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Articoli e note

n. 6/2007 - © copyright

LUIGI OLIVERI

I passi incerti dell’ordinamento in cerca di liberalizzazioni

horizontal rule

La somministrazione col contagocce di liberalizzazioni costringe ad interventi normativi di lettura sempre più complicata.

In barba ad ogni direttiva sulla semplificazione del linguaggio amministrativo, il disegno di legge sulle liberalizzazioni:

a)   conserva la tecnica dell’intervento “chirurgico” sulle norme modificate, cambiandone o sopprimendone solo spezzoni, invece di riscriverne completamente il contenuto, sicchè la lettura coordinata del disposto risulta impossibile;

b) aggiungendosi ad altri precedenti interventi, rende la ricostruzione logico-cronologica della norma ardua quanto pattinare sul ghiaccio in scioglimento;

c) i problemi di coordinamento determinano difficoltà evidenti di drafting, ma anche di coerenza con principi che, in apparenza, sono consolidati.

Tra le pieghe del disegno di legge sulle liberalizzazioni, non senza sgomento, si nota che l’attuale articolo 13-bis, comma 5, prevede: “Conformandosi al criterio di semplificazione dei procedimenti di competenza dello sportello unico per le attività produttive, di riduzione dei relativi termini e di ampliamento dell'ambito di operatività del ricorso all'autocertificazione e della dichiarazione di inizio attività, il Governo, entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, deve emanare ai sensi dell'articolo 17 comma 2 della legge 23 agosto 1988, n. 400, un regolamento modificativo di quello di cui al decreto del Presidente della Repubblica 20 ottobre 1998, n. 447, attenendosi al seguente principio e criterio direttivo: per le finalità dell'articolo 3 comma 1 del regolamento, per i comuni che non abbiano istituito il cosiddetto "sportello unico", il procedimento è affidato al sindaco che assume le vesti del responsabile del procedimento”.

Da un lato, non si capisce perché l’attribuzione della responsabilità del procedimento al sindaco dovrebbe rispondere a criteri di semplificazione procedimentale. Si dovrebbe presumere che mentre una struttura tecnico-amministrativa si dedica in via continuativa alla gestione di una determinata materia possa e debba efficacemente organizzare l’attività, il sindaco di un comune debba necessariamente essere impegnato in molte, diverse e complesse attività. Sicchè il risultato della fluidità procedimentale e, di conseguenza, della semplificazione non sembra oggettivamente conseguibile.

Dall’altro lato, soprattutto, si introduce una chiarissima ed inspiegabile derogala principio di separazione delle competenze degli organi di governo, rispetto a quelle degli organi gestionali. I primi, come è noto, dovrebbero porre in essere indirizzi e programmi e controllare la loro attuazione. I secondi, procedere alla gestione dell’amministrazione attiva.

Si è rilevato nella dottrina e giurisprudenza concorde che tale principio, consolidato nell’ordinamento locale dall’articolo 107 del d.lgs 267/2000, è diretta derivazione degli articoli 97 e 98 della Costituzione. Infatti, l’organo di governo, in quanto espressione di una “parte”, può essere indotto a non applicare in pieno i principi di imparzialità e buon andamento. I funzionari pubblici, in quanto all’esclusivo servizio della Nazione e non di una parte politica, sono da considerare correttamente i destinatari dell’azione di amministrazione attiva, nel rispetto degli indirizzi politico-amministrativi che gli organi di governo, in quanto eletti dal corpo elettorale, hanno piena discrezionalità di determinare.

In particolare, è ormai pacifico che i provvedimenti di autorizzazione, anche edilizia, siano attribuzione della dirigenza, attenendo senza dubbio alcuno alla funzione di gestione e non di indirizzo, men che meno di controllo.

L’assegnazione, allora, al sindaco delle funzioni di responsabile del procedimento di rilascio di autorizzazioni nell’ambito delle attività produttive (per altro, soggette al regime della Dia e, dunque, legate squisitamente a valutazioni tecniche), è un contrasto evidente con una strada segnata ormai da anni. Obbligo chiedersi se non sia l’apripista per un’inversione di tendenza, che, pure, sembra di percepire nell’aria. E che, forse, risolverebbe molti equivoci.

Sfugge, comunque, la ragione per la quale l’assegnazione della responsabilità procedimentale al sindaco derivi dalla mancata istituzione dello sportello unico per le attività produttive. Si tratta di una sanzione? O di un premio? E, nel primo caso, quale sarebbe l’efficacia sanzionatoria? Nel secondo caso il premio, ovviamente, sarebbe sia per la struttura tecnica, che si libera dall’onere del ruolo di responsabile del procedimento, sia per il sindaco. E’ nota, infatti, la sostanziale contrarietà degli organi di governo ad accettare il principio di separazione enunciato prima. Infatti, l’esercizio della gestione dell’amministrazione attiva è percepito come piena esplicazione del potere derivante dal mandato elettorale.

In ogni caso, sembra necessario rilevare come tutto il sistema si risolverebbe in una mera finzione giuridica.

In effetti, sarebbe apparso più corretto derogare al principio di separazione, mediante l’attribuzione al sindaco non della funzione del responsabile del procedimento, bensì del titolare del potere di adottare gli atti autorizzativi o inibitori all’inizio dell’attività imprenditoriale.

Si può certamente affermare senza tema di smentita che il sindaco non compirà mai, direttamente, alcuna delle funzioni amministrative proprie del responsabile del procedimento esemplificate dall’articolo 6 della legge 241/1990. E’ ben ovvio che a tali mansioni provvederebbero comunque gli uffici ed i funzionari, mentre il sindaco sarebbe chiamato, nella sostanza, solo alla firma degli atti. Che il sindaco effettui direttamente accertamenti tecnici, ispezioni e valutazioni istruttorie o comunicazioni e diffide, appare inverosimile a chiunque.

Pertanto, la figura del sindaco responsabile del procedimento sarebbe solo virtuale. Non solo. Il disegno di legge non appare chiarissimo nel definire il riparto dei ruoli: il sindaco, in mancanza di sportello unico, sarebbe responsabile del procedimento. Ma, chi è l’organo che adotta i provvedimenti?

Il comma 7 dell’articolo 13-bis del disegno di legge afferma: “In caso di diniego non fondato dell'autorizzazione all'inizio della nuova attività da parte della p.a., questa è tenuta al risarcimento del danno, comprensivo anche del lucro cessante, in solido con il dirigente responsabile del procedimento”.

Sembra di capire che la responsabilità per danno, sia da ascrivere all’apparato tecnico, non a quello politico. Allora, il potere decisionale, l’atto che incide sulla sfera giuridica del privato, sarebbe del dirigente.

Col paradosso, dunque, che il sindaco responsabile del procedimento svolge l’attività istruttoria, al servizio del dirigente competente, poi, ad adottare il provvedimento finale.

Ovviamente, la norma non dovrebbe essere interpretata in tale guisa: al sindaco si deve intendere sia assegnata la responsabilità del procedimento e della decisione, ivi compresa la responsabilità di cui al comma 7.

L’auspicio è che in fase di approvazione del disegno di legge i problemi applicativi ed interpretativi posti dal testo attuale siano risolti.


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