe ci fosse", ma che non c’è, favorevoli a tutt’oggi all’introduzione di sistemi di cooptazione dei dirigenti, che lo si voglia o no, direttamente innescanti un rapporto di dipendenza eccessivamente forte dell’apparato amministrativo, da quello politico.

Argomentazioni come quelle di recente evidenziate dalla dottrina favorevole agli incarichi dirigenziali a funzionari interni agli enti, anche enti locali, privi della qualifica dirigenziale, mostrano la corda, anche di fronte ad un’analisi non strettamente giuridica, ma solo socio-economica.

Essenzialmente, le argomentazioni sono le seguenti:

la posizione contraria agli incarichi dirigenziali in argomento può essere frutto di un corporativismo dei dirigenti di ruolo;

la legge 265/1999, per quanto riguarda gli enti locali, ha consentito a qualsiasi ente locale, di qualsiasi dimensione, di istituire la dirigenza;

agli enti locali non si applica l’articolo 19, comma 6, del d.lgs 165/2001, ma la disciplina speciale di cui agli articoli 109 e, soprattutto, 110, del d.lgs 267/2000;

esisterebbe una riserva regolamentare, posta dal testo unico, che consente agli enti locali di introdurre l’incarico dirigenziale ai funzionari per via regolamentare, in base ad una manifestazione di volontà del legislatore espressa di attribuire tali incarichi anche a dipendenti interni.

Si tratta di argomentazioni tutte tendenti a dimostrare troppo, fondate sulla concezione secondo la quale l"’epoca storica in cui ci troviamo a vivere ed operare […] vede prevalenti i valori della fiduciarietà e dell’aderenza o congruità della funzione dirigenziale agli obiettivi fissati e stabiliti dagli organi di governo delle autonomie locali". Non è chi non veda che questa considerazione, dando atto della sua autentica buona fede, non è altro che la teorizzazione della consegna della dirigenza pubblica ai voleri della politica, avversata a chiare lettere da chi, gli imprenditori, chiedono alla dirigenza efficienza, e non lealtà di parte.

Se, allora, la fiduciarietà, fosse da considerare un "valore" a livello giuridico, probabilmente, ad un quindicennio di distanza, il mondo produttivo probabilmente la vedrebbe come "disvalore", al quale porre rimedio.

Ma, la cosa interessante, è che interpretazioni come quelle sintetizzate prima estendono a dismisura l’applicazione dello spoil system in un’ottica di "valori" e non, propriamente di analisi del diritto positivo.

E’, certo, una considerazione di valore la constatazione che chi si pronuncia contro le derive dello spoil system possa anche agire per esigenze "corporative". Sarebbe, tuttavia, da dimostrare l’esistenza di una corporazione della dirigenza pubblica: il che pare francamente molto difficile. O, ancora, bisognerebbe spiegare ai dirigenti in disponibilità, privi di incarichi, che una loro eventuale lagnanza contro incarichi dirigenziali conferiti invece a soggetti privi della qualifica dirigenziale, in quanto "corporativa" apparirebbe irricevibile. Con buona pace della tutela delle posizioni lavorative di detti dirigenti.

Ancora, sarebbe da spiegare a tutti i dirigenti di ruolo, acceduti alla qualifica per concorso, che risponde pienamente ai principi di eguaglianza, pari opportunità, nonché imparzialità ed efficienza dell’amministrazione, che funzionari che mai hanno superato le selezioni, obbligatoriamente previste dall’articolo 97 della Costituzione e dall’articolo 28 del d.lgs 165/2001, siano cooptati allo svolgimento delle funzioni dirigenziali per "fiducia" politica.

Ma, soprattutto, andrebbe spiegato bene ai cittadini, agli imprenditori ed agli interlocutori, che simile sistema di reclutamento della dirigenza assicuri quel minimo di imparzialità, intesa come non tutela di nessuna "parte", ma perseguimento del bene pubblico, preteso da chi si relaziona con la pubblica amministrazione.

Inutile osservare che nessuna norma abilita, oggi, i regolamenti a derogare non tanto alla legge, quanto alla Costituzione, nel consentire l’attribuzione di incarichi dirigenziali a funzionari privi della necessaria qualifica. Se così non fosse, il legislatore non tenterebbe spasmodicamente di "dare copertura" ad atti già posti in essere in evidente contrasto con la legge, né nella direttiva per il rinnovo della contrattazione della dirigenza locale si sarebbe pensato di introdurre una disposizione contrattuale che facultizzi in tal senso; né, ancora, a conferma della ricerca dello spoil system ad ogni costo (perché fa comodo?) simili disposizioni sarebbero state trascritte nello schema di nuovo testo unico sull’ordinamento degli enti locali.

Gli incarichi dirigenziali sono il modo per definire, dal punto di vista contrattuale, e ad un tempo organizzativo, la qualità ed estensione della prestazione che i dirigenti sono chiamati a svolgere. L’incarico non può avere un valore costitutivo della qualifica dirigenziale, se non passa per un’assunzione e, dunque, per un concorso o prova selettiva, a meno di violare scientemente e clamorosamente la Costituzione. Solo gli incarichi extradotazionali, di cui alle analoghe disposizioni contenute negli articoli 19, comma 6, del d.lgs 165/2001 e 110, comma 2, del d.lgs 267/2000, consentono una deroga apparente al criterio della selezione concorsuale: tali incarichi, proprio perché esterni, sono finalizzati ad acquisire competenze (di soggetti che hanno già svolto funzioni dirigenziali anche presso i privati, di docenti universitari, di avvocati, professionisti ed altre figure di eccellenza) non possedute all’interno dell’ente.

D’altra parte, se l’articolo 110, comma 5, prevede che il dipendente pubblico incaricato ex articolo 110, comma 2, può essere riassunto, in conseguenza della risoluzione del rapporto di lavoro derivante dall’incarico, dall’amministrrazione "di provenienza", è assolutamente chiaro che tali incarichi, se rivolti a dipendenti pubblici, riguardano dipendenti provenienti da un ente diverso da quello che li attribuisce. Ogni altra diversa interpretazione è così certamente illegittima, che da mille versanti si sta tentando di coprirla, con interventi di riforma legislativa e contrattuale.

Ovviamente, quando, come appare abbastanza inevitabile, il legislatore avrà detto apertamente che tutto ciò sarà possibile, l’interprete sosterrà la piena legittimità di tale impostazione, senza ricorrere ad argomentazioni socio-economiche scarsamente utili all’analisi giuridica, molto efficaci per la richiesta di interventi di riforma.

Ma, un ulteriore potenziamento dello spoil system nei termini qui sintetizzati, è un valore, o un disvalore?

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CARPARELLI O., Nomina dell’ombudsman e principi ex art. 97 Cost.: un binomio inscindibile
Il no del Tar Catania allo spoil system per il difensore civico., in LexItalia.it, n. 3/2005 http://www.lexitalia.it/p/51/tarsiciliact1_2005-03-03.htm


DI VICO D., Superburocrati, arrivano gli esoneri - Debutta nei ministeri lo spoil system, in LexItalia.it, http://www.lexitalia.it/stampa/rastampa_1999-12-09.htm


MIGUIDI M., Dirigenti a tempo determinato ed alte specializzazioni, tra imparzialità e spoil system, in LexItalia.it (www.lexitalia.it) http://www.lexitalia.it/articoli/miguidi_dirigenti.htm


NAPOLETANI R., Commento a Corte Costituzionale, ordinanza 30 gennaio 2002 n. 11 (è legittimo in Italia lo spoil system applicato ai dirigenti generali dei Ministeri), in LexItalia.it n. 2-2002 http://www.lexitalia.it/corte/ccost_2002-11.htm


OLIVERI L., Un nuovo (attore non) protagonista dello spoil system: il vice segretario, in LexItalia.it, http://www.lexitalia.it/articoli/oliveri_spoil.htm


OLIVERI L., Spoil system negli enti locali - secondo atto, in LexItalia.it, http://www.lexitalia.it/articoli/oliveri_spoilsystem.htm


OLIVERI L., Le nuove frontiere dello spoil system (nota a Corte dei Conti, Sezione Centrale, deliberazione 23 maggio 2001, n. 22, sui presupposti per il conferimento per chiamata diretta di incarichi dirigenziali), in LexItalia.it http://www.lexitalia.it/articoli/oliveri_spoil-system.htm

G.VIRGA, Chi di spoil system ferisce …, in LexItalia.it http://www.lexitalia.it/articoli/virgag_spoil3.htm

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