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LUIGI OLIVERI

DELLA RETRIBUIBILITA' DELL'INCARICO DI DIRETTORE GENERALE AFFIDATO AI SEGRETARI COMUNALI

 

La circolare del Ministro dell'interno 30 giugno 1999, n. 2/99 in tema di <<Conferimento al segretario comunale e provinciale delle funzioni di direttore generale ed eventuale retribuzione>> offre alcuni importanti spunti per affrontare una delle problematiche più sentite negli enti locali.

La circolare offre alcuni spunti per tentare di inquadrare il tema nei corretti binari, anche in vista delle prospettive che si apriranno con la stipulazione del contratto nazionale di lavoro dei segretari.

RUOLO DELLA CONTRATTAZIONE.

Il primo spunto riguarda proprio il ruolo della contrattazione e, specularmente, il valore giuridico della circolare medesima.

Essa trae certamente spunto da una constatazione di fatto: vi sono parecchi enti nei quali accanto al conferimento dell'incarico di direttore generale al segretario, i sindaci (mediante delibere, decreti e/o altri provvedimenti amministrativi anche atipici) hanno previsto e liquidato un'indennità di funzione, con valori molto diversi, oscillanti tra qualche decina fino ad alcune centinaia di milioni.

Il Ministero, di fronte a tale situazione, si è sentito in dovere di intervenire per mettere un punto fermo nella magmatica situazione che si è verificata. Infatti, è vigente la disposizioni di cui all'articolo 2, comma 3, del D.lgs 29/93 a mente della quale <<L'attribuzione di trattamenti economici può avvenire esclusivamente mediante contratti collettivi o, alle condizioni previste, mediante contratti individuali>>.Poiché il contratto collettivo dei segretari comunali (peraltro ampiamente scaduto) non dispone nulla in merito, il Ministro dell'interno con la circolare 2/99 ha opportunamente ricordato che <<Si ritiene indispensabile, sulla problematica in oggetto, che i relativi profili retributivi e indennitari vengano specificamente disciplinati con lo strumento della contrattazione collettiva, la quale, come noto, dovrà disciplinare il rapporto di lavoro dei segretari comunali e provinciali ai sensi dell'art. 17, comma 74, della legge 127/1997; gli effetti economico retributivi dei cennati accordi contrattuali integrativi potranno altresì farsi decorrere retroattivamente, anche a partire dal 18 maggio 1997, data di entrata in vigore della stessa legge 127>>.

Se opportuno ed autorevole pare l'intervento, nel merito e nel metodo, tuttavia, debbono essere espresse non poche riserve.

Infatti, se le indennità per la funzione di direttore generale debbono essere previste e regolate dalla contrattazione, con quale fondamento il Ministero interviene mediante una circolare? O, meglio ancora, occorre chiedersi come con tale circolare il Ministero intende intervenire in merito, visto che nessun effetto giuridico può scaturire dalla circolare medesima.

Al contrario, sembra un'indebita intromissione nella contrattazione che è in corso, la previsione secondo cui gli accordi contrattuali potranno essere fatti decorrere retroattivamente. La contrattazione è riservata all'Aran, sulla base delle direttive dei comitati di settore: ogni intervento di qualsiasi altro organo non pare legittimo, perché scardina il regolare fluire della procedura contrattuale e può sviare il corso di trattative già avviate. Insomma, l'indicazione del Ministero non può e non deve essere considerata come una direttiva ai fini della contrattazione, proprio perché sono le parti legittimate a condurre la trattativa a contrattare sulla <<piattaforma>> ed i suoi contenuti. E soprattutto l'Aran non può essere condizionata da indicazioni di volontà governative che non siano espresse mediante le direttive dei comitati di settore.

La privatizzazione del rapporto di lavoro con pubbliche amministrazioni conduce ad una conclusione: il dirigismo non è più il metodo per la formazione dei contratti. Disposizioni che provengono dall'alto confliggono col sistema delineato del D.lgs 29/93.

Sicchè, proprio per le medesime ragioni per le quali il Ministero invita i comuni ed i sindaci ad attenere la disciplina contrattuale per regolare la retribuzione dei segretari-direttori sarebbe stato opportuno che il Ministero non intervenisse con indicazioni di rotta, che non può dare.

Per altro verso, se il Ministro è intervenuto per porre fine alla <<giungla indennitaria>> che si è già prodotta, non era quello il sistema. Negli enti esistono (o dovrebbero esistere) i servizi di controllo interno, i revisori dei conti, il responsabile del servizio finanziario, il responsabile del personale e lo stesso segretario. A questi soggetti spetta il compito di attuare correttamente la legge, anche nel campo della retribuzione del segretario-direttore. Tali soggetti nei comuni nei quali è stata assegnata l'indennità si sono evidentemente assunti la propria responsabilità nel disporre i provvedimenti necessari. Del resto, l'espressa visione favorevole verso effetti retroattivi della contrattazione collettiva, manifestato dal Ministro con la circolare, sembrano una sorta di legittimazione (almeno sull'an) per quei provvedimenti attributivi di un'indennità di funzione dal segretario-direttore.

Esistendo organi di controllo successivo, come la Corte dei conti, qualora si fosse voluto porre fine all'attribuzione di tali indennità ed accertare eventuali responsabilità amministrative, il Ministero (ed i funzionari degli enti locali) avrebbero senz'altro potuto rivolgersi a tale organo. In più, come sono state dettate norme di interpretazione autentica sul altri temi, proprio d'iniziativa del Viminale, altrettanto poteva essere fatto in questo caso.

FUNZIONI DEL DIRETTORE GENERALE - DIRITTO ALL'INDENNITA' – SUA MISURA.

Molti autorevoli esponenti della dottrina ritengono che al segretario cui siano affidare le funzioni di direttore generale spetti un compenso aggiuntivo, in attuazione del disposto di cui all'articolo 36 della Costituzione, ai termini del quale ogni lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità ed alla qualità del lavoro svolto.

La disposizione costituzionale obbliga a valutare, però, ciò che realmente il dipendente <<fa>> non ciò che <<è>>. Ovvero, al di là della qualificazione giuridica, bisogna stabilire quali compiti esattamente svolga il dipendente per comprendere se la retribuzione sia appunto proporzionata al lavoro svolto.

I citati autori e lo stesso Ministero dell'interno nella circolare 2/99, partono da un assunto: i compiti e le responsabilità del direttore generale sono distinti da quelli del segretario comunale. In sostanza, la legge 127/97 avrebbe scorporato dette funzioni dalle mansioni del segretario.

A ben guardare, tuttavia, questa affermazione non pare del tutto corretta. Come detto, bisogna fare riferimento alle funzioni che il direttore generale deve svolgere per legge. Ai sensi dell'articolo 51-bis della legge 142/90, come introdotto dall'articolo 6, comma 10, della legge 127/97, al direttore generale spetta:

  1. l'attuazione degli indirizzi e degli obiettivi stabiliti dagli organi di governo dell'ente, secondo le direttive impartite dal capo dell'amministrazione;
  2. la sovrintendenza alla gestione dell'ente, perseguendo livelli ottimali di efficacia ed efficienza;
  3. la predisposizione del piano dettagliato degli obiettivi;
  4. la formulazione del piano esecutivo di gestione;
  5. il coordinamento dei dirigenti, per le attività di cui sopra.

Il compito fondamentale consiste nella predisposizione del programma dettagliato degli obiettivi, che è l'adempimento indispensabile che sta a monte di tutti gli altri. Non vi può essere gestione, misurazione della sua efficacia, coordinamento delle attività, se non c'è un piano di azione alla base.

Il piano dettagliato degli obiettivi, tuttavia, è strettamente legato e connesso al piano esecutivo di gestione e ne è, anzi, il presupposto.

Il Peg, infatti, non consiste nella trasposizione contabile delle risorse ed interventi previsti nei bilanci, come molte amministrazioni hanno inteso nella prima attuazione delle disposizioni di cui al D.lgs 77/95. Al contrario, il Peg è il documento mediante il quale si assegnano ai dirigenti le risorse, previste in bilancio, per il conseguimento degli obiettivi dettagliati di cui all'articolo 40, comma 2, lettera a), del D.lgs 77/95. Ai fini della distribuzione dei compiti e responsabilità ai dirigenti e ai responsabili di servizio, dunque, nel Peg non conta tanto la destinazione finanziaria delle spese, quanto quella economico-gestionale, desumibile dal piano degli obiettivi.

L'assenza di un Peg, quindi, implica di conseguenza la non necessità di nominare un direttore generale. Non solo. Come si è detto, il Peg può essere redatto in vari modi: dal più semplice, consistente nella mera trasposizione contabile di entrate e spese indicate nel bilancio di previsione, suddividendole per servizi e disaggregandole per capitoli.

Oppure, può contenere obiettivi specifici, dettagliati, qualificanti ed attività gestionali definite da un piano strategico e piani attuativi, secondo regole amministrative <<aziendalistiche>>.

Inoltre, a seconda delle dimensioni degli enti, i Peg (come i bilanci) possono avere diversissimi valori economici e finanziari: da poche centinaia di milioni, a centinaia di miliardi.

Oggettivamente, quindi, la gestione non è la stessa in tutti gli enti, a seconda del modello gestionale scelto e dell'entità degli obiettivi e delle dimensioni finanziarie dell'ente.

La gestione coordinata dell'azione dei dirigenti e responsabili di servizio, al fine del conseguimento degli obiettivi amministrativi, però, non può mancare, qualunque sia la tipologia del Peg dell'ente.

Infine, è necessario ricordare che il Peg è obbligatorio nei comuni con oltre 15.000 abitanti, facoltativo negli altri (anche se proprio la legge 127/97 e le riforme al D.lgs 77/95 lo rendono, di fatto, obbligatorio in tutti gli enti).

Al segretario comunale la legge 127/97, con l'articolo 17, comma 68, assegna il compito di sovrintendere e coordinare l'attività dei dirigenti, quando non sia nominato il direttore generale (insieme alle altre funzioni assistenza giuridico amministrativa, verbalizzazione e referto nelle sedute degli organi collegiali e rogazione dei contratti).

Occorre chidersi se il coordinamento e la sovrintendenza alle funzioni dei dirigenti, asseganata al segretario, sia qualcosa di diverso rispetto alle funzioni previste in capo al direttore generale. Per rispondere al quesito, occorre, però, trovare la risposta ad un altro interrogativo: come possa il segretario svolgere questa attività di sovrintendenza e coordinamento senza i medesimi strumenti e le medesime responsabilità che la legge assegna al direttore generale.

Il presupposto di un'attività di coordinamento amministrativo è, infatti, l'esistenza di un programma complessivo dell'ente, la cui diretta attuazione sia affidata a più soggetti. Il coordinamento consiste in una complessa attività il cui fine è l'armonizzazione dell'attività di ciascun gestore, così che esse si completino affinchè, come in un mosaico, ciascuna sia finalizzata ad ottenere sia l'obiettivo settoriale, sia il raggiungimento del programma politico amministrativo al suo completo.

Dunque, anche in questo caso occorre un programma amministrativo, una sua definizione di dettaglio, l'assegnazione di obiettivi ai dirigenti, l'indicazione delle risorse da utilizzare, l'esistenza di indirizzi amministrativi. Il coordinatore deve essere, quindi, la cosiddetta <<cinghia di trasmissione>> tra dirigenza ed amministrazione, che assicuri l'armonizzazione dell'agire politico e di quello gestionale.

Non pare, allora, che le funzioni del direttore generale siano, per legge, state scorporate da quelle del segretario comunale.

Si immagini, del resto, un comune che si doti del Peg, ma non abbia nominato il direttore generale, né assegnando l'incarico al segretario, né reperendolo dall'esterno.

Per redigere il Peg occorre la definizione di un programma amministrativo, l'individuazione degli obiettivi, il dettaglio dei medesimi, l'attuazione ed il coordinamento. In mancanza del direttore, qualche soggetto deve pur assicurare il compimento di questo iter. Inevitabilmente tali soggetti sono lo stesso segretario, spesso il ragioniere, meno frequentemente (in quanto non tutti gli enti ne sono dotati) il dirigente o funzionario preposto all'organizzazione.

In particolare, al segretario spetta proprio il compito di fare da cinghia di trasmissione, coordinare gli obiettivi proposti dalla giunta con quelli gestionali, armonizzare il bilancio redatto dal ragioniere con la proposta di Peg sempre radatta da quest'ultimo, la strutturazione organizzativa degli uffici con le previsioni di bilancio e di Peg.

Se fosse vero che le funzioni di direttore generale sono state scorporate dalla legge al segretario, allora l'applicazione dell'articolo 36 della Costituzione imporrebbe l'attribuzione di un'indennità anche al segretario non direttore generale, nonché – pro quota – a quegli altri funzionari che abbiano contribuito a redigere ed attuare il Peg.

Le cose, evidentemente, non stanno così. Lo scorporo non è frutto della legge, semmai della nomina del direttore generale esterno, in quanto la presenza di tale soggetto esclude che le relative funzioni siano esercitate anche dal segretario comunale.

Non è un caso, del resto, che la legge abbia consentito solo per gli enti superiori ai 15.000 abitanti, la nomina di un direttore esterno. In enti medio-grandi soltanto, infatti, può rivelarsi opportuno, in relazione agli obiettivi dell'ente, che la funzione di assistenza giuridico amministrativa, mirante al perseguimento della legalità dell'azione amministrativa, sia slegata dalla funzione di sovrintendenza gestionale, avente ad obiettivo il perseguimento di livelli ottimali di efficienza ed efficacia. Ciò proprio perché in tali enti i bilanci (ed i Peg) assumono proporzioni notevoli. Mentre obiettivi quali la costituzione di società, programmi di privatizzazione di aziende ed enti comunali, l'esternalizzazione di servizi, l'assegnazione di personale comunale a nuovi enti, iniziative innovative di carattere imprenditoriale, possono oggettivamente richiedere l'intervento di un soggetto (si chiami direttore generale o in altro modo) particolarmente esperto in tali materie, capace di coordinare l'azione gestionale complessiva al fine di conseguire tali obiettivi di carattere più strettamente <<aziendale>>.

Allora, solo la presenza di simili funzioni specialistiche, dalle quali davvero può scaturire una specifica e diversa responsabilità per il segretario, può giustificare l'assegnazione di un'indennità per la <<direzione generale>>.

E', quindi, come del resto suggerisce la Costituzione, la qualità del lavoro che giustifica un trattamento economico diverso.

C'è da ricordare che per i segretari è prevista una retribuzione distinta in trattamento tabellare e un'indennità di direzione per coloro che non sono inquadrati come dirigenti, e indennità di posizione per i segretari generali.

Se il coordinamento e la direzione rientrano, come visto sopra, in termini generali nelle mansioni del segretario, esse sono, allora, già compensate dalle specifiche indennità stabilite dal CCNL ormai scaduto.

Ritenere, dunque, che la sola nomina a direttore generale faccia obbligatoriamente scaturire un diritto alla percezione di un'ulteriore indennità, appare forzato.

In tal senso, la circolare 2/99 coglie nel segno, anche se il sostanziale atteggiamento negativo del Ministero nei confronti dell'indennità per direzione generale è basato su altre motivazioni, per la verità, meno pregnanti. Il Ministro, peraltro contraddicendo la propria affermazione della distinzione delle funzioni del direttore da quelle del segretario, sostiene che <<nella considerazione che il trattamento economico delle categorie di personale pubblico contrattualizzato, tra cui i segretari comunali e provinciali, è predeterminato dalle stesse fonti contrattuali ed onnicomprensivo e che un segretario, eventualmente nominato in qualità di direttore generale presso il suo stesso ente locale, neppure può invocare la precarietà dell'incarico ai fini del riconoscimento di una congrua retribuzione, poiché quand'anche gli venissero revocate le funzioni di direttore generale, resterebbe sufficientemente assistito e garantito dal preesistente rapporto d'impiego in qualità di segretario del comune o della provincia>>. Il Ministero, quindi, ritiene che l'onnicomprensività della retribuzione stia alla base di un divieto – nell'attuale situazione normativa – alla retribuzione delle funzioni di direttore generale. Ma, se il trattamento economico è onnicomprensivo, allora le funzioni di direttore generale non possono essere considerate distinte da quelle del segretario.

La circolare pare contraddirsi, proprio perché parte dal presupposto – qui contestato – dello scorporo delle funzioni. Però coglie nel segno quando sottolinea che a giustificare l'indennità (rectius, l'ammontare dell'indennità) non può essere invocata la precarietà che caratterizza l'incarico di direttore generale, qualora affidato ad un dirigente esterno. Il Ministero, nel fare questa affermazione, ha evidentemente tenuto presente il criterio generale che il legislatore ha posto, sia con la legge 127/97, sia col D.lgs 80/98, in merito alla retribuzione dei dirigenti pubblici con contratto a tempo determinato. Ai sensi dell'articolo 51, comma 5-bis, della legge 142/90, aggiunto dall'articolo 6, comma 4, della legge 127/97, ai dirigenti assunti a tempo determinato, al di fuori della pianta organica, spetta un trattamento economico equivalente a quello previsto per il personale degli enti locali dai vigenti CCNL, eventualmente integrato, con provvedimento motivato della giunta, da un'indennità ad personam commisurata alla specifica qualificazione professionale e culturale, anche in considerazione della temporaneità del rapporto e delle condizioni di mercato. Analoga previsione è disposta dall'articolo 19, coma 6, del D.lgs 29/93, come novellato dal D.lgs 80/98.

Ora, è chiaro che il conferimento dell'incarico di direttore generale al segretario non è certamente legato a condizioni di mercato – il segretario non compete, quale libero professionista, in un <<mercato dei direttori generali>> - mentre la temporaneità può, al contrario, essere un beneficio. Infatti, il doppio ruolo di segretario-direttore, può porre al riparo il segretario da valutazioni negative relative alle sue funzioni di segretario, spostando l'attenzione verso le funzioni di direttore e mettendolo – indirettamente – al riparo da pericoli di revoche dalla nomina a segretario.

Come risolvere, allora il problema sull'an e sul quantum della retribuzione aggiuntiva del segretario-direttore?

Quanto all'an, occorre necessariamente fare riferimento cosa realmente l'incarico comporti di più e di diverso, in capo al segretario, rispetto alle sue normali mansioni. Il semplice coordinamento o la sola redazione di un Peg in collaborazione col ragioniere, non sembra possano giustificare un compenso aggiuntivo. Del resto, almeno nei comuni di piccole dimensioni, la modesta entità dei bilanci e – spesso – la natura degli obiettivi rende non del tutto giustificata la stessa nomina alla carica di direttore generale. Che spesso sembra più un modo per <<rinsaldare>> un rapporto di fiducia tra sindaco e segretario, fondandolo anche su solide basi economiche.

Per quanto concerne il quantum, ci si permette di riportare testualmente quanto già affermato nel volume <<La nuova burocrazia degli enti locali dopo la legge"Bassanini due">> ed. Ica, 1997, pagg 105-106.<<Per quanto riguarda questo secondo aspetto (la misura della retribuzione, n.d.a.), ben difficilmente si potrebbe ammettere l'erogazione di un corrispettivo adeguato al mercato .A parte la difficoltà evidente di trovare dei parametri adeguati per un soggetto come il segretario che non agirebbe come libero professionista, c'è da considerare che alcuni dei compiti propri del direttore generale, appartengono in ogni caso ai doveri d'ufficio del segretario. Si torni a pensare alla funzione di coordinatore e sovrintendente dell'attività dei dirigenti. Come già detto, ma qui giova ripeterlo, questo compito rientra tra le mansioni assegnate dalla legge al segretario, sotto la condizione che non sia nominato direttore generale un terzo. Il segretario cui fossero attribuire anche le funzioni di direttore, pertanto, eserciterebbe il coordinamento e la sovrintendenza verso i dirigenti non in forza dell'incarico ricevuto, ma in quanto segretario. Sicchè si ritiene che, in ogni caso, l'eventuale indennità aggiuntiva non potrebbe essere della medesima misura di un ipotetico compenso "di mercato">>.

Rimane, comunque, un interrogativo. Qualora il contratto consentirà l'indennità aggiuntiva, che conseguenze ci saranno per quegli enti (e per quei sindaci e segretari beneficiari) che avranno riconosciuto remunerazioni aventualmente molto al di sopra dei limiti? L'Anci aveva proposto come riferimento una somma equivalente all'indennità di posizione. Ma si parla di indennità anche di diverse centinaia di milioni. Varrà la buona fede nella percezione di redditi da lavoro, o anche in questo caso interverrà una sanatoria?


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