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Articoli e note

n. 12/2003  - © copyright

Aurelio Laino

La remunerazione degli incarichi dirigenziali affidati ad interim nel comparto Regioni-Enti Locali: quale disciplina?

§I.- Le brevi riflessioni che mi accingo ad esporre sono il frutto dello studio compiuto dal sottoscritto in qualità di p.m. contabile, in occasione della predisposizione di un atto di citazione a giudizio innanzi alla competente Sezione Giurisdizionale della Corte dei Conti e che ha interessato il problema delle modalità di retribuzione degli incarichi dirigenziali affidati ad interim al personale dipendente di un’amministrazione locale.

I fatti che hanno dato luogo all’azione di responsabilità possono così riassumersi.

§II.- Un Comune dispone la liquidazione, in favore di taluni dirigenti in servizio presso il predetto ente locale, di una certa somma, a titolo di indennizzo per il maggior lavoro svolto nell’arco temporale di un anno circa.

Tale corresponsione viene fondata sul presupposto della istituzione ex novo, nell’ambito dell’organizzazione comunale, di ulteriori Settori, ciascuno comprendente più Servizi, la responsabilità e la direzione dei quali viene assunta dai predetti dirigenti, previa deliberazione d’incarico, in attesa della nomina dei titolari.

La quantificazione degli oneri economici a carico dell’ente è operata mediante l’applicazione in via analogica dell’istituto della c.d. "indennità a scavalco", prevista dagli artt. 39 L. 604/62 e 2 L. 587/75, per l’ipotesi di segretario comunale incaricato della copertura di ulteriore sede vacante rispetto a quella di titolarità e consistente nella attribuzione di una somma annua pari ai 4/5 dello stipendio base.

Da qui il problema posto alla attenzione del sottoscritto: può l’Amm/ne comunale adoperare, per le indicate finalità, istituti economici predisposti per categorie di dipendenti appartenenti ad altri settori della p.a. o la stessa, più correttamente, avrebbe dovuto utilizzare gli strumenti all’uopo previsti dalla contrattazione collettiva di comparto?

La risposta al quesito è stata nel secondo senso e da ciò è scaturito il profilarsi di un’ipotesi di responsabilità amministrativa a carico sia dei componenti della Giunta che hanno approvato la delibera di liquidazione dell’indennità, quanto del segretario comunale che aveva suggerito una tale opzione ermeneutica, per violazione gravemente colposa delle norme legislative e contrattuali che disciplinano il trattamento economico dirigenziale.

La preminenza della figura del segretario nella vicenda de qua risulta anche dall’ulteriore considerazione che egli, in tale qualità, rappresenta il massimo organo di assistenza giuridico-amministrativa dell’ente, in ordine alla conformità a legge dei singoli provvedimenti da assumersi (cfr. art. 97 T.U.EE.LL.).

§III.- Nel nostro ordinamento, invero, vige attualmente il principio della c.d. onnicomprensività della retribuzione dei dipendenti pubblici e, in particolare, ai fini che qui interessano, del personale con qualifica dirigenziale.

In tal senso depone l’art. 24 D.Lgs 165/01 (c.d. T.U.Pub.Imp.), meramente ricognitivo della normativa già vigente, alla cui stregua "…la retribuzione del personale con qualifica dirigenziale è determinata dai contratti collettivi…"(comma 1), "…il trattamento economico…remunera tutte le funzioni ed i compiti attribuiti ai dirigenti…nonché qualsiasi incarico ad essi conferito in ragione del loro ufficio o comunque conferito dall’amministrazione presso cui prestano servizio o su designazione della stessa".

La norma è chiarissima e non ammette dubbi interpretativi: la retribuzione dirigenziale stabilita dalla contrattazione collettiva (e solo quella, aggiungiamo noi), deve remunerare tutti gli incarichi eventualmente assegnati al dirigente, senza che residui alcuna ulteriore possibilità di utilizzazione di istituti economici diversi da quello di cui qui si discute.

A loro volta, le norme della contrattazione collettiva dirigenziale del comparto Regioni-Enti Locali, via via succedutesi nel tempo e tuttora operanti, nel recepire il surriferito principio, hanno definito la struttura della retribuzione in parola, prevedendo, oltre allo stipendio tabellare, solo la retribuzione di posizione e di risultato (cfr. art. 33 C.C.N.L. del 10.4.96; cfr. artt. 24-32 C.C.N.L. del 23.12.99).

In particolare, la determinazione dei valori economici di tali componenti la retribuzione globale dirigenziale viene definita sulla base di complessi meccanismi, anche concertativi con le organizzazioni sindacali (cfr. artt. 4, 8 e 26 comma 6 C.C.N.L. del 23.12.99), che tengano conto della collocazione del dirigente nella struttura, della complessità organizzativa, delle responsabilità gestionali interne ed esterne e, comunque, nei limiti del reperimento delle risorse per finanziare siffatte componenti retributive (cfr. artt. 26-29 Accordo cit.).

In tale ottica va vista la facoltà per le amministrazioni, prevista dall’art. 26 comma 3 C.C.N.L. del 23.12.99, di maggiorare la retribuzione dei dirigenti, laddove venga predisposta l’attivazione di nuovi servizi o di processi riorganizzativi finalizzati al potenziamento di servizi pregressi, ai quali si correli un aumento stabile delle relative dotazioni organiche.

Ampliamento, peraltro, non già - si badi bene - delle singole voci retributive, quanto del complessivo fondo che tali componenti reddituali va alimentando: solo successivamente a tale passaggio obbligato è possibile rideterminare l’importo della retribuzione di posizione per singoli dirigenti, ai sensi dell’art. 27 cit.

Per mera completezza è a dirsi, infine, come la verifica della sussistenza delle condizioni per l’applicazione del comma 3 dell’art. 26 sia oggetto di contrattazione decentrata integrativa, ai sensi dell’art. 4 C.C.N.L. cit.

In buona sostanza, il sistema contrattuale retributivo fin qui analizzato prevede ben precisi e vincolati iter procedurali per far luogo ad eventuali aumenti stipendiali a favore di dirigenti pubblici (e, più in generale, di tutti i dipendenti pubblici), all’evidente scopo di assicurare quella compatibilità finanziaria che deve sempre sorreggere ogni scelta, seppur discrezionale, della p.a. nell’organizzazione della propria attività.

Ed è bene evidenziare che le singole amministrazioni non possono in alcun modo determinare autonomamente nuove voci retributive al di là di quelle previste dalla contrattazione collettiva, a ciò ostando il nitido disposto dell’art. 2 comma 3 T.U. n. 165/01, che devolve esclusivamente a quest’ultima la fissazione delle regole relative al trattamento economico.

E ciò anche al fine di non vanificare i risultati del controllo di attendibilità svolto sulla contrattazione dalla Corte dei Conti, ai sensi dell’art. 47 T.U. cit.

Per rimanere nel tema di cui si discute in questa sede, nell’ipotesi di affidamento ad interim di funzioni dirigenziali diverse da quelle di titolarità, è da escludersi la possibilità per il dirigente di usufruire di una maggiorazione della retribuzione di posizione già goduta, ovvero – e a fortiori – di una seconda indennità, laddove a remunerare siffatti incarichi aggiuntivi soccorre l’art. 27 comma 9 C.C.N.L. cit., secondo cui "…le risorse destinate al finanziamento della retribuzione di posizione devono essere integralmente utilizzate. Eventuali risorse ancora disponibili sono temporaneamente utilizzate per la retribuzione di risultato relativa al medesimo anno…".

E non è chi non veda come siffatta ipotesi si realizzi proprio quando manchi il titolare della posizione dirigenziale cui fa capo la relativa retribuzione di posizione, con ciò liberandosi quelle risorse finanziarie che ben possono rimpinguare la retribuzione di risultato del dirigente che assuma in via suppletiva tale posizione.

Il tutto, però, giova ribadirlo, nel rispetto delle procedure stabilite dalla contrattazione collettiva per la remunerazione di siffatta tipologia retributiva.

La ricostruzione degli istituti economici fin qui operata è frutto oltre che della personale visione del sottoscritto, altresì dei pareri resi nell’occasione dall’ARAN su presentazione di specifici quesiti da parte dei singoli amministratori pubblici.

Tali pareri, di facile reperibilità tramite normali strumenti informatici, (cfr. sito internet www.aranagenzia.it), rappresentano un patrimonio di professionalità di cui chiunque può avvalersi - e, in primo luogo, come accennato, gli stessi amministratori pubblici - i quali possono così fugare i loro dubbi in ordine all’applicazione della contrattazione collettiva, anche mediante la proposizione di nuovi chiarimenti.

§IV.- Infine - e contrariamente a quanto ritenuto dai vertici dell’amministrazione comunale convenuti in giudizio - l’applicabilità in via analogica dell’istituto dell’indennità a scavalco, propugnata nella delibera contestata, risulta altresì impedita dall’assenza di similitudine tra le fattispecie da regolarsi, atteso che, nel caso di doppio incarico segretariale, viene retribuita una effettiva duplicità di prestazioni di pari contenuto ed impegno professionale, a tacere della diversa dislocazione territoriale della sede di lavoro, con i relativi disagi che ciò comporta.

Ciò che non può dirsi nella diversa ipotesi di incarico dirigenziale aggiuntivo nella stessa sede di lavoro, soprattutto quando esso discenda, come sovente avviene, quale conseguenza di un diverso frazionamento dei settori dell’amministrazione già esistenti.

Va, parimenti, aggiunto che la stessa normativa impropriamente richiamata per avallare la corresponsione in parola non è più da tempo vigente, stante l’intervenuta abrogazione, ad opera dell’art. 35 D.P.R. 465/97, degli artt. 39 L. 604/66 e 2 L. 587/75.

Ciò in coerenza con l’avvenuta contrattualizzazione del rapporto di lavoro dei segretari comunali, non più disciplinato rigidamente da provvedimenti legislativi, siccome per il tramite della contrattazione collettiva di settore, in virtù della previsione contenuta nell’art. 17 commi 74 e 78 L. 127/97 (c.d. Bassanini bis).

 


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