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Articoli e note

n. 6/2004  - © copyright

 LORENZO IEVA*

Giudice amministrativo e progressioni interne di carriera

Sommario: 1. Pubblici concorsi e progressioni interne nel pubblico impiego contrattualizzato; 2. La giurisdizione del G. A. in materia di procedure concorsuali interne alla P. A.; 3. Il vecchio orientamento della Cassazione sul riparto di giurisdizione: critiche; 4. Il nuovo orientamento delle sezioni unite della Cassazione: la sentenza n. 15403 del 15 ottobre 2003; 5. (Segue). L’ordinanza delle sezioni unite della Cassazione n. 18886 del 10 dicembre 2003; 6. (Segue). La sentenza delle sezioni unite della Cassazione n. 1989 del 3 febbraio 2004; 7. (Segue). La ordinanza delle sezioni unite della Cassazione n. 10183 del 26 maggio 2004; 8. Conclusioni: il coordinamento tra la giurisprudenza costituzionale e la giurisprudenza delle Sezioni Unite della Cassazione.

1. Pubblici concorsi e progressioni interne nel pubblico impiego contrattualizzato.

   L’accesso ai pubblici uffici [1] avviene per concorso pubblico, secondo quanto solennemente stabilito dall’art. 97, co. 3°, Cost.  I concorsi sono procedimenti amministrativi complessi [2], articolati in una pluralità di fasi, che autorevole dottrina ha inquadrato tra i procedimenti dichiarativi e, in particolare, tra i c. d. procedimenti amministrativi di accertamento contraddistinti dal c. d. “acclaramento di dati fattuali” (verifica della preparazione e professionalità del candidato) cui consegue l’attribuzione di una “qualità giuridica” (idoneità o inidoneità a seguito della valutazione delle prove affrontate), per cui i vari tipi di esame costituiscono: “accertamenti di attitudini, di conoscenze scientifiche o professionali, di capacità tecniche, o culturali, a seconda dei casi” [3].

   Siffatto procedimento è finalizzato a dare attuazione ai fondamentali principi costituzionali della legalità [4], imparzialità [5] e buon andamento [6] dell’organizzazione dei pubblici uffici (art. 97 Cost.) [7], nonché l’accessibilità di questi ultimi a chiunque sia fornito dei prescritti requisiti di legge, attraverso la realizzazione di pubblici concorsi volti ad individuare, tra una pluralità di candidati, i più meritevoli (artt. 3, 51 e 97, 3° co., Cost.).  Esiste, dunque, il primario interesse pubblico [8] all’accertamento documentato della professionalità dei dipendenti che devono ricoprire pubblici uffici o pubblici incarichi in seno all’Amministrazione pubblica [9].

   La partecipazione alle procedure concorsuali è aperta a tutti coloro che posseggano i requisiti generali di idoneità ed i requisiti speciali di preparazione professionale, previsti a seconda del tipo di impiego e stabiliti dalla legge e dai regolamenti.

   Più precisamente, vengono in evidenza “gare pubbliche”, le cui “regole del gioco” sono prestabilite in via generale allo scopo di consentire un “corretto” e “leale” confronto tra una pluralità di candidati aspiranti al medesimo posto; mentre, i criteri di verifica sono estrapolati dalle discipline specialistiche di settore.  In una consimile situazione, l’interesse pubblico è direttamente individuato dalla legge, la quale impone, per l’appunto, l’espletamento di una procedura di concorso, pubblica e trasparente, per la selezione dei soggetti da assumere nei ranghi della P. A.; di contro, all’autorità pubblica esaminatrice è fatto obbligo di esprimere valutazioni tecniche [10] sulle prove di esame e null’altro.

   Le forme concorsuali di assunzione presso gli uffici pubblici sono regolate:

a)     - da norme costituzionali (art. 51, 1° co., Cost.; art. 97, 3° co., Cost.; art. 98, 1° co., Cost.);

b)     - da norme giuridiche di rango primario (art. 2, co. 1, lett. c), n. 4), l. n. 421 del 1992; art. 35 d.lgs n. 165 del 2001);

c)     - da norme giuridiche di rango secondario (d.P.R. n. 487 del 1994, come mod. dal d.P.R. n. 693 del 1996 e dal d.P.R. n. 246 del 1997, salvo adozione di specifici regolamenti per singola Amministrazione, ex art. 45, co. 11, d.lgs n. 80 del 1998[11]).

   Va chiarito che la stessa legge delega n. 421 del 1992, all’art. 2, ha previsto, tra i criteri direttivi, che siano le fonti normative a disciplinare le modalità di svolgimento delle procedure di selezione del personale.[12]  Mentre, l’art. 11, co. 4, della legge n. 59 del 1997[13], che ha delegato il governo ad emanare ulteriori disposizioni al fine di completare il processo di contrattualizzazione del pubblico impiego, ha sostanzialmente ribadito la vigenza del principio di “regolazione” normativa primaria e subprimaria delle procedure concorsuali, nella misura in cui ha richiamato i principi scolpiti negli artt. 97 e 98 Cost. e quelli già enunciati dall’art. 2 della l. n. 421 del 1992, importandone la modificazione esclusivamente al fine di estendere l’applicazione delle disposizioni civilistiche e lavoristiche in materia di “rapporto di lavoro”.[14]

   In sostanza, la contrattazione collettiva non risulta affatto legittimata, sulla base delle norme positive appena menzionate, a prevedere criteri e modalità di svolgimento delle procedure concorsuali, sia interne, che a fortiori esterne all’Amministrazione.

   La contrattazione collettiva, invece, si occupa, ai sensi dell’art. 40, co. 1, del d.lgs n. 165, di tutte le materie relative al rapporto di lavoro già instaurato ed alle relazioni sindacali e non deve certamente occuparsi – come nella prassi è accaduto – delle procedure di reclutamento, che sono per l’appunto riservate alla legge ed ai regolamenti.

   Ciò premesso, va osservato che, in base alle norme positive, le pubbliche amministrazioni possono assumere il personale di cui abbiano necessità, avvalendosi dei seguenti meccanismi giuridici:

1) concorsi pubblici esterni;

2) concorsi riservati interni (altrimenti detti: procedure di riqualificazione, procedure selettive, progressioni in carriera, et similia).

   I “pubblici concorsi” e le “procedure selettive interne” sono poste in un ordine che vede i primi come regola generale ed i secondi come eccezione.

   Il pubblico concorso costituisce la regola generale e fondamentale per l’accesso al pubblico impiego prevista direttamente dall’art. 97, 3° co., Cost.[15]  Esso costituisce una procedura formalizzata mirata all’accertamento tecnico della preparazione dei candidati dimostrata in un contesto di pubblica e trasparente competizione, attraverso l’esperimento di talune prove comparative e/o selettive.

   La disciplina positiva del pubblico concorso, in sostanza, riprende dalle disposizioni costituzionali l’impostazione di base, sviluppandone i contenuti nella direzione della realizzazione di una selezione realmente imparziale, professionale e funzionale alla acquisizione ed alla valorizzazione delle migliori risorse umane.

   La procedura di riqualificazione, invece, costituisce un procedimento amministrativo di valutazione interna a ciascuna Amministrazione, che svolge la funzione di assicurare un avanzamento esclusivamente al personale che ricopra una posizione inferiore a quella posta in selezione, ma che pure sia in possesso del titolo di studio e delle qualità per poter ricoprire la posizione superiore.  Dunque, si tratta di un sistema di reclutamento privilegiato, che consente ai dipendenti interni di poter avanzare ad una qualifica superiore.

   Tutte le procedure selettive (esterne ed interne), ai sensi dell’art. 35, co. 3, del d.lgs n. 165 del 2001, si conformano ai seguenti principi:

a) adeguata pubblicità delle selezione e modalità di svolgimento che garantiscano l’imparzialità ed assicurino economicità e celerità di espletamento, ricorrendo, ove è opportuno, all’ausilio di sistemi automatizzati, diretti anche a realizzare forme di preselezione;

b) adozione di meccanismi oggettivi e trasparenti, idonei a verificare il possesso dei requisiti attitudinali e professionali richiesti in relazione alla posizione da ricoprire;

c) rispetto delle pari opportunità tra lavoratrici e lavoratori;

d) decentramento delle procedure di reclutamento;

e) composizione delle commissioni esclusivamente con esperti di provata competenza nelle materie di concorso, scelti tra funzionari delle amministrazioni, docenti ed estranei alle medesime, che non siano componenti dell’organo di direzione politica dell’amministrazione, che non ricoprano cariche politiche e che non siano rappresentanti sindacali o designati dalle confederazioni ed organizzazioni sindacali o dalle associazioni professionali.

   Va chiarito, poi, che la stessa contrattazione collettiva, a livello di comparto, ha escluso l’ammissibilità di procedure di avanzamento di massa mascherate da percorsi di pseudo-riqualificazione, senz’altro illegittimi o, per meglio dire, nulli sotto il profilo negoziale e illegittimi sotto l’aspetto procedurale-amministrativo (cfr., ad es., il C.C.N.L. “comparto ministeri” anni 1998/2001[16]).

2. La giurisdizione del G. A. in materia di procedure concorsuali interne alla P. A.

   La materia del pubblico impiego costituisce oggetto di giurisdizione del giudice amministrativo:

1) per i pubblici impiegati a regime pubblicistico (art. 3 d.lgs n. 165 del 2001), con riferimento all’accesso concorsuale all’impiego (giurisdizione di legittimità), allo sviluppo interno della carriera (giurisdizione esclusiva), alla organizzazione e svolgimento del rapporto di lavoro (giurisdizione esclusiva) ivi compresi gli atti di macro-organizzazione e quelli inerenti la gestione del singolo rapporto individuale di lavoro ;

2) per i pubblici impiegati a regime contrattualizzato (art. 1 d.lgs n. 165 del 2001), con riguardo all’accesso concorsuale all’impiego (giurisdizione di legittimità), allo sviluppo interno della carriera (giurisdizione esclusiva) [17], alla organizzazione e svolgimento del rapporto di lavoro limitatamente agli atti di macro-organizzazione, ex art. 2, co. 1, d.lgs 165 (giurisdizione esclusiva) [18].

   In particolare, va osservato che l’art. 63 d.lgs 165 del 2001 (già art. 68 d.lgs n. 23 del 1993 succ. mod.) ha operato la devoluzione delle controversie inerenti ai rapporti di lavoro contrattualizzati dal giudice amministrativo (ex art. 7, co. 2°, l. n. 1034 del 1971) al giudice ordinario del lavoro (ai sensi dell’art. 63, co. 1, 2 e 3, d.lgs n. 165 del 2001), eccettuati: a) gli atti di macro-organizzazione (art. 2, co. 1, d.lgs n. 165); b) le procedure concorsuali per l’assunzione dei dipendenti (art. 63, co. 4, d.lgs n. 165).

   Va precisato che, per procedura concorsuale finalizzata all’assunzione, deve intendersi sia quella pubblica-esterna (giurisdizione di legittimità), sia quella riservata-interna (giurisdizione esclusiva) [19].

   In questa sede vanno esaminati i profili problematici inerenti alla giurisdizione sulla materia delle procedure concorsuali, che appartiene al giudice amministrativo per una pluralità di motivi.

   Come già osservato, la riserva di giurisdizione al G. A. è stabilita, expressis verbis, dall’art. 63, co. 4, del d.lgs n. 165 del 2001 (già art. 68 del d.lgs n. 29 del 1993 succ. mod.).

   In dettaglio, l’articolo citato espressamente dispone che: “Restano devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie in materia di procedure concorsuali per l’assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni […]”.  La dizione utilizzata è quella di “procedure concorsuali”, terminologia questa che è sicuramente più ampia rispetto a quella di “concorso pubblico” e appare idonea a ricomprendere, da un punto di vista sia logico-giuridico che etimologico, le espressioni di “concorso interno” e similari (es.: procedura di riqualificazione, progressione verticale od orizzontale, etc.).

   Il legislatore ha inteso fare riferimento a qualsivoglia procedura comparativa o selettiva, che, in base a vigenti norme giuridiche o contrattuali collettive, determini una nuova assunzione, per tale dovendosi intendere qualsiasi avanzamento in carriera o progressione economica, cui corrisponda, un nuovo inquadramento in pianta organica[20], previa stipulazione di un nuovo contratto individuale di lavoro con attribuzione di mansioni e di funzioni superiori a quelle precedentemente svolte.

   Apparsa subito pacifica la competenza del G. A. a giudicare in materia di concorsi pubblici (esterni), la sintetica formulazione del testo normativo (procedure concorsuali) ha, però, dato adito ad una vivace controversia dottrinaria e giurisprudenziale in ordine al riparto di giurisdizione tra G. A. e G. O., con riferimento ai concorsi riservati (interni).

   Al centro del dibattito, c’è la difficile interpretazione dei seguenti tre articoli del d.lgs n. 165 del 2001:

a)                             art. 35 (Reclutamento del personale) richiama la nozione imprecisa di “procedura selettiva”, senza indicare quali siano le tipologie possibili;

b)                             art. 52 (Disciplina delle mansioni) parla di mansioni ascrivibili alla qualifica acquisita per effetto di “procedure concorsuali o selettive”;

c)                             art. 63 (Controversie relative ai rapporti di lavoro), che utilizza il concetto parimenti generico di “procedure concorsuali”.

   I testi normativi non fanno riferimento alla nozione classica di concorso pubblico, bensì ad espressioni più ampie e generiche che sembrano supporre l’esistenza di alternative metodologie di reclutamento e cioè i concorsi interni all’Amministrazione.

   In realtà, la possibilità di realizzare “procedure di avanzamento di inquadramento interne” sembra essere supposto dal legislatore, ma mai espressamente dichiarato, quasi per una sorta di “pudore normativo” nei confronti della regola assoluta del concorso pubblico scolpita, a chiare lettere, nell’art. 97, co. 3°, Cost.

   Infatti, la legittimità costituzionale dei concorsi interni – a legislazione vigente – appare assai dubbia.[21]  Ben diverso sarebbe un sistema basato su “vere carriere”, che però dovrebbe essere definito interamente dalla legge, così come accade per il pubblico impiego rimasto a regime pubblicistico.

3. Il vecchio orientamento della Cassazione sul riparto di giurisdizione: critiche.

   La Corte Suprema di Cassazione, in merito al riparto di giurisdizione sulla materia dei concorsi interni, ha mutato più volte orientamento.

   Va evidenziato come la Cassazione sia costretta ad individuare il corretto riparto di giurisdizione tra G. A. e G. O., in merito alle progressioni interne di carriera, pur essendo stato chiarito, più volte, dalla Corte costituzionale[22] che esse sono costituzionalmente illegittime e che determinano la stipulazione di contratti individuali di lavoro nulli.

   In un primo tempo, le sezioni unite dalla Cassazione 22 marzo 2001 n. 128 [23], 10 dicembre 2001 n. 15602 [24], 21 febbraio 2002 n. 2512 [25] hanno statuito la giurisdizione del G.O. sulla base dell’assunto per il quale le c. d. progressioni stabilite dalla contrattazione collettiva non costituiscono nuove assunzioni, ma soltanto “sviluppi professionali di carriera”, che trovano origine in un bando, atto negoziale, il quale, a sua volta, è agganciato ai poteri gestionali del rapporto di lavoro nella piena disponibilità della P. A., quale soggetto abilitato a disporre dei poteri di privato datore di lavoro (art. 5, co. 2, d.lgs n. 165 del 2001).

   Invero, le conseguenze di un siffatto modo di ragionare non si sono fatte attendere ed hanno innescato una serie infinita di controversie, che vanno dalla impugnativa di discutibili procedure di progressione dei dipendenti alle questioni di inquadramento connesse allo svolgimento protratto nel tempo di mansioni superiori.

   Una concezione questa veramente molto lontana dalla impostazione tradizionale e dal dettato costituzionale (art. 97 Cost.), che non ha retto ai rilievi critici della dottrina più accorta [26] e della stessa giurisprudenza costituzionale.

   Il Giudice delle leggi, con la ordinanza del 4 gennaio 2001 n. 2 [27] ha inferto il primo colpo diretto alla interpretazione della S. C. di legittimità.  Segnatamente, è stato respinto, per manifesta infondatezza, una particolare questione di illegittimità costituzionale dell’art. 68 del d.lgs n. 29 del 1993 succ. mod. argomentata proprio sul discrimine di giurisdizione tra G. A. e G. O., basato sulla natura, rispettivamente, pubblica o riservata del concorso.  Infatti, per la Corte costituzionale è chiaramente: “[…] erroneo il presupposto interpretativo secondo cui la procedura concorsuale […] avrebbe differente natura per i concorrenti in quota di riserva e per quelli esterni, trattandosi, viceversa, sia per gli uni che per gli altri, di una procedura concorsuale di assunzione nella qualifica indicata dal bando, in quanto tale ricadente nell’ambito della giurisdizione del giudice amministrativo”.

   Inoltre, una chiara opzione della Corte costituzionale per la giurisdizione del giudice amministrativo la si rileva dalla collaudata giurisprudenza in materia di progressioni in carriera [28], la quale ha costantemente dichiarato incostituzionali tutte le leggi (rectius: leggine) di inquadramento alla “fascia funzionale” superiore, disposto in deroga al concorso pubblico o comunque a serie procedure selettive, che attribuiscano un peso ponderato a titoli qualificanti e non solo alla anzianità di servizio direttamente o surrettiziamente.

   L’inquadramento dei dipendenti pubblici costituisce senz’altro materia di competenza del giudice amministrativo, poiché si discute del “titolo selettivo” che legittima l’attribuzione di funzioni pubbliche ad un cittadino della Repubblica.

   Al più, il giudice ordinario può conoscere dello svolgimento di mansioni superiori e, quindi, condannare la P. A. al pagamento delle differenze retributive, ma mai può conoscere del titolo dell’inquadramento (procedura concorsuale), che spetta al giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 63, co. 4, del d.lgs n. 165 del 2001.

4. Il nuovo orientamento delle sezioni unite della Cassazione: la sentenza n. 15403 del 15 ottobre 2003.

   Facendo proprie le conclusioni raggiunte dalla giurisprudenza costituzionale, la S. C. di Cassazione ha mutato radicalmente indirizzo.

   Infatti, le Sezioni Unite con la sentenza del 15 ottobre 2003 n. 15403[29] ribaltando quello che sembrava un orientamento consolidato, contrastato soltanto da qualche isolata pronuncia di T.A.R. periferici[30] – hanno stabilito che la giurisdizione in materia di concorsi interni et similia competa al giudice amministrativo.

   In particolare, la Suprema Corte osserva, preliminarmente, che l’art. 63, co. 1, del d.lgs n. 165 del 2001 (già art. 68, co. 1, d.lgs n. 29 del 1993 succ. mod.) prevede che siano devolute al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni.  Mentre, il co. 4 dello stesso articolo (già art. 68, co. 4, d.lgs n. 29 del 1993 succ. mod.) dispone che al giudice amministrativo continua ad essere attribuita la giurisdizione generale di legittimità sulle procedure concorsuali.

   Esiste, dunque, una chiara distinzione tra il “rapporto di lavoro” già instaurato (materia tipica del giudice del lavoro) e la “procedura concorsuale” che instaura il medesimo rapporto giuridico (materia elettivamente del giudice amministrativo, anche per l’inerenza di interessi pubblici).

   In tale solco, secondo la S. C. la previsione dell’art. 35, co. 1, del d.lgs n. 165 del 2001, che prescrive per l’accesso alla P. A. la attivazione di “procedure selettive” finalizzate ad accertare la professionalità richiesta: “deve ritenersi applicabile, in via generale, anche con riferimento all’attribuzione al dipendente di una qualifica superiore (in base alle disposizioni contenute nei contratti collettivi cui rinvia l’articolo 40, primo comma, del medesimo decreto legislativo)”, poiché è inconfutabile che: “a norma del successivo articolo 52, primo comma, la qualifica superiore viene acquisita dal lavoratore «per effetto dello sviluppo professionale o di procedure concorsuali o selettive»”.

   A questo punto, la Suprema Corte ricorda il costante insegnamento della Corte costituzionale (sentenze n. 1 del 1999, n. 194 del 2002, n. 218 del 2002 e n. 373 del 2002), la quale, anche dopo la massiccia privatizzazione dei decreti delegati del 1998, ha continuativamente sostenuto, a spada tratta, che il passaggio a “fasce funzionali” superiori, in qualsiasi modo denominate, in deroga alla regola del pubblico concorso e senza l’adozione di seri criteri selettivi, appare irragionevole e si pone in contrasto con gli articoli 3, 51 e 97 della Costituzione.

   Più precisamente, alla luce dell’intero quadro normativo, come deriva, soprattutto, dalle anzidette sentenze della Corte costituzionale, la Cassazione ritiene, esattamente, di dover mutare indirizzo e considera che essendo: “un imprescindibile presupposto […] il principio secondo cui, nel rapporto di lavoro alle dipendenze delle Pubbliche amministrazioni, l’accesso del personale dipendente ad un’area o fascia funzionale superiore deve avvenire per mezzo di una pubblica selezione, comunque denominata ma costituente, in definitiva, un pubblico concorso […]”, appare conseguentemente possibile affermare che: “il quarto comma dell’articolo 63 decreto legislativo 165/01, quando riserva alla giurisdizione del giudice amministrativo «le controversie in materia di procedure concorsuali per l’assunzione dei dipendenti delle Pubbliche amministrazioni», fa riferimento non solo alle procedure concorsuali strumentali alla costituzione, per la prima volta, del rapporto di lavoro, ma anche alle prove selettive dirette a permettere l’accesso del personale già assunto ad una fascia o area superiore: il termine "assunzione", d’altra parte, deve essere correlato alla qualifica che il candidato tende a conseguire e non all’ingresso iniziale nella pianta organica del personale, dal momento che, oltre tutto, l’accesso nell’area superiore di personale interno od esterno implica, esso stesso, un ampliamento della pianta organica”.

   In conclusione, il revirement della S. C. di Cassazione risulta chiaramente fondato su una prospettiva costituzionalmente orientata della materia del lavoro pubblico, le cui particolarità, legate alla cura degli interessi pubblici, non possono essere dimenticate.[31]

5. (Segue). L’ordinanza delle sezioni unite della Cassazione n. 18886 del 10 dicembre 2003.

   La successiva ordinanza delle sezioni unite del 10 dicembre 2003 n. 18886 [32] ha precisato che, in realtà, è la “novazione oggettiva” del rapporto di lavoro a connotare un autentico passaggio di qualifica o di “fascia funzionale” nel senso precisato dal giudice costituzionale.

   E’ necessario analizzare con attenzione i contratti collettivi nazionali dei diversi comparti e soprattutto i contratti integrativi di singola Amministrazione [33].  Laddove la disciplina negoziale collettiva assegna alle diverse posizioni (indipendentemente dal nomen juris) “specifiche competenze professionali”, lì vi è, ad ogni effetto, un mutamento di mansioni e, quindi, una autentica progressione in carriera (es. C1, C2, C3, nel comparto Ministeri).  Al contrario, qualora vi sia la attribuzione di un “semplice trattamento economico” superiore (es.: C1S e C3S, nel comparto Ministeri), allora sussiste mera progressione economica.

   Pertanto, è possibile sostenere che ogni qual volta il passaggio ad un livello superiore determini, in virtù delle disposizioni normative o contrattuali collettive, l’assunzione di nuovi compiti, l’adempimento di mansioni superiori e l’investitura di responsabilità più elevate viene a realizzarsi un mutamento sostanziale del rapporto di lavoro, anche contrassegnato dalla sottoscrizione di un nuovo contratto individuale, e certamente non una mera progressione economica, qualsiasi sia la denominazione della posizione funzionale attribuita dalla contrattazione collettiva, che invero diverge da contratto a contratto e che segue un gergo sindacale poco giuridico.

6. (Segue). La sentenza delle sezioni unite della Cassazione n. 1989 del 3 febbraio 2004.

   Molto più chiara e precisa è la sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione del 3 febbraio 2004 n. 1989 [34], la quale ha stabilito che: “Va riconosciuta la giurisdizione (di legittimità) del giudice amministrativo in tutti i casi in cui la controversia investa le singole procedure concorsuali o tenda ad inficiare la graduatoria disconoscendone la legittimità e chiedendone la modifica mentre va riconosciuta la giurisdizione del giudice ordinario allorquando si agisca sul presupposto della definitività della graduatoria permanente […] e allorquando, quindi, senza censurare lo svolgimento del concorso ed il relativo atto finale, si faccia valere il diritto alla nomina alla qualifica superiore a cui si aspira, specificamente contestando l’utilizzazione che vien fatta della graduatoria […]”.

   In questa pronuncia, il giudice di legittimità non effettua artificiose distinzioni tra le tipologie di progressione e statuisce la giurisdizione del giudice amministrativo ogni qual volta sia impugnata una graduatoria (atto amministrativo), che scaturisce dallo svolgimento di un procedura selettiva concorsuale (procedimento amministrativo), iniziato a seguito della pubblicazione di un bando concorsuale (atto amministrativo generale), per la copertura di posizioni funzionali distinte come stabilite in pianta organica (atto amministrativo generale).

   Invero, tutta la fattispecie concorsuale è tipicamente amministrativa e deve essere oggetto di scrutinio da parte del G. A.  Diversamente, laddove, in effetti, non vi sia una vera procedura concorsuale-selettiva funzionale all’assegnazione di nuove competenze e mansioni, allora sussiste una progressione solo economica frutto di atti di gestione del datore di lavoro (es.: le posizioni “super” nel comparto Ministeri).

7. (Segue). La ordinanza delle sezioni unite della Cassazione n. 10183 del 26 maggio 2004.

   L’ultima pronuncia della Cassazione a sezioni unite, la ordinanza 26 maggio 2004 n. 10183 [35] aggiunge un ulteriore tassello al complesso mosaico interpretativo senza però dirimere ogni dubbio in materia.

   In tale occasione la Cassazione precisa che sussiste: “a) indubbia giurisdizione del giudice amministrativo sulle controversie relative a concorsi per soli esterni; b) identica giurisdizione su controversie relative a concorsi misti (restando irrilevante che il posto da coprire sia compreso o meno nell'ambito della medesima area funzionale alla quale sia riconducibile la posizione di lavoro di interni ammessi alla procedura selettiva, perché, in tal caso, la circostanza che non si tratti di passaggio ad area diversa viene vanificata dalla presenza dì possibili vincitori esterni, secondo il criterio di riparto originario); c) ancora giurisdizione amministrativa quando si tratti di concorsi per soli interni che comportino passaggio da un'area ad un'altra, spettando, poi, al giudice del merito la verifica di legittimità delle norme che escludono l'apertura all'esterno; d) residuale giurisdizione del giudice ordinario sulle controversie attinenti a concorsi per soli interni, che comportino passaggio da una qualifica ad altra, ma nell'ambito della medesima area”.

   Tuttavia, la S. C., in questo caso, omette di considerare che alcuni contratti collettivi (es.: comparto ministeri[36] e comparto parastato[37]) parlano di “aree”, mentre altri comparti prevedono le c. d. “categorie” (es.: Regioni ed autonomie locali[38] e Sanità[39]).

   Ergo, il giudice non distingue la multiforme realtà della contrattazione collettiva che prevede eterogenei C.C.N.L. di comparto e “fantasiosi” C.C.N.I. di Amministrazione, che peraltro dettano disposizioni assolutamente diverse per le c. d. progressioni.

   Infatti, alcuni contratti collettivi statuiscono un completo appiattimento all’interno della “categoria” (es. C.C.N.L. del comparto Regioni ed autonomie locali), per cui può parlarsi di progressioni meramente economiche all’interno della categoria (senza attribuzione di nuove funzioni);

   Diversamente, altri contratti collettivi (es. C.C.N.L. del comparto Ministeri) prevedono, all’interno di una stessa “area”, sia progressioni giuridiche (es. C1, C2 e C3), cui corrispondono attribuzioni di nuove mansioni e funzioni, che progressioni solo economiche (es. C1S e C3S [40]), rispetto alle quali nessuna nuova competenza o funzione viene assegnata al dipendente.

   Inspiegabilmente, quindi, la ordinanza n. 10183 del maggio 2004 contraddice in parte la sentenza n. 1989 del febbraio 2004 e non tiene conto della esistenza di inquadramenti contrattuali diversi a seconda dei comparti.

   Laddove il personale suddiviso nelle nove qualifiche funzionali di cui alla l. n. 312 del 1982 è stato “accorpato” in quattro categorie (A, B, C, D), effettivamente, è possibile sostenere che, all’interno della categoria, possa esserci soltanto una progressione economica, anche perché il “legislatore contrattuale” non prevede selezioni, ma semplici valutazioni comparative essenzialmente sulla base delle prestazioni professionali dei dipendenti.

   Al contrario, nei comparti in cui il personale è stato reinquadrato in soltanto tre “aree” (A, B, C), in concreto, è possibile desumere la contemporanea esistenza sia delle progressioni giuridiche (es. C2, ex VIII q. f., verso C3, ex IX q. f.) che delle progressioni economiche (es. C1, ex VII q. f., verso C1S, e C3, ex IX q. f., verso C3S).  Ciò trova una indiretta conferma nelle previsioni della stessa contrattazione collettiva che stabilisce procedure concorsuali per il passaggio giuridico ed economico (es.: C1 per C2 e C2 per C3) ed una mera valutazione comparativa inerente per lo più alla anzianità di servizio per i passaggi c. d. “Super” (es.: da C1 a C1S).

   In sostanza, ogniqualvolta venga attivata una autentica procedura interna di avanzamento, mediante l’espletamento di un procedimento amministrativo concorsuale funzionale alla verifica della idoneità a ricoprire una posizione superiore, deve intendersi che la giurisdizione competa al giudice amministrativo.

   Naturalmente, risulta necessario procedere, attentamente, alla analisi dei contratti collettivi (nazionale di comparto ed integrativo di amministrazione, ex art. 40 d.lgs n. 165 del 2001) oggetto di contestazione, non potendosi, in prima battuta – in linea con una concezione del processo amministrativo costituzionalmente orientata [41], soprattutto in virtù del novellato art. 111 Cost. sul principio del “giusto processo” [42] e in base al principio comunitario di “effettività della tutela giurisdizionale”[43] – denegare il provvedimento cautelare richiesto al G. A. idoneo a salvaguardare interinalmente gli interessi protetti dei ricorrenti [44], anche sotto il profilo risarcitorio dei danni procurati.[45]  Infatti, deve ritenersi che la giurisdizione del G. A. in materia di “procedure concorsuali” costituisca la regola generale, ex art. 63 del d.lgs n. 165 del 2001, e che, eccezionalmente, per le sole progressioni meramente economiche inerenti alla gestione del rapporto di lavoro, vi sia giurisdizione del G. O.

8. Conclusioni: il coordinamento tra la giurisprudenza costituzionale e la giurisprudenza delle Sezioni Unite della Cassazione.

   Una ricostruzione ermeneutica che sia volta ad individuare la soluzione della competenza giurisdizionale con particolare riferimento alla “attribuzione di mansioni superiori e correlate responsabilità” è quella che meglio risulta rispondente al dettato costituzionale.

   Costituisce un dato pacifico che la contrattazione collettiva si è mossa in modo molto eterogeneo, a seconda dei comparti, per quanto riguarda il nuovo “ordinamento professionale”, adottando una terminologia variegata e spesso imprecisa, optando, ora per una progressione meramente economica all’interno di ciascuna categoria, ora per una pluralità di tipologie di progressione, cioè sia soltanto economica che anche giuridica, pur sempre dell’alveo di una stessa area.

   Non esiste, quindi, una regola generale allo stato della contrattazione collettiva vigente.

   L’unico dato certo è che, quando la progressione prevista comporta l’attribuzione di mansioni nuove e funzioni superiori, allora la stessa contrattazione collettiva prevede una procedura concorsuale, ex art. 63 d.lgs n. 165 del 2001, per la verifica della idoneità a ricoprire la nuova posizione.

   In senso inverso, qualora la progressione risulta meramente economica, in quei soli casi la contrattazione prevede una selezione semplificata, senza l’esperimento di prove selettive di verifica della idoneità.

   Pertanto, è coerente con il dettato della Corte costituzionale, la quale, nelle sue sentenze, ha coniato la definizione di “fascia funzionale”, che, tra l’altro, non è adottata specificamente da nessun contratto collettivo, proprio per riassumere il concetto base di accesso ad un nuovo posto pubblico riscontrabile – indipendentemente dalle definizioni imprecise date dalla contrattazione collettiva – ogni qual volta vi sia l’attribuzione di nuove mansioni, ossia, per meglio dire, il conferimento di funzioni superiori e di connesse responsabilità.

   Per converso, ovviamente, da scartare è l’idea che un dato soggetto una volta “entrato” in una pubblica Amministrazione al livello più basso della gerarchia possa arrivare, esclusivamente per progressione interna, al livello più alto, senza ritenere che egli muti posto di lavoro e, semplicemente, per mera progressione professionale, data la maturata esperienza professionale acquisita nel livello più basso (e magari senza laurea) possa aver imparato a fare il funzionario apicale.  E’ più che evidente che la mera esperienza professionale forgerà un ottimo dipendente per la qualifica rivestita, ma di certo non formerà affatto, da sola, il funzionario di livello superiore.

   Pertanto, sussiste accesso a nuovo posto di lavoro ogni qual volta si accede ad una posizione funzionale che implica mutamento di mansioni e di compiti per il pubblico dipendente.

   Dunque, la Suprema Corte sembra adempiere alla propria peculiare funzione di nomofilachia ricercando, nel tessuto di una normativa (sia in quella avente forza di legge, che in quella contrattuale collettiva) quanto mai astrusa e contraddittoria, una nuova idea di pubblico impiego contrattualizzato coerente con i dettami costituzionali.

   Un atteggiamento questo che si è andato affermando da qualche tempo, anche al di là del tema specifico della giurisdizione sulle procedure concorsuali interne.  Infatti, in altra sede, la Cassazione [46], res melius perpensa, ha affermato che l’attività lavorativa prestata nell’ambito delle PP. AA. assume una connotazione speciale tale da distinguerla dalla attività lavorativa svolta alle dipendenze del datore di lavoro privato, per cui: “Le peculiarità che connotano la disciplina del rapporto di lavoro pubblico “contrattualizzato” sono tali da collocare lo stesso a metà strada tra il modello pubblicistico e quello privatistico”.

   Ma non è forse meglio tornare – memori di quanto, a suo tempo, profetizzato dal Consiglio di Stato [47] – ad un pubblico impiego a stampo pubblicistico,[48] articolato in carriere (dirigenza, vice-dirigenza, carriera impiegatizia e carriera esecutiva) stabilite con chiarezza dalla legge, con temperamenti negoziali collettivi esclusivamente sulla regolazione del “rapporto di lavoro” in senso stretto ?


 

* Dottore di ricerca e Funzionario della P.A.

[1] Sul “pubblico impiego”, cfr.:  M. S. Giannini, (voce) Impiego pubblico. a) Profili storici e teorici, in Enc. dir., vol. XX, Milano, 1970, p. 293 ss; L. Rainaldi, (voce) Impiego pubblico, in Dig. disc. pubbl., vol. VIII, Torino, 1993, p. 144 ss; F. Carinci, La riforma del pubblico impiego, in Riv. trim. dir. pubbl., 1999, p. 189 ss; F. Caringella – R. Marino, Il lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, Napoli, 1999; F. Carinci – M. D’Antona (a cura di), Il lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, Milano, II ed., 2000; M. Clarich – D. Iaria, La riforma del pubblico impiego, Rimini, 2000; M. Dell’Olio – B. Sassani (a cura di), Amministrazione pubblica, lavoro, processo, Milano, 2000; C. Videtta, (voce) Impiego pubblico, in Dig. disc. pubbl., vol. I agg., Torino, 2000, p. 323 ss; P. Virga, Il pubblico impiego dopo la privatizzazione, Milano, 2000; G. Santoro Passarelli (a cura di), Diritto e processo del lavoro e della previdenza sociale.  Il lavoro privato e pubblico, Milano, III ed., 2000; S. Cassese, Il personale, in Le basi del diritto amministrativo, Torino, 2000, p. 241 ss; F. Caringella, Corso di diritto amministrativo, tomo II, Milano, 2001, p. 929 ss; E. A. Apicella, (voce) Lavoro nelle pubbliche amministrazioni, in Enc. dir., vol. V agg., Milano, 2002, p. 602 ss; S. Battini, Il personale, in S. Cassese (diretto da), Trattato di diritto amministrativo. Dir. amm. gen., Tomo I, Milano, II ed., 2003, p. 373 ss.   Per un’ampia rassegna bibliografica, vedi: V. Talamo, Il lavoro pubblico dieci anni dopo la privatizzazione: scritti e giurisprudenza, in Giorn. dir. amm., n. 6, 2003, p. 639 ss.

[2] Sul “procedimento amministrativo”, essenzialmente, cfr.: R. Villata – G. Sala, (voce) Procedimento amministrativo, in Dig. disc. pubbl., vol. XI, Torino, 1996, p. 574 ss; F. Caringella, Il procedimento amministrativo (commento organico alla legge 7 agosto 1990, n. 241), Napoli, 1998; A. Sandulli, Il procedimento, in S. Cassese (a cura di) Trattato di diritto amministrativo. Dir. amm. gen., Tomo II, Milano, 2000, p. 927 ss; F. Caringella, Corso di diritto amministrativo, tomo II, Milano, 2001, p. 1221 ss; P. Virga, Diritto amministrativo. Atti e ricorsi, vol. II, Milano, VI ed., 2001, p. 47 ss.

[3] In tal senso, espressamente, cfr. M. S. Giannini, Diritto amministrativo, vol. II, Milano, II ed., 1993, p. 484.

[4] Cfr. L. Carlassare, (voce) Legalità (principio di), in Enc. giur., vol. XVIII, Roma, 1990.

[5] Cfr. F. Satta, (voce) Imparzialità della pubblica amministrazione, in Enc. giur., vol. XV, Roma, 1989; U. Allegretti, (voce) Imparzialità e buon andamento, in Dig. disc. pubbl., vol. VIII, Torino, 1993, p. 131 ss; G. Arena, (voce) Trasparenza amministrativa, in Enc. giur., vol. XXXI, Roma, 1995.

[6] Cfr. P. Calandra, (voce) Efficienza e buon andamento della pubblica amministrazione, in Enc. giur., vol. XII, Roma, 1989.

[7] Sull’organizzazione amministrativa, cfr.: M. Nigro, Studi sulla funzione organizzatrice della pubblica amministrazione, Milano, 1966; M. Nigro, (voce) Amministrazione pubblica (Organizzazione giuridica dell’) in Enc. giur., vol. II, Roma, 1988; G. Di Gaspare, (voce) Organizzazione amministrativa, in Dig. disc. pubbl., vol. X, Torino, 1995, p. 513 ss; M. S. Giannini, Istituzioni di diritto amministrativo, Milano, II ed., 2000, p. 35 ss.   Sulle tecniche di organizzazione cfr. R. D’Amico, Manuale di scienza dell’amministrazione, Roma, 1996.

[8] Sulla nozione di “interesse pubblico”, nei lineamenti essenziali, cfr.: M. S. Giannini, Diritto amministrativo, vol. I, Milano, 1993, p. 113 ss e D. Sorace, Diritto delle amministrazioni pubbliche. Una introduzione, Bologna, 2000, p. 25 ss.   Sul tema, amplius, vedi:  L. Migliorini, Alcune considerazioni per un’analisi degli interessi pubblici, in Riv. trim. dir. pubbl., 1968, p. 274 ss; E. Cannada Bartoli, (voce) Interesse (diritto amministrativo), in Enc. dir., vol. XXII, Milano, 1972, p. 1 ss; A. Pizzorusso, Interesse pubblico e interessi pubblici, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1972, p. 57 ss; M. Stipo, Osservazioni in tema di poteri ed interessi pubblici, in Arch. giur., 1985, p. 225 ss; V. Ottaviano, Appunti in tema di amministrazione e cittadino nello Stato democratico, in AA. VV., Scritti in on. di M. S. Giannini, vol. II, Milano, 1988, p. 367 ss; F. Frattini, Le fonti della gerarchia degli interessi, in Cons. St., 1991, II, p. 1763 ss; S. Cassese, Amministrazione pubblica e interessi in Italia, in Dir. e soc., 1992, p. 223 ss; M. R. Ferrarese, Argomenti e interessi nei processi di decisione giuridica, in Soc. dir., n. 2, 1994, p. 151 ss.

[9] Cfr.: G. Zanobini, (voce) Amministrazione pubblica; b) Nozione e caratteri generali, in Enc. dir., vol. II, 1958, p. 233 ss; nonché E. Casetta – S. Foà, (voce) Pubblica amministrazione, in Dig. disc. pubbl., vol. I agg., Torino, 2000, p. 436 ss.   Inoltre, vedi i manuali più autorevoli:  A. M. Sandulli, Manuale di diritto amministrativo, vol. I, Napoli, XV ed., 1989, p. 187 ss; M. S. Giannini, Diritto amministrativo, vol. I, Milano, III ed., 1993, p. 3 ss; P. Virga, Diritto amministrativo. I principi, vol. I, Milano, V ed., 1999, p. 3 ss; F. Caringella, Corso di diritto amministrativo, vol. I, Milano, 2001, p. 521 ss.

[10] Sulla discrezionalità tecnica, in primis, cfr.: M. S. Giannini, Diritto amministrativo, vol. II, Milano, 1993, p. 54 ss e F. Caringella, Corso di diritto amministrativo, tomo II, Milano, 2001, p. 1105 ss.   Inoltre, amplius, vedi:  M. S. Giannini, Il potere discrezionale della pubblica amministrazione. Concetto e problemi, Milano, 1939; P. Virga, Appunti sulla cosiddetta discrezionalità tecnica, in Jus, 1957, p. 95 ss; F. Ledda, Potere, tecnica e sindacato giudiziario sull’amministrazione pubblica, in Dir. proc. amm., 1983, p. 371 ss; F. Salvia, Attività amministrativa e discrezionalità tecnica, in Dir. proc. amm., 1992, p. 685 ss; D. de Pretis, Valutazioni amministrative e discrezionalità tecnica, Padova, 1995; A. Cariola, Discrezionalità tecnica ed imparzialità, in Dir. amm., n. 3, 1997, p. 469 ss; A. Travi, Valutazioni tecniche e istruttoria del giudice amministrativo, in Urb. e app., n. 11, 1997, p. 1262 ss; D. de Pretis, I vari usi della nozione di discrezionalità tecnica, in Giorn. dir. amm., n. 4, 1998, p. 331 ss; M. E. Schinaia, Il controllo del giudice amministrativo sull’esercizio della discrezionalità della pubblica amministrazione, in Dir. proc. amm., n. 4, 1999, p. 1101 ss; F. G. Scoca, La discrezionalità tecnica nel pensiero di Giannini e nella dottrina successiva, in Riv. trim. dir. pubbl., 2000, p. 1045 ss; S. Baccarini, Giudice amministrativo e discrezionalità tecnica, in Dir. proc. amm., n. 1, 2001, p. 80 ss; F. Cintioli, Consulenza tecnica d’ufficio e sindacato giurisdizionale della discrezionalità tecnica, in Cons. St., n. 11, 2000, II, p. 2371 ss; L. Ieva, Valutazioni tecniche e decisioni amministrative, in Riv. giur. quadr. pubbl. serv., n. 1, 2001, p. 65 ss e in Giust. it – Riv. Internet dir. pubbl., n. 11, 2000 [www.lexitalia.it]; P. Lazzara, “Discrezionalità tecnica” e situazioni giuridiche soggettive, in Dir. proc. amm., n. 1, 2000, p. 212 ss; M. Protto, La discrezionalità tecnica sotto la lente del G. A., in Urb. e app., n. 8, 2001, p. 866 ss; G. Saporito, Discrezionalità tecnica e buona amministrazione, in Giust .it – Riv. Internet dir. pubbl., n. 12, 2001 [www.lexitalia.it]; S. Vinti, Valutazioni comparative e sindacato giurisdizionale, in Dir. proc. amm., n. 3, 2002, p. 520 ss; D. De Carolis, Brevi considerazioni sull’accesso al “fatto” da parte del giudice amministrativo mediante il sindacato sulla discrezionalità tecnica, in Giust .it – Riv. Internet dir. pubbl., n. 9, 2002 [www.lexitalia.it]; L. Ieva, Potere tecnico-discrezionale della P. A. e sindacato del giudice amministrativo: profili teorici ed applicativi, in Foro amm. – C. d. S., n. 10, 2002, II, p. 2665 ss; S. Tarullo, Discrezionalità tecnica e sindacato giurisdizionale: l’ottica comunitaria ed i profili evolutivi, in Riv. it. dir. pubbl. com., n. 6, 2002, p. 1385 ss.

[11] L’art. 45, co. 11, d.lgs n. 80 del 1998 ha previsto che: “In materia di reclutamento, le pubbliche amministrazioni applicano la disciplina prevista dal decreto del Presidente delle Repubblica 9 maggio 1994, n. 487 e successive modificazioni, per le parti non incompatibili con quanto previsto dall’art. 36 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, come modificato dal presente decreto, salvo che la materia venga regolata, in coerenza con i principi ivi previsti, nell’ambito dei rispettivi ordinamenti”.   In sostanza il d.lgs n. 80 del 1998 consente alle PP. AA. di derogare al d.P.R. 487 del 1994 ponendo diverse norme regolamentari nell’ambito dei propri “ordinamenti”.   Il termine “ordinamento” evoca comunque l’adozione di atti regolamentari e non certo di contratti collettivi.

[12] Secondo l’art. 2 (Pubblico impiego), co. 1, lett. c), ult. parte, l. n. 421 del 1992: “Sono regolate con legge, ovvero, sulla base della legge o nell’ambito dei principi dalla stessa posti, con atti normativi o amministrativi, le seguenti materie: […]  4) i procedimenti di selezione per l’accesso al lavoro e di avviamento al lavoro”.

[13] Nel testo risultante dalle modifiche introdotte dall’art. 7, co. 1, l. n. 127 del 1997 e dall’art. 1, co. 14, l. n. 191 del 1998.

[14] Secondo l’art. 11, co. 4, l. n. 59 del 1997 (c. d. Bassanini): “[…] il Governo […] si attiene ai principi contenuti negli articoli 97 e 98 della Costituzione, ai criteri direttivi di cui all’articolo 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421 […], nonché, ad integrazione, sostituzione o modifica degli stessi ai seguenti principi e criteri direttivi: a) completare l’integrazione della disciplina del lavoro pubblico con quella del lavoro privato e la conseguente estensione al lavoro pubblico delle disposizioni del codice civile e delle leggi sui rapporti di lavoro privato nell’impresa […]”.

[15] Sul concorso pubblico, vedi:  P. Virga, Il pubblico impiego dopo la privatizzazione, Milano, 2000, in part. p. 49 ss; M. Amendola, (voce) Concorso a pubblico impiego, in Enc. dir., vol. VIII, Milano, 1961, p. 613 ss; N. Assini – M. Solinas, (voce) Concorso a pubblico impiego, in Enc. giur., vol. VII, Roma, 1988; M. Lipari, I profili generali del procedimento concorsuale, in Dir. & formazione, n. 1, 2003, p. 105 ss; L. Ieva, Sulla obbligatorietà della motivazione delle valutazioni tecniche espresse dalle commissioni giudicatrici sulle prove di esame nei concorsi pubblici (commento a C. d. S., sez. VI, 30 aprile 2003 n. 2331), in Foro amm. – C. d. S., n. 5, 2003, II, p. 1682; M. Montini, Concorsi pubblici: una rassegna giurisprudenziale, in Giorn. dir. amm., n. 7, 2003, p. 719 ss.   Sulle politiche di reclutamento nel pubblico impiego, amplius, cfr. la pregevole e dettagliata analisi di N. Niglio, Le politiche di reclutamento nella P. A. negli anni ’90 tra programmazione e blocco delle assunzioni, in Giust. it – Riv. Internet dir. pubbl.,  n. 3, 2003 [www.lexitalia.it].

[16] C.C.N.L. 16.2.1999 “Comparto Ministeri”, pubblicato in G. U. 25.2.1999 n. 46, s. o.

[17] Secondo la tesi preferibile, la giurisdizione del G. A. in materia di procedure concorsuali interne è di tipo esclusivo, poiché l’attribuzione della giurisdizione esclusiva fatta dall’art. 7, co. 2°, l. n. 1034 del 1971 (che richiama l’art. 29 r. d. n. 1054 del 1924 e l’art. 4 del r. d. n. 1058 del 1924) sulle controversie in materia di pubblico impiego è generale;  mentre, l’art. 63 del d.lgs n. 165 del 2001 effettua la devoluzione al G. O. delle controversie già assegnate al G. A. (in sede di giurisdizione esclusiva) ad esclusione di quelle di cui al 4° comma dell’art. 63 cit., che quindi vanno qualificate, quanto alla tipologia (giurisdizione di legittimità o giurisdizione esclusiva), secondo il regime previgente, poiché il legislatore non effettua alcuna nuova rideterminazione della tipologia di giurisdizione, ma semplicemente rinvia per relationem a quanto previsto in precedenza.

[18] Sulla competenza del G. A. in materia dei c. d. atti di macro-organizzazione, i quali determinato le linee ed i principi fondamentali dell’organizzazione degli uffici, la giurisprudenza è costante.   Da ultimo, cfr. Cass., sez. un., 17.4.2003 n. 6220, in Giur. it., n. 11, 2003, p. 2164 ss e in Giorn. dir. amm., n. 12, 2003, p. 1287 ss, con commento di G. della Cananea, Giudice amministrativo e giurisdizione sulle regole.

[19] Sulla giurisdizione del G. A. in materia di procedure concorsuali interne, amplius, cfr. L. Ieva, La giurisdizione del giudice amministrativo sulle procedure concorsuali interne nel pubblico impiego contrattualizzato, in Foro amm. – C. d. S., n. 1, 2004, II, p. 243 ss.

[20] Ad esempio, secondo la più recente pianta organica del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, d.P.C.M. 10.4.2001, pubblicata in G. U. 23.7.2001 n. 169, s. o. per ciascuna posizione (es.: C1, C2 e C3) sono previsti distinti contingenti di personale.   Analogamente, cfr., ad exemplum, la pianta organica del personale amministrativo dell’Avvocatura di Stato d.P.C.M. 22.12.2000, in G. U. 28.2.2001 n. 49 e la pianta organica del personale dell’Amministrazione autonoma degli Archivi notarili d.P.C.M. 8.2.2001, in G. U. 11.4.2001 n. 85.

[21] Sul punto, ex multis, cfr. C. Cost. 16 maggio 2002 n. 194, in Foro it., n. 1, 2003, I, p. 22 ss e in Foro amm.  - C. d. S., n. 9, 2002, I, p. 1991 ss, con l’illuminante commento di R. Cavallo Perin, Pubblico concorso e professionalità dei dipendenti pubblici: un diritto costituzionale dei cittadini.

[22] Sul tema, cfr. V. Talamo, Concorsi interni: prassi vecchie e nuove del legislatore davanti alla Corte costituzionale (commento a C. Cost. 4 gennaio 1999 n. 1), in Giorn. dir. amm., n. 6, 1999, p. 536 ss.

[23] Pubblicata in Giorn. dir. amm., n. 3, 2002, p. 275 ss: “Sono attribuite all’AGO, ai sensi dell’art. 68, co. 1, d.lgs n. 29/1993, anche le controversie riguardanti procedure finalizzate alla progressione in carriera dei dipendenti interni, le quali, anche se realizzate mediante selezioni di tipo concorsuale, consentono passaggi di qualifica non riconducibili al concetto di assunzione e sono regolate da atti da qualificarsi come atti d gestione espressione della capacità ed esercizio dei poteri del privato datore di lavoro”.   Cfr. il commento di L. Sgarbi, Le procedure per la progressione di carriera dei dipendenti pubblici, ivi, p. 276 ss.

[24] Pubblicata in Giur. it., n. 10, 2002, p. 1845 ss: “Il bando di concorso riservato al personale interno ed il conseguente svolgimento della procedura selettiva rappresentano atti di gestione del rapporto di lavoro, espressione della capacità e di poteri del privato datore di lavoro, di cui all’art. 5 del d.lgs n. 165/2001.   Le relative controversie sono devolute alla giurisdizione del giudice ordinario, restando al giudice amministrativo le controversie relative alla procedure concorsuali per l’assunzione di pubblici dipendenti”.   Cfr. il commento di D. Mezzacapo, La giurisdizione in materia di concorsi interni nelle pubbliche amministrazioni, ivi, p. 1845 ss.

[25] Pubblicata in Il lav. nelle p.a., n. 3-4, 2002, p. 587 ss: “E’ devoluta al giudice ordinario, siccome attinente alla progressione in carriera nell’ambito di un rapporto di lavoro privatistico già esistente, la controversia promossa per ottenere – previo annullamento del provvedimento di approvazione della graduatoria […] – un diverso inquadramento in esito ad un concorso interno per titoli […]”.   Cfr. il commento di G. Gentile, Sul riparto di giurisdizione nei concorsi riservati al personale delle pubbliche amministrazioni, ivi, p. 589 ss.

[26] Sul tema, cfr. V. Talamo, La riforma del lavoro pubblico: progressioni di carriera e relazioni collettive, Milano, 2004.   Inoltre, vedi:  P. Virga, Progressione verticale mediante procedure selettive, in Nuova rass., n. 1, 2000, p. 82 ss; V. Talamo, Contratti integrativi delle pubbliche amministrazioni e progressioni professionali: un bilancio, in Dir. amm., n. 4, 2001, p. 557 ss; M. Montini, Progressioni in carriera, concorsi aperti agli esterni e “buon senso”, in Il lav. nelle pubbliche amministrazioni, n. 3-4, 2002, II, p. 578 ss; L. Olivieri, La ricostruzione costituzionalmente legittima delle progressioni verticali, in Giust. it – Riv. Internet dir. pubbl., n. 11, 2002 [www.lexitalia.it]; L. Ieva, L’illegittimità e la nullità delle pseudo-procedure di riqualificazione del personale nel pubblico impiego, in LexItalia.it – Riv. Internet dir. pubbl., n. 5, 2003 [www.lexitalia.it], nonché in Riv. amm., n. 6/7, 2003, p. 649 ss.

[27] Pubblicata in Giorn. dir. amm., n. 3, 2002, p. 275 ss.

[28] Vedi: 1) C. Cost. 16 maggio 2002 n. 194, in Foro it., n. 1, 2003, I, p. 22 ss (e in Foro amm.  - C. d. S., n. 9, 2002, I, p. 1991 ss, con commento di R. Cavallo Perin, Pubblico concorso e professionalità dei dipendenti pubblici: un diritto costituzionale dei cittadini); 2) C. Cost. 23 maggio 2002 n. 218, in Giorn. dir. amm., n. 9, 2002, p. 953 ss; 3) C. Cost. 23 luglio 2002 n. 373, in Giur. it., n. 3, 2003, p. 420 ss; 4) C. Cost. 28 luglio 2003 n. 274, in Guida dir., n. 36, 2003, p. 96 ss; 5) C. Cost. 26 gennaio 2004 n. 34, in LexItalia – Riv. Internet dir. pubbl., n. 1, 2004 [www.lexitalia.it].

[29] Pubblicata in LexItalia – Riv. Internet dir. pubbl., n. 10, 2003 [www.lexitalia.it], con commento di L. Olivieri, Le selezioni interne come accesso a nuovo posto di lavoro.   La sentenza è riportata, altresì, in: Guida dir., n. 44, 2003, p. 23 ss, con commento di S. Mezzacapo, Lo sviluppo di carriera del dipendente pubblico deve essere equiparato a una nuova assunzione; Foro amm.-C.d.S., n. 10, 2003, I, p. 2868 ss, con commento di M. Lasalvia – E. F. Schlitzer, Il revirement della Cassazione sul riparto di giurisdizione in tema di concorsi interni dei dipendenti pubblici; Giust. civ., n. 12, 2003, I, p. 2719 ss, con commento di M. Gentile, Ripensamento delle sezioni unite sul riparto di giurisdizione in materia di procedure selettive nella pubblica amministrazione; Corr. giur., n. 2, 2004, p. 180 ss, con commento di S. Palmieri, Giurisdizione e concorsi interni nel pubblico impiego: le sezioni unite nel solco della Corte costituzionale;  Giorn. dir. amm., n. 2, 2004, p. 143 ss, con commento di A. Corpaci, La Cassazione muta orientamento sulle procedure di progressione in carriera nel settore pubblico.   Sulla questione, inoltre, vedi: G. Tripi, La giurisdizione in materia di selezioni interne, in LexItalia – Riv. Internet dir. pubbl., n. 12, 2003 [www.lexitalia.it]; A. Garrilli, Le controversie sui concorsi e sulla progressione verticale: riparto di giurisdizione, discrezionalità amministrativa e poteri del giudice ordinario, in Il lav. nelle pubbliche amministrazioni, n. 1, 2003, p. 3 ss; M. Pallini, Progressione in carriera dei lavoratori alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni e tassatività del concorso pubblico, in Giust. civ., n. 1, 2004, I, p. 69 ss.

[30] Cfr., ad esempio, TAR Umbria, 31.5.2001 n. 307, in Foro amm., n. 6, 2001, p. 1698 ss: “Sono devolute alla giurisdizione amministrativa, ai sensi dell’art. 68 comma 4, d.lgs 3 febbraio 1993 n. 29, le controversia relative alle “procedure concorsuali per l’assunzione” di pubblici dipendenti: tale nozione è idonea a ricomprendere anche le procedure concorsuali interne” e TAR Calabria, Catanzaro, 11.3.2002 n. 567, in www.lexitalia.it: “Rientra nella giurisdizione del Giudice amministrativo un ricorso con il quale si impugnano gli atti di indizione di una selezione interna per progressione verticale riservata al personale in servizio presso un ente locale, attesa la natura di interesse legittimo della pretesa azionata”.   In senso analogo si segnale la seguente pronuncia del G. O.: Trib. Palermo, ord. 19.9.2002, in Il lav. nelle pubbl. amm., n. 1, 2003, p. 134 ss (con nota di M. Nicolosi), secondo cui: “In applicazione dell’art. 63 del TU n. 165 del 2001, le controversie concernenti le procedure di selezione rivolte a chi è già dipendente dell’amministrazione, preordinate alla copertura di posti nell’ambito di una posizione economica superiore, sono devolute al sindacato del giudice amministrativo, e non a quello del giudice ordinario, dal momento che tali procedure non configurano un atto di gestione del medesimo rapporto di lavoro.   Il sistema delle dotazioni organiche di cui al TU n. 165 del 2001, basato sulla precisa corrispondenza fra qualifica e posto in organico, induce ad escludere che il pubblico dipendente abbia un diritto alla progressione verticale.   La progressione verticale mediante concorso comporta la novazione oggettiva del rapporto di lavoro.   Essa implica l’accesso ad una nuova posizione in pianta organica cui corrispondono nuovi diritti e nuovi doveri.   Pertanto, ogni procedura concorsuale finalizzata all’accesso in una determinata qualifica concreta l’accesso ad un nuovo posto di lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione, strutturalmente accostabile alle “procedure concorsuali per l’assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni”, che l’art. 63, comma 4 del TU n. 165 del 2001 riserva alla cognizione del giudice amministrativo”.

[31] Cfr. L. Galantino, Diritto del lavoro, Torino, 2000, p. 551 ss, la quale mostra particolare attenzione per gli aspetti pubblicistici del c. d. pubblico impiego contrattualizzato; nonché cfr. E. Ghera, Diritto del lavoro, Bari, 2003, p. 496-497, il quale, dopo aver evidenziato che: “sembra riaffermato […] il principio generale della prevalenza della potestà di autorganizzazione della pubblica amministrazione sui connotati privatistici della disciplina del rapporto e, in particolare, dei poteri del datore di lavoro”, ulteriormente sostiene che: “la c. d. contrattualizzazione del rapporto di lavoro, pur trasferendone la disciplina dall’area del diritto pubblico a quella del diritto privato, non ha cancellato la principale caratteristica del lavoro pubblico: la funzionalizzazione del rapporto e in specie della prestazione di lavoro alle finalità istituzionali della organizzazione amministrativa”.

[32] Cass., sez. un., ord. 10 dicembre 2003 n. 18886, in LexItalia – Riv. Internet dir. pubbl., n. 12, 2003 [www.lexitalia.it], con commento di L. Olivieri, La novazione oggettiva del rapporto di lavoro come regola per il riparto della giurisdizione sulle procedure selettive interne.   Altresì riportata in Giur. it., n. 5, 2004, p. 1064 ss.

[33] Ad esempio, secondo le “specifiche professionali” stabilite dal C.C.N.I. 1998/2001 del Ministero del Lavoro, in riferimento ad ogni posizione giuridica ed economica (C1, C2 e C3) nell’ambito dell’area C, vengono stabilite competenze professionali distinte e progressivamente superiori.   Di contro, sono definite meramente economiche le progressioni c. d. “super” che attribuiscono le posizioni C1S e C3S, le quali non implicano un mutamento di mansioni.   De jure condendo, una diversa ristrutturazione “per carriere” implicherebbe, più correttamente, l’approvazione di una legge specifica.   Soltanto all’interno di un chiaro quadro normativo potrebbe operare, ad integrazione, la contrattazione collettiva.

[34] Cass., sez. un., 3.2.2004 n. 1989, in Guida lav., n. 11 del 12 marzo 2004, p. 81 ss e in il lav. nelle pubbliche amministrazioni, n. 1, 2004, p. 226 ss, con nota di G. Misserini.

[35] Cass., sez. un., ord. 26.5.2004 n. 10183, in LexItalia – Riv. Internet dir. pubbl., n. 6, 2004 [www.lexitalia.it].

[36] Cfr. C.C.N.L. “Comparto Ministeri”, quadriennio 1998/2001, pubblicato in G. U. 25.2.1999 n. 46, s. o.

[37] Cfr. C. C. N. L. “Comparto enti pubblici non economici”, quadriennio 1998/2001, pubblicato in G. U. 13.3.1999 n. 60, s. o.

[38] Cfr. C. C. N. L. “Comparto Regioni ed autonomie locali”, quadriennio 1998/2001, pubblicato in G. U. 24.4.1999 n. 95, s. o.

[39] Cfr. C. C. N. L. “Comparto Sanità”, quadriennio 1998/2001, pubblicato in G. U. 19.4.1999 n. 90, s. o.

[40] E’ stata, invece, dimenticata dalla contrattazione la posizione C2S.

[41] Cfr.: M. P. Chiti, L’influenza dei valori costituzionali sul diritto processuale amministrativo, in Dir. proc. amm., 1984, p. 177 ss; A. Pajno, Le norme costituzionali sulla giustizia amministrativa, in Dir. proc. amm., 1994, p. 419 ss; F. Ledda, Principi costituzionali di giustizia amministrativa, in Jus, n. 2, 1997, p. 177 ss.

[42] Sul principio del “giusto processo”, vedi: C. De Rose, Il giusto processo secondo la convenzione europea dei diritti dell’uomo: effetti sull’esercizio della giurisdizione in Italia, in Cons. St., 1999, II, p. 1925 ss; E. Picozza, Il “giusto” processo amministrativo, in Cons. St., 2000, II, p. 1061 ss; M. Ceccheti, (voce) Giusto processo a) Diritto costituzionale, in Enc. dir., vol. V agg., Milano, 2001, p. 595 ss; G. Leone, Brevi note a margine della legge n. 205 del 2000. Un passo avanti verso il “giusto processo amministrativo”?, in Dir. proc. amm., n. 3, 2001, p. 645 ss; L. Ieva, Riflessioni sul principio costituzionale del “giusto processo” applicato al giudizio amministrativo, in Giust. it – Riv. Internet dir. pubbl., n. 1, 2002 [www.lexitalia.it], nonché in Riv. amm., n. 4, 2002, I, p. 311 ss; L. P. Comoglio, Il “giusto processo” civile nella dimensione comparatistica, in Riv. dir. proc., n. 3, 2002, p. 702 ss.

[43] Sul principio di “effettività” della tutela, vedi:  R. Caranta, L’ampliamento degli strumenti di tutela cautelare e la progressiva “comunitarizzazione” delle regole processuali nazionali, in Foro amm., 1996, I, p. 2554 ss; M. P. Chiti, L’effettività della tutela giurisdizionale tra riforme nazionali e influenza del diritto comunitario, in Dir. proc. amm., 1998, p. 499 ss; M. Protto, L’effettività della tutela giurisdizionale nelle procedure di aggiudicazione di pubblici appalti, Milano, 1997; R. Caranta, Diritto comunitario e tutela giuridica di fronte al giudice amministrativo italiano, in Riv. it. dir. pubbl. com., 2000, p. 81 ss.

[44] Cfr.: E. Follieri, Giudizio cautelare amministrativo ed interessi tutelati, Milano, 1981; R. Garofoli – M. Protto, Tutela cautelare, monitoria e sommaria nel nuovo processo amministrativo, Milano, 2002; F. Lubrano, Il giudizio cautelare amministrativo, Roma, 2004.   Inoltre, vedi: A. De Roberto, Le misure cautelari nel giudizio amministrativo, in Riv. amm., 1987, p. 221 ss; E. Follieri, La cautela tipica e la sua evoluzione, in Dir. proc. amm., 1989, p. 647 ss; M. Sanino, Il processo cautelare, in V. Cerulli Irelli (a cura di), Verso il nuovo processo amministrativo, Torino, 2000, p. 249 ss; D. De Carolis, Il nuovo assetto della tutela cautelare, in F. Caringella – M. Protto (a cura di), Il nuovo processo amministrativo, Milano, 2001, p. 181 ss; R. Garofoli, La tutela cautelare degli interessi negativi. Le tecniche del remand e dell’ordinanza a contenuto positivo alla luce del rinnovato quadro normativo, in Dir. proc. amm., 2002, p. 857 ss.   Per la manualistica, per tutti, cfr.: F. Caringella, Giustizia amministrativa. Corso completo, Napoli, 2003, p. 427 ss; F. Caringella, Corso di diritto processuale amministrativo, Milano, 2003, p. 983 ss.

[45] Sul punto, cfr. A. Romano Tassone, Risarcibilità del danno e tutela cautelare amministrativa, in Dir. amm., n. 1, 2001, p. 23 ss.

[46] Cfr. Cass. 6 febbraio 2003 n. 1807, in Giur. it., n. 6, 2003, p. 1244ss.

[47] Cfr. C. d. S., Ad. Gen., parere 31 agosto 1992 n. 146, in Foro it., 1993, III, p. 4 ss.   In particolare il Supremo Consesso della Giustizia Amministrativa affermò che esiste una: “diversità ontologica che distingue il lavoro privato dall’impiego pubblico, e, pertanto, appaiono obiettivamente insuperabili ed ineliminabili”, per cui: “la c. d. privatizzazione, se intesa come totale unificazione della disciplina dell’impiego pubblico e del lavoro privato, non appare possibile, anche alla luce delle disposizioni costituzionali in materia (art. 28, 97, 100, 103, 113)”, difatti: “vi saranno sempre […] molti aspetti per i quali la disciplina dell’impiego pubblico risulterà per sua natura differenziata da quella del lavoro privato”; segnatamente: “la diversità strutturale fra l’impiego pubblico e il lavoro privato, che giustifica una più o meno estesa, ma comunque ineliminabile, diversità di regime, deriva da ciò, che in un gran numero di casi la “prestazione lavorativa” richiesta al dipendente pubblico consiste, in tutto o in parte, nell’esercizio di pubbliche funzioni”, in un simile contesto: “pare impossibile ridurre la posizione soggettiva della pubblica amministrazione ad un mero interesse economico-privatistico a conseguire l’effettuazione della prestazione lavorativa da parte del dipendente;  laddove è preminente l’interesse, pubblicistico e generale, al corretto esercizio delle pubbliche funzioni a vantaggio della collettività”, inoltre è possibile osservare che: “anche quando la prestazione lavorativa non comporta l’esercizio, in alcuna forma, di pubbliche funzioni, sta di fatto che la pubblica amministrazione opera per il conseguimento di interessi che trascendono la soggettività delle persone fisiche che ne hanno pro tempore la rappresentanza”.    Ancora il parere del Consiglio di Stato si appunta sul meccanismo della contrattazione collettiva ed osserva che: “la trasposizione dei contenuti degli accordi in una fonte regolamentare […] sembra indispensabile anche perché gli accordi stessi acquisiscano efficacia normativa erga omnes.  E’ noto che l’art. 39 Cost. prevede precisi vincoli per la stipulazione di C.C.N.L. aventi validità generale, per cui nell’attuale quadro di contrattazione di diritto comune: “al di fuori […] del quadro rigorosamente disegnato dall’art. 39 Cost. non sembra possibile che un contratto collettivo acquisisca per forza propria efficacia normativa erga omnes”.   Conclude il Consiglio nel senso che: “la “privatizzazione” generale, astratta e globale del pubblico impiego […] non è obiettivamente possibile, giacché né con interventi puramente nominali né con la contrattualizzazione, si può alterare la sostanza di rapporti giuridici, i quali traggono la loro qualificazione dalla natura pubblica degli interessi che vi sono implicati, dai connessi poteri dell’ente pubblico datore di lavoro e dalle stesse strutture in cui sono inseriti”.

[48] Sul punto, amplius, cfr. A. Romano, Un (eterodosso) auspicio di una almeno parziale controriforma, in Il lav. nelle pubbliche amministrazioni, n. 2, 2003, p. 265 ss.


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