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Articoli e note

n. 2/2006 - © copyright

LUIGI OLIVERI

Dirigenza a contratto e contenimento
delle spese del personale negli Enti locali

Si afferma, da parte di alcuni autori ed interpreti, e tra questi l’A.N.C.I. in una sua nota interpretativa sulla legge finanziaria, che tra le spese di personale da ridurre ai sensi dell’articolo 1, comma 198, della legge finanziaria 2006, non rientrano quelle per gli incarichi a contratto negli enti locali.

Ci si riferisce agli incarichi previsti dall’articolo 110, commi 1 e 2, del d.lgs 267 /2001, secondo cui:

1. Lo statuto può prevedere che la copertura dei posti di responsabili dei servizi o degli uffici, di qualifiche dirigenziali o di alta specializzazione, possa avvenire mediante contratto a tempo determinato di diritto pubblico o, eccezionalmente e con deliberazione motivata, di diritto privato, fermi restando i requisiti richiesti dalla qualifica da ricoprire.

2. Il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi, negli enti in cui è prevista la dirigenza, stabilisce i limiti, i criteri e le modalità con cui possono essere stipulati, al di fuori della dotazione organica, contratti a tempo determinato per i dirigenti e le alte specializzazioni, fermi restando i requisiti richiesti per la qualifica da ricoprire. Tali contratti sono stipulati in misura complessivamente non superiore al 5 per cento del totale della dotazione organica della dirigenza e dell'area direttiva e comunque per almeno una unità. Negli altri enti, il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi stabilisce i limiti, i criteri e le modalità con cui possono essere stipulati, al di fuori della dotazione organica, solo in assenza di professionalità analoghe presenti all'interno dell'ente, contratti a tempo determinato di dirigenti, alte specializzazioni o funzionari dell'area direttiva, fermi restando i requisiti richiesti per la qualifica da ricoprire. Tali contratti sono stipulati in misura complessivamente non superiore al 5 per cento della dotazione organica dell'ente, o ad una unità negli enti con una dotazione organica inferiore alle 20 unità”.

L’interpretazione secondo la quale detti contratti, tendenti, come risulta chiaro, a flessibilizzare la dotazione della dirigenza, consentendo la costituzione di una dirigenza in tutto o in parte non di ruolo (si tornerà poi meglio su questo concetto) poggia, in particolare, sul successivo comma 3, ultimo periodo, a mente del quale “il trattamento economico e l'eventuale indennità ad personam sono definiti in stretta correlazione con il bilancio dell'ente e non vanno imputati al costo contrattuale e del personale”.

Si osserva, quindi, che se il trattamento economico dei dirigenti a contratto non va imputato al costo contrattuale e del personale, poiché l’articolo 1, comma 198, della legge 266/2005 parla di riduzione delle spese di personale, detti incarichi a contratto devono restare fuori dal computo.

Tale tesi, tuttavia, appare smentita da una lettura più attenta delle norme e meno influenzata dall’intento, ormai dominante, di flessibilizzare l’accesso alla dirigenza ad ogni costo, a costo anche di non considerare come oneri di personale proprio quello per gli incarichi dirigenziali a contratto.

Preliminarmente, è necessario inquadrare con precisione la fattispecie dei cosiddetti incarichi a contratto. Per quanto il legislatore utilizzi la denominazione di “incarichi”, si tratta indiscutibilmente di contratti di lavoro subordinato per qualifica dirigenziale a tempo determinato.

Nel caso del comma 1 dell’articolo 110 citato prima, detti contratti possono essere utilizzati nei limiti della dotazione organica: è, pertanto, possibile coprire un posto destinato ad una qualifica dirigenziale risultante vacante, con un contratto di lavoro subordinato a tempo determinato.

Nel caso del successivo comma 2, le amministrazioni locali possono stipulare detti contratti di lavoro subordinato a tempo determinato anche laddove la dotazione organica risulti piena o semplicemente la qualifica dirigenziale richiesta non sia prevista né nella dotazione o nella struttura organizzativa dell’ente. Pertanto, si tratta di un’assunzione extra ruoli organici.

Ora, l’articolo 1, comma 198, della legge 266/2005 allo scopo di determinare in termini generali quali siano le spese di personale che gli enti locali negli anni 2006, 2007 e 2008 debbono contenere entro i limiti del 2004, tagliati dell’1%, si riferisce:

1)                          alle spese per gli incarichi di collaborazione coordinata e continuativa: in questo caso, non si tratta di spese classificabili finanziariamente come spese di personale, in quanto non ricadono nell’intervento 1, ma nell’intervento 3 dei bilanci. Tuttavia, il legislatore ritenendo prevalente l’apporto lavorativo personale del collaboratore, lo assimila al lavoro dipendente, in funzione dell’utilità che l’ente locale ne ricava, senza considerare la natura di prestazione di servizi, invece che di lavoro subordinato. E’, ovviamente, una finzione giuridica, il cui intento è indurre le amministrazioni locali a riorganizzarsi e ad espletare le loro funzioni in primo luogo mediante il proprio personale di ruolo;

2)                          alle spese per il personale “che presta servizio con altre forme di lavoro flessibile”: la disconnessione tra le spese di personale finanziariamente riconducibili all’intervento 1 operata mediante l’espresso riferimento alle co.co.co., fa ritenere che nel concetto di altre forme di lavoro flessibile sia da includere la somministrazione di lavoro a tempo determinato. Infatti, il legislatore parla di prestazione di servizio e, a ben vedere, il lavoratore somministrato pur non dipendendo dall’ente locale, ma dall’agenzia di somministrazione, presta servizio presso l’ente locale medesimo, dal quale dipende funzionalmente. Dunque, sebbene anche la somministrazione di personale a tempo determinato rientri finanziariamente nell’intervento 3 delle spese correnti, trattandosi di un vero e proprio appalto di servizi che l’ente conduce con l’agenzia di somministrazione, anche in questo caso ai fini del contenimento delle spese di personale il legislatore ha considerato prevalente l’utilità diretta per il singolo ente della prestazione lavorativa posta in essere dal lavoratore somministrato, sull’aspetto finanziario, ma anche giuridico, di appalto di servizio che configura la somministrazione di lavoro;

3)                          alle spese per il personale che presta servizio con convenzioni: in questo caso il comma 198 si riferisce ad un’ampia gamma di rapporti convenzionali che abbraccia una serie di ipotesi. La genericità del termine convenzione, autorizza a ritenere che possano essere compresi in questo novero i lavoratori socialmente utili, così come i dipendenti distaccati a scavalco, ai sensi della convenzione di cui agli articoli 13 e 14 del Ccnl 22.1.2004 del comparto regioni-enti locali, nonché i lavoratori distaccati dagli enti presso un ufficio unico convenzionato o delegato, ai sensi delle convenzioni di cui all’articolo 30 del d.lgs 267/2000, ma anche ai sensi dell’articolo 15 della legge 241/1990. Si deve ritenere che in questo novero ricadano anche gli incarichi di cui all’articolo 110, comma 6, del d.lgs 267/2000, i quali sono regolati, recita espressamente la norma, da convenzioni a termine. Si tratta sia di incarichi di co.co.co. di alta professionalità, sia di incarichi di studio, ricerca e consulenza “vestiti” non come contratti di prestazione professionale, ma come, appunto, collaborazioni. Nel caso delle convenzioni, le spese dell’ente che rimborsa un altro ente, nell’ambito della convenzione, per l’avvalimento di personale, rientrano, per altro, nell’intervento 5 delle spese correnti;

4)                          alle spese per personale dipendente assunto a tempo determinato: in questo caso, v’è una piena coerenza tra la configurazione della spesa come spesa di personale, e la qualificazione giuridica del rapporto contrattuale, riferito senza dubbio alcuno ad un rapporto di lavoro dipendente, a tempo determinato.

Gli indici utilizzati dal legislatore della legge 266/2005 per individuare le spese di personale, dunque, sono:

1)                          rilevanza della prestazione lavorativa personale, prestata da una persona fisica nei riguardi dell’ente locale;

2)                          sostanziale irrilevanza dello strumento contrattuale utilizzato: è spesa di personale sia quella riferita ad un rapporto di lavoro subordinato, sia ad un rapporto di lavoro a scavalco, sia ad un rapporto di lavoro autonomo o para subordinato, sia ad una somministrazione in cui il lavoratore non conduce alcun rapporto di lavoro con l’ente, ma con esso si relaziona in base ad un rapporto di servizio;

3)                          acclarata irrilevanza della classificazione economica della spesa di personale: nel comma 198 rientrano, come visto, spese relative all’intervento 1 (contratti di lavoro subordinato a tempo determinato), all’intervento 3 (co.co.co., incarichi ai sensi dell’articolo 110, comma 6 e appalti per il servizio di somministrazione) e all’intervento 5 (rimborsi per convenzioni).

Torniamo, allora, all’articolo 110, commi 1 e 2 e rileviamo che gli incarichi a contratto ivi contemplati:

a)                         sono contratti di lavoro subordinato, a tempo determinato; in quanto tali rientrano in pieno negli indici della norma, indicati poco sopra ai numeri 1) e 2);

b)                         gli oneri connessi non sono da computare ai costi contrattuali e del personale: ciò significa che il costo dei dirigenti a contratto non rientrando in quello contrattuale non può essere finanziato dal fondo per la contrattazione decentrata, ma con oneri del bilancio[1]. Inoltre, significa che le spese connesse possono anche essere classificate all’intervento 3, oppure all’intervento 1, a condizione che sia individuata e tracciabile la fonte di finanziamento extra risorse contrattuali. La configurazione di detti oneri rientra pienamente nell’indice di cui al precedente numero 3.

Non vi è, dunque, ragione giuridica alcuna per escludere gli incarichi di cui all’articolo 110, commi 1 e 2, dalla tipologia delle spese di personale di cui all’articolo 1, comma 198, della legge 266/2005.

Al contrario, vi sono tutte le ragioni, soprattutto di carattere finanziario, per includerle, dal momento che appare francamente paradossale che la legge imponga tagli su contratti che possono anche essere di poco conto, sia per la durata, sia per il costo complessivo, come le co.co.co., imponga una sforbiciata ai contratti a tempo determinato per qualifiche non dirigenziali, ma faccia salvi contratti a termine dirigenziali, unitariamente ben più onerosi, considerando anche la possibilità che siano corroborati da indennità ad personam.

Per altro, tale interpretazione creerebbe delle disparità inaccettabili. Si ponga l’esempio del comune di medie dimensioni A, presso il quale operino 3 dirigenti di ruolo. Ovviamente, il costo relativo a detti dirigenti rientra nel plafond complessivo dell’articolo 1, comma 198. Si faccia l’ipotesi, invece, del comune B, che per sua scelta (e non si tratta di un esempio astratto, in Italia esistono realmente comuni così organizzati) copra i posti di dirigenti previsti nella dotazione organica, esclusivamente con contratti di cui all’articolo 110, comma 1. Tale ultimo comune, per dimensione e tipologia in tutto analogo al primo, che dimostra di avere spese di personale assolutamente comparabili a quello, si gioverebbe del benefit di non computare ben tre stipendi dirigenziali nel complesso delle spese da contenere. Non si riesce ad individuare in alcun modo quale possa essere la ratio di una simile conseguenza.

La tesi, dunque, dell’esclusione delle spese per incarichi a contratto oltre a rivelarsi contrastante con le norme citate prima, appare talmente irrazionale da non poter e non dover essere accettata.


 

[1] Detta affermazione appare incontrovertibile per gli incarichi extra dotazione organica, mentre dubbi potrebbe destare in merito agli incarichi per la copertura di posti presenti in dotazione. A ben vedere, però, il comma 1 dell’articolo 110 del d.lgs 267/2000 altro non è che una norma che permette alle amministrazioni locali di avvalersi di una dirigenza a tempo determinato. E’ bene ricordare che i dipendenti a tempo determinato, anche se ricoprano posti presenti nella dotazione organica, sono comunque fuori ruolo organico. Infatti, è possibile, ai sensi del d.lgs 368/2001, apporre il termine ai contratti di lavoro per ragioni tecniche, produttive, organizzative e sostitutive: ciò significa che all’organizzazione del datore occorre la prestazione, ma la sussistenza di dette ragioni, da dimostrare nel contratto, gli consiglia di non attivare un rapporto a tempo indeterminato.

La disposizione di cui all’articolo 110, comma 1, del testo unico consente all’ente locale di attivare contratti dirigenziali a termine sempre, anche in assenza di specifiche ragioni tecniche, produttive, organizzative e sostitutive. Tuttavia, poiché il dipendente è assunto a termine, non fa parte del ruolo. Sicchè, nell’ipotesi estrema di una dirigenza tutta a contratto ex comma 1, non appare possibile costituire un fondo stabile di risorse decentrate, perché la dotazione organica rimane comunque solo teorica, ma non coperta. Visto che, ai sensi dell’articolo 27, comma 6, del Ccnl dell’area dirigenza 23.12.1999 i contratti a termine sono finanziati con oneri del bilancio degli enti, a ben vedere la previsione di cui all’articolo 110, comma 3, del d.lgs 267/2000 non vuol dire che gli incarichi a contratto non siano spese di personale, ma che si tratti di spese di personale non finanziabili con i fondi delle risorse decentrate contrattuali.


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