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Articoli e note

n. 7-8/2007 - © copyright

ROBERTO MERLO

I poteri di controllo sostitutivo del difensore
civico regionale disciplinati dall’art. 136 t.u.e.l.

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Pare opportuno richiamare, succintamente, alcune delle argomentazioni che militano a favore della tesi della legittimità di applicazione, da parte del difensore civico regionale, dei poteri di controllo sostitutivo disciplinati dall’art. 136 del d. lgs. 18 agosto 2000, n. 267, in caso di omissione di atti obbligatori per legge da parte degli enti locali [1].

Per il menzionato art. 136, invero, si è posto il problema della sua sussistenza dopo la riforma del titolo V della Costituzione, che ha affermato, con l’art. 114 nel testo modificato dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, una sostanziale equiordinazione fra la pluralità di enti in cui si articola la repubblica, dando luogo a un nuovo assetto costituzionale che, determinando nuovi rapporti fra gli enti, non è senza conseguenze anche sull’esercizio del potere sostitutivo.

Alla luce di tale nuovo ordinamento, il Giudice delle leggi, nel dichiarare la incostituzionalità di alcune discipline regionali del potere sostitutivo (in quanto non esercitato da organi di governo regionali e in quanto non rispettoso dei limiti fissati dal legislatore a tutela dell’autonomia costituzionalmente garantita degli enti locali [2]) – ed enunciando, al riguardo, molteplici criteri da osservare da parte della legge regionale (si vedano le sentenze Corte Cost. n. 338/1989, n. 177/1988, n. 460/1989, n. 342/1994, n. 313/2003) - non ha mai nulla osservato, direttamente o indirettamente, sulla vigenza del ripetuto art. 136 T.U.E.L., affermando, anzi, in più di un’occasione, che la previsione del potere sostitutivo straordinario previsto in capo al Governo dall’art. 120 della Cost. non esaurisce tutte le possibili ipotesi di esercizio di poteri sostitutivi, disciplinati dallo Stato o dalle Regioni, secondo le rispettive competenze.

Orbene, se ai sensi dell’art. 117, 2° comma, Cost., lo Stato ha competenza legislativa esclusiva nelle materie, fra l’altro, di cui alla lett. p), riguardanti la legislazione elettorale, gli organi di governo e “ le funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane ”, è palese che lo Stato, con l’art. 136 T.U.E.L., abbia inteso disciplinare il potere sostitutivo nei confronti degli enti locali che ritardino od omettano di compiere atti obbligatori per legge, avvalendosi della figura del difensore civico regionale.

Detta disciplina, peraltro, appare in sé compiuta, in quanto la funzione sostitutiva può essere esercitata dopo che l’ente sia stato invitato a provvedere entro un congruo termine (il che, nella specie, avviene di regola), nel rispetto, quindi, di quelle garanzie procedimentali ispirate ai principî di sussidiarietà e di leale collaborazione che costituiscono la salvaguardia dell’autonomia dell’ente locale (cfr. ord. Corte Cost. n. 53/2003).

Se, d’altro canto, si disputa della sussistenza della norma in questione, altrettanto dovrebbe forse dubitarsi dell’art. 1, comma 1-bis, del decreto legge 30 dicembre 2004, n. 314, convertito dalla legge 1° marzo 2005, n. 26, che, in materia di approvazione del bilancio di previsione degli enti locali, ha attribuito al Prefetto il particolare potere sostitutivo ivi previsto, ove lo statuto dell’ente locale nulla abbia autonomamente disposto al riguardo [3].

Per quanto concerne, pertanto, le materie riservate al legislatore statale, le norme innanzi citate non sembrano porsi in contrasto con il nuovo assetto ordinamentale previsto dalla modifica del titolo V della Costituzione, mentre il riferimento operato dalla Consulta a un organo di governo regionale cui demandare gli interventi sostitutivi non può che riguardare, eventualmente, e a tutto concedere, le materie di competenza regionale.

In ogni caso, ove vi fosse in effetti l’esigenza di adeguare l’attuale regime legislativo in materia di esercizio di potere sostitutivo nei confronti dell’ente locale, detta esigenza non potrebbe che essere soddisfatta da un esplicito intervento del legislatore statale, anche al fine di stabilire più dettagliate e uniformi modalità sul territorio nazionale.

D’altronde, anche ove si accedesse alla tesi dell’incompatibilità diretta dell’art. 136 con l’autonomia riconosciuta agli enti locali dalla Costituzione, nell’interpretazione data dalla Corte, osserva il Carli (proprio con riferimento al ridetto art. 136), che “ l’art. 27 della legge n. 87 del 1953 consente solo di estendere la dichiarazione di illegittimità costituzionale ad altre disposizioni dello stesso ordinamento, statale o regionale, per la necessaria tutela del principio del contraddittorio. Ne restano fuori, quindi, la possibilità di estendere la dichiarazione di incostituzionalità, come nel caso in esame, da disposizione regionale a disposizione statale (e viceversa), e identica impossibilità sussiste per l’estensione della illegittimità costituzionale della disposizione di una regione alla disposizione identica di altra regione [4]. ”

Da ultimo, non è senza rilevo considerare che la giurisprudenza si è costantemente pronunciata per la legittimità di applicazione dell’art. 136 (cfr. Cons. St., V, sentt. n. 1797 [5] del 2007 e 5706 del 2006; si veda anche Cons. St., IV, sent. n. 6292 del 2001).

 

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[1] L’art. 136 T.U.E.L. dispone che “Qualora gli enti locali, sebbene invitati a provvedere entro congruo termine, ritardino o omettano di compiere atti obbligatori per legge, si provvede a mezzo di commissario ad acta nominato dal difensore civico regionale, ove costituito, ovvero dal comitato regionale di controllo. Il commissario ad acta provvede entro sessanta giorni dal conferimento dell’incarico”.

[2] Corte costituzionale, sent. n. 167/2005, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 1 della Legge della Regione Abruzzo 23 gennaio 2004, n. 4. La Consulta, con sent. n. 112/2004, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale anche dell’art. 10 della legge della Regione Marche 24 luglio 2002, n. 10, e, con sent. n. 173/2004, dell’art. 1, comma 1, della legge della Regione Toscana 27 settembre 2002, n. 35, nella parte in cui sostituisce l’art. 3, comma 1, della legge regionale n. 2 del 2002; e dell’art. 1, comma 3, della medesima legge della Regione Toscana n. 35 del 2002, che sostituisce l’art. 5, comma 5, della legge regionale n. 2 del 2002.

[3] Potere sostitutivo confermato, per l’anno 2006, dall’art. 1, comma 156, della legge 23 dicembre 2005, n. 266.

[4] CARLI M., Potere sostitutivo. Difensore civico e certezza del diritto, in Giustizia amministrativa, 5/2004, 856 ss.

[5] Così, la 5^ sezione del Consiglio di Stato, con sentenza n. 1797 del 2007, in questa Rivista, pag. http://www.lexitalia.it/p/71/cds5_2007-04-19-8.htm nel dichiarare l’inammissibilità dell’appello proposto dall’Agenzia autonoma per la gestione dell’Albo dei segretari comunali e provinciali per la riforma della sentenza del T.A.R. Campania - Sede di Napoli, I, n. 20696 del 2005, ha osservato, con obiter dictum, che il fatto “che il sindaco non provveda alla nomina del segretario è pertanto presupposto per l’esercizio del potere sostitutivo della regione, non certo dell’Agenzia, stante la diversità delle funzioni che si assumono omesse. ” Corre l’obbligo di rilevare, nella specie, come il T.A.R. avesse annullato il decreto del Difensore civico presso la Regione Campania di nomina di un Commissario ad acta che, in luogo del Sindaco, provvedesse alla individuazione e nomina del segretario comunale titolare del Comune di Calvi, per aver ritenuto che la nomina del segretario comunale non fosse soggetta a interferenze, in quanto esclusiva del sindaco e strettamente connessa alla sua durata.


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