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Articoli e note

 

MICHELE MIGUIDI

DIRIGENTI A TEMPO DETERMINATO ED ALTE SPECIALIZZAZIONI

TRA IMPARZIALITA' E SPOIL SYSTEM *

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SOMMARIO

1.    Il quadro di riferimento: dirigenti a tempo determinato e nomine fiduciarie.

2.    I dirigenti a tempo determinato.

3.    I presupposti per il ricorso a contratti a tempo determinato: a) la previsione statutaria.

3.1.  Continua: i presupposti per il ricorso a contratti a tempo determinato: b) la vacanza del  posto in organico

3.2.   Continua: i presupposti per il ricorso a contratti a tempo determinato: c) il possesso dei requisiti richiesti dalla qualifica da ricoprire.

4.    L'individuazione del Dirigente tra pubblico concorso e scelta fiduciaria.

5.    Il compenso dei Dirigenti a tempo determinato assunti a copertura di posti vacanti in organico.

6.    I dirigenti a tempo determinato fuori dalla dotazione organica.

7.    L'affidamento di strutture ai Dirigenti a tempo determinato

8.    La scelta dei dirigenti extra dotazione organica

9.    Il trattamento economico dei dirigenti a tempo determinato fuori dotazione organica.

10. Il problema della natura del rapporto dei Dirigenti a tempo determinato, tra subordinazione e incarico intellettuale.

11. I Dirigenti dipendenti di altra pubblica amministrazione

12. Le figure di alta specializzazione dentro e fuori la dotazione organica.

 

 

1.      Il quadro di riferimento: dirigenti a tempo determinato e nomine fiduciarie.

Nel nostro ordinamento vige il principio costituzionale per il quale l'accesso all'impiego presso P.A. deve avvenire di regola tramite pubblico concorso, fatte salve espresse deroghe di legge. L'art. 97, comma 3, della Costituzione prescrive in merito che "agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge".

Negli ultimi anni, tuttavia, e soprattutto a seguito della L. 127/97, sono state introdotte varie deroghe al principio, in particolar modo con riferimento agli enti locali, nei quali (normalmente) il capo dell'amministrazione può nominare, perlopiù "fiduciariamente", il Segretario[1], il Direttore generale, esperti di provata competenza e collaboratori esterni con alta professionalità, addetti agli uffici posti alle dirette dipendenze del Sindaco (o Presidente della provincia), degli assessori, della Giunta e del Consiglio.

Ci si è spostati, in sostanza, verso una concezione privatistica di spoils system (già sperimentata ed ampiamente attuata nelle amministrazioni pubbliche statunitensi), di matrice aziendalistica, senza tuttavia assumerne tutte le peculiarità, tanto che è stato autorevolmente chiarito come, a seguito dell'incardinamento nella funzione, il Dirigente sia soggetto solo al principio di legalità[2], a prescindere dalle modalità di reclutamento[3].

 

2.  I dirigenti a tempo determinato.

L'art. 51, comma 5, della L. 142/90 prevede la possibilità di stabilire nello Statuto che la copertura dei posti di vertice possa avvenire mediante contratto a tempo determinato[4].

La gamma dei soggetti da poter scegliere (alias: "reclutare"), garantendo che la copertura del posto avvenga da parte della persona più adatta[5], è quindi la seguente:

-        "responsabili dei servizi o degli uffici"[6];

-        "qualifiche dirigenziali";

-        qualifiche di "alta specializzazione".

La legge si esprime nel senso che il rapporto da costituire possa essere di diritto pubblico o di diritto privato. La distinzione, tuttavia, è ormai da intendersi implicitamente superata dalle novità introdotte dai D.Lgs. 80/98 e 387/98, che hanno definitivamente privatizzato il rapporto dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni (la cd. seconda privatizzazione)[7].

Tutti i rapporti, quindi, al di là della determinatezza o meno della loro durata, hanno natura civilistica[8], a prescindere se ci si riferisca a personale dirigenziale o non. Anche i Dirigenti, infatti, non sono previsti fra le specifiche e tipiche esclusioni disposte dal D.Lgs. 29/93, sulla base della legge delega 421/92.

Se, come è stato autorevolmente sostenuto[9], si vuole conservare significato alla distinzione fra "diritto pubblico" e "diritto privato", non si deve tanto guardare ad una differente natura giuridica dei rapporti instaurati, ma, piuttosto, alla differenza di trattamento (giuridico ed economico) ed alle peculiari forme di reclutamento[10].

 

3.  I presupposti per il ricorso a contratti a tempo determinato: a) la previsione statutaria.

 

Affinché la P.A. possa reclutare le menzionate figure a tempo determinato è necessaria la presenza di un presupposto oggettivo: la specifica previsione statutaria.

Tale previsione, che fa parte del contenuto facoltativo dello Statuto[11] (l'art. 5, comma 1, dispone infatti che "lo statuto può prevedere ….."), è quindi indispensabile allorché si voglia utilizzare l'istituto.

Basterà, tuttavia, che lo strumento normativo fondamentale dell'Ente preveda (appunto) la possibilità di ricorrere a contratti a tempo determinato, e, tutt'al più, la loro eventuale rinnovabilità ed il contingente massimo ricopribile, mentre ogni altra questione dovrà essere trattata dal regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi (di approvazione giuntale)[12] e/o da specifiche deliberazioni di Giunta, "lasciando ai singoli atti di indizione del concorso la possibilità di contenere ulteriori elementi"[13].

 

4.  Continua: i presupposti per il ricorso a contratti a tempo determinato: b) la vacanza del  posto in organico

Il secondo presupposto, anch'esso di carattere oggettivo, per potersi procedere alla stipula di un contratto Dirigenziale  a tempo determinato (ai sensi del comma 5) consiste nella vacanza del posto in organico[14].

La norma, infatti, parla espressamente della "copertura dei posti dei responsabili dei servizi o degli uffici"[15].

E' questo uno dei motivi che giustificano ancor oggi il differente grado di fonte normativa che disciplina l'ipotesi di incarichi dirigenziali a tempo determinato di cui al comma 5 (dell'art. 51) - lo Statuto -, e quelli previsti dal comma 5-bis  - il Regolamento sull'ordinamento degli Uffici e dei Servizi.

Solo gli incarichi conferiti ai sensi del comma 5, come vedremo, potranno prevedere la contestuale attribuzione della responsabilità di strutture.

 

5.  Continua: i presupposti per il ricorso a contratti a tempo determinato: c) il possesso dei requisiti richiesti dalla qualifica da ricoprire.

Il presupposto soggettivo fondamentale è che il soggetto da nominare sia in possesso dei requisiti richiesti dalla qualifica da ricoprire[16]. E' tuttavia problematico individuare quali debbano essere tali requisiti, e se vi sia identità fra quelli previsti per le nomine di cui al comma 5 e quelle (extra organico) di cui al comma 5-bis.

L'articolo 28 del D.Lgs. 29/1993, come modificato dal D.Lgs. 387/98, disciplina espressamente le modalità ed i requisiti di accesso ai posti di qualifica dirigenziale. Tali requisiti consistono nel possesso del diploma di laurea e, alternativamente, nell'acquisizione di una certa anzianità (con un certo status di qualifica o categoria) di servizio in una P.A. o nel possesso di peculiari requisiti di specializzazione (diploma di specializzazione, dottorato di ricerca, Dirigenza nel settore privato, ecc.).

I descritti presupposti per l'accesso, tuttavia, si riferiscono espressamente alla "qualifica di dirigente di ruolo"; nel caso in esame l'assunzione avviene per la copertura di un posto di ruolo vacante, ma non con assunzione in ruolo[17].

E' allora necessario verificare il contenuto di un'altra disposizione del D.Lgs. 29/93, e più precisamente quella dell'art. 19[18].

La norma, per quel che qui più interessa, prevede la possibilità di conferire gli incarichi dirigenziali con  contratto a tempo determinato[19] a persone di particolare e comprovata qualificazione professionale.

I requisiti soggettivi necessari per dimostrare tale particolare qualificazione professionale sarebbero i seguenti[20]:

a)   aver prestato funzioni dirigenziali per almeno un quinquennio in organismi ed enti pubblici[21] o privati o aziende pubbliche e private;

b)  aver conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria, da pubblicazioni scientifiche o da concrete esperienze di lavoro;

c)   provenire dai settori della ricerca, della docenza universitaria, delle magistrature e dei ruoli degli avvocati e procuratori dello Stato.

Comprendere se i requisiti debbano essere quelli previsti dall'art. 28 o dall'art. 19, non è compito agevole, con riferimento a quei dirigenti che, pur a tempo determinato, vengono assunti (ex art. 51, comma 5, della L. 142/90) per la copertura di posti di ruolo vacanti.

Se l'accesso all'impiego dovrebbe avvenire di regola tramite un sistema procedurale di tipo pubblicistico, è da pensare che in tale ipotesi il quadro degli elementi necessari per l'accesso debba essere lo stesso previsto per le assunzioni a tempo indeterminato. Una deroga (motivata) a tale principio potrebbe essere sviluppata nelle assunzioni dirigenziali nell'ottica "eccezionale" di procedimenti privatistici di selezione ed assunzione. Nonostante, infatti, non vi siano elementi differenziali circa il ruolo da compiere, che è in ogni caso connesso alla copertura di un posto vacante dell'organico, è da ritenere che le peculiarità del sistema di reclutamento contraddistinguano anche i requisiti di accesso[22].

L'art. 19 del D.Lgs. 29/93, si riferisce alle amministrazioni pubbliche, mentre la dottrina prevalente ritiene che le disposizioni ivi contenute non siano immediatamente applicabili agli enti locali. L'art. 27-bis (come introdotto dal D.Lgs. 29/98), tuttavia, dispone che le pubbliche amministrazioni non statali, nell'esercizio della propria potestà statutaria e regolamentare[23], tenendo conto delle relative peculiarità, debbano adeguare i propri ordinamenti ai principi contenuti:

-         nell'art. 3 ("Indirizzo politico-amministrativo. Funzioni e responsabilità")[24];

-         dell'intero capo secondo ("Dirigenza")del titolo secondo ("Organizzazione")[25].

In sostanza, quindi, è necessario che gli enti locali si dotino di propri strumenti normativi[26] per prevedere i requisiti per l'accesso ad incarichi dirigenziali entro la dotazione organica, recependo, con gli opportuni adattamenti, quelli preordinati dall'art. 19 del D.Lgs. 29/93.

Per quanto previsto dall'art. 27-bis del medesimo D.Lgs. 29/1993, le P.A. dovranno trasmettere alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, entro due mesi dall'adozione, le deliberazioni, le disposizioni ed i provvedimenti adottati per disciplinare la materia. La stessa Presidenza ne curerà la raccolta e la pubblicazione.

Va detto che in relazione all'art. 21 del D.Lgs. 29/93, così come formulato prima dell'intervento dei DD.LLgs. 80/98 e 387/98 (e, perlopiù corrispondente all'attuale art. 19), con DPCM 18.10.1994, n. 692, era stato approvato il "regolamento recante norme per la determinazione dei requisiti richiesti ai fini della nomina di esperti a dirigente generale e per il conferimento di incarichi di dirigente generale con contratti di diritto privato".

Tale testo normativo, solo in parte abrogato dal D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80 (cfr. art. 43, nella parte in cui ha abrogato l'art. 2, comma 1, lettere b, d, e), individua i requisiti per la nomina nelle posizioni menzionate e la relativa procedura. Si afferma, per la parte ancora vigente, che possono essere nominate con contratto di diritto privato le persone estranee all'Amministrazione che siano in possesso di un requisito di ordine positivo ed uno di ordine negativo.

Sotto il primo profilo si richiede che il soggetto sia cittadino italiano. Sotto il secondo aspetto, invece, si richiede che la persona da incaricare non rivesta "cariche pubbliche elettive, ovvero cariche in partiti politici o in sindacati" e non abbia "incarichi direttivi o rapporti continuativi di collaborazione o di consulenza con le predette organizzazioni" (le suddette cariche ed incarichi non debbono essere stati assunti nel biennio precedente)[27].

Il DPCM 692/94 prescrive inoltre che la nomina degli esperti ed il conferimento degli incarichi avvenga "previa approfondita istruttoria, volta ad individuare le professionalità meglio rispondenti ai requisiti" di legge. Anzi, allo scopo di garantire massima trasparenza nelle procedure viene sancito che:

-         al decreto di nomina debba essere allegato il curriculum del soggetto prescelto;

-         "tutti gli atti relativi alla procedura di nomina o di conferimento dell'incarico sono accessibili per chiunque".

Gli strumenti normativi di cui si dovranno dotare le P.A. dovranno introdurre disposizioni analoghe[28].

 

6.      L'individuazione del Dirigente tra pubblico concorso e scelta fiduciaria.

Il comma 5 dell'art. 51 nulla dice in merito alle modalità di "scelta" del soggetto da incaricare. Si afferma solamente che la copertura può avvenire mediante contratto di diritto pubblico o, eccezionalmente, di diritto privato.

Come si è già evidenziato, la riforma del pubblico impiego - introdotta dal D.Lgs. 29/93 (cd. prima privatizzazione) e dai DD.LLgs. 80/98 e 387/98 (cd. seconda privatizzazione) - ha eliminato il significato a tale distinzione, se intesa (in senso stretto) in relazione alla natura del rapporto sottostante[29]. Se un significato va conservato[30], si dovrà porre l'attenzione ad una differente tipologia di trattamento giuridico e, soprattutto, ad una distinzione fra diverse metodologie di reclutamento[31].

La norma, quindi, andrebbe letta nel senso che la copertura dei posti tramite affidamento di incarichi a tempo determinato deve avvenire attraverso pubblico concorso. L'unica differenza consisterebbe nella determinatezza del rapporto. Ci si troverebbe, in sostanza, in una situazione analoga a qualsiasi altra assunzione a tempo determinato, con la differenza che per poter procedere in tal senso al reclutamento dei Dirigenti è indispensabile la previsione statutaria[32].

Solo "eccezionalmente" si può derogare a tale principio, utilizzando forme di reclutamento procedimentalmente meno vincolate.[33] L'utilizzo dell'avverbio "eccezionalmente"[34] fa ben comprendere come l'ipotesi debba intendersi percorribile solo in una serie limitata di casi[35].

Un ulteriore elemento di rilievo consiste nella necessità di adottare una deliberazione (di Giunta) debitamente motivata. E' noto come, in realtà, tutti i provvedimenti amministrativi debbano esserlo, in virtù del disposto dell'art. 3 della L. 241/90. Nel caso di specie, tuttavia, non ci si riferisce (solamente) all'indicazione delle ragioni dell'assunzione, ma alla motivazione dell'utilizzo di forme peculiari di reclutamento[36] (e/o trattamento giuridico-retributivo)[37].

 

7.      Il compenso dei Dirigenti a tempo determinato assunti a copertura di posti vacanti in organico.

Valgono anche con riferimento agli emolumenti economici i ragionamenti innanzi proposti in merito ai criteri di reclutamento. Di norma, infatti, lo stipendio dovrà essere parificato a quello del dirigente di ruolo, con conseguente necessità di aggiungere allo stipendio base le indennità di posizione e risultato, in analogia a quanto avverrebbe per qualsiasi altra assunzione a tempo determinato[38]. Così, usualmente, i contratti di lavoro dirigenziale a tempo determinato fanno espresso riferimento al contratto collettivo nazionale di comparto, per la dirigenza.

Anche l'individuazione di un compenso maggiore, quindi, dovrà trovare una precisa motivazione nella deliberazione di Giunta dell'Ente[39].

Si ritiene, comunque, che non possa essere di per sé richiamato, con interpretazione estensiva, il disposto previsto dall'art. 51, comma 5-bis (per i dirigenti extra dotazione organica), nella parte in cui prevede che "il trattamento economico, equivalente a quello previsto dai vigenti contratti collettivi nazionali e decentrati per il personale degli enti locali, può essere integrato, con provvedimento motivato della giunta, da una indennità ad personam, commisurata alla specifica qualificazione professionale e culturale, anche in considerazione della temporaneità del rapporto e delle condizioni di mercato relative alle specifiche competenze professionali".

Va detto, in primo luogo, che per i Dirigenti  a tempo determinato da assumere a copertura di posti vacanti in organico i requisiti di natura professionale e culturale per l'accesso sono di norma i medesimi di quelli per le assunzioni a tempo indeterminato (cfr, tuttavia, il par. 5.3.2.). E' da ritenersi, in secondo luogo, che il riferimento alla "temporaneità del rapporto" sia da interpretarsi con riguardo alla precarietà dello stesso, visto che la durata del rapporto per i dirigenti fuori dotazione è strettamente legata a quella del mandato del Sindaco o del Presidente della Provincia, e che "il contratto a tempo determinato è risolto di diritto nel caso in cui l’ente locale dichiari il dissesto o venga a trovarsi nelle situazioni strutturalmente deficitarie di cui all’articolo 45 del decreto legislativo 30.12.1992, n. 504, e successive modificazioni" (comma 5-bis, ultima parte).

Va quindi conclusivamente affermato che compensi maggiorativi (rectius: indennità ad personam) potranno essere inseriti solo eccezionalmente (e motivatamente), allorché la funzione richiesta al personale assunto a termine si discosti da quella ordinariamente prevista per la posizione da ricoprire[40].

 

8.  I dirigenti a tempo determinato fuori dalla dotazione organica.

L'art. 6, comma 4, della L. 15 maggio 1997, n. 127, ha di seguito introdotto all'art. 51 il comma 5-bis, disposizione che solo in parte si sovrappone alla precedente.

Si è infatti prescritto che con il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi (la cui approvazione, si ricorda, è di competenza giuntale) vengano stabiliti i limiti, i criteri e le modalità "con cui possono essere stipulati, al di fuori della dotazione organica[41], contratti a tempo determinato per i dirigenti e le alte specializzazioni", anche in tal caso nel rispetto dei requisiti richiesti per la qualifica da ricoprire.

Il contingente massimo dei posti così ricopribili, per gli enti con personale di qualifica dirigenziale,  è  pari al 5% del totale della dotazione organica della dirigenza e dell'area direttiva, con eventuale arrotondamento per eccesso all'unità.

Negli enti locali ove non è prevista la dirigenza, il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi stabilisce parimenti la possibilità di ricorrere a contratti a tempo determinato per i dirigenti, alte specializzazioni o funzionari dell'area direttiva, purché tali professionalità siano assenti all'interno dell'ente. In tal caso il limite è quello del 5% della dotazione organica dell'ente, o, nel caso in cui la dotazione non giunga alle venti unità, per almeno un soggetto.

Questa tipologia di contratti, essendo legata a scelte fiduciarie[42], vede la propria durata legata al mandato elettivo del Sindaco o del Presidente della Provincia.

 

9.      L'affidamento di strutture ai Dirigenti a tempo determinato

L'art. 51, comma 5-bis, fa riferimento generico a Dirigenti ed alte specializzazioni. Nell'immediatezza[43] della L. 15.5.1997, n. 127, già era stata avanzata l'opinione (ANCI - Dipartimento Ordinamento e Personale),  per la quale la responsabilità di uffici e servizi potesse essere attribuita solo ai Dirigenti incardinati ai sensi dell'art. 51, comma 5, mentre a quelli nominati fiduciariamente, al di fuori della pianta organica, ai sensi del comma 5-bis, potessero essere affidate con l'incarico competenze e funzioni precise all'interno di un settore, servizio o ufficio, senza che gli stessi potessero assumere la responsabilità.

Il Ministero[44] ha aggiunto che alle figure dirigenziali e di alta specializzazione di cui al comma 5-bis, potessero essere attribuite funzioni, "scorporandole" da quelle conferite ai Dirigenti titolari delle strutture organizzative.

Il nuovo strumento, quindi, va inteso in senso restrittivo[45]. Mentre il presupposto per le assunzioni ai sensi del comma 5, infatti, è la carenza del posto in organico, tanto che la norma parla espressamente della sua "copertura", il comma 5-bis si riferisce invece ad assunzioni motivate da esigenze di alta professionalità non coincidenti con i responsabili di servizio. Tanto che il Ministero dell'Interno [46]  ha affermato che di fatto è venuto meno per i dipendenti degli enti locali il cd. ius ad ufficium, "che correlava strettamente l'essere vincitore di concorso per un determinato posto, con l'incardinamento" nella pianta organica come detentore dello stesso.

Va anche detto, però, che le Amministrazioni locali hanno assunto una vasta discrezionalità in materia di dotazione organica (risultando ormai scalzato quello più rigido di pianta organica)[47]. Si pensi al comma 01 dell'art. 51 della L. 142/90, come introdotto dalla L. 265/99 (cd. riforma Napolitano-Vigneri), nella parte in cui prevede che "i comuni, le province e gli altri enti locali territoriali, nel rispetto dei principi fissati dalla presente legge, provvedono alla determinazione delle proprie dotazioni organiche, nonché all'organizzazione e gestione del personale nell'ambito della propria autonomia normativa e organizzativa, con i soli limiti derivanti dalle proprie capacità di bilancio e dalle esigenze di esercizio delle funzioni, dei servizi e dei compiti loro attribuiti".

Un così vasto estendersi della potestà di autonormazione ed autorganizzazione può consentire agli enti locali di scorporare e riaccorpare le strutture a proprio piacimento; da ciò ne consegue la possibilità di creare nuovi posti di organico da ricoprire ai sensi dell'art. 51, comma 5, anziché ai sensi del comma 5-bis.

 

10.  La scelta dei dirigenti extra dotazione organica

Il comma 5-bis consente ai Sindaci e Presidenti delle Provincie di affidare incarichi fiduciari a soggetti assunti "al di fuori delle norme di accesso al pubblico impiego"[48].

I criteri di selezione dei soggetti a cui affidare gli incarichi dovranno essere stabiliti dal regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi. "Criteri e modalità" dovranno essere mirati al riconoscimento della massima professionalità, analogamente a quanto prevede l'art. 51, comma 6, e comunque muoversi nell'ambito già delineato dall'art. 19, comma 6, del D.Lgs. 29/93. Quindi, come si è già detto per gli incarichi entro la dotazione organica,  i requisiti soggettivi necessari per dimostrare tale particolare qualificazione professionale dovranno essere conformi ai seguenti[49]:

a)     aver prestato funzioni dirigenziali per almeno un quinquennio in organismi ed enti pubblici[50] o privati o aziende pubbliche e private;

b)     aver conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria, da pubblicazioni scientifiche o da concrete esperienze di lavoro;

c)     provenire dai settori della ricerca, della docenza universitaria, delle magistrature e dei ruoli degli avvocati e procuratori dello Stato.

Aldilà delle possibili distorsioni, tali da far temere nomine clientelari[51] basate sul più basso servilismo, pare potersi affermare comunque che la scelta rimane del "capo" dell'Amministrazione (Sindaco o Presidente della Provincia). Il tentativo, infatti, è quello di mediare principi di scelta esclusivamente fiduciaria, di tipo aziendale[52] (ampiamente sperimentati nel sistema anglosassone), con lo spirito dell'accesso mediante pubbliche selezioni, solo limitando percentualmente la prima opzione.

Molte amministrazioni, quindi, prima della scelta, hanno attuato procedure selettive pubbliche (anche se, in verità, raramente i provvedimenti di nomina hanno dato conto di una scelta comparativa[53]).

 

11.  Il trattamento economico dei dirigenti a tempo determinato fuori dotazione organica.

Sulla scorta dell'esperienza americana di spoils system, si è detto, la durata del contratto è pari a quella del mandato elettivo (del Sindaco o del Presidente della Provincia). Pertanto, non solo il rapporto è a tempo determinato, ma lo stesso potrebbe anche durare per un tempo inferiore a quello del preventivato mandato, a seguito della cessazione dello stesso (è, in un certo qual modo, "precario").

Per compensare tale aspetto, il trattamento economico, pari a quello previsto dai contratti collettivi generali e decentrati per la qualifica corrispondente, può essere integrato da una indennità ad personam, "commisurata alla specifica qualificazione professionale e culturale, anche in considerazione della temporaneità del rapporto e delle condizioni di mercato relative alle specifiche competenze professionali".

Mentre la nomina è di competenza del Sindaco o del Presidente della Provincia, la determinazione dell'indennità personale fa capo alla Giunta. Si tratta, tuttavia, di una discrezionalità vincolata dai parametri indicati (specifica qualificazione culturale e professionale, condizioni di mercato, ecc.) e da esercitare secondo principi di logica ed equità.

Anzi, viene anche previsto che il trattamento economico e l'eventuale indennità ad personam siano definiti in stretta correlazione con il bilancio dell'ente[54], senza però far carico sui fondi finalizzati a sopportare il costo del personale e  l'applicazione del contratto.

Va infine osservato come, allorché la scelta del Dirigente sia effettuata a seguito di procedura selettiva, sarebbe opportuno che la quantificazione dell'indennità venisse predeterminata anteriormente (o contestualmente) alla pubblicizzazione della selezione, nonostante l'utilizzo del riferimento personalistico (ad personam), così da garantire imparzialità e correttezza.

 

12.  Il problema della natura del rapporto dei Dirigenti a tempo determinato, tra subordinazione e incarico intellettuale.

E' complesso individuare quale debba essere la natura giuridica del rapporto intercorrente tra la P.A. ed il Dirigente assunto a tempo determinato.  In via generale, l'art. 2095 del c.c. distingue i prestatori di lavoro subordinato in dirigenti, quadri, impiegati ed operai, senza porre distinzione fra rapporto a tempo determinato o indeterminato.

L'assunzione di Dirigenti a copertura di posti vacanti in organico, sia pure con costituzione di un rapporto a tempo determinato, quindi, dovrebbe essere intesa in relazione ad un rapporto caratterizzato da vincolo di subordinazione[55].

Più problematico, invece, è comprendere se anche i rapporti dirigenziali fuori dotazione organica debbano essere contraddistinti dalla subordinazione, o se invece vadano regolati dalle disposizioni concernenti gli incarichi professionali (artt. 2222 ss; spec. 2229 ss.)[56].

Come si è visto, dal punto di vista della individuazione del compenso, anche il comma 5-bis (dell'art. 51) fa riferimento ai "vigenti contratti collettivi nazionali e decentrati per il personale degli enti locali"[57]. L'elemento, tuttavia, non è di per sé determinante, poiché a tale trattamento "base" può essere aggiunta una "indennità ad personam, commisurata alla specifica qualificazione professionale e culturale, anche in considerazione della temporaneità del rapporto e delle condizioni di mercato relative alle specifiche competenze professionali".

Lo specifico riferimento alle "condizioni di mercato", sembrerebbe far propendere per la natura di incarico professionale, ad una risorsa (umana) ricercata nel mercato e con le regole del mercato. Peraltro, né il CCNL per la Dirigenza, del 1996, né la preintesa siglata il 15.10.1999 concernente la stipulazione del CCNL per gli anni 1999/2001, prevede assunzioni dirigenziali a tempo determinato[58].

Si ritiene che la soluzione non possa essere data univocamente, per la generalità dei casi. Di volta in volta, infatti, la P.A. instaurerà dei rapporti che, a seconda della esigenze dell'ente ed alla natura delle prestazioni, assumeranno via via natura subordinata, parasubordinata o autonoma[59].

 

13.  I Dirigenti dipendenti di altra pubblica amministrazione

La L. 127/97 (all'art. 6, comma 5) ha previsto l'ipotesi in cui il Dirigente individuato sia dipendente di altra Pubblica Amministrazione. In particolare l'aspetto è stato trattato dal punto di vista della permanenza o meno del rapporto di subordinazione.

Si è detto, in particolare, che il rapporto deve intendersi risolto di diritto dalla data di decorrenza del contratto stipulato ai sensi dell'art. 51, comma 5-bis (introdotto dal comma 4 della medesima L. 127/97: cd. Bassanini-due).

Tenuto conto della precarietà del rapporto, tuttavia, il legislatore ha posto una garanzia . L'amministrazione di provenienza, infatti, "dispone" la riassunzione (si tratta di nuova assunzione, appunto, in quanto il precedente rapporto è stato risolto di diritto) del dipendente, allorché sussistano determinati presupposti.

Un primo presupposto  per la riassunzione consiste nella vacanza del posto lasciato libero o, nel caso in cui sia stato nel frattempo altrimenti coperto, il posto divenga vacante in un momento successivo. Secondo presupposto è la richiesta del soggetto interessato (ex dipendente). Questa deve essere avanzata entro trenta giorni dalla cessazione del rapporto a tempo determinato o dalla sopravvenuta disponibilità del posto in organico.

Si è posta tuttavia la questione su come debba essere interpretata la disposizione introdotta dalla L. 127/97, o se addirittura essa debba intendersi implicitamente abrogata da successivi interventi del legislatore[60].

In primo luogo va osservato che la legge 191/98 (la cd. "Bassanini-ter")  ha introdotto (all'art. 6, commi 6 ed 8) disposizioni che disciplinano in maniera diversa situazioni analoghe.

In particolare, è stato disposto che la "riammissione in servizio" dei dipendenti pubblici dimessisi per accedere a cariche elettive a causa di situazioni di ineleggibilità dichiarate incostituzionali con sentenza della Corte costituzionale n. 388 del 9-17 ottobre 1991, comporta che "nel periodo intercorrente tra la data delle dimissioni e la data di riammissione in servizio, i dipendenti pubblici stessi sono considerati ad ogni effetto di legge in aspettativa senza assegni". La norma, tuttavia, ha il sapore di una interpretazione autentica della prima parte del comma 6 dell'art. 6 della L. 127/97, ove è utilizzato il termine "riammissione in servizio" e non "riassunzione"[61].

Inoltre, in relazione alla possibilità di prevedere (con il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi) uffici alle dirette dipendenze del "sindaco, del presidente della Provincia, della giunta o degli assessori", anche tramite "collaboratori (esterni) assunti con contratto a tempo determinato" (art. 51, comma 7, della L. 142/90, come modificato ed integrato dalle LL. 127/97 e 191/98), è stato disposto che qualora i soggetti incaricati siano dipendenti da un'altra P.A., "sono collocati in aspettativa senza assegni".

Le norme evidenziate, tuttavia, non possono ritenersi abrogative della disposizione connessa agli incarichi di cui al comma 5-bis (anche se possono avere, come approfondiremo, valenza interpretativa).

Va evidenziato, in secondo luogo, come anche il D.Lgs. 80/98, sia intervenuto con disposizioni che considerano questioni simili in modo diverso. L'art. 19 del D.Lgs. 29/93 (come, appunto, modificato dal D.Lgs. 80/98), infatti, ha previsto, sempre con riferimento agli incarichi dirigenziali a tempo determinato, che "per il periodo di durata del contratto, i dipendenti di pubbliche amministrazioni sono collocati in aspettativa senza assegni, con riconoscimento dell'anzianità di servizio".

Si ritiene, tuttavia, che la disposizione di cui al comma 5-bis dell'art. 51, abbia carattere di specialità, e che quindi non possa considerarsi implicitamente abrogata. Tutt'al piò, si può interpretarla nel senso di una garanzia per il dipendente verso l'amministrazione a cui "apparteneva", la quale avrà l'obbligo, i presenza dei descritti presupposti, di riassumere il dipendente.

 

14.  Le figure di alta specializzazione dentro e fuori la dotazione organica.

L'articolo 51, comma 5, prevede la possibilità (su previsione statutaria) di coprire posti vacanti di "qualifiche di alta specializzazione", mediante contratto a tempo determinato.

Il comma 5-bis, invece, rispettivamente rivolgendosi agli enti dotati di figure dirigenziali ed a quelli che ne sono sprovvisti, prevede  la possibilità di stipulare contratti a tempo determinato per "le alte specializzazioni" e per i "funzionari dell'area direttiva".

Le previsioni dei commi 5 e 5-bis non sono perfettamente coincidenti. Se da un lato, infatti, ci si rivolge a qualifiche di alta specializzazione il cui posto sia vacante[62], e quindi a figure tipiche dell'apparato dell'ente (in genere a funzionari che funzionalmente prestano mansioni di elevato grado specialistico), dall'altro si fa riferimento a figure di alta specializzazione non incardinate nell'ente, ma, anzi, ad esso estranee (fuori dotazione, appunto)[63].

In merito alle figure (e qualifiche) di alta specializzazione, è stata posta la questione circa i requisiti per l'accesso[64]. La questione è stata risolta dando ampio margine di autonomia a ciascuna amministrazione, che potrà, se il caso, prescindere anche dal titolo di studio, guardando piuttosto all'acquisizione di particolare professionalità nel mondo privato. Verso questa interpretazione militerebbero:

-  la non perfetta corrispondenza fra particolare specializzazione e possesso di titolo di studio universitario;

-  il contenuto del nuovo ordinamento professionale (del 31 marzo 1999), ove si precisa che l'attribuzione delle posizioni organizzative richiedono "lo svolgimento di attività con contenuto di alta professionalità e specializzazione", ma solo in corrispondenza di "diplomi di laurea e/o di scuole universitarie (…)";

-   il contenuto del D.M. 19 maggio 1973, di interpretazione ed attuazione dell'art. 34 della L. 300/70, per il quale per "la categoria di alta specializzazione" si prescinde dalle procedure di avviamento dagli iscritti nelle liste di collocamento.

E' bene osservare, tuttavia, che anche se l'ente può avere vasta discrezionalità, essa è da esercitare in primis nella predisposizione dei criteri preventivi di scelta nel regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi.


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* Il presente studio è la rielaborazione di una parte di un volume in corso di pubblicazione.

[1] Ora la scelta avviene in modo pressoché libero, nell'ambito dei soggetti iscritti in apposito albo, fra gli aventi titolo; l'accesso all'albo avviene tramite corso-concorso; in fase di prima attuazione l'iscrizione è avvenuta di diritto per i segretari di ruolo e per i vicesegretari con una certa anzianità.

[2] Cfr. art. 51, comma 4, L. 142/1990: "i dirigenti sono direttamente responsabili, in relazione agli obiettivi dell'ente, della correttezza amministrativa e dell'efficienza della gestione".

[3] RUCCO G., L'organizzazione degli uffici e dei servizi e la gestione del personale, in AA.VV., Il personale degli enti locali dopo la Bassanini bis, Ancitel - D'Anselmi ed. - Hoepli, Roma, 1997, 21.

[4] Gli incarichi dirigenziali e, in generale, di responsabilità (ivi compresi quelli attinenti alle figure organizzative del nuovo ordinamento professionale), sono a tempo determinato; la differenza è che ivi è solo l'incarico di attribuzione di determinati servizi che è a tempo determinato; nel contratti di cui è specie, invece, al cessare del periodo previsto cessa anche il rapporto di lavoro.

[5] TAR Lombardia, Milano, 20 giugno 1996, n. 826, in TAR, 1996, 3099.

[6] Cfr. sentenza TAR Lombardia, sez. III, 23 settembre 1998, n. 2174, in Comuni d'Italia, 1999, 769 s., con la quale si è sostenuta la legittimità della copertura di un posto di responsabile di servizio privo di qualifica dirigenziale di un piccolo comune con un contratto a tempo determinato. Per una analisi dettagliata del contenuto dello Statuto: STADERINI F., Diritto degli enti locali, Cedam, Padova, 1999, 179 s.

[7] BARUSSO E., Selezione e carriera del personale, Giuffrè, Cosa & Come, Milano, 1999, 242.

[8] Cfr. VIPIANA P., in AA.VV., Commento alla legge sulle autonomie locali, UTET, Torino, 1993, vol. II, 700, che, prima della privatizzazione del pubblico impiego, dava come fondamentale distinzione fra le due tipologie di rapporto la differente giurisdizione (ordinaria per i contratti di diritto privato; amministrativa per gli incarichi di diritto pubblico).

[9] RUCCO G., L'organizzazione degli uffici e dei servizi e la gestione del personale, in AA.VV., Il personale degli enti locali dopo la Bassanini bis, Ancitel - D'Anselmi ed. - Hoepli, Roma, 1997, 18.

[10] Cfr. VIPIANA P., in AA.VV., Commento alla legge sulle autonomie locali, UTET, Torino, 1993, vol. II, 700, ove si individuava, come elemento di distinzione, l'applicazione ai soli contratti "di diritto privato" degli artt. 2222 ss., in materia di contratti d'opera (e nella specie, di prestazioni intellettuali). Si ritiene, tuttavia, che tale elemento non sia automatico, ma semmai eccezionale. Di norma, infatti, anche le assunzioni a tempo determinato dovranno avvenire secondo un normale rapporto di subordinazione.

[11] In generale, sulla distinzione tra contenuto obbligatorio e facoltativo dello statuto, cfr. STADERINI F., Diritto degli enti locali, Cedam, Padova, 1998, 175 ss.

[12] Il comma 5 dell'art. 51, in verità, nulla dispone in merito. Tuttavia, essendo molti i nodi critici da sciogliere, circa i presupposti soggettivi per l'accesso, i criteri di reclutamento (tramite selezione o nomine fiduciarie) e la quantificazione del compenso, sembrano necessarie precise disposizioni regolamentari, analogamente a quanto avviene per le nomine extra dotazione organica (che, come vedremo, non necessitano di previsione statutaria).

[13] VIPIANA P., in AA.VV., Commento alla legge sulle autonomie locali, UTET, Torino, 1993, vol. II, 701; cfr anche VIRGA P., L'amministrazione locale, Giuffrè, Milano, 1991, 178.

[14] T.A.R. Friuli V.G. 5 gennaio 1996, n. 3, in T.A.R. 1996,I, 905: "L'art. 51 comma  5  L. 8 giugno  1990  n. 142, che consente ai comuni l'assunzione  di dirigenti con contratti di diritto privato, richiede come necessario presupposto per la sua applicazione la sussistenza di posti vacanti in senso formale e non di mero fatto".

[15] Con riferimento ad incarichi di Dirigenza Generale presso i ministeri,  cfr. Corte Conti sez. contr., 26 marzo 1997, n. 55, in  Riv. Corte conti, 1997, II, 10: "L'art. 21  del   D.Lgs. n. 29 del  1993  [a seguito delle modifiche apportate dal D.Lgs. 80/98, contenuto corrispondente è ora rinvenibile nell'art. 19] prevede,  per la  nomina  dei dirigenti  generali, il  rispetto dei limiti delle disponibilità dei posti  in organico, sia con riferimento ai funzionari con rapporto di servizio di diritto pubblico a tempo indeterminato sia in relazione a eventuali  nomine a  tempo  determinato con contratti di  diritto privato; pertanto non e' conforme a legge la nomina di un professore universitario a dirigente generale    tecnico   del   Ministero dell'ambiente, per  un  periodo  limitato e  con contratto di diritto privato, qualora  l'organico del  Ministero  non preveda il relativo posto di funzione".

[16] I requisiti sono di vario ordine: requisiti di capacità generale (o di accesso), di moralità e di preparazione o specializzazione professionale. L'analisi che segue descrive le problematiche connesse all'individuazione di questi ultimi. Fra i requisiti per l'accesso, comunque, vi sono: cittadinanza italiana, godimento dei diritti politici, assenza di precedenti destituzioni, assenza di condanne per alcuni reati, ecc.

[17] Termine con il quale, in senso lato, ci si riferisce alla copertura di posti in organico con assunzioni a tempo indeterminato.

[18] Ivi, in generale, si prevede che per il conferimento di incarichi dirigenziali (sempre a tempo determinato) o per il passaggio a funzioni diverse è necessario tener conto dei programmi da realizzare e delle attitudini e capacità professionali dei singoli dirigenti, anche in relazione ai risultati ottenuti in precedenza. Andrà normalmente applicato il principio della rotazione fra gli incarichi, visto che alla dirigenza pubblica non è applicabile l'art. 2103 del c.c., per il quale "il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto".

[19] Entro il limite del 5 per cento dei dirigenti appartenenti alla prima fascia del ruolo unico e del 5 per cento di quelli appartenenti alla seconda fascia.

[20] Si noti come il requisito della laurea divenga implicitamente essenziale nella maggior parte delle ipotesi, essendo presupposto per l'acquisizione delle esperienze comprovanti la particolare qualificazione professionale.

[21] Per il periodo di durata del contratto, i dipendenti di pubbliche amministrazioni che non recedano dal rapporto sono collocati in aspettativa senza assegni, con riconoscimento dell'anzianità di servizio.

 

[22] A tale impostazione possono contrapporsi due diverse posizioni. Per una prima  concezione, i requisiti professionali e culturali per l'accesso andranno rinvenuti esclusivamente nell'art. 19 del D.Lgs. 29/93, recepito ed attuato con gli strumenti normativi di ciascuna amministrazione, in  quanto entrambe le ipotesi previste dall'art. 51, comma 5, della L. 142/90, ovvero assunzioni con "rapporto" di diritto pubblico o privato, prevedono il reclutamento di soggetti "non di ruolo". Secondo una seconda posizione, invece, ad entrambe le figure andrà applicato l'art. 28, in quanto il riferimento è quello alla copertura di un posto di ruolo vacante, e non alla durata del rapporto (a tempo determinato o indeterminato).

[23] Per le Regioni si fa espresso riferimento anche alla potestà legislativa.

[24] L'art. 3 del D.Lgs. 29/93, come modificato dal D.Lgs. 80/98, sotto la rubrica "Indirizzo politico-amministrativo. Funzioni e responsabilità" dispone:"1. Gli organi di governo esercitano le funzioni di indirizzo politico-amministrativo, definendo gli obiettivi ed i programmi da attuare ed adottando gli altri atti rientranti nello svolgimento di tali funzioni, e verificano la rispondenza dei risultati dell'attività amministrativa e della gestione agli indirizzi impartiti. Ad essi spettano, in particolare: a) le decisioni in materia di atti normativi e l'adozione dei relativi atti di indirizzo interpretativo ed applicativo; b) la definizione di obiettivi, priorità, piani, programmi e direttive generali per l'azione amministrativa e per la gestione; c) la individuazione delle risorse umane, materiali ed economico-finanziarie da destinare alle diverse finalità e la loro ripartizione tra gli uffici di livello dirigenziale generale; d) la definizione dei criteri generali in materia di ausili finanziari a terzi e di determinazione di tariffe, canoni e analoghi oneri a carico di terzi; e) le nomine, designazioni ed atti analoghi ad essi attribuiti da specifiche disposizioni; f) le richieste di pareri alle autorità amministrative indipendenti ed al Consiglio di Stato; g) gli altri atti indicati dal presente decreto.

2. Ai dirigenti spetta l'adozione degli atti e provvedimenti amministrativi, compresi tutti gli atti che impegnano l'amministrazione verso l'esterno, nonché la gestione finanziaria, tecnica e amministrativa mediante autonomi poteri di spesa, di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo. Essi sono responsabili in via esclusiva dell'attività amministrativa, della gestione e dei relativi risultati.

3. Le attribuzioni dei dirigenti indicate dal comma 2 possono essere derogate soltanto espressamente e ad opera di specifiche disposizioni legislative.

4. Le amministrazioni pubbliche, i cui organi di vertice non siano direttamente o indirettamente espressione di rappresentanza politica, adeguano i propri ordinamenti al principio della distinzione tra indirizzo e controllo, da un lato, e attuazione e gestione dall'altro".

L'art. 45, comma 1, dispone altresì che "a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, le disposizioni previgenti che conferiscono agli organi di governo l'adozione di atti di gestione e di atti o provvedimenti amministrativi di cui all'articolo 3, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, si intendono nel senso che la relativa competenza spetta ai dirigenti".

[25] Capo nel quale è inserito l'art. 19.

[26] Si tratta, in particolare, del regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi, la cui approvazione è di competenza della Giunta, sulla base degli indirizzi del Consiglio, e conformemente alle disposizioni statutarie.

[27] Nella versione originaria, ed in parte abrogata dal D.Lgs. 80/98, venivano riuniti requisiti di capacità, requisiti morali e requisiti di professionalità.

[28] Cfr. VIPIANA P., in AA.VV., Commento alla legge sulle autonomie locali, UTET, Torino, 1993, vol. II, 701: "si dovrebbe infine sancire, già in sede statutaria, che non possono essere assunti coi contratti di cui all'art. 51, comma 5, L. n. 142, ad esempio i parenti o gli affini dei membri della Giunta comunale/provinciale in carica".

[29] Mentre la distinzione poteva aver senso per il legislatore del 1990, che, tra l'altro, distinguendo in pubblicistica e privatistica la natura dei rapporti, distingueva anche fra giurisdizione amministrativa ed ordinaria.

[30] Si ricordi incidentalmente che l'art. 1, comma 3, della L. 142/90, dispone: "ai sensi dell'articolo 128 della Costituzione, le leggi della Repubblica non possono introdurre deroghe ai principi della presente legge se non mediante espressa modificazione delle sue disposizioni". Non potendosi quindi affermare una abrogazione implicita (la qual cosa è da affermarsi non solo alla luce di tale disposizione, che si riferisce ai principi contenuti nella legge, ma anche alle ripetute modifiche apportate a cura delle LL. 127/97, 191/98, e 265/99, e che non hanno ritenuto di toccare la disposizione in esame: questo si, certo indizio della volontà del legislatore), va evidenziato come, comunque, nessuna delle molte riforme che sono intervenute sul testo base abbia modificato espressamente la distinzione fra le due tipologie (pubblica e privata) di contratto, o soppresso quella pubblicistica.

[31] RUCCO G., L'organizzazione degli uffici e dei servizi e la gestione del personale, in AA.VV., Il personale degli enti locali dopo la Bassanini bis, Ancitel - D'Anselmi ed. - Hoepli, Roma, 1997, 18.

[32] Contra. T.A.R. Umbria 6 febbraio 1995, n. 19, in  Foro amm. 1995,1685: "Nel  vigente  sistema normativo (art. 19, D.Lgs. 3 febbraio 1993 n. 29 come sostituito dall'art. 11, D.Lgs. 23 dicembre 1993 n. 546; art. 51, l. 8 giugno 1990 n. 142; art. 15, reg. di organizzazione degli uffici e dei  servizi  provinciali;  l. 25  marzo 1993 n. 81) la potestà di nomina   dei  dirigenti  provinciali  trova  ragione  in un  rapporto fiduciario e si qualifica nella essenziale revocabilità della nomina stessa, una volta che venga meno l'intuitus personae; pertanto deve escludersi  la  configurabilità di una valutazione comparativa delle posizioni degli  aspiranti  all'incarico  dirigenziale ai  fini della relativa scelta".

[33] Cfr. VIPIANA P., in AA.VV., Commento alla legge sulle autonomie locali, UTET, Torino, 1993, 700; ivi, tuttavia, ci si riferisce più generalmente alle forme di contrattazione.

[34] Cfr. T.A.R. Lazio sez. II, 16 maggio 1997, n. 927, in Riv. personale ente locale 1997, 495: "Il quadro normativo che disciplina il conferimento degli incarichi di direzione dei dipartimenti e delle unità organizzative nei comuni prevede anche profili di fiduciarietà, desumibili non  tanto dall'attribuzione del potere di conferimento del sindaco, quanto dalla temporaneità degli incarichi, non potendo la loro durata eccedere il mandato del sindaco in carica al momento dell'assegnazione. Da ciò non discende comunque che il sindaco sia completamente libero nella scelta, dovendo "di regola" riferirsi ai dirigenti provenienti dalle carriere comunali e potendo attingere all'esterno, motivando  congruamente a riguardo, solo nel caso in cui le  particolari  professionalità ed esperienze richieste non siano riscontrabili nel personale già in servizio nell'amministrazione stessa".

[35] L'art. 51, comma 6, ultima parte, prescrive che l'attribuzione degli incarichi dirigenziali possa "prescindere dalla precedente assegnazione di funzioni di direzione a seguito di concorsi"

[36] Cfr. Corte Conti, sez. con. Enti, 12 febbraio 1992, n. 5, in Riv. Corte conti 1992, II, 22: "La  facoltà  riconosciuta all'ICE  di assumere a tempo determinato - con contratto di diritto  privato  non  eccedente il  quinquennio - dirigenti  con specifiche professionalità  e  personale  ad elevata tecnicità, postula  che  le assunzioni stesse non vengano effettuate episodicamente e che siano prioritariamente definite le particolari professionalità di cui l'ente  abbisogna,  nonché  i criteri  che devono presiedere alla scelta".

[37] BARUSSO E., Dirigenti e responsabili di servizio, Giuffrè, Cosa & Come, Milano, II ed., 1999, 324.

[38] L'art. 16, comma 5, del CCNL 1994/1997  per il personale (di qualifica non dirigenziale), prevede espressamente che "al personale assunto a tempo determinato si applica il trattamento economico e normativo previsto (…) per il personale assunto a tempo indeterminato, compatibilmente con la natura del contratto a termine". Analoga previsione non è stata inserita nel CCNL del 1996 per il personale di qualifica dirigenziale.

[39] Cfr. VIPIANA P., in AA.VV., Commento alla legge sulle autonomie locali, UTET, Torino, 1993, 700: "la retribuzione (…) dovrebbe essere uguale a quella spettante ai dirigenti o impiegati di ruolo nelle medesime qualifiche, e ciò sia nei contratti di diritto pubblico, sia - nel limite del possibile - in quelli di diritto privato, al fine di escludere mortificazioni del personale dipendente". va osservato, per la verità, che il ragionamento proposto (mutuato da CENTONZE G.R., Attribuzioni …., 89) si muove più nell'ambito dell'opportunità che in quello dell'analisi giuridica.

[40] Cfr. RUCCO G., L'organizzazione degli uffici e dei servizi e la gestione del personale dei comuni, in AA.VV., Il personale degli enti locali dopo la Bassanini-bis, Ancitel - D'Anselmi Ed., Hoepli, Roma, 1997, 19, che sottolinea come in assenza dell'attribuzione di funzioni che "si discostino da quella ordinariamente prevista per la posizione da ricoprire (…) non sembrano sussistere condizioni che giustifichino l'attribuzione di trattamenti economici e/o normativi significativamente diversi da quelli corrisposti al restante personale".

[41] La possibilità di fuoriuscire dalla dotazione organica è stata prevista per la prima volta dalla finanziaria per il 1996.

[42] E, talvolta, "clientelari".

[43] Nel mese di giugno 1997.

[44] Circolare 15.7.1997, n. 1/97.

[45] In senso parzialmente difforme: OLIVERI L., La nuova burocrazia degli enti locali dopo la legge Bassanini due, Ica editrice, Trento, 1997, 21 ss. e 153.

[46] Circolare 15.7.1997, n. 1/97.

[47] Si pensi al nuovo concetto introdotto nel mondo dell'amministrazione scolastica di "dotazione funzionale".

[48] OLIVERI L., La nuova burocrazia degli enti locali dopo la legge "Bassanini due", cit., 1997, 21.

[49] Su apposita previsione regolamentare, tenendo conto delle specifiche peculiarità dell'ente.

[50] Per il periodo di durata del contratto, i dipendenti di pubbliche amministrazioni che non recedano dal rapporto sono collocati in aspettativa senza assegni, con riconoscimento dell'anzianità di servizio.

[51] Cfr. VIPIANA P., in AA.VV., Commento alla legge sulle autonomie locali, UTET, Torino, 1993, 699: "ratio di tali norme è consentire flessibilità, ma sussiste il rischio che esse si applichino in modo generalizzato e soprattutto distorto, cioè a scopo di clientelismo politico".

[52] Anche nel sistema aziendale, tuttavia, la scelta degli amministratori delle s.p.a. quotate in borsa deve essere improntata (non solo  per legge di mercato ma anche per disposizione del codice di autodisciplina) al risultato: cfr. RIPA G., Amministratori obbligati al risultato, in Italia Oggi, 8 ottobre 1999, 29.

[53] Cfr. sul punto MECONI L.,  Il GIP di Casale Monferrato decreta il rinvio a giudizio di un sindaco per abuso d’ufficio nella “scelta” del segretario comunale. “Scelte” e “incarichi” “ad libitum” sotto processo?, ottobre 1999, in giust.it. Ivi si commenta una recente ordinanza di rinvio a giudizio del GIP di Casale Monferrato (in data 5 ottobre 1999), connessa alla nomina di Segretario comunale senza particolare motivazione (ma, comunque, avvenuta a seguito di formale selezione). Si sottolinea, in particolare, come la vicenda possa avere vaste ripercussioni, poiché in Italia è invalsa la prassi di Sindaci di affidare la direzione di uffici a dirigenti esterni, conferendo gli incarichi a dirigenti interni (con aumento dello stipendio annuo da 10 a 70 milioni!) e affidando gli incarichi per posizioni organizzative (con aumenti di stipendio annuo da 15 a 31 milioni!). In Giurisprudenza, se da un canto troviamo pronunce che si schierano contro le cd. "anomale selezioni" (Cass. 6024/99), dall'altro ve ne sono altre che consentono di derogare ai principi in materia di pubblici concorsi relativamente alla scelta dei Segretari ed agli incarichi ai Dirigenti (TAR Lombardia sent. 1804/99; cfr. anche Corte Cost., 1/99). Fra queste due posizioni, comunque (tornando alle parole dell'articolo citato)viene costantemente confermato in giurisprudenza che "le motivazioni generiche sono come se non ci fossero (C.d.S. 112/99, che sanziona generiche valutazioni di “curricula”)".

[54] In verità, il trattamento economico di base deve essere equivalente a quello "previsto dai vigenti contratti collettivi nazionali e decentrati per il personale degli enti locali". Pertanto, nel caso in cui nemmeno questo sia sopportabile dal bilancio, sarà necessario rinunciare allo strumento dell'incarico.

[55] Cfr., tuttavia, VIPIANA P., in AA.VV., Commento alla legge sulle autonomie locali, UTET, Torino, 1993, vol. II, 700, ove si individuava, come elemento di distinzione, l'applicazione ai soli contratti "di diritto privato" degli artt. 2222 ss., in materia di contratti d'opera (e nella specie, di prestazioni intellettuali).

[56] Da ciò potrebbe tra l'altro conseguirne anche l'applicabilità (sia pure parziale) o meno delle disposizioni di cui alla L. 230/1962, pur considerando che la sua applicazione nel settore del pubblico impiego, ed in particolare con riferimento ai Dirigenti, deve intendersi come residuale, in carenza di altre disposizioni di legge o di contratto (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 29.5.1995, n. 514).

[57] Così, il Ministero dell'Interno - Direzione Generale dell'Amministrazione Civile, n. 1/97, prot. 16100/AS.5/2142 del 15 luglio 1997 - ha affermato che "lo status giuridico di questi soggetti" debba intendersi "del tutto equiparabile a quello del personale degli enti locali con contratto a tempo determinato, con conseguente applicabilità di tutte quelle norme di salvaguardia e tutela previste sia dalla vigente legislazione, che dalla contrattazione collettiva".

[58] L'art. 1, comma 1, della preintesa, siglata il 15 ottobre 1999, dispone: "Il presente contratto collettivo nazionale si applica a tutto il personale con qualifica di dirigente dipendente dalle amministrazioni del comparto di cui all'art. 5 del DPCM 30 dicembre 1993, n. 593, con rapporto di lavoro a tempo indeterminato".

[59] Maggiore chiarezza si ha nell'art. 51, comma 7, in merito agli uffici di supporto degli organi di governo (Sindaco, Presidente della Provincia, Assessori e Giunta). Ivi, infatti, si dispone che anche i "collaboratori (esterni) … con contratto a tempo determinato" sono assunti "con contratto di lavoro subordinato", con applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro del personale degli enti locali.

[60] CICCIA A., Incarichi a rischio per impiegati p.a., in Italia Oggi, 18 settembre 1998, 38.

[61] In ogni caso, il legislatore potrebbe aver voluto considerare in modo diverso la situazione, in quanto connessa all'esercizio del diritto di elettorato.

[62] Tanto che da più parti si è sostenuto che la disposizione si rivolga a figure rinvenibili nell'ex carriera direttiva dell'Ente (o comunque dell'ex 8° qualifica funzionale, ora cat. D/3: cfr MAZZITELLI D., Consulenti,  nota successiva).

[63] Cfr. MAZZITELLI D., Consulenti e responsabili separati, in Italia Oggi, 18 settembre 1998, 38.

[64] BARUSSO E., Dirigenti e responsabili di servizio, Giuffrè, coll. Cosa & Come, Milano, 1999, 334 ss.


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