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Articoli e note

n. 1/2004  - © copyright

RICCARDO NOBILE (*)

Il regime delle assunzioni negli enti locali territoriali nella legge 24/12/2003 n. 350

 

1. Introduzione.

La rapida consumazione e non agevole riproducibilità delle risorse economiche del sistema paese ha reso necessaria da tempo l’enucleazione di discipline rigorose mediante le quali contenere le assunzioni nelle pubbliche amministrazioni, anche e soprattutto in relazione alla necessità di mantenere costantemente monitorata la spesa pubblica di parte corrente a fronte dell’indebitamento dello Stato giunto a punti di autentica criticità.

L’índice rivelatore di tale tendenza non è semplice, ma almeno quintuplice.

In primo luogo, l’esigenza è particolarmente evidente nelle leggi di spesa che hanno introdotto il blocco del turn over dei dipendenti cessati, o che hanno contingentato le nuove assunzioni in termini percentuali rispetto alle cessazioni dal lavoro ovvero ad altri índici paradigmatici comunque suscettibili di valutazione economica.

In secondo luogo, essa emerge con particolare evidenza dalla valorizzazione dell’istituto della mobilità intrasettoriale ed intersettoriale, normata dall’art. 30 del D.Lgs. 30/3/2001 n. 165, portata a compimento e generalizzata dall’art. 7 della legge 16/1/2003 n. 6, che la configura quale vera e propria condizione sospensiva all’espletamento dei concorsi per il reclutamento di personale a tempo indeterminato.

In terzo luogo, essa è resa evidente a séguito dell’introduzione della programmazione triennale del fabbisogno di personale, costruita in stretta aderenza sugli strumenti di programmazione finanziaria degli enti pubblici, ed introdotta dall’art. 39 della legge 27/12/1997 n. 449 e ribadita per gli enti locali territoriali dall’art. 91, comma 1 del D.Lgs. 18/8/2000 n. 267.

In quarto luogo, il contenimento della spesa è una diretta funzione dell’istanza di razionalizzazione della pubblica amministrazione, attuata attraverso l’analisi dei carichi di lavoro, dei procedimenti amministrativi, dei flussi procedimentali, dell’introduzione delle forme di semplificazione della sua azione, e della possibilità di sottoporne l’organizzazione ad analisi mutuate dalla moderna scienza dell’organizzazione (es: business process reengenearing, mediante la quale i flussi di attività vengono sezionati, conducendo sempre all’evidenziazione di vere e proprie “sacche di irrazionalità organizzative” e conseguenti sovracontingentamenti di personale). Il tutto con la possibilità di attivare l’istituto della messa in disponibilità del personale in esubero cosí come previsto dall’art. 33 del D.Lgs. 30/3/2001 n. 165, previa ridelineazione di una dotazione organica calzata sul reale fabbisogno, con suo posizionamento al di sotto del contingente del personale in servizio.

In quinto luogo, la necessità del contenimento della spesa di personale è in diretta relazione con l’onere di mantenere e garantire il rispetto degli índici di virtuosità economico-finanziaria assunti al momento del consolidamento dell’ingresso dell’Italia nel sistema monetario dell’Unione Europea, come del resto si evince dall’art. 3, comma 60 della legge 24/12/2003 n. 350, che áncora l’adozione della normativa subprimaria sul contingentamento delle assunzioni a tempo indeterminato proprio alla necessità di garantire il concorso delle autonomie locali al rispetto degli obiettivi di finanza pubblica.

Proprio per queste ragioni, da tempo ormai il legislatore ha abituato gli interpreti delle disposizioni in materia di personale delle pubbliche amministrazioni a vere proprie acrobazie ermeneutiche, ispirate, nella migliore delle ipotesi, alla ristrettezza dei tempi a disposizione per la loro elaborazione, predisposizione e stesura.

Tutto ciò per evidenziare che anche questa volta, nella formulazione dell’art. 3, commi 53 e seguenti della legge 24/12/2003 n. 350, continua ad esibire una tecnica legislativa a dir poco mediocre ed involuta, caratterizzata da continui scambî ed accostamenti delle eccezioni alle regole, con ciò ingenerando evidenti sensi di confusione e di turbamento ermeneutico, con l’emergenza di evidenti momenti di incertezza interpretativo-applicativa.

2. Premessa di metodo e definizioni.

Per cogliere la portata operativa dell’art. 3, commi 53 e seguenti della legge 24/12/2003 n. 350 è imprescindibile anteporre alla sua disamina almeno due ordini di considerazioni.

La prima è in stretta relazione con questioni di stretta legittimità costituzionale; la seconda con i paradigmi strutturali della pubblica amministrazione che costituiscono i cardini sui quali è strutturato il suo assetto organizzativo.

La prima evenienza rende tutta la problematica del contingentamento delle assunzioni negli enti locali territoriali particolarmente emblematica dopo la modificazione dell’estensione dell’art. 117 Cost. attuato con la legge costituzionale 18/10/2001 n. 3, la quale, com’è noto, ha inciso in maniera particolarmente significativa sulla distribuzione delle potestà legislative che interessano lo Stato e le Regioni, enucleando una vera e propria rivoluzione copernicana in subiecta materia, con l’emergenza di tutti i punti di criticità che ciò comporta.

La seconda evenienza, per contro, attiene piú propriamente ai pilastri organizzatorî del diritto del personale, coinvolgendo delicati aspetti a loro volta connessi con l’effettività dell’esercizio delle funzioni amministrative demandate ai soggetti del circúito degli enti locali territoriali, soprattutto dopo il massiccio trasferimento di funzioni attuato in via di principio dalla legge 15/3/1997 n. 57 e dalle relative fonti di cognizione che ne costituiscono attuazione.

3. Un problema di costituzionalità.

La materia delle assunzioni di personale da parte della pubblica amministrazione ed il relativo governo dei flussi in entrata all’impiego pubblico mediante contingentamento delle assunzioni non è esente da problemi di conformità alla Costituzione, divenuti rilevanti e di imprescindibile analisi una volta intervenuta la modificazione dell’art. 117 Cost. nei termini di cui all’art. 3 della legge di riforma costituzionale 18/10/2001 n. 3.

Ciò può essere mostrato osservando che, mentre nella vigenza dell’originario testo dell’art. 117 Cost. la materia de qua ricadeva sicuramente nell’ámbito delle potestà legislative dello Stato in quanto non ricompresa nell’elencazione delle materie a potestà legislativa ripartita o concorrente ascritte in modo tassativo alle Regioni, attualmente tale evenienza non rinviene piú alcun esplicito fondamento di carattere testuale in tal senso.

Di piú. Nell’odierno ordinamento costituzionale della distribuzione delle potestà legislative la clausola generale esclusiva sul riparto delle potestà legislative già presente nel testo originario dell’art. 117 Cost. ha mutato verso e direzione per effetto della modifica della relativa disposizione attuata dall’art. 3, comma 4 dalla legge 18/10/2001 n. 3.

Attualmente, infatti, tutte le materie non esplicitamente indicate e ricomprese nelle elencazioni tassative in materia di potestà legislative esclusive ascritte allo Stato e di potestà ripartite o concorrenti attribuite allo Stato ed alle Regioni sono de iure devolute alla competenza residuale ed esclusiva delle Regioni.

Ora, la materia delle assunzioni del personale alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, siano queste interessate o meno alla depubblicizzazione del relativo rapporto di pubblico impiego, è estranea ad entrambe le elencazioni tassative di cui sono espressione i commi 2 e 3 dell’art. 117 Cost. nel suo nuovo testo.

Ciò parrebbe consentire di sostenere che la materia de qua debba essere ricondotta all’esercizio della potestà legislativa esclusiva delle Regioni, con la conseguenza che tutti i contingentamenti in materia di assunzioni contenuti nelle leggi di spesa dello Stato sarebbero affetti da incostituzionalità e deducibili in sede di conflitto di attribuzione ai sensi dell’art. 127, comma 2 Cost..

Per quanto suggestiva, tale tesi non ha fondamento nell’attuale ordito normativo costituzionale.

Ciò può essere mostrato osservando che il contenimento della spesa corrente sostenuta per effetto del contingentamento del reclutamento di personale della pubblica amministrazione si riflette in modo diretto ed immediato sugli indicatori di virtuosità economico-finanziarî posti a fondamento del sistema monetario connesso ai trattati istitutivi dell’Unione Europea. Il loro presidio, infatti, è la precondizione di fatto e di diritto per garantire il rispetto dei vincoli di finanza pubblica che derivano dall’ordinamento comunitario, a presidio dei quali opera in modo esclusivo lo Stato, mediante l’adozione di leggi in senso formale e sostanziale secondo quanto disposto dall’art. 117, commi 1 e 2, lett. a) Cost..

La disciplina introdotta dall’art. 3, comma 53 e seguenti della legge 24/12/2003 n. 350, del tutto simile nella ratio a quanto previsto dall’art. 34, comma 11 della legge 27/12/2002 n. 289 e dall’art. 19 della legge 28/12/2001, n. 448 è, pertanto, pienamente conforme al dettato della Costituzione, e non esorbita dal sistema della distribuzione delle potestà legislative fra Stato e Regioni.

In tal senso, infatti, depone il dato testuale dell’art. 3, comma 60 della legge 24/12/2003 n. 350, che menziona expressis verbis il “concorso delle autonomie locali al rispetto degli obiettivi di finanza pubblica”.

4. I concetti di dotazione organica e di contingente di personale

Per la miglior comprensione della materia, è indispensabile anteporre alla trattazione dell’argomento che la afferisce almeno due definizioni, la cui portata non può essere trascurata, giacché riguarda proprio i termini del processo di programmazione delle assunzioni e del loro perfezionamento.

Il riferimento, neppure tanto velato, è all’endiadi “dotazione organica” – “contingente”.

Con il primo sintagma, ossia “dotazione organica”, si fa riferimento, da sempre, all’estensione quali-quantitativa del fabbisogno di personale che una data pubblica amministrazione evidenzia in un determinato momento storico e del quale abbisogna per assicurare il conseguimento dei proprî fini istituzionali. Alla “dotazione organica”, in tal modo, è propria una notazione non semplice, ma almeno duplice.

In primo luogo, una connotazione di tipo organizzativo: per consentire uno standard di ottimalità della propria azione, quella data pubblica amministrazione abbisogna di un determinato quantitativo di personale a tempo indeterminato, ossia in essa definitivamente strutturato. In assenza di una dotazione organica adeguata, infatti, l’ente locale non è in grado di precostituire quell’elemento personale della propria azienda, autentica condizione necessaria, ma non sufficiente per pensare di poter disimpegnare l’esercizio efficace ed efficiente delle funzioni amministrative di spettanza.

In secondo luogo, una connotazione tipicamente autorizzatoria: quella data pubblica amministrazione è autorizzata e quindi legittimata a procedere ad assunzioni fino a concorrenza del numero e per la tipologia dei profili contenuti nella propria dotazione organica, che, in questo modo, finisce con l’essere il titolo ed il limite all’incrementazione del proprio quantitativo di dipendenti assunti a tempo indeterminato, ossia del proprio contingente.

La dotazione organica, con queste premesse, enuclea un’evenienza di non trascurabile importanza, in quanto se correttamente intesa, la sua estensione è intimamente ed inscindibilmente connessa con l’effettività dell’azione della pubblica amministrazione in termini di buon andamento dell’azione amministrativa, assicurando, almeno in potenza, l’attualità del valore costituzionale espresso dall’art. 97, comma 3 Cost.

Per contro, con il termine “contingente”, si intende il numero dei dipendenti effettivamente strutturati ed incardinati a tempo indeterminato nell’organizzazione della pubblica amministrazione in un dato momento storico.

Da quanto appena evidenziato si desume súbito che il contingente del personale, in condizioni di normalità, non può eccedere l’estensione quantitativa della dotazione organica, salvo il caso in cui la pubblica amministrazione abbia avviato il procedimento per la dichiarazione di messa in disponibilità di cui all’art. 33 del D.Lgs. 30/3/2001 n. 165.

Con queste premesse, il contingente del personale è il dato presupposto effettivamente suscettibile di valutazione economica, in quanto esso rappresenta il costo effettivo della risorsa di personale in servizio e quindi il termine di raffronto per il giudizio di efficienza ed economicità dell’azione della pubblica amministrazione in quel determinato momento storico.

5.  Gli elementi caratterizzanti dell’art. 3, commi 53 e seguenti della legge 24/12/2003 n. 350

Il regime delineato dall’art. 3, commi 53 e seguenti della legge 24/12/2003 n. 350 per l’anno 2004 è caratterizzato dal concorso di non meno di tre ordini di fattori: una disciplina di blocco delle assunzioni a tempo indeterminato di tipo generalizzato con conseguente congelamento di principio del turn over, una série di eccezioni, nonché l’enucleazione di una gamma di possibilità di procedere ad assunzioni a tempo indeterminato previo superamento della disciplina di blocco transitorio.

Rispetto alla sistematica enucleata dall’art. 34, comma 3 della legge 27/12/2002 n. 289, il regime delle assunzioni per l’esercizio 2004 presenta un’importante differenza di specie.

A differenza di quanto previsto per l’esercizio 2003, infatti, l’art.3, commi 53 e seguenti della legge 24/12/2003 n. 350 non impone agli enti locali territoriali di procedere alla determinazione provvisoria della dotazione organica, con ciò escludendo che essi debbano appiattire il contingente del personale in servizio sulla dotazione organica. Ciò consente a questi ultimi di effettuare gli interventi ritenuti piú opportuni sulla dotazione organica, lasciando inalterata ogni possibilità di manovra in materia, con la conseguenza che le giunte comunali e provinciali, ovvero gli organi di governo degli altri enti di comparto, possono medio tempore ampliarla o restringerla nel modo ritenuto piú confacente ad assicurare il principio di buon andamento delineato dall’art. 97, comma 3 Cost..

6.  Il blocco delle assunzioni a tempo indeterminato

Il regime di blocco delle assunzioni a tempo indeterminato è desumibile per tabulas dall’art. 3, comma 53 della legge 24/12/2003 n. 350, secondo il quale “per l’anno 2004, alle amministrazioni di cui agli articoli 1, comma 2, e 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, è fatto divieto di procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato”.

La compiuta comprensione degli elementi caratterizzanti il blocco delle assunzioni presuppone l’elucidazione di almeno due evenienze ben distinte.

In primo luogo, la rappresentazione della ratio legis della relativa disciplina.

In secondo luogo, l’evidenziazione dell’estensione e dell’intensione della locuzione “blocco delle assunzioni”.

Quanto alla prima evenienza, deve essere osservato che la ratio della disciplina del blocco delle assunzioni e del relativo contingentamento è quella di determinare l’ámbito del concorso delle autonomie locali ai vincoli internazionali di finanza pubblica, ossia al patto di stabilità dell’Italia verso l’Unione Europea.

Da ciò si desume súbito che gli enti locali territoriali destinatarî dei vincoli connessi al blocco delle assunzioni a tempo indeterminato per il 2004 sono solo e soltanto quelli esplicitamente individuati dall’art. 3, comma 60, ossia solo e soltanto le Province ed i Comuni con popolazione superiore ai 5.000 abitanti.

Per gli enti de quibus ciò è vero al punto che il blocco delle assunzioni è totale in presenza dal mancato rispetto per l’esercizio 2003 del patto di stabilità interno. Quanto appena evidenziato si desume dall’art. 3, comma 60 della legge 24/12/2003 n. 350, il quale prevede tranchantemente che “le province e i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti che non abbiano rispettato le regole del patto di stabilità interno per l’anno 2003 non possono procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo, secondo quanto previsto dall’articolo 29, comma 15, della legge 27 dicembre 2002, n. 289”.

Per tutti i restanti soggetti del circúito degli enti locali territoriali non vige alcun blocco delle assunzioni a tempo indeterminato. Al patto di stabilità, infatti, concorrono solo e soltanto, per quel che qui interessa, le Province ed i Comuni con popolazione superiore ai 5.000 abitanti, come si desume per tabulas dall’art. 29, comma 1 della legge 27/12/2002 n. 289.

Quanto alla seconda evenienza, deve essere rammentato che nonostante la sua apparente semplicità, il sintagma “assunzioni a tempo indeterminato” presenta evidenti elementi di opacità referenziale, la cui disambiguazione è possibile solo accostandolo al piú ampio concetto di accesso all’impiego.

Il riferimento, com’è facilmente intuibile, è alla giurisprudenza della Corte costituzionale ormai consolidatasi in materia di accesso all’impiego nei termini indicati dall’art. 97, comma 3 Cost., da ultimo efficacemente delineati dalla sentenza 8/7/2003 n. 274.

L’orientamento della Corte costituzionale è stato ripreso per tabulas dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza 15/10/2003 n. 15403, in cui il giudice di legittimità ha fornito una lettura piú aderente all’assetto dei valori costituzionali del combinato disposto degli artt. 63, comma 1, 35, comma 1 e 52, comma 1 del D.Lgs. 30/3/2001 n. 165, sottraendo alla giurisdizione del giudice ordinario la competenza in materia di miglioramenti di inquadramento professionale, per devolverla alla giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo.

Il termine “assunzione”, secondo i giudici de quibus, deve essere posto in relazione anche all’inquadramento superiore che il candidato (id est: il dipendente) intende conseguire, e non solo all’ingresso iniziale nella dotazione organica, anche e soprattutto in considerazione che il miglioramento dell’inquadramento presuppone proprio un suo ampliamento. L’accesso all’impiego, rispetto al quale l’assunzione a tempo indeterminato rappresenta uno dei mezzi possibili “fa riferimento non solo alle procedure strumentali alla costituzione, per la prima volta, del rapporto di lavoro, ma anche alle prove selettive dirette a permettere l’accesso del personale ad una fascia o area superiore”.

Il termine “assunzione”, pertanto, deve essere posto in relazione sia ai nuovi ingressi alle dipendenze della pubblica amministrazione, sia alle differenti e nuove modificazioni dell’inquadramento dei dipendenti già facenti parte del contingente del personale in organico, giacché entrambi i casi presuppongono nuova assunzione nel senso compiutamente delineato dall’art. 97, comma 3 Cost..

Da quanto appena evidenziato, segue súbito che il blocco delle assunzioni ha ad oggetto sia i nuovi ingressi alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, sia le progressioni di carriera effettuate mediante le selezioni interne previste per le cosiddette “progressioni verticali” di cui all’art. 4 del c.c.n.l. 31/3/1999.

7. Il regime delle deroghe delle assunzioni a tempo indeterminato

Il regime transitorio di blocco delle assunzioni a tempo indeterminato valido per la generalità degli enti locali territoriali è suscettibile di non meno di cinque specifiche deroghe, peraltro operanti solo e soltanto nel caso di avvenuto rispetto del patto di stabilità per l’esercizio 2003, nei modi e nei termini previsti dall’art. 29, commi 1, 4 e 6, della legge 27/12/2002 n. 289, previa esplicita certificazione della relativa situazione di virtuosità, come del resto richiesto dall’art. 3, comma 60, sesta proposizione della legge 24/12/2003 n. 350.

In primo luogo, anche per l’esercizio 2004, infatti, è possibile procedere ad assunzioni a tempo indeterminato per il reclutamento di personale relativo a figure professionali non fungibili la cui consistenza organica non sia superiore all’unità, nonché per il reclutamento di personale appartenente alle categorie protette.

Quanto alla prima evenienza, è bene rammentare che l’infungibilità del personale per il quale è consentita una sola assunzione deve essere riferita allo specifico profilo professionale in concreto, e non genericamente al livello giuridico o economico di inquadramento cosí come desumibile dal singolo contratto collettivo nazionale di comparto.

Quanto appena evidenziato è stato efficacemente sottolineato con la nota circolare del Ministero dell’Interno 4/3/2002 n.1, nella quale è stata fornita una linea interpretativa particolarmente rigorosa, che di per sé vale a precludere atteggiamenti operativi sorretti da fantasiosità ermeneutica.

Le assunzioni relative ai cosiddetti posti unici di organico, pertanto, sono circoscritte a quelle per la quali l’ente, al momento in cui ne programma l’assunzione in deroga, fornisce la dimostrazione della non sostituibilità in relazione alla propria struttura organizzativa. In quest’ottica, pertanto, è di immediata evidenza che la deroga deve essere riferita ai singoli profili professionali e non alla categoria di appartenenza per l’ovvia ragione che quest’ultima può interessare una pluralità di profili professionali possibili.

Quanto alla seconda evenienza, il riferimento è alle categorie protette è compendiato dalla legge 12/3/1999 n. 68 e rinviene la propria giustificazione nella rilevanza sociale che ad essa è connessa.

In secondo luogo, come piú volte cennato di passaggio, l’ordinamento prevede una specifica deroga al blocco delle assunzioni per tutti i Comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti, perché non tenuti a garantire il concorso al patto di stabilità interno di cui all’art. 29 della legge 27/12/2002 n. 289, e quindi ai vincoli di finanza pubblica indicati dall’art. 3, comma 60 della legge 24/12/2003 n. 350. Gli enti de quibus, la cui consistenza di popolazione residente deve essere ragguagliata all’ultimo censimento formalmente approvato, possono, pertanto, procedere ad assunzioni a tempo indeterminato nei soli limiti della proprie effettive capacità di bilancio.

In terzo luogo, un’ulteriore deroga valida per tutti gli enti locali territoriali è rappresentata dalla possibilità di ricorrere alla mobilità disciplinata dall’art. 30 del D.Lgs. 30/3/2001 n. 165. La ratio della deroga è evidente, e non è semplice, ma duplice. In primo luogo, il ricorso alle procedure di mobilità non áltera i termini del disavanzo complessivo a carico della pubblica amministrazione c.d. “allargata”, in quanto si limita a distribuire differentemente il costo dell’assunzione, non creando effettivo aumento di spesa. In secondo luogo, l’aumento del costo a carico dell’ente di nuova incardinazione è giuridicamente indifferente ai fini finanziarî e contabili, posto che il rispetto del patto di stabilità per gli enti locali territoriali è mero onere e non obbligo.

In quarto luogo, una specifica deroga è costituita dalla possibilità di portare a compimento le assunzioni autorizzate dal d.p.c.m. 12/9/2003 non ancóra attualizzate alla data del 31/12/2003. In questo caso, gli enti locali che hanno rideterminato definitivamente la propria dotazione organica possono completare gli iter concorsuali avviati, ovvero avviarli qualora non fatto entro il termine dell’esercizio finanziario 2003. Questa specifica possibilità si desume dal dato testuale ricavabile dall’art. 3, comma 53 della legge 24/12/2003 n.350, il quale facendo salve tali assunzioni “previste ed autorizzate (…) e non ancora effettuate alla data di entrata in vigore della presente legge” non ammette letture restrittive che ne circoscrivano l’operatività alle sole procedure concorsuali avviate alla data del 31/12/2003.

In quinto luogo, sono ammissibili nuove assunzioni connesse al trasferimento di funzioni dallo Stato agli enti locali, purché l’onere economico loro connesso sia finanziariamente coperto dagli appositi trasferimenti compensativi connessi alla mancata assegnazione del personale necessario per il loro disimpegno. La norma è una diretta conseguenza della ridistribuzione delle funzioni amministrative secondo i principî di sussidiarietà verticale ed adeguatezza attuata a partire dalla legge 15/3/1997 n. 59, la cui piena operatività è evidentemente subordinata al concretizzarsi delle relative possibilità operative, rappresentate, per l’appunto, dal trasferimento delle risorse di personale, ovvero dall’equivalente in termini economici.

8.  Il regime delle assunzioni a tempo indeterminato differite

Le deroghe al blocco generalizzato del turn over previsto dall’art. 3, comma 53 della legge 24/12/2003 n. 350 operano fino alla data dell’emanazione della specifica normativa attuativa di rango subprimario.

Di differente contenuto e portata, per contro, è la deroga che si desume dall’art. 3, comma 60 della legge 24/12/2003 n. 350, costruita operativamente sulla riproposizione del sistema di contingentamento delle assunzioni possibili per gli enti locali territoriali che devono concorrere al rispetto del patto di stabilità interno.

Il sistema di contingentamento de quo, piú in dettaglio, ripropone il rinvio ad uno o piú decreti del Presidente del Consiglio dei ministri da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge 24/12/2003 n. 350, previo accordo tra Governo, regioni e autonomie locali da concludere in sede di Conferenza unificata, con cui fissare per le Province e i Comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti che abbiano rispettato le regole del patto di stabilità interno per l’anno 2003, criterî e limiti per le assunzioni a tempo indeterminato per l’anno 2004.

Rispetto all’esercizio 2003, la disciplina prevista dall’art. 3, comma 60 prevede esplicitamente che nel caso di mancata adozione della normativa subprimaria di attuazione entro il 30/6/2004 trovino applicazione i criterî previsti dal d.p.c.m. del 12/9/2003, il quale si configura quale disciplina suppletiva delle relative fattispecie in caso di inerzia governativa.

Ciò rende imprescindibile analizzare i contenuti normativi del d.p.c.m. 12/9/2003 al fine di enucleare l’assetto del regime delle assunzioni possibili nell’esercizio 2004 da parte delle Province, dei Comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti che abbiano rispettato il patto di stabilità interno nel 2003, nonché degli altri soggetti del circúito degli enti locali territoriali esplicitamente menzionati.

Il tutto con l’accortezza che il riferimento ai varî anni di volta in volta in esso menzionati debbono essere aggiornati di un’unità per ragioni logico-sistematiche al fine di poterli compiutamente riferire all’esercizio 2004.

Le assunzioni a tempo indeterminato possibili nel 2004, peraltro, sempre fatto salvo il ricorso alle procedure di mobilità, dovranno essere comunque contenute entro specifici limiti percentuali, che non possono eccedere il 50 % delle cessazioni dal servizio verificatesi nel corso dell'anno 2003 tenuto conto, in relazione alla tipologia di enti, della dimensione demografica, dei profili professionali del personale da assumere, della essenzialità dei servizi da garantire e dell'incidenza delle spese del personale sulle entrate correnti.

La percentuale non può comunque eccedere il 20 % per i Comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti e per le Province che abbiano un rapporto dipendenti-popolazione superiore a quello previsto dall'articolo 119, comma 3, del D.Lgs. 25/2/1995 n. 77, maggiorato del 30 % o la cui percentuale di spesa del personale rispetto alle entrate correnti sia superiore alla media regionale per fasce demografiche omogenee.

Ovviamente i singoli enti locali in caso di assunzioni di personale dovranno autocertificare il rispetto delle disposizioni relative al patto di stabilità interno per l'anno 2003, in modo del tutto analogo a quanto già previsto per il 2002.

Le indicazioni contenute nel d.p.c.m. 12/9/2003 enucleano le varie ipotesi in cui è consentito procedere a nuove assunzioni, differenziandole in funzione della natura dell’ente locale territoriale.

Nell’esercizio 2004 non sembra che si debba procedere a nuove rideterminazioni delle dotazioni organiche, in quanto ciò non è piú previsto dalla normativa di rango primario. Il riferimento alle prescrizioni di cui al d.p.c.m. 12/9/2003, pertanto, operano anche per l’esercizio 2004, fatta eccezione per quanto previsto dal suo art. 1, che tale evenienza menziona specificatamente.

In questo modo, gli enti locali territoriali possono procedere direttamente all’adozione della programmazione triennale delle assunzioni di cui all’art. 91, comma 1 del D.Lgs. 18/8/2000 n. 267, per individuare i termini ed i contingenti delle nuove assunzioni a tempo indeterminato in stretta aderenza con gli strumenti di programmazione finanziaria primaria, ossia con il bilancio di esercizio annuale e pluriennale.

La disciplina delle assunzioni è differenziata in funzione della natura giuridica dell’ente locale territoriale: la disciplina degli artt. 3, 4 e 5 del d.p.c.m. 12/9/2003, infatti, le enuclea in modo differente a seconda che gli enti de quibus siano i Comuni, le Province o le Comunità montane, le Comunità isolane o le Unioni di Comuni.

I macroelementi attorno a cui sono incentrate le differenziazioni all’interno delle varie fattispecie sono stati individuati in attuazione di quanto previsto dall’art. 3, comma 60 della legge 24/12/2003 n. 350, e si esauriscono nella differente articolazione della consistenza demografica di ciascuno degli enti locali sub iudice, nell’incidenza delle spese di personale sul totale delle spese correnti rilevate nel conto consuntivo del 2000 e nella differente rilevanza ascritta ai varî servizî per i quali si intende procedere a nuove assunzioni a tempo indeterminato.

Per quanto attiene ai Comuni, fattispecie normata dall’art. 3 del d.p.c.m. del 12/9/2003, il legislatore subprimario ha individuato tre differenti classi demografiche: Comuni con popolazione fino a 10.000 abitanti, con popolazione compresa fra i 10.001 ed i 65.000 abitanti e con popolazione che eccede i 65.000 abitanti.

Quanto ai Comuni con popolazione che esorbita i 65.000 abitanti, le assunzioni di personale a tempo indeterminato debbono essere contenute entro percentuali non superiori ai limiti della spesa annua lorda corrispondente al 48 % delle cessazioni dal servizio verificatesi nel corso del 2002, ovvero al 20 % nei casi previsti dall'art. 34, comma 11, 4° periodo della legge 27/12/2002 n. 289, procedendo nella scelta della tipologia e della distribuzione di personale da assumere, in relazione a specifici fabbisogni ed esigenze, tenendo conto dei profili professionali del personale da assumere e dell'essenzialità dei servizî da garantire.

Ciò, in buona sostanza, significa che gli enti de quibus, che sono poi i Comuni di maggiore consistenza demografica e quindi con maggiore complessità organizzativa, possono articolare il proprio programma triennale delle assunzioni e quindi attuarlo mediante la bandizione dei relativi concorsi, modulando i regime delle assunzioni in funzione dello specifico fabbisogno dei profili professionali e delle relative categorie in aderenza ai bisogni avvertiti dagli organi di governo.

I limiti quantitativi posti alle assunzioni sono differenziati in funzione del rapporto frazionario fra dipendenti e popolazione residente secondo gli índici enucleati dall’art. 119, comma 3 del D.Lgs. 25/2/1995 n. 77. Il legislatore primario e subprimario hanno mostrato di differenziare la percentuale delle nuove assunzioni in funzione della sottodotazione piuttosto che della sovradotazione di personale rispetto alla popolazione residente, la quale, in quanto stabilmente stanziata sul territorio, è una variabile significativa e quindi piú che ragionevole, della funzionalizzazione della maggiore dotazione di personale al soddisfacimento dei bisogni della collettività e quindi del pubblico interesse.

Per le realtà comunali di massima dimensione, la riduzione al 20% delle assunzioni per l’esercizio 2004 in rapporto alle cessazioni dal servizio avvenute nel 2003 è connessa anche alla quantificazione dell’incidenza della spesa di personale sull’entrata corrente accertata a consuntivo in relazione alle fasce demografiche omogenee di cui all’allegato A) del d.p.c.m. 12/9/2003, con ciò introducendo un delicato problema interpretativo-applicativo connesso all’individuazione dell’annualità alla quale riferire l’individuazione del conto consuntivo a base di calcolo, della cui disambiguazione di dirà in prosieguo, evidenziando fin d’ora che il riferimento corretto è da intendersi all’esercizio 2001 per intuitive ragioni logico-sistematiche.

Piú articolata è la disciplina delle assunzioni per i Comuni con popolazione compresa fra i 10.001 ed i 65.000 abitanti, giacché il loro limite è ottenuto mediante applicazione di coefficienti aggiuntivi ai risultati di calcoli del tutto simili a quelli previsti per i Comuni di maggiore consistenza demografica.

Piú in particolare, l’art. 3, comma 3 del d.p.c.m. 12/9/2003 incrementa al 50% delle cessazioni verificatesi nel 2003 la consistenza delle nuove assunzioni prevedibili nel 2004 e mantiene la riduzione al 20% nel caso in cui il contingente di personale in servizio ecceda gli índici frazionarî previsti dall’art. 119, comma 3 del D.Lgs. 25/2/1995 n. 77, consentendo, peraltro, di modificare in aumento o in diminuzione il numero delle nuove assunzioni mediante l’applicazione di índici di correzione percentuale in funzione di singole fattispecie.

Per queste realtà, il combinato disposto della normativa primaria ed attuativa pone qualche problema di coordinamento e comprensione.

Ciò può essere mostrato osservando che fra gli elementi di calcolo rilevanti in subiecta materia figura per ben due volte il riferimento al conto consuntivo cui riferire specifici índici frazionarî, e che solo in uno dei casi in cui ciò si verifica, il legislatore ha esplicitamente evidenziato il relativo termine di riferimento.

Piú in dettaglio, l’incidenza delle spese di personale sulle entrate correnti viene riferita dall’art. 3, comma 3, lett. b) al conto consuntivo approvato nell’esercizio finanziario 2001, e quindi, presumibilmente, al rendiconto di gestione dell’esercizio 2000, per applicare ad esso ulteriori parametri moltiplicatóri (incidenza uguale o inferiore al 30%: parametro 1,15; incidenza superiore al 30%: parametro 0,85).

Nessun riferimento specifico, per contro, è stato operato dal legislatore primario all’art. 3, comma 60 della legge 24/12/2003 n. 350, laddove la percentuale di assunzioni possibili in relazione all’índice dipendenti-polazione di cui all’art. 119, comma 3 del D.Lgs. 25/2/1995 n. 77 non viene specificatamente agganciata ad alcuna annualità di approvazione del rendiconto di gestione.

A ben vedere, il problema cosí rappresentato altro non è, giacché, propriamente, esso è altro, ossia uno pseudoproblema configurato dall’enucleazione di una linea interpretativa che non tiene conto della necessità di garantire sistematicità e coerenza al relativo modello interpretativo.

Ciò può essere mostrato, osservando che la riduzione del numero delle assunzioni possibili nell’esercizio 2004 accede in via secondaria ad una previa quantificazione principale per la quale l’art. 3, comma 3 del d.p.c.m. 12/9/2003 indica quale riferimento il rendiconto di gestione approvato nell’esercizio 2001. E’, pertanto, evidente che anche la percentuale di incidenza della spesa corrente rispetto alla media regionale per fasce demografiche di cui al suo allegato A) non può che essere riferita a tale anno, ossia al rendiconto di gestione dell’esercizio 2000 approvato nell’esercizio 2001, a pena di consentire l’utilizzazione di dati eterogenei non commensurabili e raffrontabili.

I coefficienti moltiplicatóri sono funzione della consistenza demografica (classe demografica: enti con popolazione fino a 14.999 abitanti: parametro 1,15; enti con popolazione da 15.000 a 24.999 abitanti: parametro 1,05; enti con popolazione da 25.000 a 49.999 abitanti: parametro 1,00; enti con popolazione da 50.000 a 65.000 abitanti: parametro 0,80), del rapporto fra spesa di personale ed entrate correnti nei termini risultanti dal conto consuntivo approvato nel 2001 (inferiore o uguale al 30%, parametro 1,15; superiore al 30%, parametro 0,85), e della tipologia di servizî ai quali le assunzioni sono riferite (servizî sociali, scolastici ed assistenziali: parametro 1,20; servizî tecnici ed ambientali: parametro 1,10; servizî amministrativi, contabili e di vigilanza: parametro 1,00; servizî culturali e sportivi, parametro 0,90; altri servizî, parametro 0,70), il tutto con la precisazione che, ai fini del calcolo per la determinazione delle unità di personale da assumere nell'anno 2004, è consentito agli enti l'arrotondamento per eccesso.

Per i Comuni con popolazione fino a 10.000 abitanti vale la medesima disciplina prevista in termini numerici per i Commini con popolazione compresa fra i 10.001 ed i 65.000 abitanti, con la precisazione che se dai calcoli effettuati in applicazione dell’art. 3, comma 60 della legge 24/12/2003 n. 350 risulta una maggiore quantità di assunzioni rispetto a quanto si ricava applicando i parametri previsti dall’art. 3, comma 3 del d.p.c.m. 12/9/2003, il relativo numero massimo è quello che si desume dalla prima delle due ipotesi.

Per i Comuni, a prescindere dalla consistenza demografica, è infine previsto che, in presenza di un turn over relativo all'anno 2003 pari a zero o ad un’unità, è consentita comunque l'assunzione di una unità di personale.

Per quanto attiene alle Province, valgono condizioni e limiti omogenei a quelli previsti per i Comuni di maggiori dimensioni, con l’avvertenza che i parametri numerici riferiti alle relative voci di raffronto sono mutati, con l’avvertenza che anche per le Amministrazioni provinciali di massima e media dimensione valgono le medesime considerazioni sviluppate in ordine all’individuazione dell’esercizio di approvazione del conto consuntivo cui riferire il rapporto fra spese di personale ed entrate correnti accertate.

Cosí, anche per le Province le nuove assunzioni a tempo indeterminato sono ancorate alle specifiche classi demografiche di appartenenza ed alle tipologie dei servizî ai quali esse sono riferite.

Quanto alle classi demografiche, le Province sono ripartite dall’art. 4 del d.p.c.m. 12/9/2003 nelle fasce di popolazione eccedente i 2.000.000 abitanti, compresa fra i 300.000 ed i 2.000.000 abitanti, e fino a 299.999 abitanti.

In relazione alle Province con popolazione superiore ai 2.000.000 di abitanti, le nuove assunzioni di personale a tempo indeterminato debbono essere contenute entro percentuali non superiori ai limiti della spesa annua lorda corrispondente al 48 % delle cessazioni dal servizio occorse nel 2003 ovvero al 20 % nei casi previsti dall’art. 3, comma 60, ottava proposizione, ossia quando si configura sovradotazione di personale i rapporto agli índici frazionarî esemplificati dall’art. 119, comma 3 del D.Lgs. 25/2/1995 n.77.

Le Province de quibus non sfuggono all’obbligo di procedere alla programmazione triennale dei fabbisogni di personale di cui all'art. 39 della legge 27/12/1997 n. 449, ed in tale sede debbono individuare la tipologia e la distribuzione del personale da assumere, in funzione degli specifici fabbisogni e delle relative esigenze, tenendo conto dei profili professionali del personale da assumere e dell'essenzialità dei servizî da garantire.

Per le Province con popolazione fino ai 2.000.000 di abitanti valgono considerazioni del tutto simili a quelle che presiedono alle nuove assunzioni a tempo indeterminato per le Province di maggiore consistenza demografica, con l’avvertenza che i relativi limiti numerici cosí individuati sono suscettibili di incrementazione o decrementazione in funzione di specifici parametri ancorati alla classe demografica (Province con popolazione fino a 299.999 abitanti: parametro 1,15; Province con popolazione da 300.000 a 499.999 abitanti: parametro 1,05; Province con popolazione da 500.000 a 999.999 abitanti: parametro 1,00; Province con popolazione da 1.000.000 a 2.000.000 abitanti: parametro 0,80), all’incidenza della spesa del personale sulle entrate correnti accertata nell'ultimo consuntivo approvato nel corso del 2001, ossia al rendiconto di gestione dell’esercizio finanziario 2000, (inferiore o uguale al 24%: parametro 1,15; superiore al 24%, parametro 0,85) ed alla tipologia dei servizî (servizî istruzione, formazione e lavoro: parametro 1,20; servizî tecnici ed ambientali: parametro 1,15; servizî di vigilanza: parametro 1,10; servizî culturali e sportivi: parametro 0,85; servizî amministrativi e contabili: parametro 0,90; altri servizî: parametro 0,80). Il tutto con la precisazione che, ai fini del calcolo per la determinazione delle unità di personale da assumere nell'anno 2004, è consentito l'arrotondamento per eccesso.

Le Amministrazioni provinciali de quibus non possono, comunque, assumere a tempo indeterminato un numero di dipendenti superiore al 50 % o al 20 % delle cessazioni dal servizio verificatesi nell'anno 2003 nell’ipotesi in cui versino in una situazione di sovradotazione ai sensi dell’art. 119, comma 3 del D.Lgs. 25/2/1995 n. 77, anche se dal calcolo di cui all’art. 3, comma 60 della legge 24/12/2003 n. 350 risultano percentuali superiori.

Quanto, infine, alle Province con popolazione fino a 299.999 abitanti, fermo restando l'applicazione dei parametri previsti dal comma 3, non operano i limiti di cui al precedente comma 5. Ciò, in buona sostanza significa che se il numero di assunzioni risultante dall’applicazione dei criterî indicati dall’art. 4, comma 3 del d.p.c.m. del 12/8/2003 risulta inferiore alla quantificazione desumibile dall’applicazione dell’art. 3, comma 60 della legge 24/12/2003 n. 350, trova applicazione la disciplina prevista da quest’ultimo.

Anche per le Province il cui turn over relativo all'anno 2003 è pari a zero o ad un'unità, è consentita comunque l'assunzione di una unità.

Quanto alle Unioni di comuni ed alle Comunità montane, ma il richiamo deve essere riferito per ragioni sistematiche anche alle Comunità isolane di cui all’art. 29 del D.Lgs. 18/8/2000 n. 267, le assunzioni a tempo indeterminato per l'anno 2004 sono contingentate entro il limite della spesa lorda sostenuta nel 2003 fino a concorrenza del 50 % delle cessazioni dal servizio.

Gli enti de quibus, che non sono esonerati dalla programmazione triennale del fabbisogno di cui all'art. 39 della legge 27/12/ 1997 n. 449, sono tenuti ad individuare i profili professionali per i quali procedere a nuove assunzioni parametrandoli agli specifici fabbisogni ed alle relative esigenze, sostanzialmente tenendo conto dell'essenzialità dei servizî da garantire.

Quanto alle Unioni di comuni istituite nel corso dell'anno 2003, esse possono procedere a nuove assunzioni nel limite delle dotazioni organiche vigenti alla data del 31/12/2003.

Un’ultima notazione deve essere fatta per le assunzioni disposte dagli enti locali in relazione al trasferimento di funzioni da parte dello Stato.

In questo senso dispone l’art. 6 del d.p.c.m. del 12/9/2003, secondo il quale è consentita l’assunzione di personale a tempo indeterminato in deroga alle disposizioni del d.p.c.m. 12/9/2003 stesso, per un numero di unità pari a quello definito desumibile dai conteggî che esso prevede per le varie tipologie di enti nel caso in cui le previste procedure di mobilità non siano mai state attivate.

In questo caso, peraltro, rimane ferma la disciplina dell’art. 3, comma 60, penultima proposizione della legge 24/12/2003 n. 350, secondo il quale sono sempre consentite le assunzioni connesse al trasferimento di funzioni e competenze, il cui onere risulta finanziariamente coperto da trasferimenti erariali compensativi della mancata assegnazione di personale.

Le conseguenze ulteriori del contingentamento delle assunzioni

La riproposizione del contingentamento delle assunzioni a tempo indeterminato per l’esercizio 2004 ha importanti conseguenze nei confronti di singole e specifiche evenienze.

Cosí, in primo luogo, secondo quanto stabilito dall’art. 3, comma 61 della legge 24/12/2003 n. 350, i termini di validità delle graduatorie per le assunzioni di personale presso le amministrazioni pubbliche che per l’anno 2004 sono soggette a limitazioni delle assunzioni sono prorogati di un anno.

In secondo luogo, come previsto dell’art. 3, comma 63 della legge 24/12/2003 n. 350, sono altresí prorogati di un anno i contratti di assunzione perfezionati in attuazione dell’art. 3 del c.c.n.l. del 14/9/2000, ossia nella forma dei contratti di formazione e lavoro.

Le procedure di conversione dei contratti di formazione e lavoro, peraltro, possono essere disposte solo nel rispetto delle limitazioni previste per le assunzioni a tempo indeterminato. E ciò ben si comprende, giacché la trasformazione del rapporto nella direzione della sua stabilizzazione non può che essere ispirata alla medesima ratio legis che presiede alla disciplina di blocco delle assunzioni con deroghe stabilita per l’esercizio 2004 in via generale.

In terzo luogo, con una norma ispirata a criterî di efficacia ed efficienza particolarmente condivisibili, i Comuni e le Province, nel rispetto delle limitazioni e delle procedure di cui ai commi da 53 a 71 dell’art. 3 della legge 24/12/2003 n. 350 ed in attesa dell’emanazione del regolamento di cui all’articolo 9 della legge 16/1/2003 n. 3, possono effettuare assunzioni anche utilizzando le graduatorie di pubblici concorsi approvate da altre amministrazioni, previo accordo tra le amministrazioni interessate.

Il riferimento d’obbligo, com’è facilmente intuibile, è alle convenzioni stipulabili fra piú enti locali territoriali per l’esercizio associato di funzioni ai sensi del combinato disposto degli artt. 30 e 42, comma 2, lett. c) del D.Lgs. 18/8/2000 n. 267.

Le assunzioni a tempo determinato e le collaborazioni coordinate e continuative

Il quadro delle possibilità di reclutamento di personale da parte dei soggetti del circúito degli enti locali territoriali per l’esercizio 2004 è completato dall’art. 3, comma 65 della legge 24/12/2003 n. 350.

In questo caso, il legislatore prevede una netta distinzione fra i soggetti che, essendovi tenuti, non hanno rispettato il patto di stabilità per l’esercizio 2003 ed i Comuni e le Province virtuose.

Per gli enti locali che hanno rispettato il patto di stabilità per l’esercizio 2003, non vengono frapposti limiti di sorta alla possibilità di perfezionare nel 2004 assunzioni a tempo determinato.

Differente, per contro, è la sorte degli enti locali che nel 2003 non hanno concorso al rispetto ai vincoli di finanza pubblica.

Per questi ultimi, infatti, l’art. 3, comma 65 della legge 24/12/2003 n. 350 rinvia alla disciplina di cui all’art. 29, comma 15 della legge 27/12/2002 n. 289, il quale prevede la preclusione all’assunzione di personale a qualsiasi titolo.

Per gli enti locali territoriali che sono tenuti al rispetto del patto di stabilità e non hanno conseguito il relativo risultato è pertanto consentito procedere solo ricorso al lavoro interinale disciplinato dall’art. 3 del c.c.n.l. del 14/9/2000, che, com’è noto, altro non è se non il reperimento di forza lavoro in attuazione di un contratto di appalto di servizî con una delle imprese a ciò legittimate, con l’aggravio dei costi che da ciò discende.

Una disciplina sostanzialmente identica è prevista per le collaborazioni coordinate e continuative, che, com’è noto, non enucleano rapporti di lavoro subordinato, ma rapporti caratterizzati da ampî margini di autonomia a favore del collaboratore, che assume nei confronti della propria controparte contrattuale obbligazioni non di mezzi, e di risultato.

La previsione della fattispecie in termini espliciti contenuta nell’art. 3, comma 65 della legge 24/12/2003 n. 350 risolve il problema dell’applicabilità alle pubbliche amministrazioni in generale, e quindi anche agli enti locali territoriali, della figura dei contratti a progetto, disciplinati dall’art. 61 del D.Lgs. 10/9/2003 n. 276, evenienza, peraltro, già desumibile dal suo precedente art. 1, comma 2, ed ulteriormente ribadita dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali con la circolare 8/1/2004 n. 1.

Per gli enti locali territoriali che abbiano rispettato il patto di stabilità nell’esercizio 2003, e comunque per quelli che a tale vincolo non sono tenuti, continua ad essere possibile stipulare contratti di collaborazione coordinata e continuativa, essendo loro non riferibile la disciplina piú restrittiva prevista per i contratti a progetto.

Ovviamente, proprio perché assente il vincolo di subordinazione gerarchica con l’ente locale, non è possibile ricorrere alla forma della collaborazione coordinata e continuativa per precostituire rapporti di preposizione a posizioni organizzative ovvero ad ufficî dirigenziali, ossia a tutti quei rapporti che presuppongono, per il disimpegno del relativo incarico, un nesso di immedesimazione organica nell’ente locale, come, del resto, ha avuto modo di evidenziare il Consiglio di Stato con la propria sentenza della sezione V 5/3/2003 n. 1212.

Secondo quanto si desume dall’art. 2095 c.c., infatti, il collaboratore coordinato e continuativo non è dipendente dell’imprenditore, talché non può ricoprire ruoli ed ufficî dirigenziali nell’ámbito dell’impresa.

(*) Segretario generale e Direttore generale del Comune di Muggiò – MI.


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