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Articoli e note

n. 6/2003 - copyright

LUIGI OLIVERI

Il mito infranto della presunta apoliticità
del direttore generale dell'ente locale

 

Molti ricordano la sentenza del Tar Lazio, Sez. II bis, 14 marzo 2001 n. 1896 [1], secondo la quale il direttore generale dell’ente locale è da considerare come una figura equiparata a quella del dirigente e, pertanto, non rientra tra gli organi di governo dell’ente.

Già si è avuto modo di sottolineare [2] come l'affermazione contenuta nella sentenza appaia per un verso apodittica, per l'altro eccessivamente abbarbicata al dato formale.

Nessuno, in effetti, può negare che la legge non configuri il direttore generale come organo di governo.

Altrettanto difficile, tuttavia, appare negare che il rapporto diretto che collega tale figura, potenzialmente selezionabile nel suo ruolo pur non possedendo i requisiti obbligatori per l'accesso alla dirigenza, ne dia una fortissima connotazione politica, molto più forte di quella che si pretende abbiano i dirigenti di ruolo. I quali passano, invece, per sistemi di selezione di carattere oggettivo, al fine dell'assunzione in servizio. Non è corretto, infatti, ritenere che il sindaco nomini i dirigenti, come avviene per il direttore generale. Il sindaco attribuisce l'incarico dirigenziale, ferma restando a monte la qualità di organo gestionale, acquisita a seguito dell'accesso alla qualifica dirigenziale.

Alcuni fatti concreti che si verificano nell'ambito politico, comunque, danno la conferma tutt'altro che indiretta che le affermazioni della sentenza del Tar Lazio, e degli altri giudici che si sono successivamente inseriti in questa linea, appaiono corrette solo dal punto di vista formale e solo perché il giudice amministrativo, che è giudice di sola legittimità, non può spingersi molto oltre la soglia della lettera delle norme.

Avviene, tuttavia, talvolta qualcosa di sostanzialmente lontanissimo dalla forma alla quale le sentenze dei giudici debbono fermarsi.

Così, un ex segretario comunale in pensione, stimatissimo e di riconosciuta professionalità, può, ad esempio, candidarsi come sindaco per le elezioni comunali, con una propria lista. Non ottiene, al primo turno, i voti per andare al ballottaggio. Decide l'apparentamento con uno dei due candidati che si confrontano al ballottaggio e, per volontà dell'elettorato, questo candidato viene eletto sindaco.

Fin qui nulla di strano, poiché l'elettorato passivo come sindaco di un comune non può certo essere negato ad un segretario comunale, con alle spalle una lunga esperienza anche da direttore generale, anche dopo il pensionamento.

Il dopo elezioni è tempo di riflessione per la lista vincente. Occorre, in particolare, formare la compagine di governo, cioè nominare la giunta. E garantire il giusto contrappeso tra le varie forze che hanno condotto alla vittoria. Certo, la lista vincente ha diritto di ripartire cariche e ruoli e di tenersi il grosso. Le ambizioni sono tante, sempre maggiori rispetto agli incarichi di governo a disposizione. Leggasi, in altre parole, pochi posti da assessore, rispetto agli assessori in pectore.

Difficili alchimie, trattative febbrili, raffinato uso della libra caratterizzano questi momenti. Il sindaco neo eletto, tuttavia, deve poter contare anche sull'inventiva e gli spazi offerti dalla legge per far tornare i conti tra sedie e candidati.

Ed ecco, la risorsa innovativa. Il candidato sindaco che si è apparentato è uno stimato ex segretario? Ha svolto, in precedenza, le funzioni di direttore generale? Benissimo. Sebbene non possa entrare nella compagine di governo, si aprono, tuttavia, le porte per il conferimento dell'incarico di direttore generale dell'ente.

Come contestare tale decisione? Essa è tecnicamente ineccepibile. Il soggetto incaricato dispone del curriculum, delle capacità professionali, dell'esperienza e del carisma necessari. La scelta, da questo punto di vista, è ineccepibile, nonché tecnicamente perfetta, conforme in ogni sfaccettatura alla legge. Nessun Tar potrà mai affermare il contrario.

Del resto, nessuna legge appare violata. Non esiste alcuna declaratoria di incompatibilità, nessun elemento espresso che vieti una simile manovra. Che, detto per inciso, non è un'ipotesi di fantasia, ma quanto sta accadendo in un comune dopo le ultime elezioni amministrative.

Di fatto però, è innegabile che l'articolo 98 della Costituzione, a mente del quale i pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione, risulta piuttosto evidentemente se non violato, certamente aggirato.

Un simile reclutamento di un pubblico funzionario, quale viene configurato, sia pure latamente, dalla legge il direttore generale, appare inficiare in modo significativo il principio costituzionale. Sarà molto difficile, infatti, dimostrare nella sostanza che l'incarico di direttore generale, conferito in base a questi presupposti, non abbia alla sua origine ragioni politiche, invece che esclusivamente tecniche, come dovrebbe essere. Così come sarà difficile confutare che l'incarico serva per ampliare, sia pure indirettamente, la compagine di governo e che il direttore generale così individuato svolga funzioni politiche, oltre che tecniche, o, quanto meno, agisca da tecnico in base ad input e ragioni politiche molto evidenti.

Gli spazi lasciati aperti dalla norma alle modalità di selezione del direttore generale e, anche, al sistema di conduzione dei rapporti con l'organo di governo oggettivamente improntati in modo fin troppo evidente su un rapporto più che di fiducia con gli organi di governo, di contiguità con essi, rivelano nei fatti che i giudizi esteriori sulla natura della figura del direttore generale non sono sufficienti. Le situazioni concrete indicano che, alla fine, la funzione del direttore generale, trovi, sia pure anche al di là della volontà degli attori, uno snaturamento forte, da imporre una necessaria nuova riflessione sulla reale configurazione del ruolo e delle funzioni di una figura, la cui facciata non riesce a nascondere la profonda connessione, anzi "annessione" alla compagine politica, se questi, o analoghi, sono i meccanismi della sua istituzione e disciplina.

[1] In ww.lexitalia.it.


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