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Articoli e note

n. 3/2006 - © copyright

LUIGI OLIVERI

Gli incarichi dirigenziali a contratto
negli enti locali sono “spese di personale”?

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L’articolo 1, comma 198, della legge 266/2005 (legge finanziaria 2006) continua ad essere fonte di incertezze interpretative in merito alla possibilità, o meno, di ricomprendere, tra le spese di personale, i costi per gli incarichi dirigenziali a contratto di cui all’articolo 110, commi 1 e 2, del d.lgs 267/2000.

La circolare 9/2006 della Ragioneria generale dello Stato, in modo tranciante, afferma che detti costi debbano essere ricompresi.

L’Anci, in una recente nota interpretativa, ritiene “sicuramente non condivisibile” il richiamato assunto, per due motivazioni:

1)     tale interpretazione sarebbe illegittima per violazione dell’articolo 110, comma 3, del d.lgs 267/2000 a mente del quale le spese per gli incarichi dirigenziali a contratto non vanno imputati al costo contrattuale e del personale;

2)     per far rientrare le spese connesse agli incarichi a contratto nelle spese di personale di cui all’articolo 1, comma 198, della legge 266/2005, si sarebbe dovuto introdurre una deroga espressa nella legge finanziaria al citato articolo 110, comma 3, in adempimento all’articolo 1, comma 4, del medesimo d.lgs 267/2000.

Proprio le ragioni che l’Anci deduce per contrastare la tesi del Ministero dell’economia, invece, ne fondano le ragioni.

Infatti, in primo luogo si deve rilevare l’inconferenza del richiamo al comma 3 dell’articolo 110. E’ vero, infatti, che tale disposizione prevede che le spese per gli incarichi a contratto non vadano imputate alle spese contrattuali e del personale.

Tuttavia, è altrettanto vero che la formula dell’articolo 1, comma 198, della legge 266/2005 per un verso è talmente ampia e, inoltre, è così aperta alle forme di lavoro flessibili che il riferimento al comma 3 citato non ha alcuna utilità per sottrarre gli incarichi a contratto alla disciplina di contenimento delle spese di personale.

Infatti, il comma 198:

1)      ricomprende tutti i contratti a termine: non si può negare che gli incarichi a contratto siano contratti a termine;

2)      si riferisce a spese che non sono di personale: infatti, le collaborazioni coordinate e continuative, così come le somministrazioni di lavoro a tempo determinato non sono classificate finanziariamente come spese di personale, bensì, come spese per assunzione di servizi.

Dunque, il fatto che una norma escluda di imputare le spese per gli incarichi a contratto dalle spese di personale e contrattuali di per sé non implica l’inapplicabilità o, solo per questo, l’illegittimità dell’articolo 1, comma 198, della legge 26672005 e della circolare 9/2006, visto che nessuno dubita della legittima ricomprensione delle forme di lavoro citate prima che, sempre per legge, non rientrano nelle spese di personale.

La seconda affermazione dell’Anci è erronea. La legge 266/2005 e, di conseguenza la circolare 9/2006, non introducono alcuna deroga al d.lgs 267/2000. Infatti, l’articolo 110, comma 3, di detta norma non fa altro che prevedere una regola di classificazione finanziaria delle spese per incarichi dirigenziali a contratto, stabilendo che gli enti locali non possano finanziarle utilizzando il fondo contrattuale della dirigenza, ma utilizzando le risorse di bilancio (come del resto si prevede per qualsiasi contratto a termine) e specificando che dette spese non sono classificabili come spese di personale ai fini delle rilevazioni che a varia natura vengono effettuate.

Tale regime rimane inalterato. L’articolo 1, comma 198, della legge 266/2005, non modifica minimamente la natura finanziaria che degli incarichi a contratto dà il d.lgs 267/2000, ma si limita a dettare una regola diversa, applicabile ad una diversa fattispecie: il contenimento delle spese correnti, riferite in termini atecnici al personale, ma riferibili, in termini più chiari, a tutte le spese che gli enti locali affrontanto per avvalersi di prestazioni lavorative personali subordinate, in regime di subordinazione solo funzionale (nel caso della somministrazione a tempo determinato) o autonome, non rese da professionisti.

Se la legge 266/2005 viene letta per quello che è, norma che pone una regola finanziaria per il contenimento delle spese, se ne comprende la ratio e non le si possono opporre argomentazioni in apparenza corrette, ma che non possono influire sulla regola finanziaria ivi prevista.

Semmai, la disciplina della legge 266/2005 relativa al personale mostra problemi di illegittimità costituzionale. Infatti, nonostante detta disciplina si autoqualifichi come di solo principio, al contrario è talmente di dettaglio da ingenerare, appunto, comandi normativi ed applicazioni operative così specifiche da escludere del tutto che si sia in presenza realmente di sole disposizioni di coordinamento della finanza pubblica.


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