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clicca qui* per consultare il testo integrale del ddl recante "Modifiche e integrazioni della legge 7 agosto 1990, n. 241. Norme generali sull’azione amministrativa", approvato in via preliminare dal CdM in data 21 dicembre 2001, preceduto dal comunicato stampa della Presidenza del Consiglio - Dipartimento della Funzione Pubblica; nello stesso documento sono presenti dei links che consentono di consultare i disegni ed i progetti di legge presentati in materia nel corso della passata legislatura. In calce al presente documento è riportato il testo vigente degli artt. 14 e seguenti della L. 241/90, relativi alla conferenza di servizi, coordinati con le modifiche che il ddl intende apportare.

LUIGI OLIVERI

Il disegno di legge di riforma della legge 241/1990 -
Problemi di compatibilità con la riforma della Costituzione

Il ministro per la Funzione pubblica, Franco Frattini, come era lecito aspettarsi, ha presentato al Consiglio dei ministri un disegno di legge di riforma dell'attività amministrativa. L'attuale ministro, nel corso della passata legislatura, era stato tra i primi firmatari di un analogo disegno di legge di iniziativa parlamentare, che non venne approvato in quanto i lavori preparatori si prolungarono tanto da non consentirne la traduzione in legge, prima della scadenza della legislatura.

Appare logico e coerente, dunque, che il disegno di legge sia stato ripresentato, anche se con significative differenze rispetto al progetto esaminato dal Parlamento qualche mese fa. Il nuovo disegno di legge, a differenza del precedente, si presenta, infatti, come diretta riforma ed ammodernamento della legge 241/1990.

Proprio questo aspetto, che rappresenta un indiscutibile pregio, dal momento che consente alla legge 241/1990 di restare la legge generale che contiene i principi guida dell'attività amministrativa, può determinare, tuttavia, qualche problema. E' successo nel frattempo, infatti, che è divenuta vigente la riforma della Costituzione, operata dalla legge costituzionale 3/2001. Dunque, ogni iniziativa di legge dello Stato deve affrontare e risolvere il problema dell'effettiva sussistenza della competenza dello Stato a disciplinare la materia oggetto della nuova iniziativa legislativa, visto che la nuova formulazione dell'articolo 117 della Costituzione riserva allo Stato una competenza esclusiva e concorrente su un elenco tassativo di materie.

Ora, stando al testo letterale dell'articolo 117 della Costituzione la materia della disciplina generale dell'attività amministrativa non rientra nell'enumerazione delle materie riservate alla potestà legislativa dello Stato, né esclusiva, né concorrente. Ne deriverebbe che la materia dovrebbe rientrare nella generale e residuale potestà legislativa delle regioni.

Qui si nota un'effettiva ed abbastanza rimarchevole lacuna del testo costituzionale. Il principio che regge l'intera riforma è quello della sussidiarietà verticale, fondato sul concetto che occorre assegnare alla potestà amministrativa – ed eventualmente normativa anche a livello legislativo – degli enti territoriali più prossimi alla popolazione amministrata. Ma accanto al principio di assegnazione agli enti territoriali più vicini alla popolazione delle funzioni amministrative e normative, sta l'opposto e bilanciante principio secondo il quale le potestà e le funzioni che debbono essere svolte a livello unitario, spettino via via, salendo sulla scala verticale delle istituzioni, a quella in grado di garantire l'interesse pubblico più ampio.

Sembra abbastanza evidente che la disciplina generale dell'azione amministrativa debba essere disposta non mediante la legge regionale, che ha una limitata competenza territoriale, ma, al contrario, con legge dello Stato, in modo tale che tutti gli enti che svolgono funzioni amministrative fondino la loro attività su princìpi comuni. In tal modo soltanto si garantirebbe la parità di condizioni dei cittadini nonché anche il principio di imparzialità e buon andamento. Non apparirebbe del tutto in linea con questi principi un assetto dell'azione amministrativa diverso nelle 20 diverse regioni d'Italia: ai cittadini non verrebbe garantito il diritto di conoscere in anticipo quel minimo denominatore comune alla base dell'agire dell'amministrazione pubblica, che poi rappresenta il diritto-dovere alla trasparenza dell'azione amministrativa.

Resta, comunque, il fatto che l'elencazione delle materie assegnate alla competenza legislativa dello Stato difetta dell'individuazione della disciplina generale dell'attività amministrativa.

Il disegno di legge cerca di trovare una soluzione al problema, mediante l'articolo 14, che sostituisce l'articolo 29, comma 1, della legge 241/1990, stabilendo che "fino alla data di entrata in vigore del nuovo statuto regionale, con cui sono determinati i principi fondamentali di organizzazione e funzionamento della regione, ai sensi dell'art. 123, primo comma, della Costituzione, ciascuna regione a statuto ordinario regola le materie disciplinate dalla presente legge nel rispetto dei principi fondamentali desumibili dalle disposizioni in essa contenute".

Questa disposizione, tuttavia, lungi dal rappresentare una corretta soluzione al problema, sembra fuori dalla linea della ripartizione delle competenze tra fonti normative.

In primo luogo, sembra travisare il contenuto dell'articolo 123 della Costituzione, che non assegna agli statuti regionali la competenza alla disciplina generale dell'azione amministrativa. Il comma 1 della citata disposizione stabilisce, infatti, che "ciascuna regione ha uno statuto che, in armonia con la Costituzione, ne determina la forma di governo e i principi fondamentali di organizzazione e funzionamento […]". Risulta sufficientemente chiaro che allo statuto regionale la Costituzione assegna il compito di fissare i principi fondamentali per l'organizzazione ed il funzionamento dell'ente regione, con specifico e principale riferimento all'organizzazione amministrativa della regione.

Pertanto, lo statuto regionale non potrebbe essere la fonte generale dell'ordinamento dell'attività amministrativa nell'ambito della regione, giacchè non potrebbe estendere le sue previsioni agli altri enti locali. Per altro verso, lo statuto regionale deve specificare i principi fondamentali dell'organizzazione della regione, concetto ben diverso dalla disciplina generale dell'attività amministrativa.

L'organizzazione, infatti, concerne le modalità con le quali la regione espleta le proprie funzioni, individuando le strutture organizzative, la loro composizione e dislocazione, il sistema di assegnazione degli incarichi direttivi, le relazioni tra essi, i sistemi generali di resa dei servizi e di esercizio delle funzioni, l'integrazione ed il completamento della ripartizione delle competenze tra organi previsti dalla legge.

La disciplina generale dell'attività amministrativa, invece, ha per oggetto le regole fondamentali di svolgimento del concreto operare, che debbono essere seguite dagli "uffici pubblici", qualunque sia l'organizzazione adottata dall'ente al quale gli uffici medesimi appartengono. Insomma, rappresenta quella base comune di disciplina, contenente gli obiettivi generali e strategici dell'attività (la legalità, l'imparzialità, la proporzionalità, il legittimo affidamento, l'efficacia, l'efficienza, l'economicità e la pubblicità) che forniscono ai cittadini la garanzia del miglior perseguimento dell'interesse pubblico, col minor sacrificio possibile delle posizioni dei privati.

Per questo non sembra corretto considerare la legge di riforma della legge 241/1990 (e, dunque, la legge 241/1990 stessa, in conseguenza della sua novellazione) come una sorta di norma suppletiva, in grado di operare nell'ordinamento delle regioni, finchè la sua disciplina non sia sostituita da quella degli statuti. Questi, infatti, non possiedono, come sopra si è cercato di sottolineare, la potestà normativa di regolamentare in generale l'attività amministrativa. Ed anche se così fosse, in ogni caso la funzione suppletiva della legge generale sull'attività amministrativa continuerebbe a svolgersi perpetuamente nei riguardi degli enti locali.

L'altro elemento di contrasto tra il disegno di legge e la Costituzione è dato proprio dalla funzione suppletiva che esso intende assolvere, nel consentire alle regioni a statuto ordinario di regolare la materia dell'attività amministrativa nel rispetto dei principi fondamentali desumibili dalle disposizioni in esso contenute.

Questa previsione appare in sé contraddittoria. Infatti, per un verso prende atto che le regioni ha la potestà di regolare (ovviamente con legge regionale) la materia dell'attività amministrativa. Per altro verso, subordina l'esercizio di questa potestà legislativa al "rispetto dei principi fondamentali" desumibili dalla legge 241/1990 riformata.

Ma il richiamato obbligo di rispetto dei principi della legge dello Stato incombe sulle leggi regionali disciplinanti le materie che l'articolo 117, comma 3, della Costituzione elenca nell'ambito della legislazione concorrente. Tuttavia, lo si ribadisce, nell'elencazione della legislazione concorrente contenuta nell'articolo 117 della Costituzione non esiste alcun riferimento alla materia dell'attività amministrativa.

Il disegno di legge, dunque, introdurrebbe, con norma di rango primario e non costituzionale, una nuova ipotesi di materia appartenente alla legislazione concorrente, probabilmente come soluzione "di compromesso" alla mancata assegnazione della disciplina generale dell'azione amministrativa alla potestà legislativa esclusiva dello Stato.

La soluzione di compromesso, però, appare poco convincente. Il compromesso, infatti, non eliminerebbe in ogni caso l'invasione da parte della legge dello Stato in una materia che, a mente dell'attuale testo della Costituzione, è assegnata alla potestà legislativa esclusiva delle regioni.

Non è mancato chi ha tratto dall'articolo 120, comma 2, della Costituzione l'assegnazione implicita alla competenza della legge dello Stato di regolamentare l'attività amministrativa. Se, infatti, il Governo ha il potere di tutelare l'unità giuridica, si deve ritenere che possa esercitarlo non solo in via "repressiva" con l'esercizio del potere sostitutivo, ma anche in via preventiva, mediante appunto leggi contenenti principi generali finalizzati alla garanzia dell'unità giuridica.

Ma, allora, in questo caso la potestà legislativa sarebbe da ritenere esclusiva e non concorrente.

Le interpretazioni tendenti a ricondurre alla potestà legislativa dello Stato la normativa generale sull'azione amministrativa appaiono, così come la ricostruzione del disegno di legge, sono certamente condivisibili per la finalità cui tendono, riportare nel massimo ambito legislativo una materia che oggettivamente è opportuno sia regolata al massimo livello. Tuttavia, a meno di eventuali pronunce della Consulta che interpretino effettivamente l'articolo 117 (anche eventualmente alla luce dell'articolo 120) della Costituzione in modo da riconoscere allo Stato la potestà normativa sulla disciplina generale dell'attività amministrativa, l'azione normativa più corretta sembra quella di un'urgente integrazione alla Costituzione, allo scopo di esplicitare una potestà legislativa dello Stato in merito.

 

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Testo degli articoli 14 e seguenti della L. 241/90 (relativi alla conferenza di servizi), coordinato con le modifiche che il nuovo disegno di legge intende apportare.

14. 1. Qualora sia opportuno effettuare un esame contestuale di vari interessi pubblici coinvolti in un procedimento amministrativo, l'amministrazione procedente indìce di regola una conferenza di servizi.

2. La conferenza di servizi è sempre indetta quando l'amministrazione procedente deve acquisire intese, concerti, nulla osta o assensi comunque denominati di altre amministrazioni pubbliche e non li ottenga, entro quindici giorni dall'inizio del procedimento, avendoli formalmente richiesti. dalla ricezione, da parte dell'amministrazione competente, della relativa richiesta. La conferenza può essere altresì indetta quando nello stesso termine è intervenuto il dissenso di una o più amministrazioni interpellate.

3. La conferenza di servizi può essere convocata anche per l'esame contestuale di interessi coinvolti in più procedimenti amministrativi connessi, riguardanti medesimi attività o risultati. In tal caso, la conferenza è indetta dall'amministrazione o, previa informale intesa, da una delle amministrazioni che curano l'interesse pubblico prevalente. Per i lavori pubblici si continua ad applicare l'articolo 7 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni. L'indizione della conferenza può essere richiesta da qualsiasi altra amministrazione coinvolta.

4. Quando l'attività del privato sia subordinata ad atti di consenso, comunque denominati, di competenza di più amministrazioni pubbliche, la conferenza di servizi è convocata, anche su richiesta dell'interessato, dall'amministrazione competente per l'adozione del provvedimento finale.

5. In caso di affidamento di concessione di lavori pubblici la conferenza di servizi è convocata dal concedente entro quindici giorni fatto salvo quanto previsto dalle leggi regionali in materia di valutazione di impatto ambientale (VIA).

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14-bis. 1. La conferenza di servizi può essere convocata per progetti di particolare complessità, su motivata e documentata richiesta dell'interessato, prima della presentazione di una istanza o di un progetto definitivi, al fine di verificare quali siano le condizioni per ottenere, alla loro presentazione, i necessari atti di consenso. In tale caso la conferenza si pronuncia entro trenta giorni dalla data della richiesta e i relativi costi sono a carico del richiedente.

2. Nelle procedure di realizzazione di opere pubbliche e di interesse pubblico, la conferenza di servizi si esprime sul progetto preliminare al fine di indicare quali siano le condizioni per ottenere, sul progetto definitivo, le intese, i pareri, le concessioni, le autorizzazioni, le licenze, i nullaosta e gli assensi, comunque denominati, richiesti dalla normativa vigente. In tale sede, le amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità, si pronunciano, per quanto riguarda l'interesse da ciascuna tutelato, sulle soluzioni progettuali prescelte. Qualora non emergano, sulla base della documentazione disponibile, elementi comunque preclusivi della realizzazione del progetto, le suddette amministrazioni indicano, entro quarantacinque giorni, le condizioni e gli elementi necessari per ottenere, in sede di presentazione del progetto definitivo, gli atti di consenso.

3. Nel caso in cui sia richiesta VIA, la conferenza di servizi si esprime entro trenta giorni dalla conclusione della fase preliminare di definizione dei contenuti dello studio d'impatto ambientale, secondo quanto previsto in materia di VIA. Ove tale conclusione non intervenga entro novanta giorni dalla richiesta di cui al comma 1, la conferenza di servizi si esprime comunque entro i successivi trenta giorni. Nell'àmbito di tale conferenza, l'autorità competente alla VIA si esprime sulle condizioni per la elaborazione del progetto e dello studio di impatto ambientale. In tale fase, che costituisce parte integrante della procedura di VIA, la suddetta autorità esamina le principali alternative, compresa l'alternativa zero, e, sulla base della documentazione disponibile, verifica l'esistenza di eventuali elementi di incompatibilità, anche con riferimento alla localizzazione prevista dal progetto e, qualora tali elementi non sussistano, indica nell'àmbito della conferenza di servizi le condizioni per ottenere, in sede di presentazione del progetto definitivo, i necessari atti di consenso.

3-bis. Il dissenso espresso in sede di conferenza preliminare da una amministrazione preposta alla tutela della pubblica incolumità, con riferimento alle opere interregionali, è sottoposto alla disciplina di cui all'art. 14-quater, comma 3.

4. Nei casi di cui ai commi 1, 2 e 3, la conferenza di servizi si esprime allo stato degli atti a sua disposizione e le indicazioni fornite in tale sede possono essere motivatamente modificate o integrate solo in presenza di significativi elementi emersi nelle fasi successive del procedimento, anche a seguito delle osservazioni dei privati sul progetto definitivo.

5. Nel caso di cui al comma 2, il responsabile unico del procedimento trasmette alle amministrazioni interessate il progetto definitivo, redatto sulla base delle condizioni indicate dalle stesse amministrazioni in sede di conferenza di servizi sul progetto preliminare, e convoca la conferenza tra il trentesimo e il sessantesimo giorno successivi alla trasmissione. In caso di affidamento mediante appalto concorso o concessione di lavori pubblici, l'amministrazione aggiudicatrice convoca la conferenza di servizi sulla base del solo progetto preliminare, secondo quanto previsto dalla legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni.

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14-ter. 01. La prima riunione della conferenza di servizi è convocata entro trenta giorni, ovvero, in caso di particolare complessità dell'istruttoria, entro novanta giorni dall'indizione.

1. La conferenza di servizi assume le determinazioni relative all'organizzazione dei propri lavori a maggioranza dei presenti.

2. La convocazione della prima riunione della conferenza di servizi deve pervenire alle amministrazioni interessate, anche per via telematica o informatica, almeno dieci giorni prima della relativa data. Entro i successivi cinque giorni, le amministrazioni convocate possono richiedere, qualora impossibilitate a partecipare, l'effettuazione della riunione in una diversa data; in tale caso, l'amministrazione procedente concorda una nuova data, comunque entro i dieci giorni successivi alla prima.

3. Nella prima riunione della conferenza di servizi, o comunque in quella immediatamente successiva alla trasmissione dell'istanza o del progetto definitivo ai sensi dell'articolo 14-bis, le amministrazioni che vi partecipano determinano il termine per l'adozione della decisione conclusiva. I lavori della conferenza non possono superare i novanta giorni, salvo quanto previsto dal comma 4. Decorsi inutilmente tali termini, l'amministrazione procedente provvede ai sensi dei commi 2 e seguenti dell'articolo 14-quater, ferma restando la facoltà delle amministrazioni che non hanno espresso la loro posizione di manifestare il proprio motivato dissenso ai sensi del comma 7.

4. Nei casi in cui sia richiesta la VIA, la conferenza di servizi si esprime dopo aver acquisito la valutazione medesima ed il termine di cui al comma 3 resta sospeso fino all'acquisizione della pronuncia sulla compatibilità ambientale. Se la VIA non interviene nel termine previsto per l'adozione del relativo provvedimento, l'amministrazione competente si esprime in sede di conferenza di servizi, la quale si conclude nei trenta giorni successivi al termine predetto. Tuttavia, a richiesta della maggioranza dei soggetti partecipanti alla conferenza di servizi, il termine di trenta giorni di cui al precedente periodo è prorogato di altri trenta giorni nel caso che si appalesi la necessità di approfondimenti istruttori.

5. Nei procedimenti relativamente ai quali sia già intervenuta la decisione concernente la VIA le disposizioni di cui al comma 3 dell'articolo 14-quater, nonché quelle di cui agli articoli 16, comma 3, e 17, comma 2, si applicano alle sole amministrazioni preposte alla tutela della salute pubblica e della pubblica incolumità.

6. Ogni amministrazione convocata partecipa alla conferenza di servizi attraverso un unico rappresentante legittimato, dall'organo competente, ad esprimere in modo vincolante la volontà dell'amministrazione su tutte le decisioni di competenza della stessa.

6-bis. All'esito dei lavori della conferenza, e in ogni caso scaduto il termine di cui al comma 3, l'amministrazione procedente adotta la determinazione di conclusione del procedimento che tiene conto delle posizioni espresse in sede di conferenza.

7. Si considera acquisito l'assenso dell'amministrazione il cui rappresentante non abbia espresso definitivamente la volontà dell'amministrazione rappresentata e non abbia notificato all'amministrazione procedente, entro il termine di trenta giorni dalla data di ricezione della determinazione di conclusione del procedimento, il proprio motivato dissenso a norma dell'art. 14-quater, comma 1, ovvero nello stesso termine non abbia impugnato la determinazione conclusiva della conferenza di servizi.

8. In sede di conferenza di servizi possono essere richiesti, per una sola volta, ai proponenti dell'istanza o ai progettisti chiarimenti o ulteriore documentazione. Se questi ultimi non sono forniti in detta sede, entro i successivi trenta giorni, si procede all'esame del provvedimento.

9. Il provvedimento finale conforme alla determinazione conclusiva favorevole della conferenza di servizi sostituisce, a tutti gli effetti, ogni autorizzazione, concessione, nulla osta o atto di assenso comunque denominato di competenza delle amministrazioni partecipanti, o comunque invitate a partecipare ma risultate assenti, alla predetta conferenza.

10. Il provvedimento finale concernente opere sottoposte a VIA è pubblicato, a cura del proponente, unitamente all'estratto della predetta VIA, nella Gazzetta Ufficiale o nel Bollettino regionale in caso di VIA regionale e in un quotidiano a diffusione nazionale. Dalla data della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale decorrono i termini per eventuali impugnazioni in sede giurisdizionale da parte dei soggetti interessati.

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14-quater. 1. Il dissenso di uno o più rappresentanti delle amministrazioni, regolarmente convocate alla conferenza di servizi, a pena di inammissibilità, deve essere manifestato nella conferenza di servizi, deve essere congruamente motivato, non può riferirsi a questioni connesse che non costituiscono oggetto della conferenza medesima e deve recare le specifiche indicazioni delle modifiche progettuali necessarie ai fini dell'assenso.

2. Se una o più amministrazioni hanno espresso nell'àmbito della conferenza il proprio dissenso sulla proposta dell'amministrazione procedente, quest'ultima, entro i termini perentori indicati dall'articolo 14-ter, comma 3, assume comunque la determinazione di conclusione del procedimento sulla base della maggioranza delle posizioni espresse in sede di conferenza di servizi. La determinazione è immediatamente esecutiva.

2. Se una o più amministrazioni hanno espresso nell'ambito della conferenza il proprio dissenso sulla proposta dell'amministrazione procedente, quest'ultima, entro i termini perentori indicati all'articolo 14-ter, comma 3, assume in ogni caso la determinazione di conclusione del procedimento sulla base della maggioranza delle posizioni espresse in sede di conferenza di servizi, indicando le specifiche ragioni del superamento del dissenso. La determinazione è immediatamente esecutiva. Il provvedimento finale di cui al comma 9 dell'art. 14-ter è adottato tenendo conto della determinazione conclusiva di cui al comma 6-bis dell'art. 14-ter e delle posizioni espresse dalle amministrazioni che non hanno manifestato la prolpria volontà in sede di conferenza di servizi.

3. Qualora il motivato dissenso sia espresso da un'amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità, la decisione è rimessa al Consiglio dei ministri, ove l'amministrazione dissenziente o quella procedente sia un'amministrazione statale, ovvero ai competenti organi collegiali esecutivi degli enti territoriali, nelle altre ipotesi. Il Consiglio dei ministri ferma restando la completezza della documentazione inviata ai fini istruttori o gli organi collegiali esecutivi degli enti territoriali deliberano entro trenta giorni, salvo che il Presidente del Consiglio dei ministri o il presidente della giunta regionale o il presidente della provincia o il sindaco, valutata la complessità dell'istruttoria, decidano di prorogare tale termine per un ulteriore periodo non superiore a sessanta giorni. L'istruttoria del procedimento svolto presso il Consiglio dei ministri è assicurata dai competenti uffici della Presidenza del Consiglio dei ministri.

4. Quando il dissenso è espresso da una regione, le determinazioni di competenza del Consiglio dei ministri previste al comma 3 sono adottate con l'intervento del presidente della giunta regionale interessata, al quale è inviata a tal fine la comunicazione di invito a partecipare alla riunione, per essere ascoltato, senza diritto di voto.

5. Nell'ipotesi in cui l'opera sia sottoposta a VIA e in caso di provvedimento negativo trova applicazione l'articolo 5, comma 2, lettera c-bis), della legge 23 agosto 1988, n. 400, introdotta dall'articolo 12, comma 2, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303.

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14-quinquies. Nelle ipotesi di conferenza di servizi finalizzata all'approvazione del progetto definitivo in relazione alla quale trovino applicazione le procedure di cui agli articoli 37-bis e seguenti della legge 11 febbraio 1994, n. 109, sono convocati alla conferenza, con diritto di voto, anche i soggetti aggiudicatari di concessione individuati all'esito della procedura di cui all'art. 37-quater della legge n. 109/94, ovvero le società di progetto di cui all'art. 37-quinquies della medesima legge.

2. I soggetti di cui al comma 1 hanno gli stessi diritti e le stesse facoltà delle amministrazioni che partecipano alla conferenza.


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