Prima pagina | Legislazione | Giurisprudenza | Articoli e note | Forum on line | Weblog |
Luigi Oliveri
La legittimità degli impegni
di spesa degli organi politici
La nuova formulazione dell'articolo 53, comma 1, della legge 142/90, come introdotta dall'articolo 13, comma 2, della legge 265/99 dà maggiore fondamento alle tesi degli autori che ritengono possibile per giunta e consiglio adottare impegni di spesa. L'articolo 13 della legge 265/99 giunge al termine di un processo di ripensamento del valore e della funzione del parere di regolarità contabile, partito con il D.lgs 336/96 e proseguito con la legge 127/97, il cui articolo 6, comma 11, ha sostituito l'originario comma 5 dell'articolo 55 della legge 142/90, con la seguente disposizione: <<I provvedimenti dei responsabili dei servizi che comportano impegni di spesa sono trasmessi al responsabile del servizio finanziario e sono esecutivi con l'apposizione del visto di regolarità contabile attestante la copertura finanziaria>>.
Il
tenore letterale della disposizione fece ritenere a parte della dottrina che
agli organi politici fosse stata definitivamente preclusa la possibilità di
adottare provvedimenti di impegno di spesa e che il parere di regolarità
contabile, previsto dall'articolo 53, comma 1, della legge 142/90, fosse stato
implicitamente abrogato dal visto introdotto dall'articolo 55, comma 5,
novellato.
Tale
interpretazione si è basata su un assunto di base che non è sempre corretto, o
meglio, non sempre vero: che, cioè, l'atto comportante un impegno di spesa
debba necessariamente essere atto gestionale, quindi privo della discrezionalità
amministrativa propria dell'organo di governo, ed anzi tipicamente assunto dalla
dirigenza in esecuzione delle direttive generali dell'organo politico, allo
scopo di dare minuta attuazione agli indirizzi, individuando la somma da pagare,
determinare il soggetto creditore, indicare la ragione del credito, rimanendo
esclusa la valutazione sui fini e gli obiettivi, già, appunto, presa in
considerazione nell'atto di indirizzo generale.
Tuttavia,
la legge 127/97 non ha avuto l'effetto di eliminare del tutto la competenza
degli organi elettivi di assumere impegni di spesa, come importante dottrina non
ha mancato di sottolineare [1].
Restano,
infatti, in capo agli organi elettivi alcune competenze specifiche previste
dalla legge, la cui piena attuazione non può non determinare anche l'assunzione
dell'impegno di spesa relativo.
Si
pensi, per quanto riguarda la giunta, alla deliberazione di costituzione in
giudizio e contestuale nomina del legale patrocinatore dell'ente; o alla nomina
di un professionista incaricato di elaborare un piano urbanistico; o
all'attribuzione di contributi a terzi in presenza di situazioni non previste
dal regolamento che determina i criteri generali per l'erogazione di somme di
denaro; o alla previa deliberazione per l'assunzione del direttore generale o di
dirigenti extra pianta organica. Per quanto riguarda il consiglio, si faccia
riferimento alla deliberazione di compravendita di un bene immobile o
all'analoga deliberazione di costituzione di società con contestuale
conferimento del capitale, o, ancora, alla determinazione dell'indennità di
carica degli amministratori.
Si tratta di provvedimenti che non sono meri atti di indirizzo, ma veri e propri atti di amministrazione attiva e diretta, con i quali la giunta ed il consiglio oltre a manifestare la volontà politica, provvedono anche a darvi direttamente concreta attuazione. In tali casi, l'organo elettivo, infatti, oltre a determinare il volere politico (costituirsi in giudizio, acquistare un immobile) non può non individuare la prestazione, il soggetto terzo contraente, la ragione del credito e la somma da pagare. In una parola impegnare la spesa, ai sensi dell'articolo 27, comma 1, del D.lgs 77/95. E', del resto, il legislatore a dare agli organi politici questo specifico potere, rompendo quel muro di confine che separa la politica dalla gestione negli enti locali. C'è, pertanto, in via legislativa, nel sistema delle autonomie locali, una deroga alle disposizioni generali contenute nel D.lgs 29/93 e successive modificazioni in materia. E questo è stato confermato dal testo dell'articolo 37-bis del medesimo D.lgs 29/93, il quale prevede un semplice adeguamento dell'ordinamento degli enti locali ai principi previsti dall'articolo 3 del D.lgs 29/93 medesimo e nel rispetto delle peculiarità degli enti locali, mentre l'articolo 13, oggi abrogato, del D.lgs 29/93 in precedenza fissava i ben più pregnanti obblighi di modifica degli ordinamenti in vista di una loro conformazione al dettato della riforma organizzativa della p.a.
L'adozione
da parte della giunta e del consiglio comunale degli atti di amministrazione
attiva e diretta previsti da norme di legge col contestuale impegno della spesa
relativa, non contrasta, per altro, col principio di separazione tra politica e
gestione, per il quale all'apparato burocratico spetta l'adozione di tutti gli
atti gestionali. Infatti, la natura di atto gestionale non è determinata dal
fatto che l'atto medesimo disponga l'impegno di una spesa, ma dal contenuto del
potere che con l'atto si esercita. Se, tornando agli esempi fatti sopra, la
legge 142/90 all'articolo 32, comma 2, lettera m), afferma che la compravendita
immobiliare è un atto fondamentale di competenza consiliare (del resto anche
nel diritto privato le operazioni immobiliari sono atti di straordinaria
amministrazione che nelle società sono spesso riservati agli organi
assembleari), la deliberazione che dispone l'acquisto di un immobile, anche se
impegna la spesa, non per questo diviene un atto (solo) gestionale.
L'ipotesi
avanzata da parte della dottrina, secondo la quale in tali circostanze l'organo
politico dovrebbe limitarsi in ogni caso ad affermare la sua volontà,
demandando ad una successiva determinazione del responsabile l'impegno della
spesa, non pare accettabile. In primo luogo, perché dà luogo a una
duplicazione degli atti amministrativi che lede il divieto di aggravamento del
procedimento amministrativo previsto dall'art. 1, comma 1, della legge 241/90 e
contrasta col principio della semplificazione amministrativa contenuto nella
legge 127/97. In secondo luogo, perché l'impegno di spesa accede come
conseguenza diretta e fa parte integrante del provvedimento con cui l'organo
politico esercita il suo potere di scelta discrezionale.
Del
resto, già la circolare del Ministero dell'interno 1.10.97 n. Fl 25/97 aveva
affermato che <<quale parziale eccezione alla regola generale
(attribuzione ai responsabili dei servizi della competenza ad assumere gli
impegni di spesa) si ricorda che nelle fattispecie previste espressamente e
tassativamente dalla legge di provvedimenti di consiglio o della giunta che
comportano impegni di spesa è ancora dovuto il parere di regolarità contabile,
il quale reca anche l'attestazione di copertura finanziaria da parte del
responsabile del servizio finanziario>>. E' pur vero che nessuna legge
elenca casi tassativi ed espressi, nei quali consiglio e giunta possono assumere
impegni di spesa. Tuttavia, come sopra proposto, è possibile ricostruire le
fattispecie in cui detti organi possono impegnare le spese legittimamente.
E'
da notare, infatti, che le ipotesi sopra tratteggiate d'impegno di spesa da
parte degli organi elettivi, non contrastano col principio di separazione delle
funzioni d'indirizzo e controllo da un lato e gestione dall'altro, anche ai
sensi del D.lgs 29/93 e successive modificazioni ed integrazioni.
Il
sistema di ripartizione delle competenze tra organi di governo e dirigenza negli
enti locali, così come delineato dagli articoli 32, 35 e 51 della legge 142/90
e successive modificazioni, corrisponde, nella sostanza, allo schema
organizzativo descritto dagli articoli 3, 14, 16 e 17 del D.lgs 29/93, sicchè
le esigenze di adeguamento dell'ordinamento degli enti locali allo schema
generale dell'ordinamento del pubblico impiego sono minime.
L'articolo
3 del D.lgs 29/93, in particolare, assegna esplicitamente agli organi di governo
competenze di amministrazione attiva quali le nomine e le designazioni – che
molti ritengono comprensive anche di quelle relative ai professionisti di
fiducia - mentre l'articolo 16 assegna sempre agli organi di governo il potere
di decidere se costituirsi o meno in giudizio, qualora insorgano contrasti tra
il dirigente responsabili e l'avvocatura dello Stato.
Le
ulteriori ipotesi di atti di amministrazione attiva assegnati alla competenza di
consiglio e giunta sopra indicate, discendono direttamente dalla legge, come,
del resto, richiesto dall'articolo 3, comma 3, del D.lgs 29/93 e dalla circolare
25/97 del Ministero dell'interno. Quindi, non si pongono in contrasto coi
principi generali posti dalla riforma dell'ordinamento organizzativo delle
amministrazioni pubbliche.
In
questi limitati casi, pertanto, è possibile che l'impegno di spesa sia assunto
dall'organo collegiale.
Da
parte di taluno, contro la tesi prospettata, si osserva che il testo novellato
dell'articolo 53, comma 1, potrebbe non necessariamente significare che gli
organi politici possono impegnare le spese.
Ritengono,
questi interpreti, che il riferimento letterale contenuto nell'articolo citato
<<qualora comporti impegno di spesa>> possa essere interpretato in
un altro modo. Il <<comportare>> potrebbe significare non una
diretta conseguenza contabile derivante dall'atto, ma il fatto che questa
conseguenza (l'impegno di spesa) scaturisca indirettamente dalla deliberazione
dell'organo di governo e vada successivamente perfezionata con la determinazione
dirigenziale.
A
ben guardare, tuttavia, questa ricostruzione non sembra appagante.
Intanto,
l'interpretazione letterale del verbo comportare, non persuade. Se si potesse
ritenere che il verbo comportare sta a rappresentare l'impegno come una
conseguenza indiretta della deliberazione, allora lo stesso dovrebbe valere
anche per le determinazioni dirigenziali. Infatti, l'articolo 55, comma 5, della
legge 142/90 utilizza esattamente il medesimo verbo, quando stabilisce che
<<i provvedimenti dei responsabili dei servizi che comportano
impegni di spesa [… ]>>. Non si conosce, tuttavia, un provvedimento di
rinvio attuativo della determinazione.
E',
quindi, da ritenere che il legislatore utilizzi il verbo comportare nel
significato suo proprio di <<avere come conseguenza>> o meglio
<<implicare>>. L'etimologia latina del verbo, del resto, fa capire
che il verbo è composto da cum <<con>> e portare
<<portare>>, cioè portare insieme, contemporaneamente.
In
secondo luogo, il riferimento contenuto nel testo novellato dell'articolo 53,
comma 1, non solo alla spesa, ma anche alla diminuzione di entrata, fa capire
che il legislatore ha inteso riferirsi ad atti di amministrazione attiva
diretta. Non esistono, infatti, atti gestionali di <<diminuzione d'entrata>>,
semmai accertamenti negativi dei dirigenti. Che possono essere conseguenza di un
atto di amministrazione attiva dell'organo politico, quale ad esempio, la
riduzione di una tariffa o di un canone (ricorrendone i presupposti di legge),
rispetto ai quali la riduzione d'entrata è comunque sempre conseguenza
immediata e diretta, considerando anche che è la giunta l'organo competente a
determinare le aliquote dei tributi e delle tariffe relative ai servizi.
Né
varrebbe osservare che il testo novellato dell'articolo 53, comma 1, della legge
142/90 richiede espressamente il solo parere di regolarità contabile, ma non
l'attestazione della copertura finanziaria.
Infatti,
come già rilevato sopra, lo stesso Ministero dell'interno ha già ritenuto
possibile che gli organi politici adottino atti di amministrazione attiva
diretta, sui quali sono da esprimere il parere di regolarità contabile e
l'attestazione della copertura finanziaria.
Inoltre,
il responsabile del servizio finanziario ha il compito di verificare
continuativamente il permanere degli equilibri di bilancio, cosa che non può
evidentemente mancare soprattutto quando l'atto di consiglio o giunta determini
una minore entrata.
Allora,
l'attestazione della copertura finanziaria va certamente espressa, non essendo
comunque contraria all'articolo 53, comma 1, e potendo trarre, in ogni caso, la
sua fonte sia dall'applicazione analogica dell'articolo 55, comma 5, della
medesima legge 142/90, sia da una disposizione del regolamento di contabilità
dell'ente (o dallo statuto).
Occorre
dire, però, che mentre le competenze gestionali attive del consiglio discendono
direttamente dalla legge ed in particolare dall'articolo 32 della legge 142/90,
quelle della giunta – a parte la determinazione delle aliquote di tributi e
tariffe – dovrebbero essere specificate nello statuto, ai sensi dell'articolo
35, comma 2, della medesima legge 142/90.
[1] Vedasi F. Botta, <<Consiglio e Giunta possono assumere gli impegni di spesa in casi limitati e residuali>> in <<La Finanza Locale>> n. 11/98, ed. Maggioli, pag.1387 e ss. Nello stesso senso C. Mazzella e R. Ceriana <<La semplificazione non affida ai dirigenti la potestà esclusiva sugli impegni di spesa>>, in <<Guida agli enti locali>>, ed. Il Sole 24 ore, n. 21 del 30 maggio 1998, pag. 102; D. Foderini, <<La competenza all’adozione degli impegni di spesa negli enti locali>>, in <<L’Amministrazione italiana>>, ed. Barbieri Noccioli, n 7-8/98, pagg. 1041-1057; D. Giorgio, <<Funzione servente dell’impegno di spesa nella dicotomia dei ruoli degli organi amministrativi>>, in <<Nuova rassegna>>, ed. Noccioli, n. 12/98, pagg 1304-1305.