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Articoli e note

n. 6/2004

RICCARDO NOBILE *

Dalla fornitura di lavoro temporaneo alla somministrazione di lavoro a tempo determinato. Un’applicazione agli enti locali territoriali del principio di flessibilità del rapporto di lavoro dopo il D.Lgs. 10/9/2003 n. 276.

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1. Introduzione.

Trattare oggi del rapporto di somministrazione di lavoro nei confronti della pubblica amministrazione in generale, e degli enti locali territoriali in particolare, significa affrontare almeno tre ordini di problemi.

In primo luogo, il modo attraverso il quale il principio di flessibilità ha trovato spazio nell’organizzazione e nella gestione della provvista di personale da parte della pubblica amministrazione.

In secondo luogo, se e con quali modalità si applichi alla pubblica amministrazione il rapporto di somministrazione di lavoro normato dagli artt. 20 e seguenti del D.Lgs. 10/9/2003 n. 276, anche in relazione al suo regime transitorio.

In terzo luogo, quali siano le modalità attraverso cui la pubblica amministrazione può avvalersi della somministrazione di lavoro e quindi quali siano le sue caratteristiche strutturali nel duplice momento della sua provvista – rapporto fra impresa somministratrice e lavoratore – e della sua applicazione – rapporto fra la pubblica amministrazione utilizzatrice ed il lavoratore.

2.  L’affermazione del principio di flessibilità del rapporto lavorativo alle dipendenze dell’ente locale.

L'ordinamento tradizionale del pubblico impiego si è formato  incentrandosi sulla nozione del  rapporto di lavoro a tempo indeterminato  costituito a séguito del superamento della prova concorsuale.

Attorno a tale nozione hanno preso corpo, per effetto dell'elaborazione dottrinale e giurisprudenziale, pressoché tutti  gli istituti giuslavoristici del comparto, confluiti nel  d.p.r. 10/1/1957 n. 3, prima vera sistemazione organica del rapporto di pubblico impiego, interamente riferibile anche al personale degli enti locali territoriali sia nei suoi principî, sia nei suoi contenuti.

L'unicità strutturale del  rapporto di pubblico impiego era la diretta conseguenza sul piano ordinamentale di una  realtà sostanzialmente statica, scarsamente  proclive ai  cambiamenti, espressione della quale erano, a livello  organizzatorio, le rigidità endemiche degli apparati delle  pubbliche amministrazioni.

Modificate radicalmente le condizioni strutturali della società,  e razionalizzati i principî di gestione per obiettivi [1] , mutevoli per definizione, soprattutto nell'ámbito delle  realtà comunali, si è reso necessario adattare gli apparati  burocratici degli enti pubblici alle variate condizioni  strutturali, introducendo istituti caratterizzati da ampia  flessibilità, ed estendendo quest'ultima nozione anche alle  forme di reclutamento del personale da porre alle dipendenze  della dirigenza, per consentire a quest'ultima di garantire  effettivamente il soddisfacimento degli obiettivi ad essa commessi dagli organi  di governo dell'ente.

Accanto al rapporto di lavoro a tempo indeterminato, mediante il quale si dà corpo alla strutturazione del dipendente nella dotazione organica dell'ente locale  fino al raggiungimento della quiescenza, ed al rapporto di lavoro a tempo  determinato, hanno finito, pertanto, col comparire nuove forme di  rapporti di lavoro. 

In questo senso hanno operato in modo puntuale il combinato  disposto degli art. 36, comma 7, ed 1, comma 2 del D.Lgs.  3/2/1993 n. 29 e s.m.i., oggi confluito nell’art. 36 del D.Lgs. 30/3/2001 n. 165, l’art. 88, comma 1 del D.Lgs. 18/8/2000 n. 267, che a tale disposizione fa espresso rinvio, nonché‚ la successiva contrattazione  collettiva nazionale di comparto, culminata, per gli enti locali, nella previsione programmatica dell’art. 24, comma 2, lett. a) del ccnl dell’1/4/1999, attuata proprio dai primi articoli del ccnl del 14/9/2000 e portato alle sue estreme conseguenze con la previsione nell’ordinamento della fornitura di lavoro temporaneo prevista dal suo art. 2.

La normativa da ultimo citata, rispondendo alle pressanti richieste di settore, ha introdotto nell'ordinamento delle autonomie locali il principio della flessibilità, prevedendo espressamente che le pubbliche amministrazioni si possano avvalere delle  forme contrattuali previste dalle fonti di  diritto comune per il reclutamento di personale da parte  delle imprese.

In una prospettiva di maggior elasticità, l'ordinamento ha  inoltre provveduto a delegificare le fonti di regolazione,  prevedendo che sia non più l'atto normativo, a vario livello  inserito nella gerarchia delle fonti, a disciplinare le  fattispecie contrattuali de quibus.

Queste ultime, attraverso la tecnica del rinvio mobile generalizzato per  materia, hanno progressivamente cessato di essere normate attraverso atti aventi forza di legge, per rinvenire la loro fonte di regolazione nella  disciplina della contrattazione nazionale  collettiva di comparto, la quale ora prevede i contratti a tempo determinato, i contratti di  formazione e lavoro, i contratti di lavoro a tempo parziale e la  fornitura temporanea di lavoro, oggi differentemente denominata “somministrazione di lavoro”.

Come è stato evidenziato, tale normativa è di immediata applicazione anche agli  enti locali.

In questo senso, dispongono oggi gli artt. 88, comma 2 e 92, comma 2 del D.Lgs. 18/8/2000 n. 267, che, per ragioni di tipo sistematico, devono essere letti in combinato disposto con gli artt. 2, comma 2 e 36 del D.Lgs. 30/3/2001 n. 165.

Talché completata la delegificazione della regolamentazione del rapporto di pubblico impiego, le forme di lavoro flessibile rinvengono la loro disciplina nel codice civile, nelle leggi sull’impresa, nella contrattazione collettiva nazionale di comparto ed in ogni futura disciplina ratione materiae, con ciò enucleando un sistema dinamico di automatico completamento attraverso il funzionamento di clausole di rinvio mobile attive ope legis 2 3

Nella direzione tratteggiata, si colloca per gli enti locali territoriali il ccnl del 14/9/2000, che ha portato a compimento la delegificazione delle tipologie contrattuali flessibili, ascrivendola totalmente alla disciplina di fonte negoziale, e disponendo la disapplicazione di tutta la normativa pregressa ad essi inerente quando incompatibile, e comunque il rinvio agli strumenti regolamentari per disciplinare le procedure di reclutamento.

In questo senso, si è chiaramente espresso l’art. 51 del ccnl del 14/9/2000 secondo il cui testo “dalla data di stipulazione del presente Ccnl, ai sensi dell’art. 72, comma 1 del D.Lgs. n. 29/1993 [oggi art. 69, comma 1 del D.Lgs. 30/3/2001 n. 165], cessano di produrre effetti le norme generali e speciali del pubblico impiego ancora vigenti, limitatamente agli istituti del rapporto di lavoro. Dalla data di cui al comma 1 sono inapplicabili le norme dei contratti collettivi nazionali di lavoro e quelle emanate dai singoli enti di comparto, in esercizio di potestà legislativa o regolamentare, incompatibili con il presente Ccnl”.

3.  La somministrazione di lavoro. Brevi note introduttive.

La somministrazione di lavoro, cosí come disciplinata dagli artt. 20 e seguenti del D.Lgs. 10/9/2003 n. 276 è l’evoluzione dell’istituto della fornitura temporanea di lavoro nei termini normati dagli artt. 1 e seguenti della legge 24/6/1997 n. 196.

Da un punto di vista generale, il rapporto di somministrazione di lavoro, cosí come pure la fornitura temporanea di lavoro realizzano un evidente momento di scissione e separazione fra lavoro ed impresa, almeno nei termini in cui la provvista di forza lavoro necessaria al funzionamento di quest’ultima viene conseguita ed attualizzata mediante il ricorso a fattori organizzativi attinti dall’esterno, sia pure combinati con fattori endogeni.

Dal punto di vista storico, la fornitura temporanea di lavoro è sempre stata ricostruita come un’eccezione al divieto di interposizione di lavoro, sanzionato dalla legge 23/10/1960 n. 1369,  la quale consentiva di colpire, sia pure con le dovute distinzioni, sia l’intermediazione nella prestazione di lavoro da organizzare da parte dell’imprenditore, sia l’intermediazione di lavoro già organizzato da un soggetto differente dall’imprenditore-utilizzatore, e da questi semplicemente applicata al ciclo produttivo 4.

In questi termini si esprimeva la legge 24/6/1997 n. 196, i cui articoli da 1 a 11 sono ora stati  abrogati de iure dall’art. 85, comma 1, lett. f) del D.Lgs. 10/9/2003 n. 276, unitamente proprio alla legge 23/10/1960 n. 1369, determinando il definitivo venir meno del regime di deroga ed eccezione alla regola prima configurato ed appena descritto.

Abrogate le due leggi citate, gli artt. 20 e seguenti del D.Lgs. 10/9/2003 n. 276 enucleano la fonte di disciplina generale dell’istituto, il quale oggi consente di addivenire alla somministrazione di lavoro non piú solo a tempo determinato, ma, attraverso la fattispecie dello staff-leasing, anche alla somministrazione a tempo indeterminato 5.

Le due fattispecie, per quel che qui interessa, sono differentemente normate dal legislatore delegato.

Cosí, mentre per la somministrazione a tempo indeterminato l’art. 20, comma 3 del D.Lgs. 10/9/2003 n. 276 enuclea un’elencazione tassativa di ipotesi legittimanti, la somministrazione a tempo determinato è ancorata al verificarsi di un qualunque presupposto che sia riconducibile alla previsione del successivo comma 4, ossia “a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili all’ordinaria attività dell’utilizzatore”.

In questo modo, viene superato il principio dell’utilizzabilità della rapporto di fornitura temporanea di lavoro ancorata a precisi presupposti tassativamente delineati dal legislatore6 , sia pure da completare attraverso il rinvio mobile alla disciplina della contrattazione collettiva nazionale, per sostituirlo con una fattispecie – la somministrazione di lavoro a tempo determinato –, il ricorso alla quale è praticamente rimesso alla pressoché totale disponibilità del datore di lavoro, con ciò concretizzando una sovrapposizione della fonte legislativa a quella contrattuale collettiva nazionale, quest’ultima resa completamente evanescente e priva di pratica portata applicativa.

4. La somministrazione di lavoro e la sua utilizzabilità da parte della pubblica amministrazione.

La fattispecie della somministrazione di lavoro è oggi disciplinata da un complesso ordíto normativo, stratificato diacronicamente, e differenziato per fonte, il che determina momenti di incertezza e di opacità referenziale in ordine all’esatta ricostruzione delle modalità alla cui stregua la pubblica amministrazione può farvi ricorso.

La soluzione del problema del modo dell’applicazione della disciplina prevista dagli artt. 20 e seguenti del  D.Lgs. 10/9/2003 n. 276 alla pubblica amministrazione presuppone un’attenta analisi del dato normativo che tenga conto non solo del D.Lgs. 10/9/2003 n. 276, ma anche del piú ampio contesto nel quale esso è inserito.

Ciò può essere mostrato osservando che l’art. 1, comma 2 del D.Lgs. 10/9/2003 n. 276 prevede espressamente che “il presente decreto non trova applicazione per le pubbliche amministrazioni e per il loro personale”, e quindi, per quel che qui interessa, anche ai soggetti del circúito degli enti locali territoriali. La ragione di una tale formulazione cosí tranchante è una diretta conseguenza ed implicazione del disposto dell’art. 36, comma 1 del D.Lgs. 30/3/2001 n. 165, il quale, se non paralizzato nei suoi effetti ai presenti fini, ne avrebbe determinato l’automatica ed indiscriminata applicazione alla pubblica amministrazione tout court.

Peraltro, nel testo del D.Lgs. 10/9/2003 n. 276 compare più di un riferimento in termini applicativi alla pubblica amministrazione, primo fra tutti quello che esplicita, sia pure incidentalmente, che nei suoi confronti è ammissibile la sola somministrazione temporanea nei termini esplicitati dal suo art. 86, comma 9.

Ciò si verifica puntualmente nell’art. 19, comma 4 e nell’art. 86, commi 8 e 9, in materia, rispettivamente, di sanzioni, di eventuale adozione di provvedimenti legislativi di coordinamento ed armonizzazione con la disciplina sul pubblico impiego a séguito di convocazione del Ministro per la funzione pubblica, di inammissibilità di conversione del rapporto lavorativo stipulato al di fuori dei limiti e delle condizioni di cui agli articoli 20 e 21, comma 1, lettere a), b), c), d) ed e).

Da ciò si desume che l’ordinamento attuale non esclude in astratto che la disciplina prevista per la somministrazione di lavoro dagli artt. 20 e seguenti del D.Lgs. 10/9/2003 n. 276 trovi applicazione anche nei confronti della pubblica amministrazione, sia pure nella sua sola versione a tempo determinato.

Una tale evenienza, peraltro, è complicata dal fatto che l’art. 86, comma 3 del D.Lgs. 10/9/2003 n. 276 prevede esplicitamente l’abrogazione degli art. da 1 a 11 della legge 24/6/1997 n. 196, ossia proprio di quelle disposizioni cui fa riferimento l’art. 2 del ccnl 14/9/2000 7, e quindi la contrattazione collettiva nazionale di comparto che disciplinava le ipotesi in cui era ammessa la fornitura di lavoro a tempo determinato secondo il modulo operativo dell’elencazione tassativa delle relative fattispecie legittimanti.

La disposizione de qua, infatti, prevede che “in relazione agli effetti derivanti dalla abrogazione delle disposizioni di cui agli articoli da 1 a 11 della legge 24 giugno 1997, n. 196, le clausole dei contratti collettivi nazionali di lavoro stipulate ai sensi dell'articolo 1, comma 2, lettera a), della medesima legge e vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, mantengono, in via transitoria e salve diverse intese, la loro efficacia fino alla data di scadenza dei contratti collettivi nazionali di lavoro, con esclusivo riferimento alla determinazione per via contrattuale delle esigenze di carattere temporaneo che consentono la somministrazione di lavoro a termine”.

Il riferimento alle ipotesi previste dalla contrattazione collettiva nazionale di comparto oggetto dell’art. 1, comma 2, lett. a) della legge 24/6/1997 n.196 non può costituire ostacolo all’utilizzabilità della somministrazione di lavoro a tempo determinato da parte della pubblica amministrazione, la quale vi è pienamente legittimata dall’art. 86, comma 9 del D.Lgs. 10/9/2003 n. 276. Al piú, le fattispecie di cui alla contrattazione collettiva di comparto, ossia le ipotesi indicate in modo tassativo dall’art. 2, comma 2 del ccnl del 14/9/2000, altro non sono che mere esemplificazioni delle ragioni “di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili all’ordinaria attività dell’utilizzatore”.

In definitiva, la disciplina della somministrazione di lavoro temporaneo non può essere disgiunta dal modo nel quale il legislatore assicura la regolamentazione dei contratti flessibili nel comparto pubblico.

In questo modo, gli artt. 20 e seguenti del D.Lgs. 10/9/2003 n. 276 debbono essere necessariamente letti in combinato disposto con l’art. 36, comma 1 del D.Lgs. 30/3/2001 n. 165, secondo cui “le pubbliche amministrazioni […] si avvalgono delle forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale previste dal codice civile […] e nell’impresa. I contratti collettivi nazionali provvedono a disciplinare la materia dei contratti […] della fornitura di prestazioni di lavoro temporaneo in applicazione della legge […] 24 giugno 1997, n. 196, nonché da ogni successiva modificazione o integrazione della relativa disciplina”.

Da ciò discende un duplice ordine di conseguenze.

In primo luogo, che la contrattazione collettiva nazionale è la fonte alla quale è ascritta la regolamentazione delle forme flessibili di lavoro a disposizione della pubblica amministrazione, come del resto dispone l’art. 2, comma 2 del D.Lgs. 30/3/2001 n. 165.

In secondo luogo, che la contrattazione collettiva nazionale cui è demandata la regolamentazione delle forme di lavoro flessibile deve essere attuativa delle leggi specifiche di settore riferite ad ogni singola fattispecie, nonché  di “ogni successiva modificazione o integrazione della relativa disciplina”.

La disciplina delle forme flessibili di lavoro a disposizione della pubblica amministrazione, in definitiva, deve essere non difforme dalla normativa di rango legislativo sopravvenuta.

Questo corollario può essere riferito de plano anche alla disciplina della fornitura temporanea di lavoro contenuta nell’art. 2 del ccnl del 14/9/2000, la quale non può essere difforme da quanto previsto dagli artt. 20 e seguenti del D.Lgs. 10/9/2003 n. 276 almeno in relazione ai presupposti cui è possibile farvi ricorso. Se cosí non fosse, infatti, non si comprenderebbe il senso della disciplina transitoria contenuto nell’art. 86, comma 3 del D.Lgs. 10/9/2003 n. 276, secondo cui “le clausole dei contratti collettivi nazionali di lavoro stipulate ai sensi dell’articolo 1, comma 2, lettera a) della medesima legge e vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, mantengono in via transitoria  e salve diverse intese, la loro efficacia fino alla data di scadenza dei contratti collettivi nazionali di lavoro, con esclusivo riferimento alla determinazione per via contrattuale delle esigenze di carattere temporaneo che consentono la somministrazione di lavoro a termine”.

Dall’analisi della normativa prevista dalle fonti sia normative, sia ascritte alla contrattazione collettiva nazionale di comparto può essere delineato conclusivamente il seguente assetto organico.

In primo luogo, l’intervenuta abrogazione degli articoli da 1 a 11 della legge 24/6/1997 n. 196 esplicitamente previsto dall’art. 86, comma 3 del D.Lgs. 10/9/2003 n. 276 involge che il richiamo ad essa esperito dall’art. 2, comma 5 del ccnl del 14/9/2000 debba essere riferito al D.Lgs. 10/9/2003 n. 276 stesso  8, e che quindi l’art. 2, comma 2 del ccnl del 14/9/2000 sia stato abrogato perché incompatibile con la normativa legislativa sopravvenuta.

Il secondo luogo, la pubblica amministrazione può avvalersi della sola somministrazione di lavoro a tempo determinato, in quanto il riferimento alla possibilità di avvalimento del suo análogon a tempo indeterminato è esclusa dall’art. 86, comma 9 del D.Lgs. 10/9/2003 n. 276.

In terzo luogo, la disciplina transitoria delineata dall’art. 86, comma 3 del D.Lgs. 10/9/2003 n. 276, in relazione a quanto originariamente previsto dall’art. 1, comma 2, lett. a) della legge 24/6/1997 n. 196 involge che il ricorso alla somministrazione  di lavoro, nella sua versione a solo tempo determinato, sia ammissibile senza particolari limitazioni, in attuazione della clausola generale di legittimazione di cui all’art. 20, comma 4 del D.Lgs. 10/9/2003 n. 276, rispetto alla quale le ipotesi previste dalla contrattazione collettiva di comparto, ossia per quel che qui interessa, dall’art. 2, comma 2 del ccnl del 14/9/2000, hanno al piú mero valore di specificazione esemplificativa.

In quarto luogo, per effetto dell’operatività del regime transitorio, rimangono fermi ed operanti i rapporti di fornitura temporanea di lavoro che fossero stati stipulati nelle ipotesi previste dalla contrattazione collettiva nazionale ossia, per quel che qui interessa, dall’art. 2, comma 2 del ccnl del 14/9/2000.

In quinto luogo, dal superamento dell’ammissibilità del ricorso alla fornitura di lavoro temporaneo [oggi, somministrazione di lavoro a tempo determinato] in singole ipotesi tassativamente delineate dalla contrattazione collettiva nazionale di settore nulla può essere indotto circa le fattispecie che evidenziano preclusioni e divieti, in quanto ontologicamente disomogenee dalle relative ipotesi legittimanti. Talché i divieti previsti dalle fonti contrattuali continuano a sussistere, assommandosi a quelli previsti dalle fonti legislative.

In sesto luogo, l’integrale abrogazione degli articoli da 1 a 11 della legge 24/6/1997 n. 196 determina il mutamento del regime pubblicistico per l’accreditamento delle imprese di somministrazione di lavoro, nonché la modificazione della struttura del rapporto lavorativo, che ora è disciplinato dalla contrattazione collettiva nazionale di comparto e dagli artt. 20 e seguenti del D.Lgs. 10/9/2003 n. 276.

5.   La struttura del contratto di somministrazione temporanea di lavoro.

La fattispecie della somministrazione di lavoro enuclea un rapporto giuridico di  tipo triangolare fra  un soggetto che organizza imprenditorialmente la fornitura delle prestazioni lavorative, un soggetto che tali prestazioni richiede ed i soggetti che materialmente le erogano.

In sintesi, il rapporto di somministrazione di lavoro dà corpo ad un  complesso reticolo di relazioni giuridicamente rilevanti per cui un soggetto utilizzatore si avvale delle prestazioni lavorative di taluno,  avviato al lavoro da un'impresa somministratrice di personale secondo quanto previsto dall’art. 4 del D.Lgs. 10/9/2003 n. 276. 

Venendo nello specifico al contratto di somministrazione di lavoro, deve essere evidenziato in via preliminare che esso rappresenta al momento la massima forma di operatività del principio di flessibilità applicato al mondo del lavoro in genere  ed a quello della pubblica amministrazione in particolare. 

Ovvio, pertanto, che la fattispecie, fosse e sia circondata da una série di cautele, riferibili anche agli enti locali territoriali, le quali, a loro volta, danno corpo a specifiche norme imperative, non derogabili in sede applicativa.

Cosí, per la pubblica amministrazione, non è più previsto per tabulas che il rapporto di somministrazione di lavoro temporaneo non possa in ogni caso essere trasformato in rapporto a tempo indeterminato, come originariamente disponeva l'art. 11, comma 1 della  legge 24/6/1997 n.196. Ma tale evenienza è comunque esclusa dalla vigenza dell’art. 97, comma 3 Cost. nell’interpretazione da ultimo datane dalla Corte costituzionale in relazione al modo di intendere l’accesso al pubblico impiego, all’obbligatorietà del previo superamento del pubblico concorso ed alla ristrettezza delle deroghe ammesse.

Per la pubblica amministrazione, il ricorso alla somministrazione di lavoro temporaneo presenta indubbî vantaggî poiché consente l’utilizzazione di forza lavoro esterna all'ente, già dotata di  specifica professionalità, da utilizzare in presenza di presupposti legati, evidentemente, alla necessità di sormontare le “ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili all’ordinaria attività dell’utilizzatore” indicate brachilogicamente dall’art. 20, comma 4 del D.Lgs. 10/9/2003 n. 276.

Il contratto di somministrazione di lavoro temporaneo, per contro, presenta per la pubblica  amministrazione limiti inderogabili, i quali se configurati, ostano alla possibilità di avvalersi dell'istituto, connotandosi quali vere e proprie condizioni ostative di carattere dirimente.

Delle possibilità e delle preclusioni è quindi bene dire partitamente.

6.   L’utilizzazione in concreto del contratto di somministrazione temporanea di lavoro.

Secondo quanto stabilito dall’art. 2, comma 1 del ccnl del 14/9/2000 interpretato nella vigenza della legge 24/6/1997 n. 196, i Comuni e le Province potevano stipulare contratti di fornitura di lavoro temporaneo, per soddisfare esigenze a carattere non continuativo e/o a cadenza periodica, o collegate a situazioni di urgenza non fronteggiabili con il personale in servizio o attraverso le modalità del reclutamento ordinario previste dal D.Lgs. 30/3/2001 n. 165.

La disposizione era lessicalmente simile a quella dell’art. 1, comma 1 del ccnl-quadro del 9/8/2000, il quale, anticipata la regolamentazione dell’istituto, contiene uno specifico riferimento ai divieti comunque pósti dalla vigente normativa  9.

La disciplina dei commi 1 e 2 dell’art. 2 del ccnl del 14/9/2000 è oggi incompatibile con quanto previsto dall’art. 20, comma 4 del D.Lgs. 10/9/2003 n. 276, il quale ultimo, come piú volte evidenziato, ha ampliato notevolmente la possibilità di ricorso al contratto di somministrazione di lavoro temporaneo anche per le pubbliche amministrazioni.

Diverso è il modo di atteggiarsi della disciplina dei divieti, rispetto alla quale è possibile parlare di completamento della normativa generale enunciata dal D.Lgs. 10/9/2003 n. 276: il regime delle preclusioni previsto dall’art. 2 del ccnl del 14/9/2000, pertanto, completa quello enucleato dalla fonte legislativa sopravvenuta.

 

7.   Le preclusioni al ricorso al contratto di somministrazione temporanea di lavoro.

Quanto alle preclusioni, l’art. 2 del ccnl del 14/9/2000 limita la possibilità di ricorso al lavoro interinale ad una série di presupposti, che costituiscono una specificazione del principio enunciato in via generale dal suo primo comma. In questo senso è immediatamente comprensibile la preoccupazione sottesa all’art. 1, comma 2 del ccnl-quadro del 9/8/2000, secondo cui, fermo restando che il ricorso al lavoro temporaneo deve essere improntato all'esigenza di contemperare l'efficienza operativa e l'economicità di gestione, in nessun caso all’istituto de quo potrà essere fatto ricorso per  sopperire stabilmente e continuativamente a carenze organiche. Di qui usa serie di preclusioni di natura sistematica.

In primo luogo, al lavoro interinale non può essere  fatto ricorso se le figure professionali previste e le  incombenze per le quali si intende utilizzarle trovano  previsione nella programmazione triennale delle assunzioni,  prevista dall'art. 91, comma 1  del D.Lgs. 18/8/2000 n. 267, atto che la  giunta dell’ente deve adottare per dare corpo al fabbisogno  di personale stabilizzato. Le due ipotesi, infatti, sono congiuntamente esaustive, ma disgiuntamente esclusive, elidendosi a vicenda proprio per  la diametralità dei presupposti che le generano. L’ente locale non può, pertanto, concludere contratti di somministrazione di lavoro a tempo determinato in presenza di esigenze  che siano connotate dalla continuità dell’esercizio delle proprie funzioni, e quindi dalla loro  immanenza alla sua azione amministrativa. 

In questi casi, la funzionalità dell’azione degli enti locali deve essere altrimenti assicurata, tenendo presente che il modo dell’esercizio delle funzioni che l’ordinamento oggi ad essi ascrive non può essere visto ed analizzato solo in termini di moltiplicazione della spesa corrente e nel rapporto fra quest’ultima e le fonti di finanziamenti di cui essi dispongono 10 .

In secondo luogo, la possibilità di concludere rapporti di  lavoro interinale, è esclusa  quando si sia in presenza di esigenze non periodiche o non  collegate a situazioni di urgenza fronteggiabili con il  personale in servizio ovvero con personale reclutabile  attraverso gli usuali canali previsti dal D.Lgs 30/3/2001 n. 165 11 .

In terzo luogo, l’art. 2, comma 4 del ccnl del 14/9/2000 esclude il ricorso al lavoro interinale per determinate e singole fattispecie, caratterizzate in modo esplicito, prima fra tutte quella del reclutamento di personale appartenente alla categoria  contrattualmente più bassa, ossia "A", nei profili esemplificativi indicati nell’allegato A del ccnl del 31/3/1999 12.

In quarto luogo,è parimenti precluso il ricorso al contratto de quo per il reclutamento di personale di vigilanza, addetto alle scuole in veste educativa, e applicato a  funzioni del sindaco quale ufficiale di governo. Le fattispecie de quibus, infatti, afferiscono al disimpegno di funzioni istituzionali, e quindi presentano il limite  della non imprevedibilità, il che vale ad escluderle dall’ámbito di applicazione della norma in esame per ragioni  strutturali. Alle eventuali carenze temporanee di personale l’ente locale, peraltro, può sempre convenientemente supplire attraverso gli ordinarî canali  di reclutamento, e quindi utilizzando lo strumento del contratto a tempo determinato in prima istanza, avvalendosi delle procedure semplificate indicate dall’art. 92, comma 2 del D.Lgs. 18/8/2000 n. 267.

In quinto luogo,  non è ammesso il ricorso alla somministrazione di lavoro a tempo determinato quando la pubblica amministrazione utilizzatrice non ha effettuato la valutazione dei rischî ai sensi dell'articolo 4 del D.Lgs. 19/9/1994 n. 626, e successive modificazioni ed integrazioni.

In sesto luogo, analoga preclusione sussiste quando si sia in presenza di lavoratori assenti a séguito dell’esercizio del diritto di sciopero, evenienza anticipata dalla legge 24/6/1997 n. 196 ed oggi ribadita dall’art. 20, comma 5  lett.  a) del D.Lgs. 10/9/2003 n. 276.

8.   Le possibilità di  utilizzazione del contratto di somministrazione temporanea di lavoro.

Il ricorso alla somministrazione di lavoro temporaneo da parte delle pubbliche amministrazioni è affrancato da qualunque riferimento a fattispecie tipizzate a priori mediante il ricorso ad elencazioni dei relativi presupposti legittimanti. Piuttosto, come rimarcato, il ricorso alla somministrazione di lavoro a tempo determinato è ancorato ad una clausola generale atipica ma tipizzabile a posteriori.

Ciò determina che rientra nella piena potestà organizzatoria della pubblica amministrazione datrice di lavoro la delineazione dell’ipotesi di ricorso alla somministrazione di lavoro temporaneo, per ricondurla alla fattispecie legislativamente prevista dall’art. 20, comma 4 del D.Lgs. 10/9/2003 n. 276, consapevole del fatto che la verifica della correttezza dell’agire può essere effettuata solo in sede di eventuale contenzioso.

Ciò nondimeno può  essere utile fare riferimento a mero titolo esemplificativo alle ipotesi tipiche previste dall’art. 2, comma 2 del ccnl del 14/9/2000, anche e soprattutto perché ad esse fa rinvio lo specifico regime transitorio di cui all’art. 86, comma 3 del D.Lgs. 10/8/2003 n. 276, anche se, deve essere ribadito, esse non rilevano per la costituzione di nuovi rapporti contrattuali.

Il comma 2 del ccnl del 14/9/2000 enuclea un’elencazione di ipotesi solo nelle quali era ammissibile il ricorso al lavoro interinale.

La normativa pattizia esperiva un primo rinvio all’art. 1, comma 2, lett. b) e c) della legge 24/6/1997 n. 196 oggi non più attuale dal punto di vista testuale, che peraltro non è privato di contenuti, in quanto le relative ipotesi sono comunque sussumibili o nella fattispecie di cui all’art. 1, comma 2, lett. a) del ccnl del 14/9/2000, o nel caso di cui all’art. 5, comma 1, lett. a) del D.Lgs. 10/9/2003 n. 276.

Il ricorso alla somministrazione di lavoro a termine a favore degli enti locali territoriali, pertanto, è sicuramente ammissibile nelle ipotesi di séguito indicate.

In primo luogo, il ricorso alla somministrazione di lavoro temporaneo da parte dell’ente locale è possibile per consentire la temporanea utilizzazione di professionalità non previste nell’ordinamento dell’amministrazione, anche al fine di sperimentarne la necessità. In questa ipotesi, il relativo progetto sotteso deve essere strutturato in modo particolarmente attento, affinché non siano configurabili addebiti di responsabilità amministrativa per disaccorta spendita di pubblico danaro. I presupposti per il ricorso allo strumento negoziale in esame, pertanto, devono essere evidenziati e rappresentati con particolare chiarezza proprio in considerazione della novità dell’esigenza ad esso presupposta.

In secondo luogo, il ricorso alla somministrazione di lavoro temporaneo è ammissibile quando l’ente locale sia in presenza di eventi eccezionali e motivati, non previsti né prevedibili al momento della redazione ed approvazione della programmazione dei fabbisogni triennali di personale. Il ricorso alla somministrazione di lavoro a tempo determinato, sempre in quest’ámbito, è ammissibile per la temporanea copertura di posti vacanti, per un periodo non eccedente i 60 giorni, sempre che siano state avviate le procedure per la loro copertura,  limite elevabile  a 180 giorni per la temporanea copertura di posti relativi a profili professionali non facilmente reperibili o comunque necessarî a garantire standards definiti di prestazioni, in particolare nell’ámbito dei servizî assistenziali  13.

In terzo luogo, il ricorso alla somministrazione di lavoro temporaneo è sicuramente ammesso quando si sia in presenza di punte di attività o di attività connesse ad esigenze straordinarie, derivanti anche da innovazioni legislative che comportino l’attribuzione di nuove funzioni, alle quali non possa farsi fronte con il personale in servizio. La fattispecie consente il ricorso all’istituto in esame in presenza di eventi non ordinarî, i quali devono essere chiaramente individuati, fra l’altro per poter formulare un progetto di intervento in cui siano indicati con precisione i nessi fra presupposti di fatto concretizzatisi e professionalità richieste per farvi fronte 14.

In quarto luogo, il ricorso alla strumento de quo è ammissibile per fare fronte a particolari fabbisogni professionali connessi all’attivazione ed all’aggiornamento di sistemi informativi o di controllo di gestione e di elaborazione di manuali di qualità e carte di servizî, che non possono essere soddisfatti ricorrendo unicamente al personale in servizio. Le ipotesi sono tutte relative a fattispecie sulle quali il legislatore ha fatto assegnamento per rimodernare il modo di essere e di presentarsi della pubblica amministrazione, dal punto di vista sia del controllo dell’efficacia e dell’efficienza del suo apparato - controllo di gestione e sistemi informativi -, sia del modo di erogare i pubblici servizî - manuali e carte dei servizî 15 .

In quinto luogo,  il ricorso al lavoro interinale è ammissibile per soddisfare specifiche esigenze connesse alla necessità di fornire supporti tecnici,  e per creare le relative competenze, nel campo della prevenzione, della sicurezza,  dell’ambiente di lavoro e dei servizî alla persona con standards predefiniti. Il riferimento, ovviamente, è alle esigenze, connesse a specifici adempimenti comunitarî, sottesi al contenuto del D.Lgs. 19/9/1994 n. 626, nonché al differente ámbito dell’erogazione dei servizî alla persona 16.

9.  I limiti quantitativi all’utilizzazione della somministrazione di lavoro a tempo determinato.

Nelle intenzioni del legislatore ed anche delle parti dei contratti collettivi di comparto che si sono succeduti in subiecta materia, il ricorso alla somministrazione di lavoro temporaneo non può comportare la riduzione del personale stabilmente strutturato nel contingente dell’ente. Per questa ragione, sia l’art. 3 del ccnl-quadro, sia il comma 3 dell’art. 2 del ccnl del 14/9/2000, con disposizioni che completano la disciplina legislativa di cui gli artt. 20 e seguenti del D.Lgs. 10/9/2003 n.276, hanno individuato un paradigma certo che vale a quantificare il rapporto fra la consistenza del personale strutturato nell’ente locale ed il personale “fluttuante”.

Piú in particolare, la possibilità di avvalersi della figura contrattuale de qua incontra dei limiti di natura numerica, con l'evidente  intento di impedire la formazione di contingenti di personale connotati dalla precarietà e dalla provvisorietà. L'art. 1, comma 3 del ccnl 14/9/2000  ha, pertanto, parametrato percentualmente il numero degli inserimenti attuati con i contratti di somministrazione di lavoro temporaneo alla consistenza del personale comunque in  servizio a tempo indeterminato nell'ente locale.

Ed a questo proposito è significativo il riferimento al contingente effettivo e non alla  dotazione organica. In presenza di una dotazione organica  non sufficientemente coperta, infatti, l'ente locale deve procedere in primo  luogo all'assunzione di personale, avendo presente, a titolo  esemplificativo, i rapporti dipendenti-popolazione indicati dall’art. 119 del D.Lgs. 25/2/1995 n.77 17.

Solo in seconda istanza, l’ente locale può ricorrere alla somministrazione temporanea di lavoro, tenendo presente che il  numero degli inserimenti lavorativi non può eccedere  il 7%, calcolato su base mensile, del personale in servizio  a tempo indeterminato, con arrotondamento  all'unità. Nella consistenza dell’indice de quo sono,  pertanto, compresi i distacchi ed i comandi; sono, per contro, esclusi i  contratti a tempo determinato, il segretario comunale, il  direttore generale, i dirigenti con contratto di lavoro a  termine, i lavoratori socialmente utili, i beneficiarî di borse lavoro, nonché il  personale assunto negli ufficî di staff del capo dell'amministrazione e degli assessori previsto dall’art. 90, comma 1 del D.Lgs. 18/8/2000 n. 267. 

10.   Le relazioni sindacali.

Il ricorso alla somministrazione temporanea di lavoro è materia a rilevanza sindacale, al pari di tutte le forme di reclutamento flessibile previste e disciplinate dal titolo primo del ccnl del 14/9/2000.

Il coinvolgimento delle organizzazioni sindacali è espressamente previsto sia dal ccnl-quadro del 9/8/2000, sia dall’art. 2, comma 10 del ccnl del 14/9/2000, norme dal contenuto di significato identico a quello desumibile dall’art. 24, comma 4, lett. a) del D.Lgs. 10/9/2003 n. 276.

La sistematica che se ne desume determina che l’ente locale 18 provveda a fornire tempestiva e preventiva informazione ai soggetti sindacali di cui all’art.10, comma 2, del ccnl dell’1/4/1999, per addivenire alle forme di  consultazione appropriata.

Il contenuto dell’informazione è descritto dalla stessa norma, ed ha ad oggetto il numero dei lavoratori da avviare, i motivi del ricorso al lavoro interinale, il contenuto, anche economico, della prestazione richiesta, la durata prevista dei contratti di lavoro temporaneo ed i relativi costi.

In definitiva, alle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative  ed alle rappresentanze sindacali unitarie deve essere garantita la necessaria previa informazione, strumentale all'instaurazione di una corretta relazione sindacale  da attuare attraverso la consultazione.

Il testo dell'art.  2, comma 10 esclude, alla luce del proprio contenuto letterale, che le procedure de quibus debbano essere oggetto di contrattazione. Esse, piuttosto, sono materia di  "concertazione indebolita" con le organizzazioni sindacali,  con la conseguenza che, comunque garantita la correttezza delle relazioni sindacali, l'ente locale può prescindere  dal contenuto del relativo incontro, facendo risultare le rispettive posizioni dal verbale ad esso riferito.

Quanto appena evidenziato è vero al punto che, in caso di urgenza, l'ente locale può  omettere la consultazione preventiva, garantendo però l'informazione successiva, da attuare entro e non oltre cinque giorni dall'avvenuta stipulazione del contratto di somministrazione  temporanea di lavoro, nei termini in cui dispone l’art. 24, comma 4, lett. a), seconda proposizione del D.Lgs. 10/9/2003 n. 276.

Alle organizzazione sindacali deve, inoltre, essere garantita l'informazione a  consuntivo annuale come prevede l’art. 2 comma  11 del ccnl del 14/9/2000, norma che si sovrappone a quanto disposto in via generale dall’art. 24, comma 4, lett. b) del D.Lgs. 10/9/2003 n. 276. In questa sede,  l’ente locale utilizzatore della somministrazione temporanea di lavoro deve rendere alla controparte sindacale tutte le informazioni  necessarie alla verifica del rispetto della percentuale del 7% fissata dal precedente comma 3. Entro lo stesso termine, gli enti utilizzatori devono fornire tutte le informazioni a consuntivo tenute presenti in sede di formazione dei progetti, presumibilmente al fine di dimostrare il corretto svolgimento dei relativi rapporti e quindi la non utilizzazione della presente forma di reclutamento flessibile per finalità comunque non consentite dall’ordinamento.

11.  Le implicazioni negoziali del ricorso alla somministrazione temporanea di lavoro.

La costituzione di un rapporto di somministrazione temporanea di lavoro presenta innegabili peculiarità rispetto agli altri istituti in cui si articola il principio di flessibilità del rapporto di lavoro alle dipendenze degli enti locali, poiché il rapporto giuridico che ne consegue presuppone l’attivazione di poteri negoziali che alle altre consimili fattispecie sono estranei. Ciò determina la necessità di analizzare i termini della procedura per addivenire alla stipulazione del contratto de quo, avendo cura di rimarcare che la sua disciplina non è contenuta direttamente né nel D.Lgs. 10/9/2003 n. 276, né nell’art. 2 del ccnl del 14/9/2000, ma deriva dalla normativa in materia di evidenza pubblica e di contratti della pubblica amministrazione in tema di appalti di pubblico servizio.

La corretta utilizzazione del rapporto di somministrazione di lavoro temporaneo da parte dell'ente locale involge la necessità di verificare  quali siano gli atti procedimentali da predisporre e quali  siano gli organi titolari delle relative competenze. A questo proposito, sembra di poter escludere in radice  che residuino ambiti di legittimazione in capo agli organi  di governo dell'ente, almeno con riferimento alle procedure gestionali e comunque negoziali. In particolare, nessuna competenza di tal genere può essere riconosciuta alla giunta dell'ente locale, soprattutto a séguito dell'espunzione dall'ordinamento della deliberazione a  contrattare, attuata per la prima volta dall’art. 14 della legge 3/8/1999 n. 265, ed oggi normata dall’art. 192, comma 1 del D.Lgs. 18/8/2000 n. 267.

La previsione della determinazione a contrattare di cui all'art. 192, comma 1 del D.Lgs. 18/8/2000 n. 267 consente di concludere  che la competenza all'avvio delle procedure ad evidenza pubblica spetta al dirigente del plesso interessato od ad altro dirigente o responsabile individuato dal regolamento per gli ufficî ed i servizî e tale nominato ai sensi dell’art. 107 o dell’art. 109, comma 2 del D.Lgs. 18/8/2000 n. 267. Tale competenza può essere ulteriormente argomentata  osservando che il reclutamento di personale e la relativa  responsabilità nello svolgimento delle procedure sono atti  di gestione, che il dirigente pone in essere per il conseguimento degli obiettivi a lui ascritti in sede  di approvazione del piano esecutivo di gestione da parte della giunta dell'ente locale.

La procedura da attualizzare per addivenire alla conclusione di un contratto di somministrazione temporanea di lavoro non è semplice, ma molteplice  nel suo assetto strutturale, poiché confluisce in un vero e proprio appalto di pubblico servizio, disciplinato, a seconda dell’importo del relativo contratto, o dalla normativa comunitaria, ovvero dalla normativa interna, e quindi dal D.Lgs. 17/3/1995 n. 157, e per gli appalti sotto soglia, dal R.D. 18/11/1923 n. 2240 e dal R.D. 23/5/1924 n. 827. La somministrazione di lavoro a tempo determinato, infatti, è riconducibile all’ipotesi dei “servizi di collocamento e reperimento di personale” di cui alla voce 21 dell’allegato 2 del D.Lgs. 17/3/1995 n. 157.

Alle procedure da seguire è immanente la redazione di un  capitolato di gara che deve indicare quanto meno gli elementi essenziali della fattispecie individuati dall'art. 21, comma 1, lett. da a) ad k) del D.Lgs. 10/9/2003 n. 276 19

Particolare importanza è pertanto rappresentata dal numero di lavoratori richiesti, dalle mansioni cui  saranno adibiti, e  dal regime normativo della prestazione lavorativa in concreto.

Nel capitolato di gara devono essere chiaramente indicati tutti gli elementi che connotano a vario titolo il futuro  contratto di somministrazione temporanea di lavoro, che sarà stipulato fra la  pubblica amministrazione utilizzatrice e l'impresa fornitrice, tenendo conto che la remunerazione del lavoratore avviato non può comunque, a parità di qualifica, essere inferiore a quella prevista per i dipendenti dell’ente locale. 

Il capitolato dovrà poi indicare chiaramente che  la controparte contrattuale dell'amministrazione potrà essere esclusivamente un'impresa costituita nel rispetto  dell'art. 4, del D.Lgs. 10/9/2003 n. 276, debitamente autorizzata  all'esercizio dell'attività dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, che è, peraltro, anche titolare del  potere di vigilanza sulle imprese stesse, allorché‚ costituite ed operanti.

Il capitolato, inoltre, dovrà prevedere che l'impresa  aggiudicataria della gara dimostri compiutamente la correttezza del rapporto di provvista, ossia la corretta  stipulazione del "contratto per prestazioni di lavoro  temporaneo" venuto in essere fra "impresa fornitrice" e  lavoratore , contratto che può essere a tempo determinato od a tempo  indeterminato, e che deve essere comunque esibito entro cinque  giorni dall'inizio dell'attività lavorativa presso l'ente locale.

Il capitolato, poi, dovrà prevedere il parametro alla  stregua del quale individuare il contraente in sede di gara. A questo proposito si può osservare che un valido criterio di aggiudicazione può essere rinvenuto nell'ammontare della percentuale di sovrapprezzo, rispetto alla retribuzione del  lavoratore avviato, che l'ente locale verserà all'impresa  fornitrice per effetto della stipulazione del contratto di  somministrazione di lavoro temporaneo. Tale sovrapprezzo costituisce la remunerazione dell'impresa  fornitrice per la formazione delle professionalità oggetto  di avviamento al lavoro e per la sopportazione delle spese generali di funzionamento dell’impresa.

Il sovrapprezzo può rilevare in modo non semplice, ma almeno  duplice. Il sovrapprezzo può  venire in considerazione in sé‚ e per sé, quando il  capitolato preveda che la somministrazione debba essere effettuata  a termine fisso. Esso, per contro, può venire in considerazione anche in combinazione con il fattore temporale, ossia con la capacità  dell'impresa fornitrice di assicurare la somministrazione di lavoro  temporaneo entro termini ridotti, purché‚ rilevanti in sede  di gara. Il capitolato di gara, infatti, ben potrebbe prevedere un  incremento del margine a favore dell'impresa fornitrice  rapportato alla maggior tempestività con la quale essa avvia  i lavoratori temporanei all'ente locale utilizzatore.

Predisposto il capitolato di gara, il dirigente del plesso  provvederà all'adozione della relativa determinazione a  contrattare prevista dal combinato disposto degli artt. 107 e 192 del D.Lgs. 18/8/2000 n. 267, avviando la procedura per addivenire all’individuazione dell'impresa fornitrice. La procedura di gara deve rispettare il principio della  concorrenzialità e della par condicio.  Le forme da seguire sono quelle usuali della procedura  aperta (asta pubblica), ristretta (licitazione privata), o  negoziata (trattativa privata), sempre tenendo presente  quanto dispone l'art. 92, comma 2 del D.Lgs. 18/8/2000 n. 267 in tema di divieto di discriminazioni e garanzia di trasparenza delle procedure. 

Individuata l'impresa fornitrice, con essa deve essere  stipulato il contratto di somministrazione di lavoro temporaneo previsto dall’art. 20, comma 4 del D.Lgs. 10/9/2003 n. 276, rispettando in particolare il requisito della  forma scritta ad substantiam, nonché‚ l'obbligo del suo invio alla  direzione provinciale del lavoro  competente per territorio entro 15 giorni dall'avvenuta  stipulazione.

Stipulato il contratto di somministrazione temporanea di lavoro 20,  deve esserne curato l'adempimento. L'impresa fornitrice deve procedere all'avvio dei  lavoratori presso la pubblica amministrazione  aggiudicatrice, la quale li deve utilizzare nel rispetto delle  relative declaratorie di profilo in funzione del fabbisogno  dichiarato in sede di gara, e nel  rispetto delle professionalità richieste.

Il punto di snodo dell’adempimento del contratto de quo è però dato dalle relazioni che il lavoratore avviato ha, di volta in volta, con l’ente locale utilizzatore e con l’impresa fornitrice, la cui duplicità è una diretta conseguenza della triangolarità del rapporto giuridico complessivamente inteso.

12.  Le relazioni del lavoratore con l’impresa fornitrice e con l’ente locale utilizzatore.

Il lavoratore temporaneo, una volta avviato all'ente locale utilizzatore, svolge la propria attività lavorativa nell'interesse e sotto la direzione di quest’ultimo. Significativo, a questo proposito, è che nella formulazione  dell'art.  20, comma 2 del D.Lgs. 10/9/2003 n. 276 non compaia la formula “alle  dipendenze e sotto la direzione” dell'impresa utilizzatrice,  prevista dall'art. 2094 c.c. Ciò  è sintomatico del fatto  che il lavoratore temporaneo è dipendente a tutti gli  effetti dell'impresa fornitrice, come è dimostrato osservando che essa sola è titolare del potere disciplinare ai sensi degli  artt. 2,  comma 7 del ccnl del 14/9/2000 e 23, comma 7 del decreto governativo delegato 21.

Nei rapporti con l’“impresa fornitrice” il lavoratore, in definitiva, ha tutti gli obblighi che discendono dalla normativa dettata dal codice civile in tema di lavoro subordinato, temperati in parte dal fatto che egli adempie alla propria prestazione lavorativa non nella sede del datore di lavoro, ma nella sede dell’ente locale presso cui è stato avviato.

Anche nei rapporti con l’ente locale utilizzatore è espressamente prevista una serie di momenti a specifica rilevanza giuridica 22 .

In primo luogo, ai sensi dell’art. 23, comma 4 del D.Lgs. 10/9/2003 n. 276, identico nelle sue implicazioni all’art. 2, comma 6 del ccnl del 14/9/2000  23 .,  i lavoratori avviati presso l’ente locale, qualora concorrono a programmi o progetti di produttività hanno titolo a partecipare all’erogazione dei connessi trattamenti economici. La materia, peraltro, è rimessa alla contrattazione integrativa decentrata, posto che questa è la sede ordinaria nella quale sono trattati tutti gli argomenti comunque connessi alla retribuzione incentivante.

In secondo luogo, l’ente locale utilizzatore è tenuto, nei riguardi dei lavoratori temporanei, ad assicurare tutte le misure, le informazioni e gli interventi di formazione relativi alla sicurezza e prevenzione previsti dal D.Lgs. 19/9/1994 n. 626, con particolare riferimento ai rischî specifici connessi all’attività lavorativa in cui saranno impegnati. La norma è chiaramente ispirata alla necessità di assicurare comunque che il posto di lavoro nel quale si esplica l’attività del lavoratore sia conforme agli standards previsti dalla specifica normativa in materia. In questo senso, dispongono sia l’art. 2, comma 8 del ccnl del 14/9/2000, sia l’art. 23, comma 5 del D.Lgs. 10/9/2003 n. 276.

In terzo luogo, i lavoratori avviati preso l’ente locale utilizzatore hanno diritto di esercitare in tale sede i diritti di libertà e di attività sindacale previsti dalla legge 20/5/1970 n.300 e possono partecipare alle assemblee del personale dipendente. In questo senso, dispongono sia l’art. 2, comma 9 del ccnl del 14/9/2000, sia l’art. 24, commi 1 e 2 del D.Lgs. 10/9/2003 n. 276.

13.  Considerazioni conclusive sui vantaggi del ricorso alla somministrazione temporanea di lavoro.

Da quanto sopra elucidato appare evidente quali sono i  vantaggî che la stipulazione di rapporti di somministrazione di lavoro temporaneo garantisce alla pubblica amministrazione.

In primo luogo, essa  garantisce l'immediata acquisizione di specifiche professionalità a contenuto aderente al fabbisogno emerso, consentendo all’ente locale di farvi fronte con tempestività con personale già formato, in condizione di essere proficuamente immesso nell’esercizio delle incombenze per le quali è stato ricercato.

In secondo luogo, essa consente all’ente locale di modulare con precisione i tempi della somministrazione delle prestazioni lavorative, evitando l’attivazione di procedure selettive o concorsuali dal dubbio esito.

In terzo luogo, essa garantisce alla pubblica amministrazione il controllo dei flussi di spesa, in quanto consente  l'esatta quantificazione dei costi della somministrazione in termini di effettività. Ed in quest’ordine di idee deve essere ribadito che il maggior costo della prestazione lavorativa rappresentato dal sovrapprezzo di  spettanza dell'impresa fornitrice è pienamente giustificato  dal contenuto di professionalità immanente alla presente  tipologia di rapporto di lavoro, e dalla sua immediata acquisizione alla disponibilità dell’ente locale.                            

 

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*  Segretario generale e Direttore generale del Comune di Muggiò – MI

[1] Un primo accenno alla gestione per obiettivi e non più per meri adempimenti si è avuto con la legge 8/6/1990 n. 142, la quale ne ha demandato l’impianto ai regolamenti di organizzazione degli enti locali in prospettiva di mera facoltatività, ivi prevedendo l’attuazione della separazione fra attività di programmazione e controllo ed attività di gestione.

Il principio di separazione, attuazione del principio di buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.) è stato previsto dall’art. 4, commi 1 e 3 del D.Lgs. 30/3/2001 n. 165, attuato cogentemente per gli enti locali dalla legge 15/3/1997  n. 127, ripreso in modo definitivo dall’art. 107, comma 1 del D.Lgs. 18/8/2000 n. 267.

La vera svolta si è avuta solo con il D.Lgs. 25/2/1995 n. 77, con il quale sono state apportate significative modificazioni alla struttura del bilancio degli enti locali, introducendo, sul versante della spesa, l’imprescindibilità del principio nella sua duplice accezione finanziario-contabile (momento di articolazione delle funzioni quali partizioni dei titoli del bilancio di previsione) ed organizzativa.

Il sistema è stato portato a compimento con la razionalizzazione del sistema dei controlli interni avvenuta con il D.Lgs. 31/3/1999 n. 286, con la definitiva consacrazione dell’obbligo della redazione del piano esecutivo di gestione per i Comuni con popolazione eccedente i 15.000 abitanti, e con la previsione del piano dettagliato degli obiettivi ai sensi dell’art. 197, comma 2, lett. a) del D.Lgs. 18/8/2000 n. 267.

2 Ciò rende evidente il senso della clausola di inapplicabilità del D.Lgs. 10/9/2003 n. 276 contenuta nel suo art. 1, comma 2. In assenza della sua previsione, infatti, l’intero articolato del decreto delegato sarebbe stato immediatamente applicabile alla pubblica amministrazione.

3 A ciò si è aggiunto, a livello interno a ciascun ente locale, il regolamento degli ufficî e dei servizî, che la giunta approva ai sensi dell’art. 89, comma 1 del D.Lgs. 18/8/2000 n. 267, nel quale è normato il modo attraverso cui addivenire in concreto al "reclutamento  flessibile", operante nel solo rispetto della normativa imperativa prevista dalla contrattazione collettiva di comparto a livello nazionale e delle norme giuridiche di fonte legislativa che ai presenti fini operano solo suppletivamente. Nel regolamento de quo, infatti, vengono enucleate in concreto le modalità con cui ogni singolo ente intende porsi nei confronti non solo dell’organizzazione strutturata e stabilizzata del proprio personale, ma anche di quella che può a buon titolo essere definita “fluttuante”, perché variabile dipendente del fabbisogno reale di forza lavoro di volta in volta necessario durante il corso dell’anno, con ciò consentendo all’ente locale, ormai oggi definito in termini di esponenzialità della propria collettività, di adattare la propria organizzazione al miglior modo di disimpegnare le funzioni di cui è titolare.

4 La differenza fra le due fattispecie era riconducible alla diversità fra lavoro organizzato e lavoro da organizzare, anche se non può non essere osservato che comunque fosse, l’interpositore metteva a disposizione dell’imprenditore null’altro che lavoro altrui. Per la verità, nel caso dell’intermediazione nella fornitura di lavoro organizzato si poteva discutere se l’intermediatore potesse o meno  essere considerato alla stregua di un dipendente dell’imprenditore, in qualità di capo squadra. In ogni caso, la violazione della legge 23/10/1960 n. 1369 dava luogo sempre alla medesima conseguenza: la costituzione di un rapporto di lavoro diretto fra il lavoratore e l’imprenditore utilizzatore.

5 Come sarà evidenziato nel prosieguo, lo staff-leasing  non si applica alla pubblica amministrazione.

6 Per l’art. 1, comma 2 della legge 24/6/1997 n. 196, “il contratto di fornitura di lavoro temporaneo può essere concluso: a) nei casi previsti dai contratti collettivi nazionali della categoria di appartenenza dell'impresa utilizzatrice, stipulati dai suindicate comparativamente più rappresentativi; b) nei casi di temporanea utilizzazione in qualifiche non previste dai normali assetti produttivi aziendali; c) nei casi di sostituzione dei lavoratori assenti, fatte salve le ipotesi di cui al comma 4”.

7 Il ccnl del 14/9/2000 ha attualizzato quanto programmaticamente previsto dall’art. 24, comma 2, lett. a) del ccnl del 1/4/1999 per il completamento della disciplina del contratto di fornitura temporanea di lavoro. Ad esso si aggiunge il ccnl-quadro del 9/8/2000, recante la disciplina del rapporto di lavoro del personale assunto con contratto di fornitura di lavoro temporaneo.

8 Ciò si desume dall’art. 36, comma 1 del D.lgs. 30/3/2001 n. 165, il quale prevede una vera e propria clausola di completamento dell’ordinamento [“…nonché da ogni successiva modificazione o integrazione della relativa disciplina…”] attraverso il rinvio mobile alla normativa del lavoro nelle imprese che di volta in volta sopraggiunge per effetto dell’attività legislativa in subiecta materia.

9 Il riferimento, come già accennato di passaggio, è ovviamente all’impossibilità di trasformare il rapporto lavorativo de quo in rapporto stabilizzato alle dipendenze della pubblica amministrazione destinataria della somministrazione temporanea di lavoro.

10 Dinanzi all’incapacità di fare fronte alle spese di personale, l’ente locale non può che avviare i necessarî processi di riorganizzazione e razionalizzazione del proprio contingente di personale stabilmente strutturato, e promuovere le necessarie e conseguenziali forme di accorpamento organico, nonché spostare la propria attenzione sulla gestione associata delle proprie funzioni, con ciò ottenendo quelle sensibili economie di scala che lo preservano dal disequilibrio finanziario e dalle possibilità di dissesto economico.

11 E’ di tutta evidenza, infatti,  che il ricorso a forme flessibili di lavoro è ingiustificato quando ai relativi bisogni è possibile fare fronte con la miglior utilizzazione del personale strutturato, con ciò attualizzando, fra l’altro, anche la necessità di evitare l’inutile spendita di danaro pubblico sempre sindacabile dal giudice contabile.

12 L’esclusione è francamente incomprensibile, e non risponde ad alcuna logica che sia conseguenziale  all’impianto concettuale della disposizione in esame.

La preclusione in argomento, in particolare, non si comprende guadando proprio alle declaratorie di profilo tratteggiate a titolo esemplificativo dall’allegato A del ccnl del 31/3/1999, pósto che fra di esse compaiono alcune fattispecie per le quali il ricorso alla somministrazione temporanea di lavoro si presta ad interessanti applicazioni, quali, ad esempio, il trasporto di persone e la movimentazione di merci.

13 Ricorrendo al lavoro interinale, l’ente locale può evitare di procedere a selezioni a tempo determinato, le quali mettono comunque capo a procedure concorsuali, sia pur semplificate, che non danno garanzia di reperire personale che deve essere súbito utilizzabile al pieno delle proprie potenzialità, proprio per fare fronte alle situazioni di eccezionalità in questione. In quest’ipotesi, ed in considerazione del nesso di strumentalità espressamente enunciato dalla norma, la previsione di fonte pattizia ha travalicato l’esigenza di semplificazione nella gestione delle procedure di reclutamento di personale a tempo determinato già previste per gli enti locali dall’art. 36 del D.Lgs. 30/3/2001 n. 165 e dall’art. 92 del  D.Lgs. 18/8/2000 n. 267, garantendo un reclutamento tempestivo di personale già formato ed in grado, pertanto, di sormontare l’evento imprevisto.

14 Lo strumento enucleato dal legislatore si appalesa quanto mai utile ed opportuno in un sistema oggi sempre più connotato dallo spostamento della titolarità delle funzioni dal centro alla periferia, attuato attraverso lo strumento del conferimento previsto dalla parte generale della legge 15/3/1997 n. 59, che ha nel principio di sussidiarietà verticale indicato dal suo art. 4, comma 3, lett. a) il proprio momento propulsivo.

Attraverso la somministrazione temporanea di lavoro, pertanto, l’ente locale può fare fronte alla doverosità dell’esercizio delle funzioni trasferite, attribuite o delegate, differendo ad un successivo momento l’analisi dell’impatto del quid novi sulla propria organizzazione stabilizzata, promovendo, se del caso, tutte le forme di razionalizzazione precedentemente indicate.

15 Per mere esigenze di completezza sistematica, ed anche per una miglior rappresentazione dei presupposti di operatività della norma, deve essere segnalato che tutte le fattispecie evidenziate hanno trovato di recente la loro disciplina organica nell’ámbito di normative caratterizzate da intenti sistematici particolarmente qualificanti, quali gli artt. 147 e 148 del D.Lgs. 18/8/2000 n. 267 ed il D.Lgs. 30/7/1999 n. 286 per i controlli interni ed il controllo di gestione, e le varie normative specifiche di settore per quanto attiene alle carte dei servizî.

16 Ciò è particolarmente vero oggi, poiché tali attività costituiscono momento qualificante dell’attività degli enti locali, espressamente riconosciuti come enti esponenziali della rispettiva collettività, e specialmente per il Comune, per il quale i servizî alla persona sono indicati come elemento connotante dall’art. 13, comma 1 del D.Lgs. 18/8/2000 n. 267, anche perché specificamente connessi alla piú ampia problematica della qualità della vita negli aggregati urbani, della cui promozione e preservazione gli enti locali oggi non possono  non farsi carico.

17 A questo proposito, non deve essere dimenticato che il ricorso alla somministrazione di lavoro a tempo determinato è sovente l’unico modo nel quale l’ente locale può reperire forza lavoro in presenza del perdurare degli effetti connessi al blocco delle assunzioni.

18 Evidentemente nella persona del dirigente competente in materia.

19 Per completezza, si riporta il testo della disposizione:

“1. Il contratto di somministrazione di manodopera e' stipulato in forma scritta e contiene i seguenti elementi:

a) gli estremi dell'autorizzazione rilasciata al somministratore

b) il numero dei lavoratori da somministrare;

c) i casi e le ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo di cui ai commi 3 e 4 dell'articolo 20;

d) l'indicazione della presenza di eventuali rischi per l'integrita' e la salute del lavoratore e delle misure di prevenzione adottate;

e)  la data di inizio e la durata prevista del contratto di somministrazione;

f) le mansioni alle quali saranno adibiti i lavoratori e il loro inquadramento;

g) il luogo, l'orario e il trattamento economico e normativo delle prestazioni lavorative;

h)  assunzione da parte del somministratore della obbligazione del pagamento diretto al lavoratore del trattamento economico, nonche' del versamento dei contributi previdenziali;

i) assunzione dell'obbligo dell'utilizzatore di rimborsare al somministratore gli oneri retributivi e previdenziali da questa effettivamente sostenuti in favore dei prestatori di lavoro;

j)   assunzione dell'obbligo dell'utilizzatore di comunicare al somministratore i trattamenti retributivi applicabili ai lavoratori comparabili;

k) assunzione da parte dell'utilizzatore, in caso di inadempimento del somministratore, dell'obbligo del pagamento diretto al lavoratore del trattamento economico nonche' del versamento dei contributi previdenziali, fatto salvo il diritto di rivalsa verso il somministratore.

2. Nell'indicare gli elementi di cui al comma 1, le parti devono recepire le indicazioni contenute nei contratti collettivi.”

20 La competenza alla stipulazione del contratto è ascritta al dirigente del plesso per il quale è stato disposto l’inserimento, come del resto è chiaramente previsto dall’art. 107, comma 3, lett. c) del D.Lgs. 18/8/2000 n. 267.

21 In questa prospettiva acquista senso la comunicazione da parte del soggetto utilizzatore all’impresa fornitrice delle circostanze di fatto disciplinarmente rilevanti da contestare al lavoratore temporaneo ai sensi dell’art. 7 della legge 20/5/1970 n. 300.

22 Essi sono la conseguenza del fatto che la prestazione lavorativa non è di fatto adempiuta presso il datore di lavoro, ma, in conseguenza della causa tipica del contratto de quo, è resa in luoghi che sono sotto la diretta pertinenza di un soggetto separato e distinto.

23 La norma riprende nei contenuti quanto già anticipato dall’art. 4 del ccnl-quadro.


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