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n. 3/2008 - © copyright

GIACINTO LOMBARDI
(Professore a contratto nell’Università di Ferrara)

Sindacato sulla discrezionalità tecnica e valutazioni delle
prove concorsuali: l’eventuale ruolo dei pareri
pro-veritate

(nota a T.A.R. Campania - Napoli, Sez. VIII, sent. 20 febbraio 2008, n. 867)

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                1) La sentenza quì oggetto d‘esame si presenta di particolare interesse, in quanto il Giudice amministrativo ha provveduto a dichiarare illegittime e, quindi, ad annullare le valutazioni poste in essere dalla Commissione esaminatrice per gli esami di abilitazione alla professione forense.

                Il caso posto all’esame del Giudice amministrativo riguardava un candidato che in due delle tre prove concorsuali aveva ricevuto una valutazione di punti ventinove su cinquanta, quindi, appena non sufficiente visto che l’ammissione alla prova orale si conseguiva con punti trenta su cinquanta.

                Il Giudice, richiamati orientamenti giurisprudenziali oramai consolidati, ha provveduto a ritenere illogica e carente la motivazione del giudizio espresso dalla Commissione esaminatrice sia in forza del lievissimo scarto dal raggiungimento della soglia di sufficienza (trenta) sia in ragione delle “perentorie ed argomentate osservazioni” rese da un qualificato esperto in un parere pro veritate depositato dal candidato escluso.

                In buona sostanza, proprio il pro veritate reso da un qualificato esperto della materia ha ‘convinto’ il Giudice della illegittimità dell’operato della Commissione.

                Proprio detta ultima conclusione non convince in modo pieno.

                2) Come ben noto, in subiecta materia, l’Amministrazione esprime una valutazione degli elaborati dei candidati all’esame di abilitazione forense connotata da discrezionalità tecnica (1); discrezionalità tecnica che risulta sindacabile esclusivamente innanzi a situazioni limite in cui l’Amministrazione incorra in una valutazione marcatamente illogica ovvero irragionevole.

                Non a caso, la costante giurisprudenza amministrativa ritiene che “la valutazione delle prove d’esame da parte delle commissioni esaminatrici di concorsi pubblici è espressione dell’ampia discrezionalità tecnica di cui esse dispongono nello stabilire l’idoneità tecnico culturale dei candidati” specificando che “detto esercizio è ritenuto sindacabile soltanto sotto il profilo dell’eccesso di potere per illogicità manifesta, travisamento dei fatti e palese disparità di trattamento (2).

                Da detta conclusione è scaturito che “il voto numerico attribuito dalle competenti commissioni alle prove esprime e sintetizza il giudizio tecnico discrezionale della commissione stessa, contenendo in sé la sua stessa motivazione senza ulteriori spiegazioni e chiarimenti”(3).

                Lo stato dell’elaborazione giurisprudenziale è, quindi, chiaro: il giudizio espresso dalla Commissione esaminatrice si configura quale espressione di discrezionalità tecnica non sindacale dal Giudice della legittimità se non per vizi macroscopici di irragionevolezza o di illogicità ictu oculi rilevabili (4).

                Ciò ovviamente significa che il Giudice Amministrativo assai raramente può giungere alla declaratoria di illegittimità delle valutazioni delle prove concorsuali, a meno di un evidente e macroscopico disvalore fra il giudizio espresso dalla commissione esaminatrice e la lettura degli elaborati dei candidati.

                E’ bene ricordare che l’irragionevolezza, quale vizio di legittimità porta a considerare illegittima una decisione amministrativa, è tale “if it is so unreasonable that no reasonable pubblic body could have made it” (5).

                E’ del tutto evidente che sola la presenza di un marcato ed evidente iato fra la valutazione posta in essere dalla commissione esaminatrice (voto numerico) e gli elaborati possono condurre il Giudice a sindacare la valutazione tecnica; diversamente il Giudice violerebbe il merito amministrativo rimesso alla esclusiva competenza dell’organo della P.A. preposto (6).

                Con un tale quadro di riferimento, non meraviglia affatto che in ben poche occasioni il Giudice Amministrativo sia giunto ad invalidare per illogicità manifesta i giudizi posti in essere dalle Commissioni esaminatrici (7).

                Non meraviglia, altresì, la assoluta riottanza con cui la giurisprudenza ha inteso valutare quelle produzioni documentali delle parti tese a sostenere l’illogicità ed irragionevolezza delle valutazioni poste in essere dalle commissioni concorsuali attraverso la produzione di pareri pro veritate resi da esperti della materia (docenti universitari, magistrati o professionisti). Infatti, ammettere un pro veritate può comportare il rischio di sovrapporre alle determinazioni rese dalla Commissione quelle di un soggetto terzo, l’esperto. In tale denegata ipotesi, si lederebbe -evidentemente- un ambito riservato alla esclusiva competenza dell’amministrazione e ciò a meno della ipotesi residuale del macroscopico errore logico (8).

                Detto orientamento deve ritenersi allo stato dominante.

                In vero, in quelle poche pronunce in cui il Giudice Amministrativo ha ritenuto astrattamente utilizzabile un parere pro veritate prodotto dai candidati, nella valutazione e decisione del caso concreto il parere prodotto non è stato -successivamente- affatto valutato visto che “la soluzione ritenuta corretta dalla Commissione esaminatrice non era affetta da un grave errore di diritto” (9).

                3) La sentenza quì commentata, si pone come un primo caso ‘eclatante’ in cui il Giudice di legittimità -proprio sulla base delle “perentorie ed argomentate osservazioni rese in un parere pro veritate” prodotto da un candidato, osservazioni che hanno reso “evidente l’illogicità metodologica e l’insufficienza motivazione della valutazione operata dalla commissione”-, giunge ad affermare l’illegittimità del giudizio posto in essere dalla Commissione esaminatrice.

                Detta conclusione non può essere condivisa per molteplici ragioni.

                Come sopra rilevato il Giudice amministrativo nel sindacare il giudizio posto in essere dalla Commissione esaminatrice -giudizio espressione di discrezionalità tecnica- può accertare l’illegittimità della valutazione solo innanzi ad una irragionevolezza manifesta ovvero ad un macroscopico errore logico o di diritto.

                Va’ sottolineato che dette gravi carenze della valutazione posta in essere dall’organo esaminatore devono essere individuabili ictu oculi, ovvero in modo così evidente e lampante da non costringere il Giudice a ripetere l’intero percorso valutativo posto in essere dall’organo tecnico. Le gravi carenze devono venire in luce in modo così evidente da risultare chiaramente percepibili da un soggetto terzo -quale è il Giudice di legittimità- senza che questi sia ‘costretto’ a ripercorrere l’intero iter decisionale già espletato dall’Amministrazione.

                Orbene, nel caso deciso dal TAR Campania, da quanto si legge nella motivazione della sentenza, proprio la lettura delle “osservazioni perentorie ed argomentate” espresse nel parere pro veritate ha indotto il Giudice a ritenere viziata la valutazione della Commissione. Appare palese che il vizio riscontrato non era individuabile ictu oculi. Tale dato chiarisce che il percorso decisionale effettuato dal Giudice di legittimità campano appare non coerente con l’attuale stato della elaborazione giurisprudenziale.

                In sostanza, il Giudice solo innanzi ad una valutazione di merito posta in essere da un soggetto esperto ha ritenuto opinabile il giudizio espresso dalla Commissione. Dalla lettura della sentenza non traspare, quindi, che il Giudice abbia rilevato quel macroscopico errore logico ovvero quella evidente irragionevolezza, percepibile ictu oculi, che legittima l’intervento demolitorio del giudice di legittimità.

                Conseguentemente, non risulta condivisibile il modus argomentandi della sentenza in commento. Qui, difatti, il Giudice non ha rilevato immediatamente e motu proprio la macroscopica illogicità percepita in modo lampante ma solo dopo aver tenuto conto delle valutazioni tecniche espresse da un esperto nel parere pro veritate ha ritenuto viziata la valutazione amministrativa.

                Le ultime riflessioni poste, inoltre, inducono a ritenere che il Giudice sembrerebbe anche aver provveduto ad una vera e propria sostituzione (rectius: sovrapposizione) delle determinazioni adottate dall’amministrazione rispetto a quelle rese da un soggetto terzo.

                Tale dato non è -evidentemente- condivisibile inquanto detta operazione logica non è consentita al giudice della legittimità (10); in siffatto procedere il Giudice ha invaso il nucleo più riservato del merito valutativo (11), ambito questo attribuito alla esclusiva ponderazione dell’Amministrazione.

                E’ del tutto logico e conseguente che se il difetto della motivazione deve possedere i connotati della marcata illogicità o irragionevolezza, l’utilizzo di un atto- quale un parere pro veritate- che per sua definizione si pone quale espressione di valutazioni tecniche complesse e non certo ascrivibili alle comuni conoscenze, si pone come azione di indagine giudiziale incoerente rispetto al parametro di riscontro del vizio di illegittimità. Infatti, se tale vizio deve essere evidente e individuabile dal Giudice ictu oculi a cosa serve un parere pro veritate che -di certo- evidenzia ‘raffinate’ questioni giuridiche? Se il giudizio della commissione è affetto da una illogicità manifesta tale parere pro veritate si caratterizza -quanto meno- per essere uno strumento eccessivo data l’evidenza del vizio; ove, invece, l’illogicità denunciata non appaia manifesta ictu oculi si pone quale atto inutilizzabile per l’indagine del Giudice.

                Probabilmente hanno influito sulla decisione qui in commento valutazioni proprie di ‘giustizia equitativa’ (12) influenzate -di certo, come dichiarato nella motivazione delle sentenza- anche dalla valutazione appena non sufficiente posta dalla Commissione. Ma se tali valutazioni di ‘giustizia equitativa’ possono essere ritenute in parte condivisibili innanzi alla particolarità e peculiarità del caso concreto posto all’attenzione del Giudice, non condivisibile appare l’iter argomentativo e logico che ha condotto il Collegio alla declaratoria di illegittimità. Infatti, in tal modo si è avuta una vera e propria ‘sostituzione’ delle valutazioni discrezionali tecniche a prescindere da qualsivoglia dichiarata ed accertata macroscopia illogicità o irragionevolezza.

                4) Una ultima riflessione va’ posta circa l’inopportunità dell’utilizzo di pareri pro veritate nel sindacato giurisdizionale di legittimità su valutazioni tecniche poste dall’amministrazione.

                Come ben noto, quando un candidato impugna una valutazione non sufficiente espressa dalla Commissione esaminatrice su una propria prova d’esame, può chiedere al Giudice amministrativo (petitum sostanziale) il solo annullamento della valutazione insufficiente posta dall’Amministrazione. Egli non può -di contro- chiedere che sia il Giudice stesso a ritenere sufficiente l’elaborato di cui si discute. Infatti, ove il ricorso venga accolto il Giudice non emette con sentenza un giudizio favorevole circa la valutazione della prova (in tal caso si avrebbe un evidente lesione delle attribuzioni proprie del potere amministrativo) ma, annullata la valutazione precedente, rimette ad altra Commissione l’elaborato in contestazione per una nuova valutazione tecnica.

                In tal senso, anche la sentenza in commento, proceduto all’annullamento del giudizio insufficiente, ha rimesso gli elaborati ad altra commissione d’esame per una nuova espressione di giudizio.

                L’utilizzo di un parere pro veritate da parte del Giudice che annulla una valutazione di una prova d‘esame può realisticamente influire sulla piena ed assoluta indipendenza di giudizio e condizionare, quindi, la nuova valutazione che altra commissione esaminatrice dovrà espletare sugli elaborati oggetto di contestazione.

                Infatti, è del tutto evidente che la nuova commissione esaminatrice assai difficilmente potrà riesaminare le prove concorsuali con la dovuta indipendenza di giudizio se alla base dell’annullamento della precedente valutazione vi è un articolato ed argomentato parere pro veritate sulla cui base il Giudice ha deciso di provvedere all’annullamento; è scontato che il parere avrà definito l’elaborato -di certo- pienamente sufficiente.

                Non è un caso che, in quelle rarissime occasioni in cui il Giudice di legittimità ha provveduto ad annullare le valutazioni della Commissione esaminatrice ed agli atti di causa era versato un parere pro veritate, si è ben premurato di chiarire che la “Sottocommissione diversa da quella alla quale si devono i giudizi contestati, proceda alla loro revisione con piena ed assoluta indipendenza di giudizio e senza condizionamenti derivanti dai pregressi ed annullati punteggi e/o dal parere pro veritate depositato dalla ricorrente” (13). Tali affermazioni, pienamente condivisibili, sono però di dubbio effetto.

                E’ vero che -normalmente- la nuova commissione procede alla rivalutazione degli elaborati dopo che questi sono stati resi nuovamente anonimi ma è altrettanto vero che dette operazioni, astrattamente possibili, in concreto non realizzano -se non in casi assai rari- una vera e propria novità del giudizio senza che vi sia una assoluta non riconoscibilità delle prove già esaminate e senza che la commissione sia scevra da ogni condizionamento.

                Qui, anzi, il condizionamento è ben più possibile (pregnante) visto il giudizio di favore per il candidato già posto in essere già dal Magistrato; giudizio di favore non supportato da una illogicità marcata (14) ma da un valutazione che risulta fondata sulle “perentorie ed argomentate osservazioni” tecniche contenute nel parere pro veritate. Ritenere che in siffatte condizioni vi sia il serio rischio di un ‘condizionamento’ della nuova valutazione è affermazione che ci sentiamo di fare nostra.

 

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(1) Come noto, in materia discrezionalità tecnica la dottrina è amplissima, si veda fra gli altri: Presutti E., Discrezionalità pura e tecnica, in Giur.it., 1910, IV; Giannini M.S., Il potere discrezionale della pubblica amministrazione, Giuffré ed., Milano, 1939; Piras A., voce Discrezionalità amministrativa, in Enciclopedia diritto, Milano; Benvenuti L., La discrezionalità amministrativa, CEDAM, Padova, 1986; Allegretti, L’imparzialità amministrativa, CEDAM, Padova, 1986; Cardi E., La manifestazione di interessi nei procedimenti amministrativi, Perugia, 1983/1984; Azzariti, Premesse per uno studio del potere discrezionale, in Scritti Giannini, III, Giuffré ed., Milano, 1988; Pastori G., Discrezionalità amministrativa e sindacato di legittimità, in Foro amm., 1987, pp. 3165ss.; Cognetti S., Profili sostanziali della legalità amministrativa, Giuffré ed., Milano, 1993; Cerulli Irelli V., Note in tema di discrezionalità amministrativa e sindacato di legittimità, in Riv. Trim. Dir. Proc. Amm., 1984, pp. 463ss.; Sala G., Potere amministrativo e principi dell’ordinamento, CEDAM, Padova, 1992; Marzuoli C., Discrezionalità amministrativa e sindacato giudiziario: profili generali, in Parisio V.(a cura di), Potere discrezionale e controllo giudiziario, Giuffré ed., Milano, 1998; Pubusa A., voce Merito e discrezionalità amministrativa, in Digesto disc .pubbl.; Barone G, voce Discrezionalità diritto amministrativo, in Encicl. Giur. Treccani; Mortati C., voce Discrezionalità, in Novissimo Digesto; Virga P., Appunti sulla discrezionalità tecnica, in jus, 1957; Cerulli Irelli V., Note in tema di discrezionalità amministrativa e sindacato di legittimità, in Riv. trim. dir. proc. amm., 1984, pp. 463ss.; Varrone C., Discrezionalità amministrativa e inibitoria degli atti a contenuto negativo, in Foro amm., 1996, pp. 731ss; Miele G., Principi di diritto amministrativo, CEDAM, Padova, 1966; Giannini M.S., voce Attività amministrativa, in Encicl. diritto; Ranelletti O.-Amorth A., voce Atti amministrativi, in Novissimo digesto; Casetta E., voce Attività amministrativa, in Digesto disc. pubbl.; Casetta E., voce Provvedimento e atto amministrativo, in Digesto disc. pubbl.; Satta F., voce Atto amministrativo, in Encicl. Giur. Treccani; Levi V.F., L’attività conoscitiva della p.a., Torino, 1967; Coraggio G., voce Merito Amministrativo, in Encicl. Diritto; Ottaviano V., voce Merito diritto amministrativo, in Novissimo Digesto; Barone G., Aspetti dell’attività interna della P.A., Giuffré ed. Milano 1980; Romano S., voce Annullamento degli atti amministrativi, in Novissimo Digesto; Cannada Bartoli E., voce Annullabilità e annullamento diritto amministrativo, in Encicl. Diritto; Azzena, Natura e limiti dell’eccesso di potere amministrativo, Giuffré ed., Milano 1976; Salvia F., Attività amministrativa e discrezionalità tecnica, in Riv. trim. dir. amm., 1992.

(2) In termini: C.d.S. sez. IV 22.06.2006 n. 3925 (la sentenza concerne l’esame di abilitazione di avvocato); identico principio è posta per la valutazione degli elaborati del concorso notarile: C.d.S. sez. IV 30.05.2007 n. 2781; C.d.S. sez. IV 17.05.2004 n. 2881; C.d.S. sez. IV 10.12.2003 n. 8105; C.d.S. sez.IV 02.03.2001 n. 1157.

(3) In termini: C.d.S. sez. IV 22.06.2006 n. 3924; vedi, fra le tante, anche: TAR Puglia Bari sez. I 30.07.2005 n. 3491; TAR Lazio Roma sez. I 03.02.2004 n. 2018; TAR Lombardia Milano sez. IV 08.04.2004 n. 1438.

(4) TAR Puglia Bari sez. I 01.10.2002 n. 4177.

(5) “E’ irragionevole la decisione amministrativa che appare così irragionevole che nessun ragionevole organismo pubblico avrebbe preso”: Craig P.P., Administrative law 3, 1994, p. 404. La dottrina sulla ricostruzione del principio di ragionevolezza è amplissima, tra i tanti si veda almeno: Benvenuti F., Eccesso di potere amministrativo per vizio della funzione, in Rassegna Dir. Pubblico, 1950; Lombardo G., Il principio di ragionevolezza nella giurisprudenza amministrativa, in Riv. Trim. Diritto Pubblico, 1997, n. 4; Patroni Griffi A., Il Conseil Costitutionnel e il controllo della ‘ragionevolezza’: peculiarità e tecniche di intervento del giudice costituzionale francese, in Riv. it. dir. pubbl. com., 1998; Vipiana P.M., Introduzione alla studio del principio di ragionevolezza nel diritto pubblico, CEDAM, Padova, 1993.

(6) Per una ricostruzione delle posizioni espresse dalla dottrina e dalla giurisprudenza, vedi: Villata R., L’Atto Amministrativo in Mazzarolli L.-Pericu G.-Romano A.-Roversi Monaco F.A.-Scoca F.G. (a cura di), Diritto Amministrativo, Monduzzi ed., Bologna, 2005, pp. 775-779; vedi anche Cerulli Irelli V., Lineamenti di Diritto Amministrativo, Giappichelli ed., Torino 2006, pp. 281-284.

(7) Fra le poche sentenze che hanno accolto ricorsi di canditati, si segnala una puntuale presa di posizione del TAR Puglia Bari (sent. n. 3197 del 12.09.2006) con cui il Giudice ha annullato la valutazione della Commissione per un macroscopico giudizio di disvalore su un elaborato cui era stata data la valutazione di punti quindici su cinquanta ove la “mera indicazione del voto numerico   riesce incomprensibile non solo al candidato ma anche al difensore dell’Amministrazione intimata (come in effetti è stato possibile riscontrare nella discussione svoltasi in camera di consiglio)”. In altre occasioni, concessa la misura cautelare dal Giudice di primo grado (TAR Puglia Lecce sez. I ord. 19.06.2003 n. 550; TAR Puglia Lecce sez. I ord. 22.10.2003 n. 927) i ricorsi furono non accolti nel merito ovvero il Consiglio di Stato respinse in sede di appello il provvedimento cautelare concesso in primo grado (C.d.S. sez. V ord. 23.09.2003 n. 4089).

(8) C.d.S. sez. IV 30.05.2007 n. 2781.

(9) C.d.S. sez. IV n. 3012/2007; C.d.S. sez. IV 22.09.2005 n. 4989.

(10) In termini C.d.S. sez. IV 30.05.2007 n. 2781.

(11) In tal senso: C.d.S. sez. IV 22.06.2006 n. 3924.

(12) Assai interessanti sul punto le riflessioni di Merusi F., Sull’equità della pubblica amministrazione e del giudice amministrativo, in Riv. Trim. dir.pubbl., 1974.

(13) In termini: TAR Puglia Bari sez. I del 12.09.2006 n. 3197.

(14) Per esempio, nel caso deciso dal TAR Puglia (n. 3197/06) già citato, il candidato aveva ottenuto in una prova scritta una valutazione di punti quindici su cinquanta, quindi, un giudizio di forte disvalore che appariva davvero marcatamente illogico anche da una lettura sommaria della prova effettuata dal Giudice. Qui, ovviamente, la commissione esaminatrice nel procedere a nuova valutazione non poteva sentirsi ‘orientata’ da un precedente annullamento giudiziale in quanto questo risultava fondato non su di un giudizio di merito ma su di una carenza logica della motivazione, circostanza questa che non pregiudicava alcun esito circa la valutazione della prova d’esame.


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